Conclusioni e policy recommendations
4. Digitalizzazione e piattaforme inclusive, ridefinizione della natura della prestazione
È in corso un sottile, infido processo di disgregazione sociale che, partendo proprio dalle imprese (intese come “formazioni sociali”) riguarda più in genera-le tutti i corpi intermedi, costituendo fonte di disorientamento per gli individui, giovani e anziani. Tale processo, se non contrastato con gli strumenti della cul-tura negoziale, porta all’individualizzazione del rapporto di lavoro e alla fine della rappresentanza collettiva. La precarizzazione del lavoro ha inoltre portato a una trasformazione del contratto psicologico tra datore di lavoro e lavoratore:
si è già transitati da un contratto “relazionale”, fondato sulla fiducia reciproca e sulla fedeltà per la durata della vita lavorativa a un contratto “transazionale”, basato su uno scambio tra prestazioni di valore monetario (retribuzione vs.
obiettivi economici raggiunti) per un periodo, per definizione, limitato nel
tem-po. Le persone che lavorano tendono insomma sempre più a identificarsi nella propria professione, anziché nei valori aziendali. Il passo successivo è l’individualizzazione del rapporto di lavoro e lo smarrimento del senso dell’identità collettiva. Il tema tocca alcuni tra gli aspetti più delicati della digita-lizzazione, che nel settore finanziario sta producendo effetti particolarmente rilevanti. Non si tratta tanto di definire gli assetti della banca digitale, che di per sé pure necessita di qualifiche e competenze di ruolo, quanto di tracciare le prospettive di sviluppo e di impatto delle nuove piattaforme digitali. Morfolo-gicamente, esse si presentano come nuovo datore di lavoro. In altri termini, sotto il profilo squisitamente operativo, ma anche sotto quello regolativo e funziona-le, il lavoratore “dipende” dalla piattaforma, anziché da un datore di lavoro fisi-co. La piattaforma disintermedia non solo il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro/imprenditore, ma anche tra questi e il cliente finale. L’effetto più evi-dente di questa nuova morfologia del rapporto di lavoro è la ridefinizione pra-tica dei contenuti della prestazione di lavoro, tesa a realizzare gli obiettivi d’impresa, “promessi” direttamente dal lavoratore al cliente finale. Questa con-notazione del lavoro delle piattaforme digitali trasforma di fatto l’obbligazione di mezzi in obbligazione di risultati e genera ulteriore esclusione per i lavoratori anziani. Non è solo questione di conoscenze informatiche o di competenze di-gitali, ma è questione di performance: è la piattaforma in sé che seleziona le energie, generando esclusione. I sistemi di rating tengono infatti conto dei tem-pi di risposta e di inattività del lavoratore: parte della valutazione è basata su tali elementi. È possibile ricercare in un uso sapiente delle stesse piattaforme digita-li soluzioni che valorizzino l’apporto dei lavoratori anziani, un’ottica non com-petitiva? In altri termini: il “digital divide” può divenire “digital ageing”? Le alterna-tive all’esodo anticipato e alla “mobilità geografica” attualmente in campo, già praticate, sono: smart working, part-time, job-sharing, cloud. Nessuna di queste formule, di per sé neutre, affronta la logica delle nuove piattaforme digitali.
La proposta. Le piattaforme digitali sono di per sé orientate al “cliente esterno”, disintermediando il rapporto tra imprenditore classico e cliente finale e rappre-sentando il lavoratore come soggetto di rischio di impresa. In realtà le stesse piattaforme digitali sono idonee a fornire supporto consulenziale anche al c.d.
“cliente interno”, ovvero a quel lavoratore chiamato a gestire il rischio di im-presa. Si tratta di utilizzare un diverso algoritmo, costruito per le caratteristiche del lavoratore “aged” che è in grado (per esperienza, prudenza, conoscenza dei processi, conoscenza dei rischi operativi, storicità dei rapporti) di supportare il lavoratore che opera all’esterno (e che a sua volta assume in prima persona ri-schi operativi non gestibili con le competenze e i tempi di cui dispone). Nuovi sistemi di rating, negoziati e “adattati all’uomo”, potrebbero tener conto, oltre e più che dei tempi di risposta agli stimoli, della qualità dell’assistenza e consu-lenza fornita. Superando il limite dello “spazio” e del “tempo” della prestazione
lavorativa, la piattaforma digitale estenderebbe e prolungherebbe, dilatandole, le caratteristiche di forza dei lavoratori anziani, rendendoli “diversamente presen-ti”. Occorrerebbe istituire mediante accordi collettivi nuove figure professionali di presidio operativo, soprattutto nell’area del “risk management” del settore fi-nanziario. Pensiamo a un “Garante MiFID II” o a un “Garante della filiera del credito”: figure di sostegno diffuso, di ruolo operativo che “in affiancamento”
offrano contenuti di esperienza (consulenza e assistenza) agli operatori giovani:
o a quelli già in precedenza assunti, stressati dai budget e più esposti ai rischi legali e disciplinari, oppure a quelli assunti ex novo, in una prospettiva (contratta-ta collettivamente) di ricambio generazionale. Tali figure svolgerebbero un pre-zioso raccordo tra funzione di compliance e funzione di business, potenziando l’efficacia dei controlli operativi in chiave preventiva e con modalità gestionali informali. Si tratta dunque di superare gli accordi collettivi di puro esodo e di favorire il mantenimento del know-how e il paziente travaso identitario di sapere.
Per far questo, in una logica di indirizzo strategico di settore, occorre istituire in tutti i Paesi, o valorizzare e innovare i fondi di solidarietà e istituire a livello co-munitario, come sancito in Italia alla firma del rinnovo del CCNL ABI (19 di-cembre 2019), una cabina di regia bilaterale e paritetica, per il governo dei processi digitali.
Connessa al tema precedente è la ridefinizione del contenuto della prestazione di lavoro subordinato nell’uso delle piattaforme digitali, che di per sé valorizza-no ed esasperavalorizza-no le performance, tendendo all’individualizzazione dei rapporti (con propensione verso la formale autonomia) e, in definitiva, ad una esclusio-ne dei lavoratori aged. Si tratta, invece, di sancire collettivamente un nuovo
“patto generazionale” di settore, che riqualifichi la prestazione di lavoro subor-dinato in un’ottica (non individualistica ma solidaristica) di “ciclo di vita” del lavoratore. In pratica, si tratta di innestare nel concetto di “esatto adempimen-to” della prestazione individuale anche garanzie contrattuali di natura assicura-tiva, in modo da controbilanciare i rischi di dumping sociale insiti in una rigida valutazione delle diverse performance legate all’età.