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La direttiva UE del 2019 riguardante la protezione delle persone

3. Il quadro europeo

3.3 La direttiva UE del 2019 riguardante la protezione delle persone

Nonostante i contenuti propositivi dei numerosi atti europei adottati a partire dagli Anni ’90 richiamati nei paragrafi precedenti di questo capitolo, attualmente solo dieci paesi dell’Unione europea garantiscono un trattamento sistematico ed uniforme del fenomeno del

whistleblowing: Francia, Irlanda, Italia, Lituania, Slovacchia, Malta,

80 Capo VII, 26. 81 Capo VII, 29.

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Paesi Bassi, Svezia, Ungheria e Regno Unito. Si possono citare, a mero titolo esemplificativo, i seguenti interventi, realizzati in ambito legislativo: quello francese, con cui si è adottata la Loi Sapin II, che interviene nel settore pubblico ed in quello privato, e quello irlandese, con cui nel 2014 si è introdotto il Protected Disclosure Act, il quale offre ampia protezione per i whistleblowers. Il contributo, però, forse più innovativo è stato fornito dai Paesi Bassi, che nel 2016, hanno introdotto una legge definita “Wet Huis klokkenluiders voor”82, con cui si è dato

vita un organismo che svolge, in maniera separata, sia attività di consulenza che investigativa a tutela e protezione dei whistleblowers;

anche Malta, nel 2013, si è dotata di una legge ad hoc. Se alcuni stati europei sono intervenuti sul piano legislativo, in maniera

più o meno efficace, altri stati, che rivestono un peso significativo nel “sistema Europa”, come la Germania e la Spagna, sono non solo privi di una normativa organica a tutela dei segnalatori, ma non hanno neppure fornito ai propri cittadini una qualche forma di traduzione del termine

whistleblowing.

La presenza di un sistema di tutela dei whistleblowers “a macchia di leopardo” all’interno degli stati UE, i recenti scandali internazionali (come ad esempio i Panama Papers) che hanno fatto notare sia, da un lato, l’importanza delle rivelazioni giornalistiche per individuare il compimento di violazioni del diritto europeo, sia, dall’altro, l’attuale mancanza di tutela fornita agli informatori, ed uno studio del 2017 effettuato per conto della Commissione, in cui si indica che il vuoto normativo in materia di whistleblowing produce significativi danni economici per l’Unione83 , hanno spinto le istituzioni europee ad

82 Termine traducibile in italiano con l’espressione: “la casa dei whistleblowers”.

83COMMISSIONE EUROPEA, Estimating the Economic Benefits of Whistleblower Protection in Public Procurement, Final Report, Bruxelles 2017, pag. 21.

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intervenire in maniera decisa, attraverso l’introduzione di regole obbligatorie per gli stati membri a protezione e supporto di coloro che segnalano attività illecite. Al riguardo, il 23 ottobre 2019, l’Unione europea ha adottato un insieme di misure legislative con lo scopo di garantire standards minimi di protezione nei confronti dei whistleblowers rispetto alle quali gli stati

membri hanno a disposizione due anni di tempo per conformarvisi. I nuovi strumenti europei a promozione e sostegno del whistleblowing

sono contenuti nella direttiva (UE) riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, composta da sette capi e ventinove articoli. Il testo definitivo non presenta significative variazioni rispetto a quello adottato dal Parlamento europeo il 16 aprile 2019, se non per l’inversione degli articoli 5 e 6. La direttiva, nei considerando 1-5, si sofferma, da un lato, sull’importanza giocata dai whistleblowers, in ambito pubblico e privato, nell’attività di denuncia e prevenzione di quelle violazioni del diritto dell’Unione che indipendentemente dalla loro natura civile, amministrativa o penale “are harmful to the public interest and in

safeguarding the welfare of society”84 e, dall’altro lato, sull’attuale

assenza di una disciplina unitaria ed armonizzata nei vari stati europei a tutela degli informatori, soggetti capaci, con la loro attività, di rafforzare i principi di trasparenza ed accountability.

Inoltre, la mancanza di una tutela adeguata per i whistleblowers rischia di incidere negativamente sulla libertà di espressione e d’informazione riconosciuta ad ogni individuo dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea85: è anche alla luce di ciò che viene giustificato,

84 Direttiva (UE) 2019/1937, cons. 1.

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all’articolo 1, lo scopo della presente direttiva: “to enhance the

enforcement of Union law and policies in specific areas by laying down common minimum standards providing for a high level of protection of persons reporting on breaches”86.

L’articolo 2 della direttiva individua l’ambito di applicazione materiale degli standards minimi di tutela che devono essere garantiti ai

whistleblowers, restando comunque ferma la possibilità per gli stati

europei di ampliare l’area di protezione, in relazione ad atti o settori non contemplati al paragrafo 1 di tale articolo. Tali settori87 sono quelli più

esposti a violazioni del diritto europeo, capaci di produrre effetti devastanti in particolare sul piano economico e sociale.

Le violazioni che, a patto che riguardino tali settori (ed altri, ove vi sia un ampliamento dell’ambito materiale di applicazione), permettono di ottenere tutela per il soggetto che ha effettuato la denuncia vengono indicate all’articolo 5 in maniera piuttosto ampia, dato che non comprendono soltanto gli atti, le omissioni di natura illecita, e quelle che, pur non essendo contra legem, vanificano l’oggetto o la finalità delle norme europee, ma anche quelle che, pur non essendo ancora state ancora commesse, potrebbero verificarsi (purché vi siano fondati motivi sulla loro possibile commissione), nonché i meri tentativi di violazione del diritto europeo88.

86 Direttiva (UE) 2019/1937, art. 1.

87 Art. 2: “appalti pubblici (indicato per primo, alla luce degli episodi corruttivi che hanno riguardato tale ambito), servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei prodotti, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente, radio protezione e sicurezza nucleare, sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali, salute pubblica, protezione dei consumatori, tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e

dei sistemi informativi, mercato interno, violazioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione”. 88 Ivi, cons. 43; art. 5.

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L’articolo 3 contiene una clausola di non applicazione 89 riguardante sia

i casi in cui gli atti settoriali europei disciplinino già, in maniera obbligatoria, le modalità di segnalazione delle violazioni del diritto dell’Unione, sia in tema di sicurezza nazionale, che resta di competenza esclusiva dei singoli stati90, in ambito di segreto professionale forense e

medico, in relazione a norme di procedura penale, alla segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali ed alla protezione delle “classified information”91.

L’ambito di applicazione soggettivo della presente direttiva è definito all’articolo 4 e riguarda persone che lavorano o hanno lavorato in ambito pubblico o privato e che sono venute a conoscenza delle informazioni riguardanti violazioni del diritto UE in ambito lavorativo. Il perimetro di protezione è offerto, volutamente, al maggior numero possibile di categorie di persone, che “by virtue of their work-related activities

(irrespective of the nature of these activities, whether they are paid or not), have privileged access to information about breaches that would be in the public’s interest to report and who may suffer retaliation if they report them”92 e comprende93 : coloro che sono qualificati come

“lavoratori” ai sensi dell’articolo 45 del TFUE (compresi i pubblici dipendenti), i “lavoratori autonomi” ai sensi dell’articolo 49 del TFUE, gli azionisti ed i membri dell’organo di amministrazione, direzione e vigilanza di un’impresa, i “non-executive members, as well as

89 È evidente come tale articolo prenda spunto dal punto 5 della Raccomandazione

CM/Rec(2014)7, in cui gli stati europei vengono incoraggiati ad inserire nelle proprie legislazioni una clausola di salvaguardia, nel caso in cui il materiale oggetto della denuncia riguardi la sicurezza nazionale, la difesa, Intelligence, relazioni internazionali.

90 Direttiva (UE) 2019/1937, cons. 24: “not apply to reports on breaches related to procurement involving defence or security aspects if those are covered by Article 346 TFUE”.

91 Art. 3.1, 3.2. 92 Cons. 38.

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volunteers and paid or unpaid trainees”94, ogni persona che lavora sotto

la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori, fornitori, e persone il cui rapporto di lavoro non è ancora iniziato quando le informazioni relative alla violazione sono state acquisite durante il processo di selezione o la fase contrattuale. Tale articolo permette, inoltre, ove opportuno, di estendere la protezione fornita a tali soggetti anche ai facilitatori (definiti a “natural person who assists the reporting

person in the reporting process in a work-related context, the assistance of which should be confidential”95 ), ai terzi connessi con le persone

segnalanti ed alle persone giuridiche di cui i segnalanti sono proprietari o per cui lavorano96.

Per ottenere protezione è necessario che i segnalanti abbiano “reasonable grounds”97 di ritenere, in base alle informazioni di cui

dispongono al momento della segnalazione, che i fatti segnalati siano veri e che rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva. Se da un lato i motivi personali che hanno spinto alla presentazione della segnalazione devono essere considerati irrilevanti ai fini della concessione della protezione, dall’altro lato, tale protezione deve essere riconosciuta anche in caso di segnalazione imprecisa, purché effettuata in buona fede. In relazione alle eventuali segnalazioni anonime, si sottolinea come l’articolo 6 non pregiudichi la facoltà degli stati membri di accettarle, sia in ambito pubblico che privato. Nel caso in cui siano soddisfatte le condizioni previste nella suddetta direttiva, si deve tuttavia riconoscere anche al segnalante anonimo, poi successivamente identificato, le tutele ivi previste in caso di eventuali ritorsioni98.

94 Art. 4.1.c. 95 Art. 5.8. 96 Art. 4.4, a, b, c. 97 Art. 6. 98 Art. 6.2, 6.3, 6.4.

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Particolare attenzione è poi dedicata alla necessità che gli stati membri si dotino di canali di comunicazione, allo scopo di agevolare la presentazione delle segnalazioni.

Nel capo II, “Internal reporting and follow-up of reports”, l’attenzione è posta sui canali di segnalazione interni, che vengono preferiti in ambito applicativo rispetto a quelli esterni, perché, coinvolgendo per esempio il datore di lavoro, permettono di affrontare le problematiche in maniera spedita, a patto però che il segnalante ritenga di non correre il rischio di subire ritorsioni. L’articolo 8 prevede che gli stati membri debbano assicurare che i soggetti giuridici, sia pubblici che privati, costituiscano tali canali, i quali possono essere poi gestiti internamente o esternamente da una persona designata ad hoc o da un soggetto terzo. L’obbligo di istituire canali di segnalazione interni per il settore privato è commisurato alle dimensioni dell’organismo ed al relativo rischio che lo stesso è in grado di generare per l’interesse pubblico: i soggetti giuridici privati con meno di 50 dipendenti sono esentati (salvo che non sia diversamente stabilito dagli stati membri, previa notificazione alla Commissione, che decide al riguardo, anche in seguito all’emergere di possibili rischi ambientali e legati alla sicurezza pubblica), mentre quelli che hanno tra i 50 e i 249 dipendenti possono condividere le risorse per lo svolgimento di tale attività99. Inoltre, si permette agli stati di escludere

dall’obbligo di istituire canali di segnalazione interni i comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti e di consentire a questi, allo scopo razionalizzare le risorse, la creazione di canali interni condivisi, purché indipendenti da quelli esterni.

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In alcuni casi è possibile che tali canali interni di comunicazione, per una serie di motivi100 , non abbiano funzionato adeguatamente e, per

evitare che i potenziali whistleblowers siano a causa di ciò scoraggiati nell’effettuare le segnalazioni, l’articolo 11 della direttiva prevede un obbligo per gli stati membri di istituire canali esterni di segnalazione, indipendenti ed autonomi, attraverso “authorities competent to receive,

give feedback or follow up on the reports and shall provide them with adequate resources” 101 . Tali autorità possono avere sia natura

giudiziaria che competenza generale a livello statale (organismi di vigilanza operanti in specifici ambiti, ombudsman e autorità anticorruzione102).

L’articolo 12 indica tutta una serie di criteri da seguire da parte dei singoli stati per la realizzazione dei canali di segnalazione esterna, al fine di poterli qualificare come “independent and autonomous”103, tra

cui: la garanzia della completezza, integrità e riservatezza delle informazioni, l’esclusione dall’accesso alle informazioni trattate del personale non autorizzato, la possibilità di presentare denunce sia in forma scritta che orale, di persona o tramite vari strumenti di messaggistica e la fornitura di informazioni relative alla procedura di presentazione della segnalazione e del loro seguito. Un contenuto simile è presente all’interno dell’articolo 13, il quale si interessa di tutta una serie di aspetti legati alle informazioni che devono essere fornite al potenziale whistleblower, ex ante rispetto alla effettuazione della segnalazione, medio tempore (nell’ottica di chiarire

100 Cons. 62, 63. A titolo esemplificativo si possono indicare i seguenti: l’assenza di

diligenza in sede di trattamento della segnalazione, la mancata adozione di misure adeguate per fare fronte alla violazione denunciata, il timore del segnalante di ritorsioni parte del datore di lavoro.

101 Art. 11. 102 Cons. 65. 103 Art. 12, 1.

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il contenuto delle informazioni fornite o comunicarne ulteriori) ed ex

post, fino a comprendere anche quelle relative ai mezzi di ricorso

esperibili avverso eventuali atti ritorsivi, posti in essere nei suoi confronti.

Inoltre, allo scopo di evitare potenziali contrasti, dal momento che esistono presso organi (come la Commissione) ed organismi dell’Unione, quali OLAF (European Anti-Fraud Office), ESMA (European Maritime Safety Agency), EASA (European Aviation Safety

Agency), ESMA (European Security and Markets Authority) ed EMA

(European Medicines Agency) apposite procedure di segnalazione esterna, si vede, da un lato, che il contenuto di tale direttiva non pregiudica il funzionamento di tali organismi e, dall’altro, fa sì che anche all’interno di questi siano applicati i nuovi standards di tutela contenuti nella direttiva104.

La direttiva consente agli stati membri di attribuire alle autorità competenti in relazione a tali canali esterni un ruolo di “filtro”, nei casi in cui le segnalazioni riguardino lievi violazioni del diritto europeo (e non necessitino quindi di ulteriori misure) e non abbiano natura innovativa rispetto a precedenti già archiviate (a meno che non emergano nuove circostanze di fatto e di diritto). Sempre nell’ambito di tale funzione di “filtro”, in caso di un massiccio afflusso di segnalazioni, è possibile permettere, da parte degli stati, alle autorità competenti di trattare in via prioritaria “serious breaches or breaches of essential

provisions falling within the scope of this Directive”105.

Sul piano procedurale si notano significative somiglianze tra la procedura prevista per le segnalazioni esterne e quella per le

104 Cons. 70. 105 Art. 11.4, 11.5.

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segnalazioni interne, dal momento che entrambe le diverse tipologie di segnalazioni devono essere trattate diligentemente, deve essere dato avviso al segnalante del loro ricevimento entro sette giorni e deve essere fornito un riscontro entro un termine massimo di tre mesi per le segnalazioni presentante mediante i canali interni106 e di sei mesi (tre

mesi, con possibilità di proroga per altri tre107 ) per quelle di natura

esterna108.

Il capo IV della direttiva contiene un unico articolo che consente al

whistleblower di percorrere un terzo canale di segnalazione: la via della

divulgazione pubblica109. Pertanto, accanto alle segnalazioni presentate

tramite canali esterni ed interni, si aggiunge la possibilità per il

whistleblower di procedere ad una divulgazione pubblica delle

informazioni (e la concessione della relativa protezione per il segnalante), a patto che ricorra almeno una delle condizioni di cui all’articolo 15. Tali condizioni sono le seguenti: l’ ipotesi in cui, ove sia stata effettuata una segnalazione interna ed esterna in modo formalmente corretto, non sia stata intrapresa alcuna azione ad hoc per dare seguito alla segnalazione entro tre mesi per i casi di segnalazione interna e di sei mesi per quelli esterna; quella in cui il whistleblower abbia “responsabile grounds”110 per ritenere che la violazione possa

costituire un pregiudizio imminente per il pubblico interesse o generare una situazione emergenziale di pericolo ed infine quella in cui, pur

106 Art 9.1.f. 107 Art. 10.2.d.

108 Sotto questo punto di vista la direttiva richiama il punto 19 della raccomandazione della

Raccomandazione CM/Rec(2014)7, dal momento che anch’essa sottolinea la necessità che le segnalazioni siano trattate tempestivamente e che i denuncianti siano informati sull’esito delle proprie segnalazioni.

109 Con l’indicazione di tale terza via per l’effettuazione della segnalazione, è evidente il

riferimento al punto 14 della Raccomandazione CM/Rec(2014)7, dato che anch’esso prevede tre tipologie di canali: interni, esterni e la divulgazione pubblica.

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essendo stata presentata una segnalazione esterna, vi sia comunque il rischio di atti ritorsivi e/o una scarsa prospettiva che sia dato un adeguato seguito alla denuncia (a causa per esempio di un sospetto occultamento delle prove o del compimento di atti collusivi tra autorità competente e soggetto denunciato).

Allo scopo di evitare un abuso della possibilità di rivolgersi al pubblico per denunciare le violazioni, l’articolo 15 non è applicabile ai casi in cui un informatore, pur rispettando le norme nazionali in tema di libertà di espressione, divulghi informazioni alla stampa senza aver integrato le condizioni ivi previste.

Prima di vedere le misure di protezione a beneficio del segnalante, contenute nella direttiva, è opportuno soffermarsi sulla necessità di garantire la riservatezza dell’identità personale del whistleblower, aspetto funzionale ad evitare il compimento di ritorsioni nei suoi confronti.

L’articolo 16 sancisce, al riguardo, due principi fondamentali: la necessità del consenso del segnalante a rivelare la propria identità e l’esclusione del personale non autorizzato dall’area dei soggetti capaci di ricevere tale informazione111 . Il primo principio non ha un valore

assoluto, dal momento che il comma 2 consente la deroga a tale regime di riservatezza, ove la rivelazione dell’identità del denunciante sia un obbligo “necessary and proportionate”112 imposto dall’Unione o dai

singoli stati all’interno di indagini in ambito penale o di procedimenti giudiziari, anche nell’ottica di garantire il diritto di difesa del convenuto. Gli articoli 17 e 18 corredano tali previsioni, prevedendo, il primo, l’applicabilità della direttiva (UE) 2016/680 e del regolamento (UE)

111 Art. 16.1. 112 Art. 16.2.

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2016/679, in tema di trattamento dei dati personali (e stabilendo allo stesso tempo che i dati “manifestly not relevant for the handling of a

specific case”113 non devono essere raccolti e, ove raccolti, devono

essere cancellati) ed il secondo che le segnalazioni siano documentate mediante tecniche diverse, a seconda delle modalità con cui siano state presentate, e che tale documentazione sia non soltanto conservata per il tempo ritenuto necessario e proporzionato, ma sia altresì consultabile. La direttiva, come ampiamente evocato, non ignora l’importanza di misure di protezione a favore dei whistleblowers, a cui è dedicato l’intero capo VI. L’articolo 19 richiama gli stati ad adottare norme volte a tutelare i segnalanti da qualsiasi forma di ritorsione (diretta o indiretta, anche nella forma tentata), realizzate non soltanto dal datore di lavoro, ma anche dai colleghi del segnalante, dai clienti e più in generale dalle persone che lavorano per l’organizzazione114 . La formulazione dei

divieti di ritorsione in forma ampia115, come indicato all’articolo 19, ha

un effetto fortemente dissuasivo, rafforzato inoltre dalla previsione di sanzioni comminabili nei confronti degli autori di tali ritorsioni.

Com’è opportuno che gli stati membri forniscano ai segnalanti le informazioni sulle modalità da seguire per effettuare le segnalazioni, allo stesso modo, per evitare di scoraggiare tali segnalazioni, l’articolo 20 della direttiva sancisce l’obbligo per gli stati membri di supportare gli informatori, una volta che hanno effettuato la segnalazione, attraverso tutta una serie di misure, tra cui l’accesso a varie forme di

113 Art. 17. 114 Cons. 88.

115 L’articolo 19 indica, alle lettere (a-o) numerose forme di ritorsione, tra cui, a titolo

esemplificativo: il licenziamento, la sospensione, la retrocessione o la mancata promozione, il trasferimento, le referenze negative, l’intimidazione, l’ostracismo, la mancata conversione di un contrattato di lavoro a tempo indeterminato, il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata, i danni reputazionali e la sottoposizione ad accertamenti psichiatrici e medici.

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consulenze gratuite, aventi ad oggetto le diverse forme di protezione dalle ritorsioni, i relativi mezzi di ricorso, l’idoneità di un determinato canale a raccogliere la segnalazione, la presenza di eventuali procedure alternative. Inoltre, gli stati membri possono decidere di estendere tale consulenza a quella legale116.

Ove la segnalazione sia stata effettuata sulla base di ragionevoli motivi relativi all’esistenza di violazioni del diritto UE, ai sensi della direttiva in questione, gli stati membri, sulla base dell’articolo 21, devono adottare delle misure di protezione dalle ritorsioni nei confronti dei segnalanti, evitando di considerarli responsabili (in ambito penale, amministrativo e civile) per l’effettuazione della segnalazione, a patto che non si tratti di informazioni che rientrano nei paragrafi 2 e 3 dell’articolo 3.

La protezione è fornita ai whistleblowers alla condizione che

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