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Diritto ad un adeguato standard di vita, diritto al cibo e sicurezza alimentare

Capitolo IV – Migrazione, mezzi di sostentamento e cambiamenti climatic

1. Diritto ad un adeguato standard di vita, diritto al cibo e sicurezza alimentare

Fino ad ora si è tentato di ricostruire la tutt’altro che diretta correlazione che può instaurarsi tra i cambiamenti climatici che stanno riguardando il nostro pianeta e i fenomeni migratori nelle zone da questi maggiormente colpite, al fine di poter individuare quali siano stati i più importanti interventi nel diritto internazionale per poter risolvere a monte la questione climatica, ma soprattutto per offrire protezione ai migranti climatici e tutela ai loro diritti umani. Nell’ultima parte che lo compone, il presente lavoro ha l’obiettivo di analizzare ancora più da vicino il rapporto, particolarmente delicato, che sussiste tra migrazione, cambiamenti climatici e sicurezza alimentare. Il presupposto fondamentale da cui bisogna partire è senza dubbio il

riconoscimento del diritto ad adeguati standard di vita313 come un diritto umano universale. Proprio una specificazione di questo concetto è rappresentata dal diritto al cibo, che trova un primo riconoscimento nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali entrata in vigore nel 1976. Nell’art. 11 infatti si legge che «The States Parties to the present Covenant recognize the right of everyone to an adequate standard of living for himself and his family, including adequate food, clothing and housing, and to the continuous improvement of living conditions. The States Parties will take appropriate steps to ensure the realization of this right, recognizing to this effect the essential importance of international co-operation based on free consent»314.

Solo alla fine del World Food Summit, tenutosi a Roma nel 1996, c’è stato il primo passo effettivo dopo il 1966 per l’affermazione di questo diritto, per arrivare poi alla definizione adottata nel 1999: il Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite specifica infatti il già citato articolo 11, definendone la portata normativa in relazione al diritto al cibo. Questo infatti può considerarsi messo in atto quando «…every man, woman and child, alone or in community with others, have physical and economic access at all times to adequate food or means for its procurement»315. A questo passo decisivo è seguita poi l’istituzione, nel 2000, di un Relatore Speciale sul diritto al cibo, incaricato di promuovere l’adozione di misure

313Nell’Art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è individuato il diritto di ogni

soggetto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari. Enfasi aggiunta.

314 Art. 11, 1° comma. - International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights, 1966. Il

secondo comma specifica poi come sia riconosciuto «il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame». In virtù di ciò, ogni Stato aderente al patto avrà l’obiettivo di adottare misure concrete per il miglioramento dei sistemi di produzione, di conservazione e distribuzione delle derrate alimentari, in modo tale da assicurare «un’equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai bisogni».

idonee a livello nazionale, regionale e internazionale. Di pari passo si sviluppa il programma di integrazione tra politiche ambientali e prospettive di sviluppo: si tratta della cosiddetta Agenda 21, che ha portato alla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, nel 2000. Tra gli otto Millennium Development Goals, il primo riguardava la necessità di sradicare la povertà e la fame nel mondo. Questi contenuti sono stati poi aggiornati e ampliati nel 2015: tra i nuovi Sustainable Development Goals proprio il secondo si propone di “sconfiggere la fame: garantire la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile”316. Infine, nel 2004, sono state adottate dal Consiglio della Food and Agriculture Organisation (FAO) le cosiddette Right to food Guidelines317, una guida pratica per gli Stati, al fine di promuovere azioni effettive per la realizzazione del diritto al cibo in contesti di insicurezza alimentare.

Questo excursus sull’evoluzione storica del diritto al cibo nel contesto internazionale è un presupposto per poter comprendere perché, in una prospettiva che tenga conto della tutela dei diritti umani318, non sia possibile distogliere l’attenzione dalle sempre più ingenti problematiche che i movimenti migratori causati dai cambiamenti climatici

316Trasforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development, A/RES/70/1t,

sustainabledevelopment.un.org.

Per un approfondimento sull’evoluzione degli obiettivi in relazione alle tematiche del clima e dello sviluppo sostenibile, si veda supra, Cap. II, § 2.2.

317 Voluntary Guidelines to support the progressive realization of the right to adequate food in the

context of the national food security, 127th Session of the FAO Council, UN, 2004.

318 Annual report of the United Nations Hig Commissioner for Human Rights and reports of the

office of the High Commissioner and the Secretary-General - Report of the Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the relationship between climate change and human rights, 2009, cit. p. 7. «Mentre i trattati universali sui diritti umani non fanno riferimento a

un diritto specifico a un ambiente sano, gli organi dei trattati sui diritti umani delle Nazioni Unite riconoscono il legame intrinseco tra l'ambiente e la realizzazione di una serie di diritti umani, come il diritto alla vita, alla salute, al cibo, all'acqua e all'alloggio. La Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che gli Stati adottino misure adeguate per combattere le malattie e la malnutrizione "attraverso la fornitura di adeguati alimenti nutrienti e di acqua potabile pulita, tenendo in considerazione i pericoli e i rischi dell'inquinamento ambientale"». Traduzione del redattore.

possono generare proprio in termini di sicurezza alimentare319. L’analisi che seguirà, infatti, si concentrerà proprio sulla interconnessione che può essere individuata tra fenomeni naturali a lungo decorso e il diritto al cibo.

All’inizio del presente lavoro si è messo in evidenza come, seppur con approcci differenti, è stato previsto che i cambiamenti climatici in atto contribuiranno sostanzialmente all’aumento dei movimenti migratori320

. Allo stesso tempo, ormai confermato da diversi studi nel settore è il legame che sussiste tra i cambiamenti climatici e la produzione di cibo in diverse aree del mondo321, specialmente nei paesi in via di sviluppo, dipendenti in gran parte dal settore agricolo, dalla pesca e dalla pastorizia, attività fondamentali che tuttavia risentono pesantemente degli effetti del clima. Il concetto di sicurezza alimentare, infatti, è stato definito nel corso del World Food Summit del 1996 in questi termini: “Food security exists when all people, at all times, have physical and economic access to sufficient, safe and nutritious food to meet their dietary needs, and food preferences for an active and healthy life”. La continua evoluzione di questo concetto, sul quale la comunità internazionale ha concentrato la propria attenzione a partire dagli anni ’70, ha portato all’enucleazione di questa definizione che, se analizzata, presenta alcuni punti di analogia con la definizione di diritto al cibo fornita poc’anzi. Il concetto poi è stato man mano ampliato con altri contenuti, che specificano quelli che possono essere definiti i “pilastri” della sicurezza alimentare, quindi elementi senza i quali i risultati prefissati dalla definizione generale difficilmente potrebbero essere raggiunti. Tali pilastri sono delineati dal nel World

319 Per l’analisi più approfondita di un caso di studio sulla correlazione tra cambiamenti climatici,

sicurezza alimentare e migrazione, vedi infra, Cap. IV § 2.2.

320 Per un’analisi tra diverse correnti di pensiero e contrapposizione tra scettici e allarmisti (o tra

minimalisti e massimalisti), vedi supra, Cap. I.

321 Sul punto, si legga MENDELSOHN R, The impact of climate change on agriculture in

Food Programme come: disponibilità, accesso, utilizzo322. Il primo obiettivo riguarda la presenza fisica di cibo in una determinata area di riferimento, ed è influenzata da fattori quali la produzione di derrate alimentari, commercio, presenza di riserve all’interno di quella zona. L’accesso al cibo invece concerne più la capacità di un singolo gruppo familiare di procurarsi quantità di cibo adeguate al numero di membri che lo compongono, sia grazie a una eventuale produzione propria che attraverso meccanismi di acquisto o scambio. Infine l’utilizzo è relativo alla capacità di questi soggetti di metabolizzare gli elementi nutritivi forniti dal cibo, che sarà influenzato non solo dalle modalità di conservazione e preparazioni degli alimenti, ma anche dalle condizioni igieniche che caratterizzano quel gruppo o quell’area, dalla varietà delle pratiche di alimentazione o dall’attenzione che viene data alle esigenze nutrizionali di singoli soggetti particolarmente vulnerabili.

Ora, questi fattori possono facilmente influenzarsi a vicenda ed incidere sul benessere alimentare dei soggetti residenti in una determinata area, laddove capiti che non coesistano, in termini positivi, allo stesso momento: per esempio, potrebbe capitare che il cibo sia disponibile, ma che quel gruppo sociale non abbia modo di “accedervi” perché non è in grado di disporre di un’adeguata merce di scambio; oppure, laddove gli alimenti siano non solo presenti fisicamente, ma anche accessibili, spesso capita che determinate comunità non dispongano dei mezzi per poterli preparare adeguatamente, o si trovino in situazioni fisiche per cui necessiterebbero di una più specifica varietà di alimenti per soddisfare i propri bisogni.

Tuttavia, ai fini dell’analisi della correlazione tra clima, migrazione e cibo, sicuramente l’elemento chiave per la sicurezza alimentare che risulta più rilevante è quello della disponibilità323, con immaginabili conseguenze su tutti gli altri.

In base agli studi effettuati in diversi settori di interesse, gli effetti dei cambiamenti climatici in atto si risentiranno in particolar modo nel settore alimentare, poiché causeranno cambiamenti significativi nella distribuzione geografica della produzione di cibo324. Come descritto minuziosamente nello “Special Report on Climate Change and Land” pubblicato nel 2016 dall’IPCC, le componenti più impattanti sulla disponibilità alimentare saranno sicuramente le variazioni climatiche stagionali, che tenderanno ad estendere le stagioni di crescita e raccolta dei prodotti agricoli, con conseguente difficoltà per la gestione delle scorte; l’impatto più notevole si avrà soprattutto a causa degli eventi estremi, come appunto l’innalzamento delle temperature e il prolungarsi di periodi di siccità, che incidono in modo particolarmente

323 MCMICHAEL C., Climate Change and Migration: Food Insecurity as a Driver and

Outcome of Climate Change-Related Migration, 2013, cit. p. 12.

324 L’impatto dell’aumento delle temperature viene sperimentato in modo molto diverso a seconda

delle caratteristiche ambientali del luogo in cui produce effetti. Per esempio, un innalzamento moderato delle temperature (da 1 a 3 °C) potrebbe produrre dei benefici in termini di produzione agricola in zone temperate, mentre ci si aspettano conseguenze negative per quanto riguarda aree stagionalmente aride o tropicali, soprattutto in termini di produzione di cereali. Aumenti delle temperature che superino i 3 °C portano ad effetti potenzialmente negativi sulla produzione di tutti i tipi di territori. Ulteriori effetti possono essere percepiti nella variazione di ecosistemi e conseguente diminuzione di specie selvatiche, ipotesi particolarmente problematica per le comunità che usano queste specie animali e vegetali come base per un sistema alimentare e/o medico. Conseguenze tangibili inoltre possono essere percepite riguardo ai sistemi di conservazione e distribuzione delle risorse alimentari; per esempio, un cambiamento delle condizioni climatiche può portare alla crescita di grano raccolto con un’umidità superiore a quella richiesta per poter ottenere una conservazione stabile. La mancanza di impianti di essiccazione in queste regioni potrebbe portare alla perdita di interi raccolti a causa del deterioramento dei cereali, con evidenti conseguenze in termini di sicurezza alimentare. FAO, Climate Change and Food Security: a framework document, 2008, cit. p. 21-23. Per una rappresentazione organica dei collegamenti tra sudden and

slow hazards e sistema alimentare, si veda lo schema riportato a p. 18 della presente opera, intitolato “Impacts of increase in the frequency and intensity of extreme weather events (increase in annual occurrence of high winds, heavy rains, storm surges, flash floods and rising water levels associated with tornados, tropical storms, and prolonged heavy rains).

negativo durante i momenti critici di crescita dei raccolti325. Gli studi riportati dall’IPCC suggeriscono che questi elementi abbiano modificato i rendimenti agricoli su scala globale, e di conseguenza questo ha portato a delle perdite difficilmente compensabili con meccanismi di adattamento dimostratisi, fino ad ora, non sufficienti. Tra i vari tipi di fenomeni climatici, proprio le situazioni irreversibili prodotte da eventi a lungo decorso (ulteriore inaridimento di zone già asciutte, innalzamento dei livelli del mare, aumento delle temperature nelle zone artiche) comportano notevoli difficoltà agli insediamenti presenti su questi territori, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo: questo perché, a differenza di altre zone che potrebbero compensare efficacemente attraverso l’utilizzo di altri mezzi di sostentamento, tali aree non hanno capacità di riuscire a far fronte alla riduzione dei raccolti o delle altre risorse alimentari.

La sicurezza alimentare viene influenzata quindi da una serie di fattori che interagiscono tra di loro, e tra questi fondamentali sono, oltre ai cambiamenti climatici, la povertà, la disponibilità di acqua e la gestione delle politiche agricole e alimentari, con conseguente variazione dei prezzi. La difficoltà di gestire le emergenze alimentari quindi dipende dalle variazioni in termini di produzione e accessibilità alle risorse alimentari, ma anche dalle risposte che a questi cambiamenti vengono fornite da attori statali o privati che interagiscono in questo contesto; le ripercussioni di questi equilibri delicati influenzano così altri settori (allevamento, crescita economica) che potrebbero invece contribuire notevolmente al sostentamento e allo sviluppo di quei gruppi sociali che già si trovano in condizioni critiche: questo evidenzia la necessità di effettuare ulteriori studi per poter ricostruire questi meccanismi e intervenire sulla sicurezza

325 IPCC, Special Report on Climate Change and Land, Cap.5 – Food Security, 2016, cit. p. 450 -

alimentare, che a sua volta è legata inscindibilmente alla tutela della sicurezza umana nella sua interezza326.

1.2 - Slow-onset hazard, mezzi di sostentamento e migrazione

Quando si parla di sicurezza alimentare, il riferimento ai fenomeni climatici che influenzano i meccanismi di produzione e di accesso è evidente.

I disastri naturali causati da eventi improvvisi (rapid-onset hazards) producono un impatto immediato sugli stanziamenti umani, e rappresentano il collegamento più diretto e più facilmente inquadrabile tra cambiamenti climatici e migrazione: inondazioni, tsunami o tempeste possono apportare ingenti danni ad abitazioni, distruggendo villaggi, stabilimenti e colture. Gli eventi di cronaca hanno reso tristemente noti gli effetti che gli uragani, per esempio, possono avere su territori altamente urbanizzati come quelli di città pienamente sviluppate sulle coste degli Stati Uniti327. La situazione diventa particolarmente critica laddove eventi di questo tipo, anche se dalla portata più limitata, si verifichino in luoghi in cui la popolazione rurale ancora si organizza e vive in villaggi che sopravvivono con risorse minime. Questi eventi producono movimenti migratori necessari, ma spesso non definitivi, in quanto i nuclei familiari tendono a non oltrepassare i confini nazionali nell’attesa che sia

326 IPCC, Human Security in Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Part

A: Global and Sectoral Aspects, p. 758. - Working Group II al Fifth Assessment Report of the

Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, cit. p. 763.

327 Si pensi all’uragano Katrina, che produsse innumerevoli danni e vittime in diverse città. Tra tutte,

possibile ritornare negli stanziamenti originari. Comunque, cioè che rileva in questi termini è principalmente il legame abbastanza diretto che vi è tra evento climatico e spostamento328.

L’ipotesi qui analizzata nello specifico, invece, fa riferimento a pattern molto più complessi da ricostruire. Nel paragrafo precedente sono stati descritti i pilastri della sicurezza alimentare evidenziando come gli eventi climatici si collochino tra tutta una serie di fattori che influenzano i modelli di produzione e di gestione delle risorse di cibo. Avendo fatto questa premessa, e proseguendo nell’analisi di questa correlazione, è proprio in questo punto che si collocano gli slow-onset events: la successiva possibile conseguenza direttamente dipendente dalla mancanza di risorse alimentari in una determinata area risulta essere lo spostamento329. A differenza delle ipotesi precedenti, dove la migrazione risulta come conseguenza urgente dell’evento climatico improvviso (inondazione, pioggia torrenziale, tsunami), in questi casi invece l’evento climatico si verifica sul lungo periodo, andando a intaccare sulla disponibilità di risorse alimentari nel lungo termine: fattore, quest’ultimo, che infine può portare alla migrazione forzata. Gli eventi a cui si sta facendo riferimento prevedono ipotesi di innalzamento del livello del mare, periodi di prolungata siccità, salinizzazione, acidificazione degli oceani, ritiro dei ghiacciai, desertificazione e perdita della biodiversità. I movimenti migratori infatti il più delle volte risultano come un utile meccanismo di adattamento ai cambiamenti del territorio, che avvengono appunto distribuendosi in un periodo di tempo molto più lungo. Il lento procedimento che porta al verificarsi di eventi simili non permette un

328 Sull’incidenza di eventi a rapida insorgenza ed eventi a lungo termine sui meccanismi migratori,

BRAMBILLA A., Migrazioni indotte da cause ambientali: quale tutela nell’ambito

dell’ordinamento giuridico europeo e nazionale?, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza,

Fascicolo n.2, 2017, cit. p. 4-5.

329 Sull’analisi degli effetti degli slow-onset hazard, vedi Migration, agriculture and climate change

intervento tempestivo o una presa di coscienza immediata rispetto agli effetti che si produrranno in una determinata area. Quando si parla di innalzamento dei livelli del mare, per esempio, si descrive un fenomeno che agisce in periodi di osservazione dell’ordine di anni. Tuttavia ciò produce una costante erosione della costa, e di conseguenza quelle aree diventano di fatto inabitabili. Gli effetti del fenomeno si percepiscono - prima che negli altri - nel settore alimentare: l’innalzamento del livello del mare porta innanzitutto all’erosione diretta dei terreni agricoli collocati nelle zone costiere; la produttività agricola inoltre può essere gravemente inficiata dalla salinizzazione delle acque di falda in prossimità delle coste e dei terreni coltivati, dai quali dipendono i piccoli proprietari che non vedranno opzione rimanente se non quella di spostarsi in aree in cui le risorse alimentari non siano così gravemente compromesse. In situazioni di sicurezza alimentare già instabile queste ipotesi risultano particolarmente problematiche perché possono comportare alla scomparsa di interi territori abitabili330, dove risiedevano comunità rurali già caratterizzate da un tasso di povertà particolarmente alto: spostarsi a volte è un meccanismo necessario ma che richiede l’impiego di risorse economiche minime. Proprio per questo la situazione diventa particolarmente drammatica nei casi in cui, a causa di estreme condizioni di povertà e indigenza, intere comunità non abbiano la possibilità economica di muoversi, vedendosi costretti quindi a rimanere in aeree del tutto esposte e di fatto invivibili vista la mancanza di mezzi di sostentamento basilari.

Prendendo in considerazione le complicate dinamiche che si hanno tra il deterioramento dei mezzi produttivi e la decisione di migrare, altro evento esemplificativo particolarmente impattante è quello della desertificazione. Nonostante

il termine rievochi scenari particolarmente drastici, in termini precisi, quando si parla di desertification, ci si riferisce a una “land degradation in arid, semi-arid, and dry sub- humid areas resulting from many factors, including climatic variations and human activities”331

. Il numero maggiore di persone che abitano territori sottoposti a questo rischio è collocato nell’Asia Meridionale, nell’Africa Sub-Sahariana e nell’America Latina. Anche qui, queste popolazioni sono particolarmente vulnerabili al fenomeno perché i loro standard di vita sono strettamente dipendenti da attività come agricoltura e pastorizia. L’allevamento di bestiame infatti era già da tempo stato utilizzato come strategia di adattamento ai cambiamenti stagionali, e presupponeva gli spostamenti attraverso ampie porzioni di territorio. L’inaridimento di terreni prima utilizzati per il pascolo ha reso questa forma di sostentamento ancora più difficile, causando sovente conflitti con produttori sedentari che si dedicano invece all’agricoltura, già di per sé