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Lo scontro (-)

.

Nella Somalia inglese

Padre Leandro partì da Zanzibar il  marzo  e giunse a Chisimaio i primi di aprile. Avendo avuto dal vicario apostolico di Zanzibar, monsi- gnor Allgeyer, e dalle autorità britanniche il permesso di entrare nella So- malia inglese, il religioso aveva scelto di stabilirsi a Chisimaio, in ragione dell’omogeneità linguistica delle popolazioni locali rispetto al Benadir e della contiguità con la colonia italiana. Il suo progetto prevedeva una pri- ma fase di studio del paese e l’avvio dell’attività missionaria, che nelle in- tenzioni del religioso andava realizzato al più presto. Nonostante il pre- fetto apostolico si trovasse in territorio dipendente dagli inglesi, le auto- rità italiane continuarono a sorvegliare i suoi movimenti. Da Zanzibar il reggente del consolato italiano Fares informò tempestivamente Tittoni degli spostamenti del religioso, manifestando scetticismo sulla possibilità che le autorità inglesi offrissero un sostegno alla missione trinitaria, «per le quasi identiche difficoltà che esistono nel nostro Benadir». In via pre- cauzionale egli aveva comunque avvertito il residente italiano a Giumbo dell’arrivo del missionario, esigendo che il consolato fosse informato «di ogni mossa sul conto di Padre Leandro», di modo che da Zanzibar il mi- nistro potesse essere «esattamente» e tempestivamente aggiornato.

A quanto risulta dalla comunicazione inviata dal prefetto apostolico a Propaganda Fide appena una settimana dopo il suo arrivo a Chisimaio, le autorità britanniche mostrarono un atteggiamento ben diverso da quello previsto dal reggente del consolato italiano a Zanzibar. Padre Leandro ebbe difatti parole di elogio per la cortesia, la buona disposi- zione, i «servigi» resigli dagli inglesi, che avrebbero persino manifestato la disponibilità a concedere al missionario un ampio appezzamento di



. ASMAI, I, Somalia, b. , fasc. , lettera di Antonio Fares a Tommaso Tittoni, Zan- zibar,  marzo .

terreno coltivabile «per farvi villaggi cristiani». Grande era dunque l’entusiasmo del religioso, che parlava di una decina di indiani cattolici «contentissimi» di poter finalmente praticare «gli esercizi della Religio- ne», di altri due missionari che prossimamente l’avrebbero raggiunto e chiedeva al cardinale Gotti «di far noto al Beatissimo Padre l’avvenuta fondazione qui a Kisimayo». La regione in cui si trovava tale cittadina era a suo avviso il luogo più opportuno per iniziare la missione del Be- nadir, in quanto le tribù locali erano in maggioranza di religione non mu- sulmana. Tutto ciò padre Leandro riferiva di averlo constatato perso- nalmente risalendo il fiume «sopra un vaporetto inglese» fino a quasi cento chilometri dalla foce e visitando diversi villaggi.

È assai probabile che padre Leandro esagerasse nel riferire a Propa- ganda Fide dell’accoglienza ricevuta dagli inglesi, i quali in realtà, non molto tempo prima, avevano negato a missionari anglicani il permesso di stabilirsi nello Jubaland. Tuttavia, le considerazioni immediate che questa circostanza suggeriva erano evidenti: un sacerdote italiano, cac- ciato dal governo del proprio paese, era accolto e sostenuto dal governo di un paese straniero, per giunta di tradizioni anglicane.

“La Civiltà cattolica”, che sino a quel momento non era intervenuta nella vicenda Mercatelli-padre Leandro, non mancò di sottolineare le re- sponsabilità delle autorità italiane, additandole però, con una distorsio- ne della realtà dei fatti, nell’iniziativa del console in modo da fare salvo l’operato del governo. Per converso si tributava «onore» all’Inghilterra anglicana per l’accoglienza riservata al missionario:

Inutile dire che dagli inglesi padre Leandro ebbe un trattamento opposto a quello che, a lui italiano, recatosi in quei luoghi per compiere una missione di civiltà e di patriottismo, fu fatto dal rappresentante italiano, in opposizione al- le stesse disposizioni del suo Governo. Al buon frate fu assegnata un’ottima re- sidenza [...] poté subito dedicarsi all’opera religiosa e caritatevole, proprio mercè l’aiuto e la protezione di una nazione straniera che, fra l’altro, è [...] ope- rosissima antagonista della religione propagata dal missionario italiano. [...] Onore all’Inghilterra!



. APF, NS, vol. , , rubr. , fol. , lettera di padre Leandro al cardinale Gi- rolamo Maria Gotti, Chisimaio,  aprile .

. Ibid. La descrizione di tale viaggio, ricca di particolari naturalistici sui diversi tipi

di piante, di uccelli, di scimmie, antilopi, visti lungo il percorso, è in padre Leandro, No- te di viaggio, , ,  aprile . Queste note vennero pubblicate anche nella rivista “Il Be- nadir”, I, , , pp. -.

. Cfr. ASMAI, I, Somalia, b. , fasc. , lettera di Antonio Fares a Tommaso Tittoni, Zanzibar,  marzo , cit.

Sulla stessa linea era il commento di D’Albertis, che nelle sue note di viaggio inseriva qualche riga di una lettera scritta da padre Leandro a Chisimaio:

Impedito di stabilirmi in Benadir, mi sono stabilito alle sue porte con grande di- spiacere delle autorità di colà; ma che posso farci io? Le autorità inglesi mi han- no cortesemente accolto e mi hanno molto coadiuvato. Ho affittato una casetta, che ho fatto ridurre e che comprerò se mi verrà qualche sussidio dall’Italia. Vi- cino alla casa sto preparando l’ospizio pei fanciulli ecc.

D’Albertis traeva quindi le prevedibili conclusioni, chiosando allusiva- mente il testo:

Ciò, in conclusione, indica che il Prefetto apostolico del Benadir fu bene accol- to nella vicina colonia inglese del Jubaland! Troppi sarebbero i commenti a far- si su questa laconica notizia ricevuta or ora: lascio al lettore, che fin qui mi ha seguito, di farli.

Presumibilmente la decisione di spostarsi nella colonia inglese non si in- seriva all’interno di un preciso disegno mirante a mettere in difficoltà le autorità italiane. Sembra piuttosto che il religioso volesse a ogni costo dare concretezza a un progetto pastorale concepito da tempo, ponen- dosi comunque nella posizione di esercitare un certo controllo sulla co- lonia italiana. E in effetti, nelle note di viaggio del missionario, risalenti al periodo di permanenza a Zanzibar, tale decisione viene descritta co- me frutto di una «ispirazione»:

 marzo . Questa mattina ho pregato molto durante la S. Messa. Mi è ve- nuta un’ispirazione che ho comunicato subito dopo al R. P. Hémery. Si tratta di prendere la risoluzione ed andare a stabilire la Missione a Kisimayo. Sarò alle porte del Benadir: saprò tutto quello che succede dentro: impedirò che il Con- sole Mercatelli mandi a Roma relazioni false. La Missione può servire in segui- to di Procura: imparo le lingue dei Somali: scelgo i luoghi per fondare altre sta- zioni in seguito.

Ma a prescindere dal carattere più o meno strategico e consapevole del- la decisione, la mossa di padre Leandro ebbe l’effetto di mettere in seria difficoltà non solo le autorità coloniali italiane, ma lo stesso ministro Tit- toni. Tra la fine di marzo e i primi di aprile, il controllo dei movimenti



. E. D’Albertis, In Africa. Victoria Nyanza e Benadir, Istituto italiano d’arti grafiche,

Bergamo , p. .

del missionario da parte del ministero, del governo del Benadir e del consolato di Zanzibar si fece difatti più serrato. A soli sei giorni dall’ul- tima lettera, Tittoni indirizzò a Mercatelli un dispaccio, in cui si confer- mavano le «istruzioni precedenti», mentre l’ aprile scrisse a Fares chiedendo di essere messo «al corrente della dimora e delle mosse di pa- dre Leandro». Lo stesso  aprile inoltre Tittoni informò l’on. Santini degli sviluppi della vicenda, giustificando la condotta assunta dalle au- torità coloniali nei confronti del religioso e specificando alla fine il ca- rattere temporaneo dei provvedimenti presi.

Intorno alla metà di aprile le direttive del ministro nei riguardi del- la missione trinitaria iniziarono a mutare orientamento e a differenziar- si dalla linea di Mercatelli. La risposta di quest’ultimo all’impianto del- la missione nella Somalia inglese, resa nota senza indugi al ministro, sa- rebbe consistita nel contattare la locale agenzia inglese per ottenere l’al- lontanamento del prefetto apostolico, provvedimento per la cui attua- zione il commissario generale aveva bisogno dell’approvazione del mi- nistro, che avrebbe a sua volta dovuto «interessare anche Londra». Se- condo Mercatelli un provvedimento del genere risultava essere urgente dal momento che la fondazione della missione nella Somalia inglese, pur non presentando «pericolo», comportava «gravi inconvenienti». Ma questa volta Tittoni non avallò la linea di Mercatelli, al quale rispose con un telegramma «urgente», invitandolo a «lasciar cadere la cosa».

Ammettendo, sia pure solo tra le righe, che l’impianto della missione a Chisimaio non presentava particolari pericoli, Mercatelli sembrava dunque dare conferma all’accusa mossagli più volte da padre Leandro di voler artatamente impedire che i trinitari potessero svolgere in Benadir



. ASMAI, I, Somalia, b. , fasc. , lettera di Tommaso Tittoni a Luigi Mercatelli, Ro- ma,  aprile .

. Ivi, lettera di Tommaso Tittoni ad Antonio Fares, Roma,  aprile .

. «Mi limito a dire che il padre Leandro ebbe ampia comunicazione dal Consolato

in Zanzibar e dal Governo di Mogadiscio, delle serie ragioni per cui la Società concessio- naria dovette d’accordo col Governo proibire l’entrata nella colonia di detto Missionario; aggiungo soltanto che questo provvedimento ha carattere temporaneo e potrà essere mo- dificato quando cesseranno i motivi che lo consigliarono. Con cordiali saluti, credimi. Tit- toni» (ivi, lettera di Tommaso Tittoni a Felice Santini, Roma,  aprile ).

. Ivi, telegramma di Luigi Mercatelli a Tommaso Tittoni, Zanzibar,  aprile . . «Quanto Padre Leandro prego non insistere presso autorità inglesi per allonta- namento da Kisimaio, essendo più opportuno lasciar cadere la cosa» (ivi, telegramma di Tommaso Tittoni a Luigi Mercatelli, Roma,  aprile ).

. Precisamente nel citato telegramma del  aprile Mercatelli diceva: «Padre Lean- dro stabilito Kisimaio: interesso agenzia inglese per ottenere suo allontanamento. Prego V.E. di volere interessare anche Londra, impianto missione Kisimaio non offre certo pe- ricolo, impianto colonia non scevro però gravi inconvenienti».

una qualsiasi iniziativa non per pericoli reali, ma per motivazioni ideo- logiche personali. La decisione del religioso di stabilirsi nella colonia britannica pose così le autorità italiane in una imprevista situazione di

impasse. Fare pressioni sugli inglesi per allontanare padre Leandro avreb- be infatti dimostrato che vi era nei riguardi del religioso una preconcetta ostilità. Al tempo stesso, il «lasciar cadere la cosa» avrebbe comunque fa- vorito il riaccendersi dell’interrogativo già sollevato sul perché a un mis- sionario italiano fosse concesso di stanziarsi senza problemi né pericoli in una colonia inglese e non in quella italiana ad essa limitrofa.

Non era facile a questo punto per Tittoni districarsi nella nuova si- tuazione, senza prestare il fianco ad accuse che potevano venire dall’o- pinione pubblica cattolica, che sinora non era stata particolarmente coinvolta dalla vicenda, come pure all’interno del Parlamento, ove inve- ce, sia pure indirettamente e solo tramite contatti personali con qualche deputato o senatore, la questione era già entrata. Alla fine il ministro scelse quello che ritenne essere il male minore. Tittoni decise infatti di lasciare per il momento le autorità britanniche al di fuori dei rapporti tra governo italiano e missione trinitaria. Che fosse una scelta contrastata ri- sulta abbastanza evidente dal testo di un dispaccio che Tittoni inviò a Mercatelli il  maggio: si tratta infatti di una lettera che reca numerose cancellature e correzioni, in cui il ministro confermava al commissario del Benadir le indicazioni già date quindici giorni prima, spiegandone le ragioni:

Stando così le cose, un nostro passo per ottenere l’allontanamento del Padre Leandro da Kisimaio potrebbe fare credere ad una preconcetta ostilità che non è nei propositi o nell’idea di alcuno, creando delle facili vittime.

Tali direttive vennero impartite da Tittoni a Fares. Questi da parte sua confermò immediatamente, come gli era stato richiesto, al ministro l’ar- rivo a Chisimaio di padre Leandro, mettendolo anche al corrente su quanto altro era riuscito ad «assumere intorno alla dimora e mosse del prefetto apostolico della Somalia italiana». Fares informò Tittoni del- la partenza da Zanzibar, il  aprile, di altri due trinitari, intenzionati a raggiungere padre Leandro a Chisimaio. La buona accoglienza ricevuta dalle autorità britanniche aveva difatti incoraggiato il religioso nell’avvio della missione, anche se, a suo avviso, era assai improbabile che gli in- glesi concedessero ai trinitari l’autorizzazione per impiantarla. Non è



. Ivi, dispaccio di Tommaso Tittoni a Luigi Mercatelli, Roma,  maggio .

. Ivi, dispaccio di Tommaso Tittoni ad Antonio Fares, Roma,  maggio . . Ivi, lettera di Antonio Fares a Tommaso Tittoni, Zanzibar,  maggio .

chiaro quali fossero le informazioni su cui Fares basava le proprie pre- visioni, visto che dal residente di Giumbo Petrini aveva avuto indicazio- ni radicalmente opposte. Petrini aveva infatti comunicato a Fares di aver «tastato il parere delle autorità inglesi» e di aver capito che «se padre Leandro domandasse di piantare le sue tende sia a Kisimaio sia nella Go- scia [...] non avrebbero difficoltà gli inglesi a concedere l’impianto d’u- na missione. Questo se Padre Leandro lo chiederà ciò che non è diffici- le». E mentre il cardinale Gotti il  maggio si rallegrava con il religio- so per l’avvio della missione, Tittoni non doveva essere molto tran- quillo se il  giugno arrivava a scrivere all’ambasciata italiana a Londra, chiedendo all’ambasciatore Alberto Pansa di acquisire informazioni cir- ca la linea di condotta che il governo britannico intendeva assumere nei riguardi di padre Leandro.

.

La “questione padre Leandro”

e la commissione d’inchiesta contro Mercatelli

La “questione padre Leandro” giungeva così a mettere in seria difficoltà Tittoni, e ancor più il commissario generale del Benadir, Mercatelli, il cui comportamento era stato dal ministro sempre avallato. Il  giugno  la vicenda entrò alla Camera dei deputati, nell’ambito di una tornata desti- nata alla discussione del disegno di legge Provvedimenti per la Somalia ita- liana meridionale. A sollevarla fu l’on. Santini, in un discorso teso a de- nunciare gli errori commessi dal governo, in particolare dai ministri degli Esteri, nell’organizzazione della colonia del Benadir. Il fatto che il caso pa-



. Ivi, lettera di Petrini ad Antonio Fares, Giumbo,  aprile . Che padre Lean- dro avesse incontrato la disponibilità delle autorità inglesi trova conferma nelle sue Note

di viaggio: «Alle  e ½ pomerid. sono andato a far visita alle autorità inglesi. Sono stato ri- cevuto cordialmente, da fratelli non potevo essere ricevuto meglio. Il Commissario mi ha perfino offerto alloggio in una casa del Governo nel caso non volessi affittare una casa su- bito» (padre Leandro, Note di viaggio, cit.,  aprile ). Di tale disponibilità padre Lean- dro riferiva anche al padre generale in una lettera scritta lo stesso  aprile : «Il Go- vernatore inglese mi ha consigliato a [sic] domandare un concessione di terreno al Go- verno che mi sarà subito accordata» (ACOSST, AAMissioni Benadir, ).

. APF, NS, vol. , , rubr. , foll. -, lettera del cardinale Girolamo Maria Gotti a padre Leandro, Roma,  maggio .

. ASMAI, I,Somalia, b. , fasc. , lettera di Tommaso Tittoni all’ambasciata italiana a Londra, Roma,  giugno .

. Discussione del disegno di legge: Provvedimenti per la Somalia italiana meridiona- le, atornata del  giugno , in Camera dei deputati, Atti del Parlamento italiano, Le- gislatura XXII, Sessione -, Discussioni, vol. III, Tipografia della Camera dei depu- tati, Roma , pp. -.

dre Leandro si inserisse in un attacco violento al governo aiuta a intende- re le ragioni che contribuirono a far sì che una vicenda, solo apparente- mente marginale, giungesse a mettere in imbarazzo il ministro e divenis- se uno dei principali capi d’accusa nei riguardi del commissario generale Mercatelli. Attaccare Mercatelli equivaleva infatti ad attaccare Tittoni e la politica coloniale italiana: la questione padre Leandro era strumentale a tale attacco. Va poi detto che il dibattito sulla politica coloniale aveva as- sunto maggior rilievo dopo le dimissioni di Giolitti e l’avvento del gabi- netto Fortis, cui alcuni attribuivano l’intenzione di imprimere maggior di- namismo all’opera di penetrazione coloniale, mediante una più intensa at- tività diplomatica e il potenziamento dell’apparato militare.

D’altra parte è significativo che il primo cenno, neanche poi tanto breve, a padre Leandro fosse proprio all’interno del disegno di legge in discussione, presentato il  maggio alla Camera dal deputato Errico De Marinis, ex socialista passato nelle file democratiche e presidente effet- tivo della Società africana d’Italia. Nel disegno di legge si era arrivati a parlare esplicitamente di padre Leandro trattando la questione della schiavitù nella Somalia italiana. I passaggi logici erano stati più o me- no i seguenti: l’abolizione della schiavitù nel Benadir incontra molte dif- ficoltà; generalmente, nelle colonie, oltre ai governi, sono i missionari a combattere la schiavitù; in Benadir a operare contro la schiavitù è sta- to, con «ammirevoli sforzi», il commissario Mercatelli; «molto più dub- bia, per non dir peggio, dell’azione del Mercatelli, è invece l’utilità del- la presenza in colonia del Padre Leandro». Seguivano quindi una serie di note sprezzanti nei riguardi di padre Leandro, che riprendevano la citata corrispondenza dal Benadir, pubblicata sulla “Tribuna” il  mag- gio .

Al momento della discussione del disegno di legge, l’on. Santini pre- se la parola per attaccare il ministro degli Esteri e con lui il governo, de- nunziandone l’assoluta impreparazione sul piano coloniale, l’incapacità di controllare il territorio somalo, la posizione di subalternità rispetto al- la Società commerciale del Benadir, nonché lo stato di soggezione nei ri- guardi della vicina Inghilterra. La linea di condotta assunta da Mercatel- li e da Tittoni nei confronti della missione trinitaria avrebbe confermato, secondo il deputato, in modo evidente l’incapacità del governo italiano



. Cfr. F. Grassi, Le origini dell’imperialismo italiano: il “caso somalo” (-), Mi- lella, Lecce , p. .

. Cfr. Relazione della Giunta generale del Bilancio sul disegno di legge «Provvedi- menti per la Somalia italiana meridionale (Benadir)», seduta del  maggio , in Camera

dei deputati, Raccolta degli Atti stampati per ordine della Camera, Legislatura XXII, Sessio- ne -, vol. VI, Tipografia della Camera dei deputati, Roma , stampato n.  A.

di portare avanti una efficace azione colonizzatrice: come dimostravano i «Governi più laici, o [...] anche più atei» delle maggiori potenze colonia- li, le missioni esercitavano una «influenza benefica» sull’espansione eu- ropea. Sullo sfondo era dunque, con ogni probabilità, di nuovo l’esem- pio della Terza Repubblica, che si accingeva a varare la legge sulla sepa- razione tra la Chiesa e lo Stato e che, nondimeno, proteggeva e favoriva, nei territori coloniali, le missioni cristiane. Non è possibile verificare se l’on. Santini non sapesse o se evitasse di ricordare quanto è stato messo in luce dalla recente storiografia, e che cioè non mancavano in quegli an- ni, anche nei possedimenti francesi, episodi di manifesto anticlericalismo da parte delle autorità coloniali nei riguardi dei missionari.

Inserendosi in questa cornice, che contribuisce a chiarire le ragioni della rilevanza politica della questione, le accuse mosse a Mercatelli per l’«opposizione sistematica» all’operato del prefetto apostolico del Bena- dir avevano una loro precisa articolazione. L’argomento principale attor- no a cui ruotava l’intervento di Santini era l’indubbia «utilità dell’accor- do tra il sentimento religioso e gli ideali di patria». Ciò, continuava San- tini, era ancor più valido per la colonia italiana, che il pontefice aveva provvidamente affidato a un religioso italiano, il quale aveva comunque ricevuto «categoriche istruzioni di essere del tutto ossequente alle leggi ed alle autorità italiane, di compiere opera religiosa, ma patriottica in una e di estendere per ora la sua azione non alla missione, che riconosceva [...] sul momento pericolosa, ma di limitarla alle istituzioni di scuole italiane e di un ospedale, che accogliesse i poveri indigeni ammalati». Santini si faceva anche garante della lealtà del prefetto apostolico nei riguardi del- lo Stato italiano, affermando di averlo conosciuto personalmente, di aver- lo presentato al ministro degli Esteri «con patriottico amore», nella con- vinzione che l’istituzione della prefettura apostolica del Benadir avrebbe rappresentato «indiscutibilmente un successo della politica italiana».

Santini riferì quindi alla Camera del viaggio di padre Leandro in Be- nadir. Pur trattandosi di una descrizione sommaria, egli diede molto ri-

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