4.4 Focus sul caso di Tuvalu
4.4.3 Dimostrazione empirica
Per meglio comprendere come il concetto di migrazione viene inteso dalla comunità di Tuvalu e perché i suoi abitanti si rifiutano di essere definiti ‘rifugiati ambientali’, mi sono avvalsa di uno studio svolto dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (IOM). I ricercatori hanno adottato un approccio qualitativo basato su interviste e questionari rivolgendosi direttamente ai tuvaluani, dimostrando che la maggior parte di coloro che si sono trasferiti nello specifico in Nuova Zelanda non l’ha fatto necessariamente a causa del cambiamento climatico. Ad ogni modo, la questione ambientale sembra essere un tema comune nelle parole dei migranti intervistati. La ricerca da me analizzata vuole dimostrare l’importanza del cambiamento climatico come motore della migrazione in un contesto in cui sempre più tuvaluani emigrano in Nuova Zelanda grazie a diversi programmi, prima tra tutti il Pacific Access Category scheme. Shawn Shen e François Gemenne, i due promotori dello studio, hanno esaminato e valutato i motivi alla base della decisione di lasciare Tuvalu, in particolare raccogliendo le opinioni sia tra colore che vivono ancora sull’isola, sia di un campione di Tuvaluani che risiedono in Nuova Zelanda.
Gli elementi chiave della migrazione tuvaluana includono gli effetti del cambiamento climatico, l’impiego, l’educazione e la speranza di poter dare un futuro migliore alle prossime generazioni.
Gli sviluppi socioeconomici e ambientali sono pienamente responsabili della situazione in cui gli abitanti di Tuvalu si trovano e alla quale reagiscono emigrando.
156 S. Shen, F. Gemenne, Contrasted Views on Environmental Change and Migration: the Case of Tuvaluan Migration to New Zealand, International Migration, IOM International Organization for Migration, Blackwell Publishing Ltd., Oxford, 2011, p. 229
157 Malthusianesimo, dottrina economica che si rifà alle tesi di Thomas Malthus, economista inglese. Questa dottrina attribuisce alla pressione demografica il diffondersi della povertà e della fame nel mondo, correlando strettamente il rapporto tra popolazione e risorse naturali disponibili nel pianeta.
Ho personalmente apprezzato questa ricerca in quanto tiene conto delle osservazioni proprie dei tuvaluani e dei loro pensieri personali in merito alla questione ambientale. Le esperienze e le posizioni presentate provengono dai membri della comunità in maniera non uniforme. Gli intervistati sono rappresentanti dello Stato, della Chiesa, delle ONG e dai comuni cittadini. In conclusione, al fine di comprendere l’andamento crescente della migrazione tra Tuvalu e la Nuova Zelanda, vengono comparati questi diversi punti di vista.
Il lavoro svolto nell’arcipelago ha concentrato maggiormente le interviste tra gli abitanti di Funafuti che, oltre ad essere l’atollo più grande, è anche il centro politico e socioeconomico. Le difficoltà pratiche hanno reso complicato estendere il campo d’indagine anche alle altre isole, anche se le prospettive sul cambiamento climatico e la migrazione sarebbero state probabilmente diverse.
Occorre tuttavia osservare che Funafuti ospita più della metà della popolazione di Tuvalu e, nel corso degli ultimi anni, è stata soggetta a significativi flussi migratori interni l’arcipelago, consentendo di conseguenza di poter intervistare anche chi nacque negli atolli periferici. Per di più, questa isola è il punto di partenza da cui i tuvaluani emigrano oltremare.
Al contempo, la Nuova Zelanda è servita come importante controparte delle indagini, essendo la destinazione principale per i tuvaluani. Visti i legami storici e culturali polinesiani, la Nuova Zelanda è da tempo la meta primaria per chi emigra dal Pacifico, ospitando una delle comunità più grandi de mondo di tuvaluani, al di fuori di Tuvalu.
Per completare il questionario, è stato quindi scelto un campione composto da 25 famiglie emigrate.
La regione occidentale di Auckland, comprendente i distretti di Waitakere, Massey, Henderson e New Lynn, ospita la più alta concentrazione di tuvaluani residenti in Nuova Zelanda ed infatti, la maggior parte degli intervistati proviene da quest’area suburbana.
Tra i migranti intervistanti, molti di loro si sono trasferiti diverse volte durante il corso della loro vita.
Storicamente, infatti, la migrazione ha sempre avuto un significato peculiare per i tuvaluani e, soprattutto in seguito alla Seconda Guerra Mondiale del resto, i tuvaluani vennero addestrati come marinai per le navi mercantili tedesche.
Inoltre, in assenza di una buona e completa possibilità di istruirsi perché carenti gli istituti specifici, gli studenti di Tuvalu vennero mandati oltremare per migliorare la loro educazione, iscrivendosi pertanto presso le scuole e le università australiane e neozelandesi. Per questi motivi, e per cercare un rimedio allo sviluppo delle principali sfide, il governo di Tuvalu è costantemente alla ricerca di opportunità di migrazione, in particolare verso l’Australia e la Nuova Zelanda. Le ragioni alla base di questa volontà includono l’esigenza di alleviare la pressione del sovraffollamento in Funafuti; il desiderio di aumentare gli stipendi; e la necessità di dare una risposta ai timori della comunità riguardanti la minaccia del cambiamento climatico.
I principali flussi migratori attuali che partono da Tuvalu vengono precisati, dai ricercatori dell’IOM, nei seguenti punti:
• La migrazione all’interno dell’arcipelago di Tuvalu
Il primo modello chiave di migrazione avviene tra i vari atolli di Tuvalu. Da quando l’Australia donò
la barca Nivanga alla fine degli anni Novanta, gli spostamenti tra le diverse isole sono aumentati notevolmente. Gli aiuti internazionali non solo hanno facilitato i viaggi, ma hanno anche fornito un pull factor tanto che Funafuti subì una rapida crescita tra gli ultimi anni ’90 e l’inizio del 2000. Inoltre, l’ausilio estero ha permesso la creazione di numerose strutture, come un nuovo edificio per le funzioni amministrative del governo, l’ospedale Princess Margaret, un centro per le telecomunicazioni, un pontile e una scuola di formazione marittima. Con l’aumento dei movimenti dalle isole minori a Funafuti, il governo di Tuvalu sta realizzando incessantemente servizi e strutture anche nelle altre località, al fine di rallentare tale pressante flusso migratorio.
• La migrazione da Tuvalu alle Fiji
Questo tipo di migrazione è comune e importante soprattutto data la presenza dell’Università del Pacifico del sud a Suva. Gli studenti di Tuvalu che dispongono di una borsa di studio, hanno la possibilità di trasferirsi nell’isola insieme all’intera famiglia, almeno durante tutto il corso di studi.
In aggiunta, la presenza nelle Fiji delle organizzazioni internazionali e regionali, come l’UNDP158 e la SOPAC159, rappresenta un’altra importante risorsa per i tuvaluani che, lavorando come funzionari negli uffici, si stabiliscono abitualmente sull’isola insieme al loro nucleo famigliare. Ad ogni modo, i flussi migratori tra Tuvalu e le Fiji sono nettamente diminuiti da quando è stato introdotto un nuovo visto di soggiorno per i tuvaluani e gli altri isolani del Pacifico.
• La migrazione da Tuvalu verso l’Australia
Questa variabile migratoria è in realtà estremamente limitata, a causa dei rigidi criteri di ammissibilità. A detta del Ministro degli Affari Esteri di Tuvalu, i suoi compatrioti residenti in Australia non risultano essere più di 300 e, i pochi che ci sono, si trovano principalmente tra Brisbane, Sydney e Melbourne.
• La migrazione da Tuvalu verso la Nuova Zelanda
Questa tratta migratoria è la più rilevante tra quelle esposte finora soprattutto per l’importanza di due motivi principali: il ‘Pacific Access Category’ e il ‘Family migration stream’. Il primo è un accordo che garantisce annualmente la possibilità a 75 tuvaluani di poter ottenere il permesso di soggiorno
158 UNPD, United Nations Development Programme, ovvero Programma della Nazioni Unite per lo sviluppo è l’organizzazione internazionale nata nel 1966, in seguito ad una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per promuovere il progresso economico dei Paesi sottosviluppati.
159 SOPAC, South Pacific Applied Geoscience Commission, ovvero la Commissione per le geo scienze applicate delle isole del Pacifico dedicata a fornire servizi per promuovere lo sviluppo sostenibile dei paesi in cui opera.
permanente in Nuova Zelanda. Questa politica migratoria è riservata ai migranti provenienti dalle Fiji, dal Tonga, da Kiribati e da Tuvalu. Anche se aleggiano ipotesi di un accordo specifico tra Tuvalu e la Nuova Zelanda in merito ai ‘rifugiati ambientali’, non è stata ancora definita alcuna strategia atta a tutelare gli abitanti delle comunità del Pacifico che sono costretti a trasferirsi a causa dell’innalzamento del livello del mare. Infatti, tra il Pacific Access Category e il cambiamento climatico non vi è nessun nesso. A dire la verità, per poter aver accesso al PAC i tuvaluani devono soddisfare dei requisiti molto rigorosi per qualificarsi alla selezione tra migranti: innanzitutto devono avere una buona padronanza della lingua inglese, un’offerta di lavoro già confermata in Nuova Zelanda, e soprattutto devono essere stati sottoposti ad una specifica e rigorosa visita medica nelle Fiji. Una volta che questi migranti hanno ottenuto il permesso e si sono trasferiti, essi possono richiedere di poter trasferire in Nuova Zelanda anche la propria famiglia grazie al secondo tipo di accordo preposto dal governo neozelandese: il ‘Family migration stream’. Inoltre, grazie al
‘Recognised Seasonal Employer scheme’, introdotto nel 2008, i tuvaluani e gli altri isolani del Pacifico possono richiedere un visto lavorativo della durata di 6/9 mesi, per lavorare, nello specifico, nel settore orticolo identificato come quello dove la manodopera è più carente rispetto agli altri.160