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Difficoltà di sviluppo della missione e richieste del governo italiano

(-)

.

Difficoltà di sviluppo e disponibilità interessata

Negli stessi giorni in cui padre Guglielmo presentava la propria rinun- zia a Propaganda Fide, un altro religioso trinitario, padre Alessandro dei Santi, venne informato, in via del tutto riservata, da un suo superiore di essere stato designato prefetto apostolico del Benadir. Tra il  e il  gen- naio vennero espletate le pratiche per la nomina ufficiale, con la richie- sta della terna di nomi da parte di Propaganda Fide, la proposta del pa- dre generale dei trinitari, il decreto di nomina per padre Alessandro dei Santi. Originario della cittadina abruzzese di Luco dei Marsi, dove era nato nel , padre Alessandro, al secolo Vincenzo Parente, aveva pre- sentato tempo prima la propria richiesta di essere destinato alla missio- ne africana, ma quando fu raggiunto dalla notizia della propria nomina fu colto impreparato dalla decisione dei superiori, non aspettandosi di essere chiamato a dirigere la prefettura apostolica.

. «Si andava così avanti quando il  Dicembre u.s. mi veggo arrivare un biglietto

da uno dei nostri di Roma nel quale mi avvisava ma sotto il sigillo del più rigoroso che io ero stato nominato Superiore della nostra Missione. Lo presi per uno scherzo, e rispon- dendo dicevo al mio corrispondente che almeno avesse aspettato il primo dell’anno. Mi risponde col tono della massima serietà che non si trattava né di scherzi né di burla: che del resto avessi avuto ancora un po’ di pazienza e quanto prima avrei appreso la notizia ufficiale» (ACOSST, AAMissioni Benadir, , lettera di padre Alessandro dei Santi a padre

Donato, Roma,  gennaio ).

. Cfr. APF, NS, vol. , , rubr. , fol. , lettera di Propaganda Fide a padre An- tonino dell’Assunzione, Roma,  gennaio ; foll. -, lettera di padre Antonino del- l’Assunzione a Propaganda Fide, Roma,  gennaio , in cui si comunica che il Defini- torio generale ha proposto come prefetto apostolico padre Alessandro dei Santi con i due compagni padre Ludovico di San Giuseppe e padre Alfonso del Sacro Cuore di Gesù; fol.

, decreto di nomina di padre Alessandro dei Santi quale prefetto apostolico del Benadir.

. «Nell’attuale mia posizione due sono i fatti per me dolorosi: °essere superiore della Missione, carica che proprio non avrei voluto ed ho fatto ogni sforzo per evitarla,



Partito da Napoli nel mese di febbraio, padre Alessandro giunse a Chisimaio i primi di marzo. L’arrivo del prefetto apostolico in Benadir coincise con un momento piuttosto critico per la colonia italiana. Benché il governatore Carletti, secondo le direttive che il ministro Tittoni aveva illustrato alla Camera il  febbraio , fosse per una occupazione gra- duale e pacifica del territorio somalo, con l’arrivo del maggiore Antoni- no Di Giorgio, comandante del regio corpo delle truppe coloniali della Somalia italiana, venne avviata una vasta e violenta campagna militare. Le operazioni, condotte senza il consenso del governatore con l’intento di sottomettere le tribù dell’interno, provocarono numerose vittime, tra cui donne e bambini, ed ebbero l’effetto di esasperare il dissidio tra il co- mando civile e quello militare della colonia, che sarebbe sfociato nell’a- pertura di un’inchiesta da parte del ministero degli Esteri di concerto con il ministero della Guerra e nel richiamo in Italia di Carletti e Di Giorgio. Gli scontri armati scoppiati nella regione costrinsero padre Alessan- dro a fermarsi qualche tempo nella Somalia inglese, come il  marzo co- municava a Propaganda Fide:

Appena giunto a Kisimayu mi faccio un dovere il mandare all’Em.za Vª Rev.ma i miei più rispettosi ossequi e quei dei miei compagni di viaggio. La traversata è sta- ta felicissima e finora godiamo tutti di ottima salute. [...] Al nostro arrivo a Kisi- mayu, abbiamo inteso che la guerra è scoppiata sulle coste del Benadir. Per questa ragione non posso per ora entrare nella mia missione. Credo peraltro che di qua a un mese le cose saranno pacificate e allora visiterò la stazione di Gelib, ove le piog- ge hanno distrutto totalmente la casa che i nostri padri avevano edificato con tan- te fatiche e tante spese. In seguito andrò a Brava ove una stazione s’impone. La prima questione su cui si concentrò il prefetto fu quella della riorga- nizzazione del personale missionario. Appena due mesi dopo essere

ma invano; °vedere il povero Papà che piange continuamente. Quest’ultimo fatto mi ad- dolora assai. Ieri l’altro, capitato a S. Stefano, volli provare a rassicurarlo quando tra la- grime e singhiozzi mi rispose: Come vuoi, figlio mio, che non pianga mentre son sicuro di non rivederti più? Speriamo che il buon Dio lo consoli davvero ed assista me poveret- to nelle molteplici difficoltà cui vado incontro» (ACOSST, AAMissioni Benadir, , lettera di

padre Alessandro dei Santi a padre Donato, Roma,  gennaio , cit.).

. Cfr. APF, NS, vol. , , rubr. , fol. , lettera di padre Alessandro dei Santi a Propaganda Fide, Chisimaio,  marzo .

. Cfr. L. de Courten, L’amministrazione coloniale italiana del Benadir. Dalle compa- gnie commerciali alla gestione statale (-) (parte prima), in “Storia contemporanea”,

IX, , , pp. -, in particolare pp. - e F. Grassi, Le origini dell’imperialismo ita- liano: il “caso somalo” (-), Milella, Lecce , pp. -.

. APF, NS, vol. , , rubr. , fol. , lettera di padre Alessandro dei Santi a Pro- paganda Fide, Chisimaio,  marzo , cit.



giunto in Somalia, egli si rivolse infatti a Propaganda Fide, chiedendo che fossero richiamati quanto prima dal Benadir tre missionari (i padri Felice e Gottardo, coinvolti nell’incidente con le autorità militari, e fra- tel Candido), considerati un ostacolo «alla causa della Religione», e che venissero inviati altri soggetti. È probabile che i rapporti tra padre Ales- sandro e l’ordine trinitario non fossero del tutto sereni, in quanto non solo egli scrisse in prima persona a Propaganda, senza passare attraver- so la consueta mediazione del padre generale o del definitore, ma, nel domandare un ricambio dei missionari, lanciò pesanti accuse nei con- fronti dei tre religiosi e dei superiori della congregazione trinitaria, le cui scelte del personale da inviare in Benadir a suo avviso sarebbero state funzionali non allo sviluppo della missione, ma «al bene dei conventi». L’ordine trinitario avrebbe difatti mandato in Benadir «religiosi che han- no totalmente perduto lo spirito della loro vocazione e fanno disonore al nome di Cristiano, rifiuto di tutti i nostri conventi, mandati qui a per- vertire maggiormente e non già a convertire questi poveri neri». E con- cludeva tracciando un sommario profilo delle virtù – tutte passive – del missionario: «Non servono qui grandi Dottoroni, ma religiosi ben fon- dati nella pietà, umili ed obbedienti».

A Propaganda Fide si era già rivolto padre Leandro pochi mesi pri- ma di morire, per chiedere che in Benadir fossero inviati «soggetti degni sotto ogni riguardo». Forse anche per questa ragione la risposta del car- dinale Gotti fu tempestiva. La lettera di padre Alessandro venne infatti registrata il  maggio e il giorno successivo Gotti, senza neanche do- mandare il parere dei superiori della congregazione trinitaria, dando evi- dentemente credito al prefetto, dispose che venissero richiamati «senza ritardo» dal Benadir i tre missionari segnalati.

. Ivi, foll. -, lettera di padre Alessandro dei Santi a Propaganda Fide, Brava,  maggio .

. Ibid.

. ACOSST, AAMissioni Benadir, , lettera di Propaganda Fide al padre generale dei

trinitari scalzi, Roma,  maggio , in cui si fa riferimento a una lettera di padre Lean- dro, nella quale si domandava al cardinale Gotti di fare in modo che in Benadir si invias- sero «soggetti degni sotto ogni riguardo».

. «Questo Em-o Sig. Card. Prefetto, per il bene della missione del Benadir, ha di- sposto che V.P. richiami senza ritardo dalla missione stessa i Padri Felice e Gottardo, col fratello converso Fr. Candido» (APF, NS, vol. , , rubr. , fol. , lettera del cardi- nale Girolamo Maria Gotti a padre Antonino dell’Assunzione, Roma,  maggio ).

Non fu altrettanto tempestiva la risposta dei trinitari. Il procuratore generale dei trinita- ri propose, in sostituzione di padre Felice, padre Benedetto De Caro solo il  ottobre, e,

come notava in un appunto senza data il cardinale Gotti (fol. ), di tale religioso non si diceva pressoché nulla (ivi, foll. -, lettera di padre Antonino dell’Assunzione a Pro- paganda Fide, Roma,  ottobre ).

A padre Alessandro toccò poi il compito di avviare la nuova stazio- ne missionaria di Brava, la cui apertura era stata autorizzata sin dall’ot- tobre precedente. Nella cittadina costiera situata nella Somalia italiana meridionale, a sud di Mogadiscio, il prefetto iniziò i lavori di costruzio- ne della residenza missionaria, di una scuola e di un piccolo ospedale. Su consiglio del governatore Carletti, egli presentò inoltre istanza al mi- nistero degli Esteri per il riconoscimento della missione in ente morale, affinché le scuole che un giorno i trinitari avrebbero aperto potessero ri- cevere finanziamenti dal governo. L maggio la richiesta fu presentata dal prefetto apostolico al governatore e il  maggio questi la trasmise al ministro degli Esteri, esprimendo un parere «del tutto favorevole» all’e- rezione della missione trinitaria in ente morale, che in tal modo, a suo avviso, sarebbe stata «posta in grado di assolvere il suo compito di civiltà con più copiose risorse e maggiore prestigio». Nell’istanza presentata al governatore il religioso, come già il suo predecessore, aveva rimarca- to i fini civili e patriottici, prima ancora che religiosi, dell’azione missio- naria da intraprendere con la «protezione» e il sostegno economico del governo. Fini civili che si sarebbero tradotti nell’apertura di scuole, nel- l’insegnamento agli indigeni della lingua italiana e di alcuni mestieri uti- li allo sviluppo economico della colonia.

Dall’Ufficio coloniale l’istanza del prefetto apostolico venne quindi inoltrata l’ luglio alla Divisione affari di culto del ministero di Grazia e

. «Nel passato giugno fu aperta la Stazione di Brava, ove risiede attualmente il R.

Padre Prefetto che sorveglia i lavori di costruzione di una scuola e di un ospedaletto» (ivi, foll. -, lettera di padre Ludovico di San Giuseppe a Propaganda Fide, Gelib,  otto- bre ).

. «Dietro consiglio di S.E. il Sig. Governatore ho avanzato istanza al Ministero de- gli Esteri affinché la Missione venga giuridicamente riconosciuta come Ente morale, af- finché le scuole che apriremo siano sussidiate dal R. Governo» (ivi, foll. -, lettera di

padre Alessandro dei Santi a Propaganda Fide, Brava,  maggio , cit.).

. ASMAI, I, Somalia, b. , fasc. , lettera di Tommaso Carletti al ministro degli Af- fari esteri, Mogadiscio,  maggio .

. L’istanza del prefetto apostolico, allegata alla lettera diretta dal governatore al mi- nistro, era formulata in questi termini: «l’attuale Prefetto Apostolico, unitamente ai suoi compagni missionari che altra brama non hanno che di rendersi utili alla Religione ed al- la patria, giudicano indispensabile, per raggiungere il loro fine, l’alta protezione della Po- testà Civile. Onde si rivolgono fiduciosi all’Eccellenza Vostra Ill.ma facendo calda, umi- le istanza affinché da Regio Governo la Missione dei Trinitari nella Somalia sia giuridica- mente riconosciuta come Ente morale. Essendo poi intenzione dei missionari il fondare ovunque potranno delle scuole, ove, oltre all’insegnare la nostra lingua, imparare [sic] in

paritempo agl’indigeni alcuni mestieri, nutrono essi fiducia che, da questo lato ancora non verrà loro meno l’alta e generosa protezione del Regio Governo onde poter fare fronte al- le gravi spese che richieggono simili opere» (ivi, istanza di padre Alessandro dei Santi al ministro degli Affari esteri, Chisimaio,  maggio ).



Giustizia. Nella lettera di accompagnamento si sottolineava il «parere del tutto favorevole» espresso dal governatore del Benadir e si chiedeva di accogliere positivamente la domanda «in considerazione specialmen- te dei fini esclusivamente di civiltà che i Trinitari si propongono nella no- stra Colonia e dell’opera di istruzione ed educazione pel cui più ampio svolgimento è stato richiesto quel riconoscimento». La risposta del mi- nistero di Grazia e Giustizia, giunta all’Ufficio coloniale a fine luglio, fu invece più cauta. La Divisione affari di culto, pur riconoscendo gli «sco- pi umanitari, educativi e patriottici, che si propone di raggiungere la Missione dei Trinitari al Benadir», riteneva infatti di non poter accoglie- re la domanda nei termini in cui era formulata «senza evidente violazio- ne delle leggi vigenti sulla soppressione delle congregazioni religiose», in quanto essa poteva apparire come tesa a ottenere il riconoscimento del- l’ordine monastico dei trinitari. Si suggeriva pertanto di modificare la formulazione della domanda in modo che da essa esulasse qualsiasi con- cetto di ripristino dell’ordine monastico soppresso e trasparisse «invece chiaramente il proposito di fondare un istituto per la formazione dei mis- sionari pel Benadir, che, in via di fatto, sarebbe affidato ai Trinitari». All’istanza, così rettificata, andava infine allegato un progetto di statuto del nuovo ente, dal quale risultassero anche le norme per la sua ammi- nistrazione e per l’esercizio della «vigilanza governativa». Le osservazio- ni fatte dal ministero di Grazia e Giustizia in merito alla richiesta del pre- fetto apostolico vennero comunicate a quest’ultimo dall’Ufficio colonia- le tramite il governatore Carletti. La pratica sarebbe tuttavia rimasta fer- ma per circa un anno, in quanto il prefetto non provvide a operare le ret- tifiche indicate.

Sul piano dell’attività missionaria, padre Alessandro avviò a Brava l’insegnamento dell’italiano senza che ciò urtasse in alcun modo la sensi- bilità delle autorità civili, sempre più propense a delegare la gestione di questo settore alla missione cattolica, in ragione, come si è visto, dell’af- fermarsi di nuove direttrici in ambito coloniale e della carenza di risorse umane ed economiche messe a disposizione dal governo. A Brava pa- dre Alessandro iniziò l’attività scolastica nell’agosto , senza avere a . Ivi, lettera dell’Ufficio coloniale del ministero degli Affari esteri al ministro di

Grazia e Giustizia, Roma,  luglio .

. Ivi, lettera della Divisione affari di culto del ministero degli Affari esteri all’Uffi- cio coloniale del ministero degli Affari esteri, Roma,  luglio , protocollata dal mi- nistero degli Esteri il  luglio.

. Essa, come si vedrà, sarebbe stata ripresa e condotta a buon fine dai superiori ro- mani della congregazione trinitaria tra il luglio  e il maggio .

. Cfr. A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale, vol. I, Dall’Unità alla marcia su

disposizione un edificio né i banchi, facendo lezione a diciotto alunni, tra cui due italiani, figli di un ufficiale doganale. Nonostante le autorità avessero diffidato i missionari dal fare propaganda religiosa, il prefetto raccontava a un confratello che riusciva in qualche modo a far recitare «il Pater, l’Ave, il Gloria e il Credo» ai suoi alunni prima e dopo la lezione, in base alla vecchia convinzione che le preghiere prima si imparano, poi si comprendono, infine si fanno proprie sul piano della fede.

L’insegnamento dell’italiano era per il momento portato avanti solo dal prefetto, poiché dall’Italia non si era ancora provveduto all’invio di religiosi in grado di coadiuvarlo in questo tipo di attività. Il mancato in- cremento del personale missionario e il debole sostegno economico rice- vuto dalla prefettura apostolica suscitarono, con il passare dei mesi, nei missionari la sensazione di essere stati lasciati a se stessi dai superiori del- l’ordine. Essi si trovarono così stretti tra le crescenti richieste delle auto- rità coloniali e la carenza di personale missionario e di mezzi finanziari. Ciò trapela non tanto nelle relazioni inviate a Propaganda Fide, nelle qua- li anzi il prefetto tendeva a enfatizzare il lavoro svolto, ma nella corri- spondenza dei missionari con i propri confratelli e con i superiori di Ro- ma. Entrambe le documentazioni concordano viceversa nel dipingere una realtà della missione estremamente povera quanto a preparazione, motivazione e capacità progettuale dei religiosi impegnati in Benadir.

Nella relazione che nel maggio  padre Alessandro inviò a Pro- paganda Fide per illustrare l’attività dell’anno precedente si dipingeva un quadro dello stato della missione che, nei toni, era ottimistico e posi- tivo, benché gran parte del lavoro descritto risultasse incentrato su lavori di muratura. Il prefetto si dilungava a illustrare, con abbondanza di det- tagli, la costruzione a Brava di un pozzo, opera nella quale, diceva, era- no impegnati diversi missionari, a causa della poca disponibilità dei so- mali ad accettare lavori pesanti. Il successivo progetto edilizio era rap-

. «Sa che col primo corrente ho cominciato a fare scuola? Per ora ho  scolari. Due

son figli d’un certo signore Guglielmo Monti, torinese, ufficiale doganale che trovasi da quasi dieci anni in Colonia, gli altri  son tutti somali. Ah!... Bisognerebbe vedere! Non ho banchi: li fo sedere per terra che del resto sul banco non ci si trovano. Il più grande ha

 anni. Riguardo alle spiegazioni mi aiuto con quelle poche parole che ho imparato e

quando queste non bastano mi aiuto coi segni. Poveri figli! Quantunque vivano come le bestie i più hanno molta intelligenza» (ACOSST, AAMissioni Benadir, , lettera di padre

Alessandro dei Santi a padre Donato, Brava,  agosto ).

. «Di religione ancora bisogna tacere, ma ai miei pappagalletti, prima e dopo la

scuola fo recitare dietro a me il Pater, l’Ave, il Gloria, il Credo. Pian piano impareranno, dopo capiranno, e quando avranno capito voglio sperare che crederanno» (ibid.).

. «Qui tutto costa un orrore e come prezzo di compra e come spesa di porto e do- gana. Soltanto la manodopera non può dirsi cara [...] ma rende meno assai della paga, sia



presentato dalla casa, per il cui completamento si domandava il concor- so finanziario di Propaganda Fide. Nella probabile consapevolezza del- l’inconsistenza, sul piano missionario, delle iniziative intraprese, queste ultime erano poste, non senza forzature, in relazione con le attese delle autorità coloniali, così come si giustificava un vago progetto di aprire una stazione missionaria a Giumbo a partire da quelle che si dicevano essere le aspettative degli italiani lì residenti in questa direzione.

Ma i problemi che realmente assillavano il prefetto apostolico sem- bravano essere di natura diversa. Si apriva qui il capitolo, per tanti aspetti di “storia minore”, dei rapporti, dei contrasti, dei pettegolezzi interni alla comunità, che, come si vedrà, accompagneranno e condi- zioneranno in modo non indifferente la vita e lo sviluppo della missio- ne, fino a determinarne, insieme ad altri fattori, la crisi. Nella relazione a Propaganda Fide l’ostacolo principale al dispiegamento dell’azione era ricondotto al comportamento di padre Gottardo, che avrebbe ri- fiutato di rientrare in Europa, nonostante l’ordine di rimpatrio impar- tito dal padre generale dei trinitari. Accanto al missionario “cattivo” il prefetto non mancava di indicare il missionario “modello”, presentan- do come un fiore all’occhiello della prefettura apostolica l’attività di pa- dre Ludovico a Gelib, ampiamente descritta nella relazione. A tale re- ligioso, che nonostante i problemi di salute sofferti e il consiglio del- l’ufficiale medico italiano di un periodo di riposo in Italia, aveva volu- to a tutti i costi rimanere in Somalia, si doveva l’impegno nella cura dei malati che numerosi sarebbero accorsi alla missione, mancando a Ge- lib un presidio sanitario. Il medesimo missionario si sarebbe inoltre prodigato, insieme a un altro confratello, nella costruzione di una pic-

perché il nero di lavoro vuol poco saperne, sia perché non ha la minima attitudine a qual- siasi sorta di lavoro. Avremmo approfittato d’un unico muratore italiano che qui trova- vasi alcuni mesi fa; ma perché pretendeva non meno di £  al giorno, non ci convenne.

Quindi è che, meno un ristretto numero di manovali, tutto il resto ci industriamo a far da noi. Siamo in cinque, due Sacerdoti e tre Fratelli. Si fa a gara a chi può lavorare di più. Ciò nonostante il pozzo mi porta via i pochi talleri che rimangono, sarò nell’impossibilità di metter mano alla casa. Prego quindi l’Em. V. Rm-a perché si degni venirmi in aiuto»

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