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La Sindrome di Rett (RTT) è una grave patologia neurologica progressiva con esordio molto precoce caratterizzata da arresto dello sviluppo neurologico, declino cognitivo, disturbi motori e frequenti convulsioni (Hagberg et al 1983). Sebbene il 90% dei casi di RTT siano causati da mutazioni del gene MeCP2, recentemente sono state identificate mutazioni del gene CDKL5 in pazienti ai quali è stata diagnosticata la RTT atipica (Elia et al 2008).

L‘alterazione cerebrale responsabile dei sintomi della patologia non è tuttavia ancora

conosciuta. I lavori più recenti, grazie alla produzione di numerosi modelli animali della RTT classica, mostrano che i siti di alterazione più probabili sono le sinapsi, cioè i punti di contatto tra i neuroni che mediano la trasmissione dei segnali nervosi tra una cellula e l’altra. Nel caso delle mutazioni nel gene MeCP2 vi sono numerose indicazioni che queste strutture siano alterate a livello morfologico, molecolare e funzionale nel modello animale. Inoltre è stato suggerito che la mutazione di MeCP2 colpisce anche la plasticità sinaptica ovvero la capacità di modificare forma e

funzione delle sinapsi in risposta a stimoli esterni(Landi et al 2011).

Non era tuttavia noto se anche la mutazione del CDKL5 alterasse la dinamica delle spine dendritiche. Per verificare questa ipotesi ci siamo avvalsi del modello animale creato dal gruppo del prof. Cornelius Gross (EMBL di Roma) che rappresenta un nuovo modello murino con delezione del gene CDKL5 (Morello et al 2013).

In questo lavoro di tesi, abbiamo utilizzato la microscopia a due fotoni, una tecnica che permette di seguire la vita delle spine dendritiche dalla loro formazione alla loro retrazione fino alla stabilizzazione finale. Nello specifico, la microscopia a 2 fotoni permette di ottenere scansioni tridimensionali di una porzione di tessuto nervoso senza sviluppare né neurotossicità né alterazioni dei tessuti stessi. Pertanto essa

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consente di osservare in vivo lo stesso dendrite di uno stesso animale per un periodo che va dalle poche ore a mesi.

Nella prima parte del lavoro di tesi, abbiamo condotto le nostre analisi delle spine dendritiche durante il periodo critico, periodo nel quale i circuiti nervosi presentano la massima capacità di adattarsi al cambiamento degli stimoli ricevuti.

Dato che in questo periodo i processi neuronali sono molto più rapidi, ci è bastato analizzare l’intervallo di tempo tra P27- P28 per ottenere una misura rappresentativa del numero e della dinamica delle spine dendritiche. Nel nostro lavoro abbiamo trovato che il topo KO-CDKL5 presenta profonde alterazione a carico dei contatti sinaptici. Da un lato abbiamo dimostrato che il topo KO ha una densità di spine molto inferiore al controllo (circa il 18%). Dall’altro abbiamo visto che il tasso di perdita di spine è particolarmente elevato (il doppio dei WT). Al contempo il tasso di produzione di nuove spine è pari al controllo. Questo indica che la proteina CDKL5 ha un ruolo importante non tanto nella formazione di nuove spine dendritiche quanto nella stabilizzazione delle stesse, con i mutanti che falliscono nel consolidare i contatti sinaptici. Un deficit nella stabilizzazione delle spine sembrerebbe essere compatibile anche con l’analisi separata del numero di filopodi e spine. I filopodi sono i precursori delle spine ed il loro numero è un buon indice della capacità dei neuroni di produrre un primo sito post-sinaptico in risposta a nuove stimolazioni esterne. Le spine sono i contatti più stabili ed acquisiscono la loro forma finale dopo una fase di stabilizzazione accompagnata da diversi cambiamenti strutturali interni al contatto sinaptico (Hayashi & Majewska 2005). I nostri dati indicano che il numero di filopodi è molto simile nei due genotipi (Figura 12) indicando che i processi che producono una prima rapida risposta sinaptica sono indipendenti dalla CDKL5. In contrasto con ciò, è invece il numero di spine vere e proprie, i contatti più maturi, che è inferiore nel modello KO-CDKL5. Il deficit nella stabilizzazione delle spine è stato confermato anche con altri esperimenti di espressione proteica con i quali abbiamo misurato i livelli di espressione della PSD-95, proteina post-sinaptica importante per il mantenimento delle sinapsi eccitatorie (Elias & Nicoll 2007). Nei nostri dati è risultato che i topi KO per la CDKL5 hanno livelli di PSD-95 inferiori del 29% rispetto ai wild type (Figura15). Questi dati sembrano essere in accordo con un

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recente studio, dove è stato dimostrato che la proteina CDKL5 interagisce con il complesso NGL1-PSD95 per regolare la forza delle sinapsi. (Ricciardi et al 2012)

E’ interessante notare come il nostro dato suggerisca che CDKL5 agisca in modo diverso dall’altro gene coinvolto nella RTT classica (MeCP2). Un recente studio (Landi et al) ha dimostrato che nel modello murino della RTT classica la maggiore alterazione è nei pathway che portano alla formazione dei contatti sinaptici mentre il CDKL5 sembrerebbe esclusivamente coinvolto nella stabilizzazione sinaptica. Quindi, sebbene le mutazioni di MeCP2 e CDKL5 portino alla fine entrambe ad una riduzione delle spine, il meccanismo di azione potrebbe essere diverso.

Nella seconda parte del lavoro abbiamo analizzato il numero e la sopravvivenza delle spine dendritiche nel topo adulto. Trascorsa l’età dello sviluppo, i processi di maturazione dei circuiti neuronali sono caratterizzati da dinamiche più lente. Pertanto abbiamo selezionato un protocollo di imaging che permette sessioni di acquisizione a distanza di diversi giorni. A tal fine abbiamo sottoposto gli animali all’impianto di una finestra cranica, tecnica che garantisce un accesso ottico inalterato nel tempo ed abbiamo seguito i topi da P50 a P80 con sessioni di imaging ad intervalli prestabiliti. I nostri risultati hanno mostrato che la densità delle spine dendritiche nel topo adulto è notevolmente inferiore rispetto al controllo, suggerendo quindi che non intervengono meccanismi compensatori che riportano ai livelli del controllo la quantità di spine. Confrontando la densità delle spine a P27 e a P50 abbiamo inoltre osservato che il numero delle spine scende ulteriormente a P50 (Figura 17). Questo probabilmente è causato dai deficit nella stabilizzazione delle spine nel periodo critico misurate nella prima parte della tesi che, nel lungo termine, producono una forte riduzione del numero di spine.

Anche nel topo adulto abbiamo potuto effettuare analisi del turnover delle spine assimilabile a quello che si è condotto tra P27 e P28. In accordo con quanto trovato nel topo giovane, anche nell’adulto non vi sono sostanziali differenze nel tasso di produzione di nuove protuberanze sinaptiche (Figura 18), tuttavia non vi era un aumento della rimozione veloce delle spine dendritiche osservato durante lo

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sviluppo. Quindi questi dati suggeriscono che la proteina, in età adulta, non svolge un ruolo a breve termine, come invece dimostra l'analisi del turnover condotta nel topo giovane, in cui nell'arco di un giorno si osservava un forte aumento delle spine dendritiche perse (Figura 16).

Un’analisi più a lungo termine della stabilità delle spine dendritiche ha però mostrato che nell’adulto vi è una riduzione della percentuale di spine stabili per almeno un mese (spine persistenti). Confrontando il fit esponenziale della curva di sopravvivenza delle spine dendritiche abbiamo infatti trovato che le spine dei topi KO hanno un fattore di sopravvivenza (S) significativamente più basso rispetto al controllo. Ciò potrebbe derivare da un allungamento del periodo durante cui è presente la rimozione delle spine nel mutato che infatti raggiunge il valore finale di spine persistenti più tardi del topo WT. Anche la costante di tempo che regola la perdita delle spine (τ) sarebbe allungata. Quindi, la mancanza di CDKL5 rende più difficile la transizione a spina persistente ed in quanto tale protetta dai processi di eliminazione (tabella 1 e figura 19). I dati indicano complessivamente che, sebbene su tempi molto più lunghi del topo in sviluppo, anche nell’adulto il CDKL5 gioca un ruolo importante nella stabilizzazione delle spine dendritiche.

In conclusione, questo lavoro ha cercato di capire come la proteina CDKL5 influenza le spine dendritiche e le connessioni sinaptiche sia durante lo sviluppo che in età adulta. I nostri dati dimostrano che la proteina CDKL5 ha un ruolo cruciale nella stabilizzazione delle spine nel modello animale utilizzato, in particolare durante lo sviluppo. Lo studio delle vie di segnalazione molecolare coinvolte nella regolazione della stabilità delle spine dendritiche potrebbe quindi portare ad individuare fattori bersaglio per possibili trattamenti volti a migliorare il fenotipo dei topi mutanti per CDKL5 ed, in prospettiva, i sintomi delle pazienti.

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