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La tutela dei principi fondamentali del nostro ordinamento: ordine pubblico internazionale e norme di applicazione

IL PRINCIPIO DELL’ORDINE PUBBLICO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

7. La tutela dei principi fondamentali del nostro ordinamento: ordine pubblico internazionale e norme di applicazione

necessaria

L’apertura alla applicazione di disposizioni straniere, apertura che deriva dal normale funzionamento delle norme di conflitto, non deve, tuttavia, determinare effetti incompatibili con i principi fondamentali posti alla base dell’ordinamento italiano.

E’ al fine di scongiurare questo pericolo che la legge di riforma si è dotata di alcuni dispositivi di sicurezza, una sorta di valvole giuridiche, deputate a limitare l’operatività delle norme di diritto internazionale privato (art. 16) o il riconoscimento di sentenze o provvedimenti resi all’estero (artt. 64, 65, 66 e 67), quando ciò determini esiti contrastanti col c.d. ordine pubblico

internazionale91. In altri casi (art. 17) la l. 218/95 impone, poi, di

dare rilievo a disposizioni materiali interne che «in

89 A. BRADNEY, op. cit., p. 183. 90 A. BRADNEY, op. cit., p. 183.

91 Le preoccupazioni che hanno portato il legislatore ad evitare l’uso dell’aggettivo

internazionale si riferiscono ad una giurisprudenza assai criticabile, almeno secondo P. Mengozzi, grande sostenitore della tesi accolta dal legislatore della 218, secondo cui l’ordine pubblico internazionale consisterebbe in un complesso di principi universali, comuni a molte nazioni di civiltà affine, la cui esistenza sarebbe finalizzata alla tutela di alcuni diritti fondamentali dell’uomo. Il fatto di non aver scelto tale costruzione. Chiaro come questa giurisprudenza, operando detta semplificazione, ha trasformato in centrale e decisivo quel riferimento che Mengozzi ha sempre operato nei confronti dei principi accolti dalla maggior parte degli Stati membri della comunità internazionale, qualificandolo come strumentale.

considerazione del loro oggetto e del loro scopo debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera» (le c.d.

norme di applicazione necessaria92).

Sotto il primo profilo, occorre premettere alcuni cenni circa la nozione di ordine pubblico rilevante nel campo del diritto internazionale privato. Questa va ricercata nei principi fondamentali cui si ispira il nostro ordinamento, desumibili dalle norme costituzionali ed espressi in precetti di legge o, ancora, in norme internazionali. In altri termini, quel che qui rileva è il nucleo di principi e valori essenziali la cui salvaguardia rappresenta per ogni ordinamento giuridico una esigenza imprescindibile ai fini della sua normale esistenza, principi e valori che un sistema giuridico non può trascurare nemmeno

quando si apre alle leggi straniere oggetto di richiamo93.

Tuttavia, non bisogna dimenticare come tra le caratteristiche tipiche della figura dogmatica vi siano la funzionalità e la positività. Funzionale nel senso che il suo contenuto non è e non può essere predeterminato, ma si precisa in relazione alla funzione cui il concetto stesso è preordinato: faranno parte dell’ordine pubblico internazionale tutti quei principi di varia origine che, in ragione del valore che assumono nella lex fori operano come limite all’inserimento di norme straniere o al riconoscimento di atti pubblici esteri. Positivo nel senso che tali principi debbano essere recepiti, espressamente o meno,

dall’ordinamento94: non è sufficiente, invece, che siano presenti

nella coscienza sociale95.

92 Anche questo inserimento risulta costituire una delle grandi novità della l. 218: di tale

limite non v’è conoscenza, almeno a livello normativo, nel corpus in premessa al codice del 1942…tuttavia, non bisogna dimenticare come fosse, in realtà, spesso utilizzato in giurisprudenza. Si veda P. MENGOZZI, op. cit., p. 73.

93 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, cit., pp. 58-59.

94 G. BADIALI, Ordine pubblico, in “Enciclopedia giuridica”, Roma, Istituto dell’enciclopedia

italiana Treccani, XXII/1, 1989, p. 1.

95 Affidarsi alla coscienza sociale vorrebbe dire introdurre nella rilevazione del principio di

Naturalmente, la natura imperativa ed inderogabile di molte disposizioni materiali italiane non consente di ritenerle in ogni caso applicabili anche a rapporti internazionali disciplinati da una legge straniera, a meno che tali disposizioni siano da ritenersi di importanza tale da rientrare nella particolare categoria delle norme di applicazione necessaria ex art. 17. Occorre ricordare come, tra l’altro, rientrino in tale categoria, anche tutti i valori e principi fondanti l’ordinamento internazionale, cui l’Italia è tenuta ad uniformarsi, soprattutto in tema di tutela dei diritti umani.

Va sottolineato come quello dell’ordine pubblico sia un concetto variabile, sia nello spazio che nel tempo, basti pensare, sotto il primo profilo, proprio molti degli istituti contemplati dal diritto di famiglia vigente nei diversi ordinamenti di ispirazione musulmana, nei confronti dei quali la nostra giurisprudenza ha da

sempre dimostrato un atteggiamento assai cauto96.

Sotto il secondo aspetto, invece, pensiamo alle società, e agli ordinamenti giuridici che da queste derivano, che si evolvono e si adattano ai mutamenti, che necessariamente intervengono al loro interno: tale evoluzione si ripercuote necessariamente su quel che ogni sistema normativo è disposto a tollerare e sulla misura in cui

tale apertura è praticabile97. Paradigmatico è il caso del divorzio,

sempre agevole accertare quali siano, in un dato momento storico, gli orientamenti di una data comunità e rimanendo aperto il dubbio se ci si debba basare sull’orientamento prevalente o su quello di una parte del corpo sociale ritenuta più avveduta e sensibile. Si veda G. BADIALI, op. cit., p. 1.

96 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, cit., p. 59.

97 Questo aspetto richiede, però, qualche breve puntualizzazione. Ogni comunità umana

subisce delle trasformazioni che possono interessare anche il patrimonio di civiltà che le è peculiare: può avvenire che certi principi che apparivano fondamentali in un determinato momento storico, col passare del tempo perdano tale carattere o che se ne affermino altri di nuovo contenuto. E’ chiaro che questi cambiamenti pongono un problema di diritto intertemporale, la cui soluzione non può che essere ricollegata alla funzione cui è preposto il concetto di ordine pubblico internazionale. E’ evidente che i principi cui bisogna fare riferimento sono quelli in vigore nel momento in cui si pone in concreto il problema della applicazione del diritto straniero, visto che si tratta di preservare il patrimonio giuridico attuale della lex fori. La questione assume aspetti particolari nel caso di riconoscimento di sentenze o altri atti pubblici stranieri. Una certa giurisprudenza, precedente alla legge di

istituto sconosciuto al nostro ordinamento fino al 1970, anno della legge Fortuna.

Passando ad analizzare il concreto operare del limite dell’ordine pubblico, esso viene in rilievo quando le norme di conflitto hanno già indicato la legge applicabile ad un certo rapporto: l’interprete, dopo aver individuato la legge applicabile e dopo averne accertato contenuto e prassi applicativa (artt. 14 e 15), deve valutare gli effetti che in concreto quella fattispecie potrebbe produrre, al fine di vagliarne la compatibilità con i principi generali del sistema giuridico nell’ambito del quale esso opera, i c.d. principi generali del foro98.

E’ bene sottolineare come il giudizio di compatibilità debba consistere in un giudizio in concreto: deve riferirsi esclusivamente agli effetti concreti che l’applicazione della legge straniera può produrre, e non in una valutazione in astratto del dato normativo straniero99.

Con ciò non si vuol negare che esistano principi di così alto valore da consentire di classificare aprioristicamente come

inapplicabili eventuali leggi straniere contrarie, ma

semplicemente sottolineare come nella maggior parte dei casi solo la valutazione del rapporto concreto, e delle conseguenze che se ne trarrebbero, consente di percepire se il turbamento provocato nella lex fori da tale disciplina sia o meno intollerabile.

Sotto questo aspetto, assume particolare rilievo la distinzione tra casi di riconoscimento di sentenze e quelli di applicazione diretta nella lex fori di norme straniere.

riforma, facendo leva sul fatto che il riconoscimento ha effetti retroattivi, sostenne che in questi casi si dovesse tenere conto non già dell’ordine pubblico in vigore al momento della delibazione, quanto di quello esistente al momento della emanazione della sentenza o dell’atto pubblico straniero, tesi non condivisa dalla dottrina maggioritaria.

98 F. CORBETTA, Stranieri e matrimonio: il diritto applicabile, cit., p. 60.

99 In realtà la norma non contiene espressamente questo invito, presente, invece, nell’art. 31

delle preleggi: in ogni caso resta fermo il fatto che l’operatore debba disattendere il disposto non sulla base di una valutazione astratta di essa, ma in ragione degli effetti prodotti al momento della applicazione. Si veda P. MENGOZZI, op. cit., p. 77.

Nella prima ipotesi, infatti, la minore intensità di vibrazione dell’ordine pubblico trova facile spiegazione nella presenza di due elementi, assenti nell’altro caso: da un lato, la constatazione dell’esistenza di una situazione giuridica già costituita, produttiva di effetti in altri ordinamenti giuridici, dall’altro, la partecipazione “passiva” del giudice italiano, che non svolge un ruolo primario, costitutivo, ma che, invece, si limita a riconoscere situazioni in

itinere.

Abbiamo detto come l’effetto primario dell’intervento dell’ordine pubblico sia essenzialmente negativo, consistendo nel rigetto della legge straniera richiamata. Ebbene: cosa accade in concreto?

Nel caso di prognosi negativa circa l’applicabilità della legge straniera, il giudice sarebbe tenuto a ricercare la disciplina della fattispecie attraverso gli ulteriori criteri di collegamento eventualmente previsti dalla norma di conflitto (art. 16, comma 2). Nel caso limite ove tutte le leggi potenzialmente applicabili conducessero ad esiti inaccettabili, il diritto applicabile tornerebbe ad essere quello italiano100.

Diverso, invece, il tenore dell’art. 17, che impone come necessaria l’applicazione della legge italiana, anche nei confronti di rapporti disciplinati dalla legge straniera: un esempio può essere considerato il disposto dell’art. 116, comma 2 del codice civile, secondo cui «anche lo straniero è … soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87, numeri 1, 2, e 4, 88 e 89». E’ facile comprendere come il nostro legislatore abbia inteso estendere gli effetti di alcune norme imperative anche al di fuori della disciplina di rapporti totalmente interni al nostro ordinamento regolati dalla legge italiana.

Qualora non esauriscano la disciplina della fattispecie

100 Anche questa costituisce una novità di grande rilievo rispetto a quanto previsto sotto il

rispetto alla quale assumono rilievo, le norme di applicazione necessaria concorrono con le disposizioni materiali straniere applicabili.

E’ chiaro come la particolare categoria normativa in discorso rappresenti una evidente eccezione all’atteggiamento di apertura verso altri ordinamenti, caratteristica di fondo della legge di riforma. Tali norme limitano a priori il normale funzionamento delle norme di conflitto: la legge straniera richiamata continuerà, infatti, a trovare applicazione nei confronti di tutti i residuali profili non direttamente affrontati dalle norme di applicazione necessaria.

Giova sottolineare come, in taluni casi, sia la stessa legge italiana a definire l’estensione del proprio ambito applicativo; più spesso, è la giurisprudenza ad essere investita del dovere di valutare quale disposizioni presentino i caratteri di cui all’art. 17, scelta normativa che comporta un rischio d’abuso del concetto di norma d’applicazione necessaria, la cui eccessiva dilatazione potrebbe addirittura rendere controproducente l’esistenza di questo articolo.