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Diritti fondamentali: perché è necessaria una protezione adeguata?

Capitolo II – La problematica giuridica della tutela del migrante ambientale

1. Diritti fondamentali: perché è necessaria una protezione adeguata?

1.1 - Le norme internazionali per la protezione dei migranti

Si è visto come nel mondo accademico la figura del migrante ambientale sia stata ormai individuata e descritta nelle sue caratteristiche più peculiari. Tralasciando ora il nutrito dibattito che ha riguardato gli aspetti definitori di tale categoria102, è ormai assodato quindi che questa esista. La questione appare ancora più urgente nel momento in cui si prende atto del fatto che il fenomeno abbia già una portata notevole visto il numero di persone costrette ad abbandonare il proprio Paese. Si tratta di cifre che, secondo le stime degli organismi internazionali di monitoraggio più accreditati, sono destinate a crescere in un futuro prossimo. Verificando i dati forniti dall’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC)103, si parla di altri 17, 2 milioni di persone che sono state

102 Vedi supra, Cap.I § 2, 3, 4.

103 Dati interamente consultabili presso il database dell’IMCD, organismo che ha la funzione di

costrette, nel corso del 2019, a spostarsi dal luogo di dimora originaria a causa dei disastri ambientali104. Le previsioni future parlano di circa 50 milioni di profughi climatici provenienti soltanto dall’Africa nel 2060 secondo il Programma delle Nazioni Unite sull’ambiente (UNEP); a livello mondiale, secondo le stime si raggiungeranno i 200 milioni di migranti ambientali, con una media di 6 milioni all’anno105.

I numeri che descrivono il fenomeno impongono una necessaria riflessione riguardo alle modalità di gestione dello stesso da un punto di vista giuridico. La tematica migratoria è un fenomeno non nuovo nell’ambito delle relazioni internazionali. Persiste infatti l’originaria libertà di ogni singolo Stato di poter decidere in merito alla legislazione che disciplina i fenomeni migratori: non vi è infatti un diritto assoluto di immigrazione che può essere individuato a prescindere, poiché sarà il singolo Stato ad attribuire o meno tale diritto, in base alla propria politica e alle esigenze interne; stessa cosa può essere detta per quanto riguarda la regolazione dell’acquisto dello status di cittadino da parte di individui stranieri106. Tuttavia, tale spazio discrezionale vede proprio nelle norme del diritto internazionale un limite sempre più stringente posto all’autonomia statale in termini di gestione del fenomeno migratorio. E’ assodato che il diritto internazionale non possa sostituirsi alle scelte dei singoli Stati, in capo ai quali è da riconoscere comunque un ampio potere decisionale; allo stesso tempo tuttavia è indubbio che questi limiti generali vi siano e possano essere ricondotti innanzitutto alla

termini numerici. All’interno del database si possono trovare i dati suddivisi per Stato e sulla base della causa del movimento migratorio di massa (conflitti armati, richiesta dello status di rifugiato, disastri ambientali).

http://www.internal-displacement.org/database/displacement-data 104 IDMC, Global report on Internal Displacement, 2019, cit. p. 8.

105 Dati riportati dal Rapporto Legambiente: “Profughi Ambientali: cambiamento climatico e

migrazioni forzate”, 2013, cit. p. 13.

106 CALAMIA A.M., DI FILIPPO M., GESTRI M., Immigrazione, Diritto e Diritti: profili

presenza di norme internazionali consuetudinarie107 e alla sempre più attiva collaborazione interstatale, che di conseguenza impone una non contraddittorietà dei singoli Stati nei confronti di politiche che mirano a una cooperazione e solidarietà internazionale, e si traducono praticamente nel divieto di esclusioni non adeguatamente giustificate.

Bisogna poi prendere in considerazione le norme internazionali di natura convenzionale. In tale ambito vanno presi in considerazione gli accordi multilaterali stipulati al fine di regolamentare e semplificare singoli aspetti relativi all’ammissione del soggetto nel territorio di un determinato Stato. Questi testi sono in molti casi direttamente applicabili e, laddove applicati correttamente, comportano conseguenze migliorative della condizione dello straniero; si tratta tuttavia di accordi che contengono comunque prescrizioni non eccessivamente incisive e dalla portata solitamente limitata. Altri accordi fondamentali già in parte analizzati108sono quelli riguardanti specifiche categorie di soggetti quali sono i richiedenti il riconoscimento dello status109 di rifugiato. A tal proposito, con l’emanazione della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati è stato possibile attuare una tutela molto più salda per questi soggetti, che quindi hanno la possibilità di avvalersi di questo ulteriore strumento che ha assunto particolare valenza all’interno del panorama delle fonti del diritto internazionale.

Ciò su cui però è assolutamente necessario soffermarsi ai fini della trattazione sulla protezione dei migranti ambientali riguarda più in generale la presenza, nel diritto

107 Per esempio, un eventuale provvedimento di esclusione nei confronti di un soggetto che si trova

nel territorio dello Stato deve essere emanato per via di una motivazione congrua. In tal modo si prospetta un controllo della conformità di tale provvedimento con la normativa interna dello Stato che lo ha prodotto, al fine di evitare mancata o falsa applicazione di tale normativa. In questi termini, CALAMIA A.M., DI FILIPPO M., GESTRI M., op. cit. p. 9.

108 Vedi supra, Cap.I § 5.

internazionale, di norme con natura convenzionale che hanno come fine specifico quello della tutela dei diritti umani. La fondamentale caratteristica di tali norme sta proprio nella capacità di creare non rapporti di tipo sinallagmatico, ma vincoli che si estendono a tutti gli Stati contraenti110. Le norme ideate per la tutela dei diritti umani prevedono inoltre specifici meccanismi di garanzia per la realizzazione di questo scopo, strumenti sicuramente più stringenti e meno fumosi rispetto a quelli di natura consuetudinaria.

Per capire quale sia la portata di tali norme nell’ambito del diritto internazionale e nella tematica qui trattata, è sicuramente necessario fare una premessa relativa alla genesi di tali trattati.

1.2 – La tutela dei diritti umani

Lo scenario storico da cui queste norme si originano è quello che si viene a creare a livello internazionale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto armato aveva avuto il merito di generare un’idea diffusa in base alla quale le atrocità che erano state perpetrate durante la guerra fossero scaturite dal mancato rispetto nei confronti delle libertà fondamentali. Proprio così si viene a creare quello che A. Cassese definisce un «nuovo giusnaturalismo: l’idea che il rispetto dei diritti umani, insieme con il mantenimento della pace, debbano costituire punto di non ritorno della nuova comunità mondiale che sorgerà dopo la sconfitta dell’Asse»111. Dopo il 1945, anno in cui viene istituita l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la cooperazione interstatale e gli eventi

110 Così come affermato da CALAMIA A.M., DI FILIPPO M., GESTRI M., op. cit., p. 15. 111 CASSESE A., I diritti umani nel mondo contemporaneo, Editori Laterza, 2004, cit. p. 27.

storici susseguenti portano alla stesura, nel 1948, della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il testo nasce da matrici ideologiche differenti, come «punto di incontro e di raccordo di concezioni diverse dell’uomo e della società»112

. I diritti in esso contenuti sono stati riconosciuti come principi dal valore ormai considerato universale, e proprio il consolidamento a livello internazionale delle garanzie prodotte dalla Dichiarazione spinge verso un’applicazione più pregnante dei suoi contenuti letti alla stregua del diritto consuetudinario113. Alla Dichiarazione seguono, nel 1966, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, e il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Alla produzione di questi due trattati corrisponde quella che è la distinzione più risalente tra «diritti di prima generazione» e «diritti di seconda generazione»: con i primi si fa riferimento a dei diritti civili e politici, con carattere precettivo, che quindi presuppongono non solo una non ingerenza dello Stato nella vita del singolo individuo, ma anche un’immediata applicazione negli ordinamenti interni114. I diritti di seconda generazione, quindi economici, sociali e culturali, hanno un carattere di tipo programmatico, quindi presuppongono un’attivazione a lungo termine da parte degli Stati per la creazione di strumenti idonei alla loro realizzazione115.

Con questi trattati si è arrivati quindi alla enucleazione di diritti assoluti, che sono caratterizzati da specifiche peculiarità che li rendono tali: innanzi tutto, questi diritti vengono definiti “umani” perché riferiti ai singoli individui semplicemente in quanto

112 CASSESE A., op. cit., p. 47.

113 SACCUCCI A., Profili e tutela dei diritti umani – Tra Nazioni Unite e Consiglio d’Europa,

Cedam, 2004, cit. p. 40.

114 A tal proposito, si ricorda la presenza dell’art. 12 del Patto Internazionale sui diritti civili e

politici, il quale afferma che “Everyone shall be free to leave any country, including his own”, risultato che non sarebbe realizzabile se non si presupponesse una collaborazione tra Stati al fine di una circolazione degli individui.

CALAMIA A.M., DI FILIPPO M., GESTRI M., op. cit., p. 16

appartenenti al genere umano in senso lato, e non sorgono da nessun altro rapporto o presupposto di carattere giuridico o sociale. Essi fungono anche da “limiti morali”: come frutto di una concettualizzazione che muove da ideologie di diversa natura116, rappresentano i fondamenti morali minimi, quelli a cui ogni essere umano ha diritto. Di conseguenza, quali standard minimi da dover essere necessariamente rispettati, generano obbligazioni a carico di ogni singolo individuo, tenuto al rispetto dei diritti fondamentali di tutti gli altri. Si vengono così a creare degli standard di protezione che hanno carattere universalizzato e imprescindibile. Infine, proprio in virtù della loro essenzialità, i diritti morali dovrebbero avere priorità in caso di conflitto con altri valori: per quanto questi ultimi possano essere positivi, infatti, i diritti umani rappresentano le soglie minime a cui tutti hanno sempre diritto, quindi una loro soccombenza non potrebbe in nessun caso essere considerata giustificata117.

Più problematica rimane tuttavia la questione relativa ai modi che permettono di assicurare effettivamente la tutela dei diritti umani, non esistendo meccanismi di garanzia di tipo giurisdizionale istituiti a livello universale118.

I meccanismi previsti dai trattati sui diritti umani generalmente riguardano invece l’istituzione di un «Comitato» composto da esperti che siedono a titolo individuale: non si tratta quindi di organi politici poiché i membri non rappresentano nessuno Stato specifico. Proprio questa è la natura del Comitato per i diritti dell’uomo, previsto dal Patto sui diritti civili e politici del 1966. Questo organo esplica la propria attività attraverso tre procedure: esame di rapporti periodici trasmessi dagli Stati contraenti,

116 Per approfondire la tematica, si veda sempre CASSESE A., I diritti umani nel mondo

contemporaneo, Editori Laterza, 2004.

117 Sulle caratteristiche dei diritti umani, CANEY S, Climate change, human rights and moral

thresholds, in Human Rights and Climate Change, HUMPHREYS S., ROBINSON M., Cambridge

University Press, 2010, cit. p. 71-73.

118 A differenza di quanto avviene, invece, a livello regionale, dove spesso si trovano forme di tutela

esame di violazione di diritti umani messe in atto da uno Stato contraente su iniziativa di un altro Stato contraente119, e infine esame di presunte violazioni da parte di uno Stato contraente su istanza di singoli individui o gruppi di individui. In particolare l’ultimo meccanismo ha permesso di raggiungere i risultati più proficui, dalla portata interpretativa notevole, visto il peso che organi di tale genere possono avere dell’indirizzo delle scelte etico-politiche dei singoli Stati120

.

Dopo aver preso in considerazione sistemi nati per la tutela universale dei diritti umani, risulta doveroso fare un riferimento ai più efficienti organi di controllo a carattere regionale, come la Corte Europea dei diritti dell’uomo. Si tratta di un organo giurisdizionale, che produce quindi pronunce giuridicamente vincolanti. Inoltre l’accertamento può essere attivato in prima persona dal ricorrente che vuole lamentare una determinata violazione di un proprio diritto. La Corte nasce dopo l’istituzione del Consiglio d’Europa (5 maggio 1949) e l’adozione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (4 novembre 1950), all’interno della quale era prevista appunto l’istituzione di un tribunale apposito. Si tratta di uno dei sistemi regionali più efficienti, visto il gradualismo caratterizzante la progressiva imposizione di meccanismi di garanzia che fossero in grado di vincolare gli Stati contraenti121.

119 Questo meccanismo, tuttavia, opera solo laddove gli Stati in questione, oltre a ratificare la

Convenzione, abbiano accettato una clausola che predispone precedentemente questo tipo di controllo eventuale. Questo tipo di sindacato, infatti, rimane largamente inoperante. CASSESE A.,

ult. op. cit. p. 101.

120 Proprio da questo meccanismo scaturisce l’innovativa «view» adottata a gennaio 2020 dal

Comitato per i diritti civili e politici in relazione al caso Teitiota c. Nuova Zelanda. La decisione è relativa al riconoscimento del legame tra cambiamenti climatici e violazione del diritto alla vita e a trattamenti inumani e degradanti (intese in particolar modo come impossibilità di assicurare standard di vita dignitosi e diritto al cibo). Questa stabilisce che l’eventuale rischio di subire tali violazioni nel paese d’origine comporta un divieto di respingimento da parte dello Stato terzo, dove il migrante si trova. Per un approfondimento sul case study riguardante le isole dell’Oceano Pacifico e la decisione del Comitato, si veda infra, Cap. IV.

Avendo riassunto i tratti distintivi riguardanti i diritti umani a livello internazionale e regionale, è ora necessario specificare quale sia la connessione tra questi e la tematica del cambiamento climatico.

Partendo dall’analisi dei principali strumenti del diritto internazionale, e in particolare di quelli che consentono la disciplina della materia migratoria122, si è arrivati a prendere in considerazione i limiti che sono imposti ai singoli Stati a causa della necessità di protezione dei diritti umani.

Il collegamento tra questi spostamenti migratori dalla portata così consistente, che vedono nel clima la loro causa principale, e la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo ha una natura che merita di essere analizzata nel dettaglio: infatti è necessario chiedersi perché i migranti ambientali, soggetti alle catastrofiche conseguenze dei cambiamenti climatici (che siano questi a rapido o a lento esordio123) dovrebbero avere diritto ad una tutela giuridica adeguata.

Per poter spiegare in modo esaustivo quali dovrebbero essere i fondamenti teorici di questa protezione, è doveroso descrivere come i diritti umani e la tutela dell’ambiente siano a loro volta strettamente interconnessi. Si tratta di stabilire la portata del riconoscimento dei diritti riguardanti l’ambiente, e quale sia il vantaggio di approcciarsi a questi utilizzando gli strumenti di tutela previsti per i diritti umani124. Se si parte dall’idea che questa via sia percorribile e utile allo scopo, questa può essere concepita secondo due diversi approcci, come affermato dallo studioso M. Anderson125. Il primo prevede che la protezione dell’ambiente sia utilizzata proprio come mezzo per la

122 Vedi supra, p. 37. 123 Vedi supra, Cap. I, § 4.

124 Su questo punto e sulle altre vie che possono essere intraprese per la tutela dei diritti legati

all’ambiente, si veda infra, Cap. II, § 1.4

125 ANDERSON M., Introduction in Human Rights approaches to environmental protection,

protezione dei diritti umani: la degradazione dell’ambiente naturale in cui l’uomo vive porta inevitabilmente alla violazione di diritti umani ormai riconosciuti a livello internazionale, come quello alla vita, alla salute, al cibo e a degli adeguati standard di vita. Partendo da questo presupposto, mettere in atto dei meccanismi efficienti per la protezione dell’ambiente porterebbe alla salvaguardia e alla tutela non solo dei diritti delle generazioni attuali, ma soprattutto di quelle future. Il secondo approccio percorribile, invece, inverte la prospettiva usata fino ad ora: la protezione dei diritti umani, sia di prima che di seconda generazione, può viceversa essere utilizzata per costruire un sistema politico e sociale in cui sia l’ambiente stesso ad essere tutelato, come se esistesse un inalienabile “diritto all’ambiente” che deve declinarsi necessariamente in interventi effettivi per il raggiungimento di questo scopo.

Sempre nell’ottica quindi secondo cui i diritti umani e il diritto all’ambiente possano essere utilizzati gli uni per la protezione dell’altro, l’effettivo declinarsi di questo rapporto, secondo le vie viste fino ad ora, potrà tradursi in tre ipotesi diverse che prendono forma all’interno del dibattito accademico, concretizzandosi poi in scelte operative. La prima vede semplicemente un rafforzamento degli sforzi profusi per la protezione dei diritti umani, che già di per sé hanno una struttura talmente forte e permeante da rendere superflua l’enucleazione di qualsiasi tipo di previsione specifica per l’ambiente. Il secondo sistema invece prevede una pervasiva reinterpretazione e riformulazione126 che precede la fase di applicazione delle norme sui diritti umani, le quali non contengono ab origine un chiaro contenuto riferito alla tematica ambientale, vista la mancanza dell’attuale rilevanza di questa al momento della loro formulazione:

126 RODRIGUEZ-RIVEIRA L.E., Is the Human Right to Environment Recognized Under

International Law? It Depends on the Source, Id. 12 CoLo. J. Int’l Envitl. L. & POL'Y 1, 19, 2001, cit. p. 18.

in questo modo i criteri ambientali possono essere incorporati e resi necessari per il raggiungimento della protezione del diritto in questione127.

Infine, l’ultima ipotesi sarebbe quella di creare nuove norme, in modo tale da poter disciplinare direttamente, ed in modo puntuale, i vari aspetti che attengono alla tematica ambientale. La concettualizzazione di nuove norme può riguardare diritti a carattere procedurale, come il diritto all’informazione, o quello alla partecipazione alle decisioni che abbiano impatto climatico, oppure può declinarsi nell’enucleazione di norme con carattere sostanziale.

Dal punto di vista accademico, una via intermedia tra le ultime due proposte è quella analizzata da quella parte di dottrina128, che accenna alla teorizzazione di una ulteriore categoria di diritti umani, definiti di terza generazione129, legati a una matrice fondamentalmente solidaristica. Vi sarebbero quindi il diritto alla pace, allo sviluppo

127 A tal proposito, è possibile citare uno degli obiettivi che si proponeva di raggiungere il cosiddetto

Ksentini Report, prodotto appunto da Fatma Zohra Ksentini, Special Rapporteur delle Nazioni Unite incaricata dalla Sub-Commission on Prevention of Discrimination and Protection of Minorities, di elaborare un report riguardante il problema dell’ambiente in relazione ai diritti umani. Questo avvenne dopo l’adozione da parte Commissione sui Diritti Umani di una decisione nel 1990, intitolata “Human rights and the environment”, nella quale era sottolineata la connessione tra la preservazione dell’ambiente e la promozione dei diritti umani.

Il punto 5 stabilisce uno degli obbiettivi che il Report conta di raggiungere:

«The Special Rapporteur remains convinced that providing the various agents and beneficiaries of this evolving right with the legal framework and means of expression, communication, participation and action will reinforce the channels for dialogue, discussion and cooperation nationally, regionally and internationally, thereby making it possible to define the mutually agreed component of this right as well as its harmonious application, in conformity with the universally recognized fundamental principles of human rights. Human rights would thereby gain a new dimension. In addition, they should make it to go beyond reductionist concepts of "mankind first" or "ecology first" and achieve a coalescence of the common objectives of development and environmental protection. This would signify a return to the principal objective that inspired the Universal Declaration of Human Rights, whose article 28 states: "Everyone is entitled to a social and international order in which the rights and freedoms set forth in this Declaration can be fully realized".»

UN Commission on Human Rights, Sub-Commission on Prevention of Discrimination and Protection of Minorities, Human Rights and the Environment, Final Report of the Special Rapporteur. UN Doc. E/CN.4/Sub.2/1994/9, 1994.c

128 BOYLE A., The Role of International Human Rights Law in the Protection of the Environment

in Human Rights approaches to environmental protection, BOYLE A., ANDERSON M., Clarendon Paperbacks, 1998, cit. p. 46.

129 VASAK K., A 30-year struggle - The sustained efforts to give force of law to the Universal

e, inter alia, il diritto ad un ambiente sano130. L’ambiente quindi, visto come un diritto di solidarietà, presupporrebbe una notevole cooperazione tra Stati per il raggiungimento di obiettivi globali131. Lo stesso principio, seppure non indicato sotto la nozione di “solidarietà”, coincide con il concetto di “responsabilità comuni ma differenziate”, che viene espresso nell’Art. 7 della Dichiarazione di Rio, nel quale si legge che: «Gli Stati coopereranno in uno spirito di partnership globale per conservare,