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Diritto di famiglia islamico e ordinamento giuridico italiano

IL PRINCIPIO DELL’ORDINE PUBBLICO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

2. Diritto di famiglia islamico e ordinamento giuridico italiano

Il fatto che oggi l’Italia sia oggetto dei medesimi fenomeni migratori che, nel secolo scorso, investirono le grandi Nazioni europee pone un interrogativo: il nostro ordinamento sarà pronto a quella grande sfida, che da anni Francia, Germania e Inghilterra combattono?

In effetti, la scarsità e l’instabilità della presenza straniera nella nostra penisola hanno fatto del diritto internazionale privato di famiglia un diritto raro, essendo stati assolutamente sporadici, almeno finora, i contatti intrattenuti dai nostri magistrati con istituti giuridici culturalmente estranei, sotto forma di norme

potenzialmente applicabili alle controversie5.

Fino agli anni ’70, infatti, l’unica occasione di confronto relativamente frequente con i diritti di famiglia stranieri fu

4 F. CORBETTA, Osservazioni in materia di diritto di famiglia islamico e ordine pubblico

internazionale, cit., p. 18.

prodotta dall’assenza dell’istituto del divorzio nel nostro ordinamento.

Su questa anacronistica anomalia del diritto italiano fiorì, infatti, fino all’avvento della legge Fortuna, una ricca giurisprudenza sulla delibazione di divorzi stranieri di coppie in cui almeno un coniuge fosse di cittadinanza italiana.

La questione non toccava, invece, il matrimonio di coppie interamente straniere: già prima della legge 898/70 il divorzio, in questi casi, non incontrava particolari ostacoli al suo riconoscimento, vista l’adesione italiana alla convenzione dell’Aja del 1902, secondo cui i firmatari rinunciavano ad una applicazione piena della eccezione di ordine pubblico di fronte a divorzi pronunciati, secondo la legge nazionale – ex art. 3 – da una autorità giurisdizionale competente – anche jurisdiction

administrative – se ciò è ammesso dalla lex patriae – ai sensi

dell’art. 5 – nel rispetto del contradditorio6.

Questa apertura del nostro ordinamento verso i divorzi tra stranieri diventa ancora maggiore dopo il 1970.

Dopo quell’anno, infatti, la legge Fortuna apre la via della domanda diretta di divorzio di fronte al giudice italiano; quanto all’exequatur, poi, due successivi interventi legislativi saranno interpretati dalla giurisprudenza dominante come fattori di modificazione del contenuto dell’ordine pubblico in questa materia: ci riferiamo, naturalmente, alla nuova Convenzione dell’Aja in tema di riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali del 1970 e alla novella del 1987 in materia di divorzio. Il primo testo riduce i casi in cui uno Stato contraente può rifiutare il riconoscimento ad una sentenza straniera di divorzio «alla manifesta incompatibilità» col proprio ordine pubblico; il secondo, invece, introduce, nell’ordinamento la possibilità di ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del

6 F.PASTORE, op. cit., p. 103.

matrimonio sulla base di una domanda congiunta. Chiaramente ne consegue, tesi sostenuta da un orientamento giurisprudenziale pressoché incontrastato, «…l’accettazione, da parte dello Stato italiano, di un criterio di ordine pubblico ridotto al suo nucleo più essenziale, alla stregua del quale la contrarietà sia evidente, e cioè

correlata a principi veramente irrinunciabili e fondamentali»7 e

che «…il nostro ordinamento, mentre pone come principio fondamentale e irrinunciabile per lo scioglimento del matrimonio l’irreversibile dissoluzione del vincolo coniugale, non esclude che tale dissoluzione possa essere provata anche sulla base della

concorde volontà dei coniugi…»8.

La Cassazione, sulla base delle due menzionate premesse, arriverà a concludere che «una norma straniera che ammette il divorzio per mutuo consenso non è contraria all’ordine pubblico italiano proprio perché non si può ritenere tale consenso come non indicativo di una irreversibile dissoluzione del vincolo matrimoniale, mentre non incide sui principi fondamentali ed irrinunciabili dell’ordinamento italiano il lasciare liberi arbitri le sole parti di apprezzare l’avvenuto venir meno della comunione e l’impossibilità di ricostituirla»9.

L’evoluzione descritta amplia i margini di “tolleranza” dell’ordinamento italiano verso istituti familiari stranieri, arrivando a garantire un’apertura pluralistica che si iscrive in un assai più ampia tendenza che si svolge sul piano del diritto interno, e che si manifesta nella dilatazione progressiva degli spazi di autonomia individuale nel governo delle situazioni

7 Cassazione Civile, Sez. I, 19 aprile 1991, n. 4235, in “Rivista di diritto internazionale

privato e processuale”, 1992, p. 384.

8 Cassazione Civile, Sez. I, 19 aprile 1991, n. 4235, ibidem, p. 386.

9 Cassazione Civile, Sez. I, 10 novembre 1989, n. 4769, in “Rivista di diritto internazionale

privato e processuale”, 1990, p. 997, criticata, appunto dalla stessa Cassazione Civile nella pronuncia n. 4235/1991, in “Rivista di diritto internazionale privato e processuale”, 1992, p. 384.

familiari10.

Ma da quei giorni, molta acqua è passata sotto i ponti e oggi, l’evoluzione in chiave multietnica del tessuto sociale italiano determina la sempre più frequente formazione di nuclei familiari in cui almeno uno dei soggetti interessati non ha cittadinanza italiana e lo stabilirsi, sempre più frequente, di cittadini stranieri che chiedono il proprio riconoscimento e la tutela dei propri rapporti di famiglia costituiti all’estero.

In presenza di una pluralità di leggi potenzialmente applicabili ad uno stesso rapporto (ad esempio, quella dello Stato nazionale dei soggetti interessati e quella dello Stato di residenza) sarà compito delle norme di diritto internazionale privato stabilire con quale ordinamento la fattispecie presenti la connessione più significativa e, di conseguenza, individuare le disposizioni che

meglio si prestano a regolarla11.

E’ proprio questa la funzione tipica delle norme di conflitto: quella di individuare il diritto applicabile alla controversia, “scegliendolo” tra tutte le leggi dei diversi ordinamenti che potrebbero e vorrebbero disciplinarla perché più o meno

intensamente collegati con essa12.

L’individuazione del legame, ossia del criterio di collegamento, idoneo a localizzare la fattispecie controversa in un dato sistema giuridico verrà effettuata mediante indici di localizzazione, che di volta in volta designano la legge dello Stato in cui l’interessato è cittadino, la legge dello Stato in cui egli risiede oppure la legge del luogo in cui è sorto il rapporto da disciplinare o, ancora, di quello in cui lo stesso è prevalentemente localizzato.

Caratteristica della riforma del sistema di diritto

10 F. PASTORE, op. cit., p. 105.

11 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, Piacenza, La Tribuna, 2004, p.

31.

internazionale privato, attuata con l’entrata in vigore della l. 1 maggio 1995, n. 218, è proprio quella di essere ispirata ad un generale principio di parità: la ricerca della legge applicabile al rapporto transnazionale va effettuata ponendo il diritto italiano e le disposizioni di altri ordinamenti oggetto di richiamo sullo stesso piano, senza cioè privilegiare a priori l’applicabilità della legge italiana, salvo, tuttavia, sussistano particolari interessi in gioco, caso in cui sarà concessa alle parti la scelta della legge da applicare ai loro rapporti, mettendo, così, fuori gioco il sistema

dei criteri di collegamento, previsti dalle norme di conflitto13.

La disciplina dei conflitti di leggi in materia di rapporti familiari e, in particolare, matrimoniali, ha da sempre impegnato su vari fronti i cultori del diritto internazionale privato e del diritto di famiglia: la delicatezza degli interessi coinvolti, spesso attinenti alla sfera più intima dei soggetti interessati e il fatto che nella generalità degli ordinamenti i rapporti di famiglia sono, in larga misura, disciplinati da disposizioni imperative e inderogabili, hanno indotto il legislatore a predisporre un articolato sistema di norme di conflitto, nel tentativo di risolvere in maniera soddisfacente i complessi problemi che possono sorgere in questa materia14.

Prima di passare ad analizzare il sistema, occorre ricordare come il progetto di fondo della riforma sia mirato a regolare non solo le questioni attinenti al diritto applicabile, ma anche questioni di carattere processuale strettamente connesse con la materia internazionalprivatistica.

Nell’enunciare gli scopi della legge, infatti, l’art. 1 dichiara che, oltre a porre i criteri per l’individuazione del diritto applicabile, essa ha gli ulteriori scopi di delimitare l’ambito della giurisdizione italiana e di disciplinare l’efficacia delle sentenze e

13 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, cit., p. 32. 14 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, cit, p. 32.

degli atti stranieri.

Con riferimento alle questioni di diritto internazionale privato in senso stretto, cioè quelle concernenti l’individuazione della legge applicabile ad un dato rapporto, la legge di riforma presenta alcune novità di notevole interesse: come vedremo, il legislatore ha dato soluzione a diverse problematiche rispetto alle quali il precedente sistema si era mostrato inadeguato, pur non discostandosi radicalmente dalla impostazione tradizionale, risalente a Pasquale Stanislao Mancini, il più grande sostenitore, come abbiamo visto, dell’applicazione della legge nazionale dell’interessato: non v’è dubbio, infatti, che, tuttora, l’appartenenza ad una determinata comunità nazionale rappresenta generalmente il legame più significativo tra un individuo e un determinato ordinamento.

Tuttavia, già con la promulgazione del nuovo codice civile e il conseguente inserimento del sistema di diritto internazionale privato nel codice, i caratteri fondamentali della teoria manciniana cambiano: il principio di nazionalità muta profondamente all’interno dei rapporti familiari. Al posto di tante singole nazionalità quanti sono i componenti della famiglia si individua una sola legge regolatrice del rapporto, mentre nel caso di diversa nazionalità dei soggetti, la legge regolatrice del rapporto diventa quella del padre, del marito, dell’adottante, in quanto solo all’uomo viene riconosciuto una posizione preminente all’interno della famiglia. L’unità della famiglia comporta la necessaria unicità della cittadinanza del nucleo familiare, corrispondente a quella del capo famiglia15.

Tuttavia, in breve tempo, l’entrata in vigore della carta costituzionale e la le nuove concezioni politico-sociali rendono il nuovo sistema di diritto internazionale privato già vecchio e la

15 A. BEGHÈ LORETI, I figli delle coppie plurinazionali, in “Giustizia Civile”, 1989, fasc. 6,

modifica che, quasi da subito, si era resa necessaria ad un certo punto, con l’entrata in vigore della legge sul divorzio (l. 898/70) e della legge di riforma del diritto di famiglia (l. 151/75) diventa improrogabile.

Il principale sintomo di questa inidoneità è da ricercarsi nel doppio intervento abrogativo ad opera della Corte Costituzionale

del 198716: con due distinte pronunce nel giro di pochi mesi,

infatti, la Corte aveva dichiarato illegittimi gli artt. 18 e 20, comma 1, disp. prel., nelle parti in cui designavano, quale diritto applicabile ai rapporti personali tra coniugi e ai rapporti tra genitori e figli, la legge nazionale dell’uomo, rispettivamente, quindi, del marito e del padre.

Tuttavia, queste due pronunce, oltre a creare un vuoto normativo colmato solo nel 1995, posero finalmente termine ad un prolungato dibattito avente ad oggetto la c.d. “neutralità” delle norme di conflitto rispetto ai principi fondamentali

dell’ordinamento17.

Partendo, infatti, dall’ovvio presupposto che la funzione tipica della norma di diritto internazionale privato consista nell’individuare la legge applicabile ad un dato rapporto e non nel disciplinarlo materialmente, parte della dottrina giunse a sostenere che le norme di conflitto potessero utilizzare criteri di collegamento non conformi al nucleo di valori fondanti la

16 Sentenze di Corte Costituzionale, n. 71 e 477 del 1987. Occorre sottolineare come, già nel

1975, La Corte venne investita di una serie di questioni di illegittimità costituzionale, tuttavia, pur evidenziando l’opportunità di un intervento legislativo in materia, capace di adattare tali disposizioni al nuovo disposto costituzionale, si astenne dall’entrare nel merito della questione: nell’ordinanza di rinvio non era stata sufficientemente motivata la rilevanza del problema per il giudizio a quo. Chiaro come la Corte, così facendo, lasciò al legislatore il tempo di intervenire sulla questione, evitando vuoti giuridici. Tuttavia, dodici anni passarono invano. Nel 1987 la questione tornò ad essere oggetto di due procedimenti innanzi alla Corte, la quale, stavolta, escluse che le norme di diritto internazionale privato possano essere sottratte al controllo di costituzionalità in ragione di una loro presunta neutralità e dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 e 20.

17 P. MENGOZZI, La riforma del diritto internazionale privato italiano, Napoli, Editoriale

comunità organizzata a Stato18.

L’opinione contraria, seguita dalla Consulta in entrambe le pronunce, prendeva le mosse da imprescindibili esigenze di coerenza interna dell’ordinamento: poiché le norme di conflitto sono comuni disposizioni di legge vigenti in Italia, esse sono normalmente inserite nel sistema gerarchico delle fonti e sottoposte al vincolo di conformità con i principi fondamentali del nostro ordinamento.

A ben vedere, poi, l’eliminazione di eventuali effetti inaccettabili, conseguenti all’applicazione della legge individuata, può essere agevolmente effettuata mediante il ricorso all’eccezione di ordine pubblico che, come si vedrà, inibisce il funzionamento delle norme di conflitto ogniqualvolta conduca ad esiti sostanzialmente incompatibili con i principi fondamentali

dell’ordinamento19.

Venendo all’attuale sistema normativo, i conflitti di leggi in materia familiare sono risolti attraverso un complesso di norme specifiche, ognuna delle quali indica i criteri di collegamento da utilizzare per individuare il diritto applicabile a peculiari aspetti del rapporto.

Ma, al di là di queste disposizioni specifiche, la regolamentazione del rapporto risente anche di alcune importanti scelte sistematiche che caratterizzano la riforma nel suo complesso. La legge 218, infatti, innovando sotto un ulteriore profilo rispetto al precedente sistema, predispone una serie di norme relative a diverse questioni generali di diritto internazionale privato (artt. 13-19), tra le quali rivestono la massima importanza, poiché decisamente innovative, le

18 A sostegno di tali opinioni erano solitamente addotte osservazioni di carattere pratico

secondo cui, in diversi casi, l’utilizzo di criteri di collegamento di per sé sbilanciati a favore di uno dei soggetti interessati avrebbe determinato soluzioni più eque proprio nell’interesse del soggetto che si riteneva discriminato.

disposizioni in materia di rinvio (art. 13) e di trattamento processuale della legge straniera (artt. 14 e 15).