• Non ci sono risultati.

La dimensione collettiva

aspetti operativi

5. La qualificazione dei prodotti tipici

5.6 La dimensione collettiva

e la fase della qualificazione interna al sistema produttivo

L’analisi dei segni geografici ha messo chiaramen-te in evidenza alcuni aspetti derivanti dalla dimensio-ne collettiva del prodotto tipico, la quale fa sì che la qualificazione sia il risultato di un processo di “co-struzione” che si realizza non nella singola impresa ma all’interno dell’intero sistema produttivo.

Tale processo trova le sue radici nella fase del processo di valorizzazione relativa all’attivazione e tutela delle risorse locali; esso dovrà quindi basarsi sull’integrazione dei saperi, delle pratiche e dei si-gnificati attribuiti al prodotto da parte delle singole imprese, i quali non necessariamente saranno coin-cidenti, anzi saranno ordinariamente diversi e talvol-ta anche abbastalvol-tanza distalvol-tanti gli uni dagli altri.

Questa eterogeneità delle concezioni di qualità del prodotto tipico da parte delle imprese operan-ti nella filiera dipende da numerosi fattori, e tra questi dallo stadio della filiera in cui le imprese operano, dalle competenze possedute e dal diffe-rente livello di qualità del prodotto tipico da esse realizzato, dalla diversa capacità di accesso ai cana-li commerciacana-li che esse hanno sviluppato e dunque dalle loro differenti modalità di valorizzazione del prodotto, e più in generale dal tipo di orientamen-to strategico al mercaorientamen-to.

‡ Il processo di ottenimento della IGP del Lardo di Colonnata è stato contrassegnato da un lungo con-tenzioso tra i produttori del paese di Colonnata, per cui il lardo rappresentava attività secondaria o comunque accessoria rispetto ad altre, e i produttori di zone limitrofe della provincia di Massa Carrara, in gran parte salumifici di differenti dimensioni, ma comunque professionali.

I più forti conflitti hanno riguardato la delimitazione della zona di produzione, che alla fine è stata ristret-ta al solo centro abiristret-tato di Colonnaristret-ta; il nome di Colonnata era andato infatti incorporando una forte reputazione sul mercato nazionale e anche all’estero, in virtù delle vicende igienico-sanitarie che avevano

V A L O R I Z Z A Z I O N E D E I P R O D O T T I A G R O A L I M E N T A R I T I P I C I 63

Campagna di promozione dell’Olio extravergine Toscano IGP

FotoArchivioARSIA

portato alla ribalta dei mass-media questo prodotto.

In realtà anche la concezione del prodotto e del pro-cesso produttivo era fortemente contrastante: il ri-corso alla stagionatura in cantine con microclima na-turale proposto dai produttori di Colonnata contra-stava con la logica dei produttori professionali, per i quali la stagionatura in atmosfera condizionata era la sola conforme al proprio modello produttivo e di organizzazione aziendale.

È dunque importante prendere atto che le imprese e le istituzioni locali coinvolte a vario titolo nella filiera del prodotto tipico hanno interessi diver-si. Questo fatto può infatti comportare significative difficoltà qualora sia necessario procedere alla for-male codifica della specifica qualità del prodotto o dei confini dell’area di produzione del prodotto. In questi casi è necessario attivare un processo di con-fronto delle diverse concezioni di qualità possedute dai differenti agenti del sistema, posti ai vari livelli del processo produttivo della filiera di produzione.

La dimensione collettiva, in virtù del carattere identitario del prodotto e dei suoi legami con la comunità locale, è peraltro ancora più ampia di quella che coinvolge le singole imprese, chiaman-do in causa tutti gli altri attori del territorio che concorrono alla formazione del valore simbolico del prodotto, consentendo di incorporare in esso valori ambientali, estetici, culturali, etici.

La qualificazione del prodotto risponde dun-que a esigenze e logiche diverse che talvolta pos-sono entrare in contrasto.

Un primo possibile ambito di contrasto è quel-lo tra le esigenze esclusivamente rivolte al suppor-to della filiera produttiva (logiche commerciali) o invece orientate ad esaltare l’identità territoriale del prodotto tipico (logiche identitarie) e a valo-rizzare le sue molteplici relazioni con il territorio (logiche di diversificazione).

‡ Il contrasto tra queste differenti logiche si gioca spes-so nella scelta dello strumento di qualificazione più idoneo allo scopo perseguito: ad esempio una azione di qualificazione mediante DOP(logica commerciale) oppure mediante la realizzazione di una Strada di prodotto (logica di diversificazione). Anche se a prio-ri si tratta di scelte non alternative tra loro, nei fatti esse possono essere scarsamente compatibili anche in considerazione dei vincoli di risorse disponibili.

A ciò si aggiunga che uno stesso strumento di quali-ficazione può essere usato per perseguire obiettivi diversi. Prendiamo ancora il caso di una DOP. Una DOPper un determinato prodotto tipico può essere pensata in funzione del supporto alla filiera produttiva, effettuando determinate scelte che,

anche allontanandosi dalla tradizione produttiva di quel prodotto, ne consentano un posizionamento in segmenti di mercato potenzialmente interessanti:

può andare in questo senso la scelta di consentire la stagionatura di un salume in atmosfera modificata, per renderlo adatto alla produzione in serie, anche se la tradizione locale non prevedeva che la stagionatu-ra natustagionatu-rale; oppure la scelta di ridurre la dustagionatu-rata della stagionatura rispetto a quella tradizionale. L’obietti-vo in questi casi può essere quello di sacrificare parte della specificità del prodotto-processo per guadagna-re in termini di competitività di pguadagna-rezzo sul mercato rispetto ai prodotti potenziali concorrenti.

Per lo stesso prodotto una DOPpuò essere il frutto di una logica identitaria: il disciplinare può essere la fedele trascrizione dell’antica e “originale” pratica produttiva di quel prodotto. In questo caso il rischio è che nessuna impresa possa trovare economicamen-te ineconomicamen-teressaneconomicamen-te la produzione di quel prodotto.

Nella costruzione del disciplinare della DOP dello stesso prodotto possono, ancora, essere considerati alcuni aspetti della relazione del prodotto con la cul-tura, con il paesaggio locale o con l’ambiente natura-le: ad esempio, il fatto di prevedere la coltivazione secondo tradizionali sistemazioni (quali terrazzamen-ti) o la trasformazione in edifici rispettosi delle tradi-zioni architettoniche locali (come nel caso dei metati per l’essiccazione delle castagne della Garfagnana).

Un secondo possibile ambito di contrasto si può avere all’interno della filiera del prodotto tipi-co. La qualificazione può infatti rispondere, in questo caso, al soddisfacimento degli obiettivi di una qualche specifica componente della filiera (ad esempio, la fase agricola, o quella di trasformazio-ne) a scapito di altre.

In altri casi i contrasti all’interno della filiera possono riguardare tipologie di imprese apparte-nenti alla stessa fase del processo produttivo, ma che realizzano il prodotto secondo logiche diffe-renti, ad esempio tra imprese che usano metodi artigianali oppure metodi più “industriali”.

‡ In tutti i prodotti tipici elaborati sono identificabili diversi stadi della filiera, i cui interessi rispetto alla qualificazione del prodotto tipico sono convergenti nella misura in cui il processo di qualificazione adot-tato tenga in debito conto le rispettive esigenze, e successivamente vengano messi in atto dei meccani-smi di ripartizione del valore aggiunto del prodotto tipico ritenuti equi dalle varie parti. Ciò non sempre accade: nel caso del Pecorino Toscano DOPad esem-pio, a fronte di un andamento soddisfacente del mer-cato del prodotto, sono frequenti i conflitti tra le imprese di allevamento e quelle di caseificazione.

La presenza di imprese cooperative coinvolte nelle fasi di trasformazione del prodotto tipico può favo-rire la ricaduta del beneficio economico sugli agri-coltori produttori della materia prima.

Proprio la redazione di un Disciplinare può invece rappresentare un passaggio in cui una delle parti in causa tende a prevalere sulle altre, istituzionalizzando la prevalenza del proprio apporto alla costruzione della qualità del prodotto tipico rispetto ad altre parti.

Si pensi ad esempio alla richiesta di una denomina-zione di un formaggio tipico, in cui le imprese casea-rie ottengono il riconoscimento di una IGPsulla base di un disciplinare che prevede l’approvvigionamento del latte in un’area molto più vasta rispetto a quella della trasformazione.

I contrasti possono materializzarsi in conflitti rispetto agli obiettivi generali della qualificazione del prodotto tipico o alla tipologia di strumenti di

qualificazione da utilizzare, o ancora rispetto ai contenuti operativi da dare a tali strumenti, ad esempio rispetto alla codificazione delle tecniche di produzione o alla delimitazione dell’area di produ-zione del prodotto tipico.

Lavorare a una mediazione interna sulle caratte-ristiche del processo produttivo e quindi sugli speci-fici requisiti qualitativi del prodotto rappresenta un passaggio fondamentale per la successiva azione di qualificazione del prodotto stesso verso l’esterno.

Non sempre è però possibile raggiungere un accordo tra concezioni di qualità e logiche di qua-lificazione del prodotto tipico diverse; possono dunque prendere avvio diverse iniziative di quali-ficazione dello stesso prodotto in contrasto tra loro, o al contrario si può arrivare a una situazio-ne di blocco di qualsiasi iniziativa. In queste situa-zioni il ruolo delle istitusitua-zioni locali è in genere molto importante.

V A L O R I Z Z A Z I O N E D E I P R O D O T T I A G R O A L I M E N T A R I T I P I C I 65

6.1 Cosa è la commercializzazione