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La diplomazia religiosa, una questione di prestigio e sicurezza

Nel documento La politica africana del Marocco (pagine 77-80)

3. LA POLITICA AFRICANA DI MOHAMMED VI

3.2 La diplomazia religiosa, una questione di prestigio e sicurezza

Tra gli accordi conclusi con il Mali, ve n’è uno che ha ricevuto una grande eco a livello internazionale, ossia quello per la formazione di cinquecento imām maliani in Marocco, misura atta a limitare la diffusione del fondamentalismo islamico. Questo accordo, rientra in una più amplia strategia diplomatica impiegata dal Marocco per proiettare la propria influenza sui paesi musulmani dell’Africa occidentale. In effetti, non disponendo dei mezzi economici di Libia e Algeria, il Regno ha individuato nella diplomazia religiosa una potente risorsa simbolica su cui fare leva per legittimare la propria politica. Questa strategia, che consiste nel presentare il Marocco come un modello religioso di riferimento, esaltando allo stesso tempo i legami spirituali che storicamente lo uniscono ai paesi dell’altra sponda del Sahara, è uno dei tratti più originali della politica africana marocchina.

Come si è visto nel primo capitolo, il Marocco ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione dell’islam in Africa occidentale, cosa che non manca mai di essere sottolineata nei discorsi ufficiali. Il suo prestigio religioso deriva, in particolare, da due fattori: l’autorità

182 “Visite en grande pompe de Mohammed VI au Mali”, RFI, 18/02/14

183 J. C., “Morocco’s role in Africa. Making more of it”, The Economist, 25/02/15

184 Comunicato congiunto in occasione della visita di Stato di Mohammed VI in Mali, URL :

http://www.maroc.ma/fr/activites-royales/communique-conjoint-loccasion-de-la-visite-detat-de-sm-le-roi- mohammed-vi-en

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spirituale del sovrano marocchino, amīr al-mū’minīn185 e discendente del Profeta, e gli importanti legami storici che esistono tra le zāwiya subsahariane della Tiğāniyya, confraternita molto diffusa in tutta l’Africa occidentale, soprattutto in Senegal, e la zāwiya di Fes. La città, dove il fondatore Ahmed Tijani ha vissuto nell’ultima parte della sua vita, ospita la sua tomba e per questo motivo è meta di pellegrinaggio degli adepti tiğāni di tutto il mondo. L’altra zāwiya che le contende il primato spirituale è quella di Aïn Madhi, in Algeria, terra natale dello šayḫ.

Secondo Sambe, questi rapporti sarebbero talmente importanti da costituire la base delle relazioni politiche tra Senegal, paese nel quale le confraternite hanno una certa influenza sulla vita politica, e Marocco.186 Consapevole della loro importanza, il Regno si appoggia sulla

confraternita e le sue strutture per dare legittimità alle proprie azioni diplomatiche. Per questo motivo nel 1985, durante un incontro al Parlamento marocchino, è stata creata la Ligue

des Oulémas du Maroc et du Sénégal, organizzazione religiosa patrocinata da Hassan II e

Abdou Diouf, finanziata dal Ministero degli affari islamici.187 La Ligue, di cui fanno parte

soprattutto adepti tiğāni, ha l’obiettivo di rinforzare le relazioni tra i due paesi, ma sembrerebbe piuttosto la struttura su cui si appoggia Rabat per estendere la propria influenza religiosa in Senegal.188 L’importanza politica accordata dal Marocco a questi legami religiosi è

evidente per il fatto che ai più importanti raduni tiğāni, come quello a Tivaouane in occasione del gamou189o le journées culturelles tidjanes patrocinate dal sovrano stesso, partecipa sempre una delegazione marocchina, generalmente composta dall’ambasciatore e un rappresentante del ministero degli affari islamici, se non il ministro stesso.190

Se con la Tiğāniyya senegalese i rapporti sono stati da sempre molto solidi per via della sua affiliazione alla zāwiya di Fes, il Marocco negli ultimi anni è riuscito ad avvicinarsi anche agli

185 Comandante o principe dei credenti. È un titolo che venne conferito ai primi califfi dell’islam e che ora è

costituzionalmente attribuito al re del Marocco. L’amīr al-mū’minīn ha il compito di preservare la religione e la

comunità dei credenti.

186 B. Sambe, op. cit., p. 120 187 Ivi, p. 122-123

188 Ivi, p. 129

189 La nascita del profeta, ʿaīd al-mawlid al-nabawī, è un’importante festività islamica.

190 Ivi, p. 134 e Hami, op. cit., p. 206. Da notare che Ahmed Toufiq, il potente ministro degli affari islamici in

carica dal 2002, è stato per diversi anni il direttore de l’Institut des Études Africains di Rabat, l’unico istituto marocchino che si occupa di Africa subsahariana e, in particolare, delle relazioni col Marocco.

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adepti di altri paesi. Nel 2011, ad esempio, Mohammed VI ha patrocinato la prima conferenza dei tiğāni maliani a seguito della quale è stato creato il Conseil Fédéral National des Adeptes

de la Tarîqa Tijaniyya du Mali (CONFENAT), la cui sede è stata interamente finanziata dal

Marocco.191 Lo stesso contributo è andato anche al Conseil Fédéral des Tijanis della Costa

d’Avorio nel 2015.192 Questi due episodi rappresentano una vittoria del Marocco nei confronti

dell’Algeria, con la quale è in corso una sfida dagli anni ’80 per assicurarsi la fedeltà delle

zāwiya subsahariane e, allo stesso tempo, il loro sostegno alle proprie posizioni sul Sahara

Occidentale.193

Il Marocco, a differenza del rivale dispone di un prestigio religioso ben maggiore, poiché la dinastia alauita è ritenuta discendere direttamente dal Profeta e il sovrano porta il titolo di

amīr al-mū’minīn. Questi due attributi rendono Mohammed VI una figura religiosa di primo

piano agli occhi di tutti i musulmani, non solo dei tiğāni. Per questo motivo, le visite ufficiali del sovrano presso i paesi musulmani dell’Africa subsahariana, hanno un carattere fortemente religioso. Le preghiere del venerdì nelle grandi moschee delle rispettive capitali (Dakar, Bamako, Abidjan, Bissau, Conakry, Libreville,194 etc.), generalmente in compagnia dei

presidenti, gli incontri con i più alti rappresentanti delle confraternite, non solo della

Tiğāniyya, la distribuzione di decine di migliaia di copie del corano, i finanziamenti alle

moschee e via dicendo, sono tutte azioni fondamentali nella strategia politica del Regno. Negli ultimi anni, però, la diplomazia religiosa marocchina ha compiuto un ulteriore passo avanti. Il suo obiettivo non è più solamente quello di sostenere e legittimare le proprie relazioni politiche con i paesi in questione, ma quello di consolidare la leadership di Rabat nel Sahel a discapito dell’Algeria. Su quel fronte, come si è visto, il Marocco ha tentato di condurre la mediazione tra il governo di Bamako e i ribelli tuareg dell’MLNA. Inoltre, nel novembre 2013

191 N. Lanza, "Les « ponts de spiritualité » entre le Maroc et les pays d’Afrique subsaharienne se multiplient ?",

Centre Jacques Berque, URL : http://www.webmail.cjb.ma/268-les-archives/270-archives-editos/379-archives- editos-2013/les-ponts-de-spiritualite-entre-le-maroc-et-les-pays-d-afrique-subsaharienne-se-multiplient- 2488.html, consultato il 29/11/15

192 MAP, “Homme de paix, SM le Roi Mohammed VI est une fierté pour tout le continent africain (président du

Conseil Fédéral des Tijanis en Côte d’Ivoire”, 30/05/15

193 B. Sambe, “Tidjaniya: usages diplomatiques d’une confrérie soufie”, in Politique étrangère, 2010/4, pp. 851-

853

194 Il Gabon ha una popolazione di fede musulmana molto ridotta, ma il presidente Ali Bongo Ondimba si è

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ha ospitato la seconda conferenza ministeriale regionale sulla sicurezza delle frontiere, che ha visto la partecipazione di diciannove paesi dell’Africa del nord, del Sahel e dell’Europa del sud e la firma della dichiarazione di Rabat. Parallelamente, sfruttando il proprio prestigio religioso, il Marocco sta tentando di esportare il proprio modello di islam “moderato e tollerante”, come spesso viene definito, in nome della lotta al terrorismo di matrice islamica nel Sahel. È dunque in quest’ottica che va visto l’accordo per la formazione dei cinquecento imam maliani, subito sollecitato anche da Costa d’Avorio, Guinea, Nigeria, ma anche Tunisia, Egitto e Unione delle moschee di Francia, e la creazione dell’Institut Mohammed VI pour la formation des imams,

des predicateurs et des predicatrices,195 il cui scopo è quello di preparare delle figure in grado

di contrastare la diffusione delle forme più estreme di islam. Nello stesso periodo, è stata creata anche la Fondation Mohammed VI des Oulémas Africains che, presieduta dal sovrano, si occuperà di studiare e rivitalizzare il patrimonio islamico comune e di diffondere e consolidare i valori dell’islam tollerante. Queste iniziative, presentate alla riunione del Comitato contro il terrorismo dell’ONU del 2014,196 al summit della Casa Bianca contro

l’estremismo violento del 2015 e più volte davanti a rappresentanti dell’UE, hanno suscitato consensi da parte degli alleati occidentali.197

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