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Analisi della dinamica delle spine dendritiche in un modello murino di Sindrome di Rett con delezione di CDKL5

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Academic year: 2021

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UNIVERITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di laurea magistrale in Biologia applicata alla Biomedicina

Tesi di laurea

Analisi della dinamica delle spine dendritiche in un modello

murino di Sindrome di Rett con delezione di CDKL5

Relatore

Prof. Tommaso Pizzorusso

Correlatori

Candidato

Prof. Maurizio Cammalleri

Salvatore La China

Prof. Massimo Pasqualetti

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2

RIASSUNTO

5

ABSTRACT

7

INTRODUZIONE

9

1. Spine dendritiche

9

1.1 Dinamica delle spine dendritiche e plasticità sinaptica 11

1.3 Formazione dei circuiti neuronali 14

1.4 Alterazioni delle spine dendritiche 16

2. La sindrome di Rett

19

2.1 La forma classica 19

2.2 Alterazioni dei circuiti neuronali nella RTT 20

3. La proteina MeCP2

22

3.1 I domini funzionali di MeCP2 23

3.2 Possibili funzioni di MeCP2 24

4. Le varianti della sindrome di Rett

25

5. La variante congenita della RTT

26

5.1. Il gene FOXG1 26

6. La variante di Hanefeld

28

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3

6.3 Mutazioni a carico del gene CDKL5 33

6.4 CDKL5 e morfogenesi delle spine dendritiche 34

SCOPO DELLA TESI

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MATERIALI E METODI

38

1. Modello animale per lo studio del gene CDKL5

38

1.1 Gruppi sperimentali 38

2.Chirurgia e imaging in vivo

39

2.1 Chirurgia nel topo durante lo sviluppo (p27-P30) 39

2.2Chirurgia nel topo adulto 42

2.3 Imaging in vivo 43

3. Preparazione dei campioni per la misurazione della proteina PSD-95

44

4 Tecnica del western blotting

44

5. Processamento delle immagini e analisi dei dati

45

6. Analisi statistica

46

RISULTATI

47

1. Analisi della densità e della dinamica delle spine dendritiche durante lo

sviluppo

47

1.1. Densità delle spine dendritiche nei topi KO per CDKL5 a P27 47 1.2. Turnover nei topi KO per CDKL5 misurato tra P27 e P28 49 1.3. Destabilizzazione delle spine dendritiche nel topo KO per CDKL5. 50

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4

2. Ruolo della proteina CDKL5 nella formazione/eliminazione delle spine

dendritiche nel topo adulto

53

2.1 Densità delle spine dendritiche in età adulta 53 2.2 Formazione di spine nell’età adulta Errore. Il segnalibro non è definito. 2.3 Analisi di sopravvivenza delle spine nel topo adulto. 56

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

60

(5)

5

Riassunto

Mutazioni a carico della proteina CDKL5, conosciuta anche con il nome di STK9 sono state riscontrate in una serie di patologie, tra le quali la variante di Hanefeld della Sindrome di Rett. Questa variante è caratterizzata da un'insorgenza precoce (2-5 mesi di vita) e dalla comparsa di epilessia, che può manifestarsi con spasmi

infantili e crisi resistenti al trattamento farmacologico. Dal punto di vista clinico è

caratterizzata da un grave ritardo nello sviluppo psicomotorio, aprassia manuale e la presenza di movimenti stereotipati della mano.

La proteina CDKL5 è una serin/treonin chinasi ampiamente distribuita in molti tessuti, in particolare a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC). É presente sia nel citoplasma che nel nucleo e la sua localizzazione cambia a seconda delle fasi dello sviluppo. Sono stati proposti diversi ruoli funzionali di CDKL5 a livello di questi due compartimenti. Tra questi è emerso il coinvolgimento di CDKL5 nei

pathway molecolari deputati al rimodellamento del citoscheletro actinico e nella

morfogenesi neuronale, cioè nella crescita dell’assone e nella arborizzazione dendritica.

In questo studio abbiamo utilizzato la microscopia a scansione multifotonica (TPLSM) per studiare in vivo la dinamica delle spine dendritiche nel modello murino mancante del gene CDKL5 .

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6

Inizialmente abbiamo valutato la dinamica delle spine dendritiche nei topi giovani, durante il periodo di sviluppo postnatale. Una volta appurata la comparsa di deficit a carico delle spine dendritiche durante questo periodo, abbiamo effettuato un'analisi della dinamica delle spine anche nel topo adulto, in modo da osservare se le alterazioni riscontrate siano presenti durante tale periodo o se si verifichi un ulteriore peggioramento delle alterazioni strutturali delle spine dendritiche. I dati ottenuti da queste analisi mostrano una grave compromissione strutturale a carico del sistema nervoso centrale che pregiudica il normale processamento degli stimoli e l'elaborazione delle informazioni in questo modello. Tali risultati possono costituire una base neurobiologica dei sintomi caratteristici della variante di Hanefeld.

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7

Abstract

Mutations in Cycline-dependent-kinase-like 5 (CDKL5) protein, also known as STK9, cause atypical Rett syndrome. This is a neurodevelopmental disorder with early onset associated with mental retardation, loss of speech and early infantile spasms, and predominantly affects females. Clinically, this pathology is characterized by alterations in psychomotor development, apraxia and stereotyped hand movements.

CDKL5 is a serine/threonine kinase found in brain, with an increased level of expression during the postnatal period. Recent studies observed that CDKL5 is involved in maturation of dendritic spines, key structures in excitatory synapses in the brain. Abnormalities in dendritic spine are the neurobiological substrate of a great number of genetic disorders, such as Down syndrome and fragile-X syndrome. Studies in vitro exhibit deficit at dendritic spines in cultured hippocampal neuron in which the expression of CDKL5 was decreased. Additionally, it is unclear if CDKL5 have a critical role just during postnatal period or also in adulthood.

In this study, we used long-term two-photon imaging to study the dynamic process of dendritic spines in a new mouse model of RTT syndrome with CDKL5 deletion. In vivo imaging during postnatal development period revealed a decrease spine density of cortical pyramidal neurons compared to control littermates, while the filopodia density remains unchanged. These results suggest that lack of CDKL5 activity causes a strong destabilization in dendritic spines.

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8

Western blot analysis of synaptosomial fractions revealed a reduction of levels of PSD-95 protein, the principal marker of postsynaptic density present in spine head.

Chronic in vivo imaging over a period of four weeks has shown a decrease of spine survival in adult mouse, revealing that mutations in CDKL5 protein compromises synapse stability also in adult period. These results could help to understand the neurobiological basis of atypical variant of RTT.

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Introduzione

1. Spine dendritiche

Le spine dendritiche sono estroflessioni citoplasmatiche che emergono dal dendrite di un neurone. Queste strutture sono coinvolte nella formazione delle sinapsi e in particolare costituiscono il terminale postsinaptico. Al microscopio elettronico è possibile distinguere due zone: la testa, che rappresenta la porzione della spina che entra in contatto diretto con il terminale presinaptico e il collo, che rappresenta la porzione della spina che mette in comunicazione la testa con il dendrite. La testa presenta una porzione scura ed elettrondensa chiamata "densità postsinaptica" (PSD) (Kennedy 2000), localizzata sulla superficie citoplasmatica della membrana sinaptica. La PSD rappresenta una porzione in cui sono localizzate una serie di proteine ed enzimi che consentono la maturazione di una spina dendritica e la formazione della sinapsi.

Le spine dendritiche presentano una diversa morfologia e vengono spesso classificate in tre categorie (Figura 1):

- Sottili (thin), caratterizzata da una piccola testa e un lungo collo;

- A "fungo" (mushroom), con una testa molto ampia e un collo corto;

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In un dendrite è possibile distinguere inoltre un altro tipo di protrusioni chiamate filopodi, strutture transienti di forma filamentosa che non presentano una testa. I filopodi possono essere in grado di recepire gli stimoli provenienti dal terminale presinaptico e andare incontro a maturazione con la formazione delle spine dendritiche (Fiala et al 1998).

Figura 1 Classificazione delle spine dendritiche e dei filopodi.

Oltre ad una classificazione morfologica, le spine dendritiche possono essere classificate in modo funzionale. Nel sistema nervoso centrale è possibile distinguere una frazione di spine dendritiche che appaiono o si retraggono nell'arco di ore e giorni, mentre altre persistono per alcuni mesi (Holtmaat et al 2005). Le spine persistenti sono rappresentate principalmente dalle spine che presentano una testa larga (mushroom), che vanno incontro a cambiamenti morfologici dovuti a riarragiamenti del citoscheletro indotti dal legame del neurotrasmettitore, rilasciato dal terminale presinaptico, ai recettori specifici presenti sulla membrana. In un dendrite sono presenti spine dendritiche persistenti e transienti. Tuttavia il numero di spine dendritiche rimane pressoché costante. Da

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tale affermazione si evince che sono presenti dei meccanismi che consentono un bilanciamento del numero di spine dendritiche. Studi di imaging in vivo e di microscopia a scansione elettronica (Scanning Electron Microscopy, SEM) hanno dimostrato che la formazione di nuove spine è associata alla formazione delle sinapsi, per contro, l'eliminazione delle spine dendritiche è associata all'eliminazione delle sinapsi (Trachtenberg et al 2002).

1.1 Dinamica delle spine dendritiche e plasticità sinaptica

La plasticità sinaptica è una caratteristica peculiare del sistema nervoso centrale e rappresenta la capacità di modificare i circuiti neuronali attraverso la formazione di nuove connessioni sinaptiche e/o la rimozione di quelle preesistenti. Durante il periodo di sviluppo del sistema nervoso si crea un grande numero di connessioni tra i neuroni che supera il numero di connessioni presenti nel cervello adulto. Quindi durante i primi anni di vita avvengono dei fenomeni di selezione delle connessioni, guidati principalmente dall'esperienza sensoriale. In questo modo il numero, la morfologia, il fenotipo molecolare, la posizione e la forza delle sinapsi è continuamente modificato in base alle necessità e alle richieste funzionali. Questi processi perdurano però sebbene su una scala minore anche adulto dove rappresentano la base dell'apprendimento, della memoria e di molte altre capacità computazionali del sistema nervoso centrale.

La formazione di una sinapsi e, più in generale, la plasticità sinaptica sono dei processi dinamici che richiedono una comunicazione bidirezionale tra il compartimento presinaptico e quello postsinaptico. In base a questa forma di segnalazione si attivano dei meccanismi cellulari e molecolari che hanno il

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compito di decidere dove e quando le sinapsi vadano formate, rimosse o modificate. Dato che le spine dendritiche contengono l'elemento postsinaptico per moltissime sinapsi eccitatorie, i processi di plasticità sinaptica coinvolgono modificazioni morfologiche delle spine dendritiche e variazioni del loro numero. Infatti le spine dendritiche sono delle strutture molto dinamiche che mostrano cambiamenti morfologici e funzionali dettati dall'attivazione di pathway molecolari in seguito alla stimolazione da parte del neurotrasmettitore. La percezione di tali stimoli avviene grazie alla presenza di una serie di recettori sulla membrana sinaptica. Nel caso di sinapsi glutammatergiche, i recettori di membrana più abbondanti sono quelli della famiglia dei recettori NMDA e AMPA. Il volume di una spina dendritica sembra essere correlato con la presenza di tali recettori (Matsuzaki et al 2001). Quando il glutammato viene liberato dal terminale presinaptico, i recettori NMDA non vengono attivati, a causa del blocco da Magnesio (Mg2+) presente in questo canale. I recettori AMPA, in presenza di glutammato, possono far fluire ioni all'interno della spina, generando delle correnti depolarizzanti che, se di sufficiente ampiezza, portano alla rimozione del blocco da Mg2+ dei recettori NMDA. Quest'azione produce degli aumenti di Ca2+ nella zona postsinaptica attivando una serie di processi a valle che porteranno alla maturazione della spina dendritica e quindi alla stabilizzazione e al potenziamento della sinapsi. É stato infatti osservato che una stimolazione ad elevata frequenza, che induce un potenziamento a lungo termine (LTP), comporta un aumento della grandezza della spina (Yang et al 2008) (Matsuzaki et al 2004), mentre una stimolazione a bassa frequenza che induce una depressione a lungo termine (LTD), comporta una riduzione della grandezza della spina (Zhou et al 2004) (figura 2).

(13)

13 Figura 2 Schema che illustra gli effetti di un LTP e un LTD sulla dinamica di una spina

dendritica. Nel caso di un LTP si osserva la polimerizzazione della G-actina con la conseguente formazione della F-actina dovuta all'attivazione della CAMKII. Nel caso di un LTD invece si verifica una depolimerizzazione dei filamenti actinici e una conseguente diminuzione delle dimensioni della spina dendritica.

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1.3 Formazione dei circuiti neuronali

I processi di plasticità neurale non si limitano però a coinvolgere una variazione del volume della spina dendritica ma comportano anche fenomeni di crescita e rimozione di contatti sinaptici e di spine dendritiche. La formazione di una sinapsi avviene mediante l'interazione tra il bottone assonale e la spina dendritica, che rappresenta il terminale postsinaptico (Shepherd & Harris 1998). La formazione di queste strutture è guidata dagli stimoli sensoriali percepiti dall'organismo. Studi condotti su animali modello mostrano che esistono delle finestre temporali in cui si verifica una maggiore attività del sistema nervoso nel rifinire i propri circuiti in base agli stimoli percepiti (Hubel & Wiesel 1962). Questo periodo di maggiore sensibilità è stato chiamato periodo critico, e differisce da una specie ad un altra. In correlazione, le spine dendritiche mostrano un ricambio (turnover) particolarmente pronunciato, sia basale che indotto dall’esperienza, proprio durante i periodi critici. E’ importante sottolineare però che le spine dendritiche si mantengono dinamiche anche nell’adulto sebbene su livelli minori (Grutzendler et al 2002).

In generale la formazione di una sinapsi è un processo altamente dinamico e molto raffinato. È stato mostrato che l'assone in crescita forma un cono di crescita assonale che presenta una serie di recettori sulla superficie e di strutture atte al suo movimento, chiamate filopodi. Una volta trovato il proprio target, rappresentato principalmente da una spina dendritica, le due strutture entrano in stretto contatto, attraverso l'espressione di molecole di adesione (Juttner & Rathjen 2005)(Waites et al 2005). A questo punto si verifica una sorta di maturazione delle due strutture: il cono di crescita assonale si trasforma in una zona varicosa in cui sono presenti le vescicole contenenti il neurotrasmettitore. La liberazione del neurotrasmettitore induce l'attivazione di pathway molecolari a livello del terminale postsinaptico con la conseguente maturazione della spina dendritica.

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Se immaginiamo questo processo esteso ad una fitta rete di neuroni, che contemporaneamente vengono stimolati da stimoli sensoriali, la situazione si complica. Infatti si verificano dei fenomeni di competizione tra i vari elementi sinaptici tali per cui soltanto gli elementi maggiormente stimolati andranno incontro a maturazione e daranno vita ad una sinapsi. Un esempio di competizione è rappresentato dalla formazione dei cosiddetti "Bottoni sinaptici multipli"(MBS) (Toni et al 2007). In questo caso la competizione inizia tra elementi postsinaptici neoformati, tendendo di stabilire un contatto con bottoni sinaptici coinvolti già in una sinapsi. In questo modo, soltanto le spine dendritiche che riceveranno una corretta stimolazione daranno origine ad una sinapsi (Figura 3). Un aumento di tali fenomeni si verifica in seguito ad un aumento della stimolazione ormonale o durante l'apprendimento, indicando che questi meccanismi rivestono un ruolo centrale in quella che viene definita plasticità adattativa (Yankova et al 2001).

Figura 3 Due modelli che illustrano la formazione di nuove sinapsi. (a) Una nuova spina (in verde) cresce nelle vicinanze di un bottone assonale attivo (in blu), generando una nuova sinapsi (in rosso). (b) Una spina dendritica (in verde) cresce nelle vicinanze di bottoni sinaptici attivi (in blu), che presentano già una connessione con una spina

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16 dendritica (in nero), formando gli MSBs. La maturazione dell'MSB comporta la

formazione di una sinapsi (in rosso) e l'eliminazione della sinapsi preesistente (Knott et al 2006).

1.4 Alterazioni delle spine dendritiche

Alterazioni a carico delle spine dendritiche costituiscono il substrato di molte patologie psichiatriche caratterizzate da ritardo mentale infantile. Tali alterazioni posso essere classificate in due categorie generali: cambiamenti nella distribuzione delle spine dendritiche e deficit di tipo strutturali. Cambiamenti patologici della distribuzione riguardano sia un incremento della densità delle spine, sia una diminuzione. Mentre i cambiamenti strutturali maggiormente osservati riguardano sia la grandezza della testa della spina dendritica sia la morfologia della testa.

Diminuzioni della densità delle spine dendritiche sono state osservate in molte patologie a carattere genetico (Tabella1). Tali diminuzioni possono essere dovute alla perdita del contatto con l'assone che normalmente interagisce con le spine dendritiche nella sinapsi. Tuttavia in questi casi si verifica immediatamente la formazione di una nuova connessione, in modo da compensare la perdita della sinapsi. Alterazioni nei meccanismi di formazione delle spine dendritiche comportano una ridotta formazione dei circuiti neuronali e, di conseguenza, la normale architettura del sistema nervoso. Un esempio rappresentativo in cui si verifica una diminuzione della densità delle spine dendritiche è rappresentato dalla Sindrome di Rett. In uno studio condotto su un modello murino di tale patologia è stato, infatti, osservato una marcata riduzione della densità delle spine. Inoltre anche i filopodi, protrusioni filamentose che rappresentano i precursori delle spine dendritiche, risultavano diminuiti (Landi et al 2011) .

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Un aumento della densità delle spine dendritiche costituisce uno stato patologico osservato in molte patologie, tra le quali la Sindrome dell' X-fragile (Irwin et al 2001). In questo caso, a differenza della Sindrome di Rett si osserva un elevato turnover delle spine dendritiche, dovuto ad un aumento dei meccanismi di formazione. Va sottolineato che sebbene le spine dendritiche siano presenti ad alta densità esse mostrano una morfologia aberrante ed immatura, con morfologia tipica dei filopodi. Un aumento della densità di spine dendritiche è stato osservato anche nella Sindrome di Down. In questo caso sono state osservate tre tipi di alterazioni morfologiche presenti nei neuroni della corteccia somatosensoriale: in una popolazione di neuroni, le spine dendritiche risultavano essere lunghe e tortuose; in altri si presentavo molto piccole e sottili; infine una terza popolazione presentava una grande diminuzione del numero di spine dendritiche, mentre quelle rimaste erano caratterizzate dalla presenza di una testa molto larga e un collo sottile (Takashima et al 1994).

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18 Tabella 1 Elenco di alcune patologie a carattere genetico caratterizzate da ritardo mentale e alterazioni nella dinamica e nella morfologia delle spine dendritiche

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2. La sindrome di Rett

La sindrome di Rett (RTT) è una patologia che coinvolge il Sistema nervoso centrale e si manifesta durante il periodo di sviluppo post-natale. I sintomi che caratterizzano la RTT sono ritardo mentale, alterazioni nello sviluppo, autismo, ansia e gravi deficit motori. Si presenta con una frequenza di 1:8000/ 1:10000 in bambini di sesso femminile e rappresenta la seconda causa di ritardo mentale infantile dopo la sindrome dell'X-fragile (Rett 1966)(Hagberg 1985). Il 97% dei pazienti affetti da sindrome di Rett presenta una mutazione a carico del gene MeCP2(Amir et al 1999). In seguito sono stati scoperti altri due geni coinvolti in questa patologia: il gene che codifica per la proteina CDKL5, responsabile della variante caratterizzata da convulsioni epilettiche ad esordio precoce, e il gene che codifica per il fattore trascrizionale FOXG1, responsabile della variante congenita. I geni MeCP2 e CDKL5 sono presenti sul cromosoma X, mentre il gene che codifica per FOXG1 si trova sul cromosoma 14.

2.1 La forma classica

La sindrome di Rett classica è caratterizzata da un quadro clinico molto complesso. Inizialmente si verifica un normale sviluppo fisico, psichico e motorio fino al sesto-diciottesimo mese di vita. Uno dei primi sintomi osservati è rappresentato da un arresto della crescita della testa che evolve in microcefalia entro il secondo anno d'età. In seguito iniziano a comparire alterazioni a livello psicomotorio, perdita dell'utilizzo della mano e del linguaggio. Con il progredire

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della patologia si osserva la comparsa di deficit comportamentali e nelle interazioni sociali fino alla comparsa di caratteristiche tipiche dell'autismo. In alcuni casi sono anche presenti alterazioni a livello del Sistema nervoso autonomo (SNA) caratterizzate dalla comparsa di iperventilazione durante il periodo di veglia, aerofagia ed apnea. Spesso sono presenti ipersensibilità ai suoni, apatia e difficoltà nel seguire con lo sguardo gli oggetti in movimento (Nomura 2005). Con il passare del tempo si osserva la perdita dell'utilizzo finalizzato delle mani con la comparsa di movimenti stereotipati e ripetitivi. Si osserva un ulteriore deterioramento delle funzioni motorie, caratterizzato dalla comparsa di atassia e aprassia. Dopo una fase di decadimento delle funzioni psichiche e motorie, intorno al quinto anno di vita non si osserva un ulteriore peggioramento dei sintomi, ma la comparsa di scoliosi, rigidità e distonia. Intorno al decimo anno di vita compaiono crisi ansiose e il soggetto presenta uno stato d'animo tendenzialmente depresso. I pazienti affetti da RTT possono sopravvivere anche fino al settantesimo anno di vita. L'ultima fase è caratterizzata dalla comparsa di sintomi tipici parkinsoniani (Hagberg 2005) (Roze et al 2007).

2.2 Alterazioni dei circuiti neuronali nella RTT

Uno dei sintomi che si osserva in pazienti affetti da RTT è una diminuzione della dimensione della testa (Chahrour & Zoghbi 2007). Tuttavia non sono presenti segni evidenti di atrofia, neurodegenerazione e difetti nella migrazione neuronale (Reiss et al 1993). L'assenza di tali fattori indica che le alterazioni neurologiche sono dovute a deficit a livello di compartimenti subcellulari quali assoni, dendriti e sinapsi. Da analisi post-mortem effettuate su cervelli di pazienti affetti da RTT sono emerse anomalie a livello sinaptico, in particolare una forte diminuzione

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della densità delle spine dendritiche (Belichenko et al 1994). Tale diminuzione è stata osservata in dendriti apicali secondari e terziari dei neuroni del campo CA1 dell'ippocampo (Chapleau et al 2009). Analisi autoradiografiche condotte sui pazienti mostrano una riduzione della densità di recettori NMDA e AMPA, indicando che tale patologia è dovuta ad alterazioni dei meccanismi che consentono una corretta formazione delle sinapsi eccitatorie (Johnston et al 2005). Studi condotti su modello modelli murini della Rett classica (Chang et al 2006) (Tropea et al 2009) (Dani et al 2005) rivelano una riduzione delle spine dendritiche a livello dei neuroni piramidali dello strato V della corteccia cerebrale (Belichenko et al 2009).

Registrazioni elettrofisiologiche effettuate su animali modello della RTT mostrano alterazioni del potenziamento a lungo termine (LTP long-term potentiation)e della depressione a lungo termine (LTD long-term depression), due forme di plasticità sinaptica considerate essere la base della formazione della memoria e dei circuiti neuronali durante lo sviluppo (Chen et al 2001). Inoltre studi recenti mostrano che le alterazioni a carico delle proteine MeCP2 e CDKL5 causano l'instaurarsi di deficit sull'omeostasi sinaptica. Questi dati indicano come il compartimento sinaptico rappresenti un bersaglio preferenziale delle mutazione che causano la RTT e hanno portato molti laboratori ad indicare la disfunzione sinaptica come base principale della sintomatologia della RTT.

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3. La proteina MeCP2

La Methyl-CpG-binding protein 2 (MeCP2) è una proteina nucleare che si lega a sequenze regolatorie, chiamate isole CpG, poste nelle vicinanze dei promotori all'estremità 5' UTR. Questa proteina è codificata da un gene situato sul cromosoma X in posizione q28(Nan et al 1996). Il gene è costituito da 4 esoni e si estende per 76 Kb. Sono state identificate 3 isoforme di splicing di MeCP2, tra le quali due sono quelle più importanti (Mnatzakanian et al 2004):

- L'isoforma MeCP2A, formata da 486 residui in cui manca l'esone 1;

- L'isoforma MeCP2B, costituita da 498 residui e manca dell'esone 2.

L'isoforma a cui solitamente ci si riferisce quando si parla di RTT è l'isoforma B. MeCP2B viene espresso da tutti i tessuti e in particolar modo dal cervello dove è presente sia allo stadio fetale che nel periodo post-natale. Tuttavia nello stadio fetale è presente in piccole quantità, per poi aumentare progressivamente durante il periodo di sviluppo neuronale post-natale. L'espressione di MeCP2 varia anche dagli strati più profondi della corteccia cerebrale (in cui è meno espresso) fino a quelli più superficiali.

Le mutazioni a carico di questo gene sono di vario tipo. Sono state identificate mutazioni frameshift, nonsenso, missenso e di splicing aberrante. Il 67% delle mutazioni è rappresentato dalla sostituzione della Citosina (C) con la Timina (T) a livello delle isole CpG. La mutazione più frequentemente riscontrata è R168X.

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3.1 I domini funzionali di MeCP2

La proteina presenta tre domini funzionali:

- Un dominio di legame a sequenze regolatorie del DNA (Methyl DNA-binding domain, MDB), che corrisponde agli amminoacidi 73-163;

- Un dominio di localizzazione nucleare (NLS);

- Il dominio di repressione trascrizionale (Trascriptional repression domain, TRD) (Figura 4), con il quale la proteina interagisce con un serie di corepressori e istone deacetilasi, regolando l'espressione dei geni target. Questo dominio si estende agli amminoacidi 205-310 (Nan et al 1993).

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3.2 Possibili funzioni di MeCP2

Una funzione precisa per la proteina MeCP2 non è stata ancora ben definita. Infatti dagli studi finora effettuati sembra essere coinvolta in una serie di processi di regolazione genica, a volte anche contrastanti. Inizialmente MeCP2 è stato identificato come un repressore trascrizionale. Il silenziamento genico operato da MeCP2 avviene attraverso il rimodellamento della cromatina in modo tale da rendere inaccessibile, all'apparato di trascrizione, le sequenze regolatorie. Il rimodellamento della cromatina avviene mediante l'interazione di MeCP2 con un co-repressore, Sin3A, e la conseguente attivazione dell'istone deacetilasi HDACI (Yu et al 2000). MeCP2 porta all'attivazione dell'istone deacetilasi HDACII, mediante l'interazione con i co-repressori Ski e NcoR (Kokura et al 2001).

Un altro ruolo fondamentale svolto da MeCP2 è quello di regolatore di splicing mediante l'interazione con la proteina YB1 (enzima che controlla molte fasi del processamento e maturazione dell'mRNA) (Young et al 2005).

Oltre al ruolo di repressore trascrizionale, è stato osservato un coinvolgimento di MeCP2 nell'attivazione della trascrizione di geni target. A conferma di questa ipotesi, Chahrour e colleghi hanno osservato una interazione tra MeCP2 e il fattore di trascrizione CREB (Chahrour et al 2008).

MeCP2 può quindi essere considerato come un regolatore della trascrizione genica, sia per quanto riguarda la repressione che per quanto riguarda l'attivazione della trascrizione. Questi dati indicano che MeCP2 è una proteina di fondamentale importanza per un corretto sviluppo del sistema nervoso (Cohen et al 2011).

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4. Le varianti della sindrome di Rett

La Sindrome di Rett presenta delle forme varianti dovute a due fattori: il mosaicismo genico e l'inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X. Tali forme differiscono dalla forma classica per la gravità con cui si presentano i sintomi e per il periodo di insorgenza.

- La forma "frusta" presenta un'insorgenza tardiva dei sintomi rispetto alla forma classica. La regressione inizia tra il primo e il terzo anno di vita. L'uso della mano è preservato e i movimenti sterotipati caratteristici sono meno intensi.

- La variante Zappella o "Preseved speech variant" (PSV). I pazienti affetti da questa variante conservano l'abilità di formulare le frasi, anche se non riescono ad inserirle in un contesto ben preciso. Mostrano la capacità di utilizzare le mani in modo finalizzato e la circonferenza cranica è nella norma. Sono generalmente sovrappeso rispetto ai pazienti affetti della forma classica e presentano una marcata cifosi (Zappella et al 2001).

Le varianti che presentano sintomi molto più gravi rispetto alla forma classica sono la variante congenita e la variante di Hanefeld.

- La forma congenita non presenta un normale periodo di sviluppo, ma i sintomi compaiono già dal primo giorno di vita e la regressione si verifica entro il primo mese di vita.

- La variante di Hanefeld, chiamata anche Encefalopatia epilettica precoce di tipo 2, è caratterizzata da un'insorgenza precoce rispetto alla forma classica. I sintomi si presentano entro il sesto mese di vita accompagnati da crisi epilettiche più o meno gravi (Hanefeld 1985).

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Le differenze osservate nei vari quadri clinici sono dovute al coinvolgimento di geni differenti. Data la complessità del quadro clinico che caratterizza la RTT e la grande variazione dei sintomi che si presentano tra i vari pazienti, sono stati stabiliti dei criteri diagnostici che consentono di identificare la variante presente in un determinato soggetto (Neul et al 2010).

5. La variante congenita della RTT

Mutazioni a carico del gene FOXG1 sono responsabili dell'insorgenza della variante congenita della RTT. Questa variante differisce dalla forma classica sia per il periodo di insorgenza dei sintomi, sia per la gravità con cui quest'ultimi si presentano. Nella variante congenita i sintomi si presentano entro il primo mese di vita, a differenza della forma classica. Una caratteristica di questa variante è la comparsa di crisi epilettiche intorno al terzo mese e perdurano fino ai sei anni. Le mutazioni a carico di FOXG1 sono svariate: duplicazioni, microdelezioni, mutazioni puntiformi. Recentemente sono state descritte due mutazioni a carico di questo gene in pazienti affetti da RTT. Entrambe portano alla formazione di una proteina troncata (Ariani et al 2008).

5.1. Il gene FOXG1

Il gene FOXG1 (Forkhead Box G1) codifica per un fattore di trascrizione con attività di repressore (Murphy et al 1994). Appartiene alla famiglia dei geni Forkhead, proteine coinvolte nella formazione del sistema nervoso centrale durante la vita embrionale. I membri di questa famiglia condividono lo stesso

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dominio di legame al DNA, il Forkhead domain (FKH domain), che si organizza in due alfa-eliche, una regione centrale che funge da cardine e infine un sottodominio ricco in amminoacidi basici.

FOXG1 codifica per una proteina di 489 amminoacidi. Il gene mappa al locus 14q12 (Murphy et al 1994). La proteina consta di vari domini:

- Forkhead domain, che si estende dagli amminoacidi 182-258.

- Un dominio di interazione con i corepressori della famiglia Groucho/TLE1, situato nella regione C-terminale (residui 276-336) (Yao et al 2001).

FOXG1 ha un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionale del telencefalo: è noto infatti che in sua assenza non si verifica uno sviluppo normale di tale struttura. Inoltre FOXG1 regola lo sviluppo dei neuroni di Cajal-Retzius (Hanashima et al 2004). Tuttavia come questa proteina eserciti queste importanti azioni e come si produca la patologia nei casi di sindrome di Rett in cui è mutato FOXG1 non è ancora stato chiarito.

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6. La variante di Hanefeld

La variante di Hanefeld, a differenza delle altre forme, è caratterizzata da un'insorgenza precoce (2-5 mesi di vita) e dalla comparsa di epilessia, che può

manifestarsi con spasmi infantili e crisi resistenti al trattamento farmacologico.

Dal punto di vista clinico condivide con la forma classica un grave ritardo nello sviluppo psicomotorio, aprassia manuale e la presenza di movimenti stereotipati della mano. Di questa variante sono stati riportati casi di pazienti di sesso maschile.

6.1. Il gene CDKL5

La proteina CDKL5 (cyclin-dependent kinase like 5) è codificata da un gene localizzato in posizione Xp22. Inizialmente è stata identificata come una serin/treonin-chinasi (STK9) (Montini et al 1998). In seguito data la grande omologia con gli enzimi appartenenti alla famiglia delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK), è stata chiamata CDKL5. Il gene CKDL5 si estende per circa 240 kb ed è costituito da 24 esoni. La proteina matura è formata dagli esoni 2-21. Recentemente sono state individuate due varianti di splicing che differiscono per la regione 5' UTR (Kalscheuer et al 2003):

-L'isoforma I è costituita dagli esoni 1-21, con l'esclusione degli esoni 1a e 1b. Questa genera una proteina di 1030 amminoacidi, con un peso molecolare di 115 KDa (CDKL5115). Questa isoforma è espressa in una grande varietà di tessuti.

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-L'isoforma II contiene anche gli esoni 1a e 1b e genera un trascritto identico all'isoforma I. È espressa a bassi livelli nei testicoli e nel cervello allo stadio fetale.

Recentemente sono stati identificati

-L'isoforma III contiene l'esone 16b e si trova espressa in quantità elevate a livello della corteccia cerebrale, nell'ippocampo, nei bulbi olfattivi e nel cervelletto. Il trascritto è una proteina di 1070 amminoacidi

molecolare di 120 KDa

-L'isoforma IV è la proteina che termina con l'introne 18. Il trascritto è costituito da 960 amminoacidi e ha un peso molecolare di 107 KDa. Rappresenta l'isoforma maggiormente espressa a livello

Queste isoforme mostrano estremità C

Figura 5Rappresentazione schematica delle varianti di splicing alternativo della proteina CDKL5. La porzione blu rappresenta il sito attivo, mentre la pozione bianca rappresenta i domini che sono conservati. In rosso

per ogni variante. Dalla figura si nota che, ciò che cambia nelle varianti è la porzione C terminale (Kilstrup-Nielsen et al 2012)

L'isoforma II contiene anche gli esoni 1a e 1b e genera un trascritto identico all'isoforma I. È espressa a bassi livelli nei testicoli e nel cervello allo stadio

Recentemente sono stati identificati due isoforme di splicing alternativo.

L'isoforma III contiene l'esone 16b e si trova espressa in quantità elevate a livello della corteccia cerebrale, nell'ippocampo, nei bulbi olfattivi e nel cervelletto. Il trascritto è una proteina di 1070 amminoacidi

molecolare di 120 KDa (Fichou et al 2011).

L'isoforma IV è la proteina che termina con l'introne 18. Il trascritto è costituito da 960 amminoacidi e ha un peso molecolare di 107 KDa. Rappresenta l'isoforma maggiormente espressa a livello del cervello (Williamson et al 2012)

Queste isoforme mostrano estremità C-terminali differenti.

Rappresentazione schematica delle varianti di splicing alternativo della proteina CDKL5. La porzione blu rappresenta il sito attivo, mentre la pozione bianca rappresenta i che sono conservati. In rosso e in verde sono rappresentate le porzioni specifiche per ogni variante. Dalla figura si nota che, ciò che cambia nelle varianti è la porzione C

Nielsen et al 2012).

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L'isoforma II contiene anche gli esoni 1a e 1b e genera un trascritto identico all'isoforma I. È espressa a bassi livelli nei testicoli e nel cervello allo stadio

due isoforme di splicing alternativo.

L'isoforma III contiene l'esone 16b e si trova espressa in quantità elevate a livello della corteccia cerebrale, nell'ippocampo, nei bulbi olfattivi e nel con un peso

L'isoforma IV è la proteina che termina con l'introne 18. Il trascritto è costituito da 960 amminoacidi e ha un peso molecolare di 107 KDa. Rappresenta l'isoforma

(Williamson et al 2012) (Figura 5).

Rappresentazione schematica delle varianti di splicing alternativo della proteina CDKL5. La porzione blu rappresenta il sito attivo, mentre la pozione bianca rappresenta i no rappresentate le porzioni specifiche per ogni variante. Dalla figura si nota che, ciò che cambia nelle varianti è la porzione

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C-6.1.Domini funzionali della proteina CDKL5

La proteina CDKL5 presenta, nella sua forma più lunga, vari domini. All'estremità N-terminale è presente il dominio catalitico ad azione serin/treonin chinasico, che si estende per 284 amminoacidi (13

distinguere una regione di legame per l'ATP (19 dalla sequenza Treonina

residuo di tirosina viene fosforilato dal dominio catalitico consentendo l'attivazione della proteina (Figura 6). Procedendo verso l'estremità C

possiamo distinguere due regioni ricche in amminoacidi basici che fungono da segnali di localizzazione nucleare, il prim

nei residui 784-789 (NLS segnale di localizzazione

Figura 6 Schematizzazione dei domini della proteina CDKL5. Dall'estremità N possiamo distinguere il dominio di legame dell'ATP (19

143); il motivo Thr-X-Tyr (169

789); il dominio di trasporto dal nucleo al citoplasma (836

porzione N-terminale conservata in tutte le varianti di splicing. La porzione in rosso

6.1.Domini funzionali della proteina CDKL5

La proteina CDKL5 presenta, nella sua forma più lunga, vari domini. All'estremità terminale è presente il dominio catalitico ad azione serin/treonin chinasico, che de per 284 amminoacidi (13-297). All'interno del di tale dominio possiamo distinguere una regione di legame per l'ATP (19-43) e un motivo TEY, costituito Treonina-Acido glutammico-Tirosina, all'interno della quale il viene fosforilato dal dominio catalitico consentendo l'attivazione della proteina (Figura 6). Procedendo verso l'estremità C

possiamo distinguere due regioni ricche in amminoacidi basici che fungono da segnali di localizzazione nucleare, il primo nei residui 312-315 (NLS

789 (NLS2). CDKL5 presenta, nella porzione

C-di localizzazione citoplasmatica (NES) formata dai residui 836

Schematizzazione dei domini della proteina CDKL5. Dall'estremità N

possiamo distinguere il dominio di legame dell'ATP (19-43); sito attivo chinasico (131 Tyr (169-171); i due domini di trasporto nucleare (312

il dominio di trasporto dal nucleo al citoplasma (836-845). In blu è indicata la terminale conservata in tutte le varianti di splicing. La porzione in rosso

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La proteina CDKL5 presenta, nella sua forma più lunga, vari domini. All'estremità terminale è presente il dominio catalitico ad azione serin/treonin chinasico, che All'interno del di tale dominio possiamo TEY, costituito Tirosina, all'interno della quale il viene fosforilato dal dominio catalitico consentendo l'attivazione della proteina (Figura 6). Procedendo verso l'estremità C-terminale possiamo distinguere due regioni ricche in amminoacidi basici che fungono da 315 (NLS1), il secondo

-terminale, un (NES) formata dai residui 836-845.

Schematizzazione dei domini della proteina CDKL5. Dall'estremità N-terminale 43); sito attivo chinasico (131-171); i due domini di trasporto nucleare (312-315 e 784-845). In blu è indicata la terminale conservata in tutte le varianti di splicing. La porzione in rosso

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31 indica la regione C-terminale differente nelle varie isoforme di CDKL5 (Kilstrup-Nielsen

et al 2012).

6.2 Funzioni di CDKL5

Una funzione precisa per CDKL5 non è stata ancora definita. È stato osservato che tale proteina è presente in due compartimenti: a livello citoplasmatico e nel nucleo. La localizzazione di CDKL5 dipende dallo stadio di sviluppo. È stato infatti osservato che durante il periodo fetale, una piccola frazione di CDKL5 è presente nel nucleo, frazione che aumenta nel periodo di sviluppo postnatale. Inoltre la localizzazione di CDKL5 cambia anche in base alle diverse sottopopolazioni di neuroni del SNC. In neuroni dell'ippocampo, corteccia, ipotalamo e talamo il 40% della proteina è confinata nel nucleo, mentre nei neuroni del cervelletto e dello striato l'80% della proteina è presente nel citoplasma (Rusconi et al 2008). In questi due distretti CDKL5 svolge funzioni differenti.

Funzioni nel nucleo

A livello nucleare la proteina CDKL5 sembra essere coinvolta nella regolazione di fattori epigenetici e trascrizionali. Recentemente è stato osservato un suo ruolo regolatorio su determinati fattori di splicing presenti a livello degli "Speckles" nucleari. Gli Speckles sono degli organelli privi di membrana costituiti da enzimi ricchi in residui di serina e arginina (Ricciardi et al 2009). Questi funzionano

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come deposito di fattori di splicing che alimentano e regolano l'intero macchinario di maturazione dell'RNA messaggero. I fattori che li compongono, una volta fosforilati da specifiche chinasi, tra le quali CDKL5, vengono liberati e agiscono sui pre-mRNA e ne consentono la maturazione (Spector & Lamond 2011).

Un altro possibile ruolo svolto da CDKL5 a livello nucleare è quello di regolare la trascrizione di geni specifici, mediante l'attivazione di fattori trascrizionali. É stata osservata infatti l'interazione, in vitro, tra CDKL5 e il repressore trascrizionale MeCP2 (Mari et al 2005). Secondo questo studio l'interazione avverrebbe mediante la porzione C-terminale di MeCP2, attraverso il dominio TRD. Inoltre è emerso che entrambe le proteine sono coinvolte nella regolazione della DNA-metil transferasi 1 (DNMT1) (Kameshita et al 2008). Nonostante questi studi mostrano un'interazione delle due proteine, resta ancora molto da chiarire circa la presenza di un pathway comune tra le due proteine.

Funzioni citoplasmatiche

A livello citoplasmatico la proteina CDKL5 è coinvolta nella maturazione, morfogenesi e arborizzazione delle cellule neuronali. Studi dimostrano che CDKL5 svolge un ruolo cruciale nella regolazione dell'attività della GTPasi Rac1, una proteina appartenente alla famiglia delle GTPasi Rho. L'attivazione di tale pathway porta al rimodellamento del citoscheletro actinico delle spine neuronali (Tolias et al 2005).

La dimostrazione del coinvolgimento di CDKL5 nella maturazione dei circuiti neuronali è stata ulteriormente confermata dalla sua presenza a livello delle densità postsinaptiche (PSD), una regione delle spine dendritiche in cui sono presenti proteine coinvolte nella formazione di nuove sinapsi. Uno studio recente

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ha mostrato un'interazione tra CDKL5 e NGL-1, una molecola di adesione che gioca un ruolo cruciale nel mantenere le funzionalità sinaptiche. La fosforilazione sul residuo di serina 631 (Ser 631) della proteina NGL1 da parte di CDKL5, consente il legame tra NGL-1 e la proteina PSD-95 (Figura 7), coinvolta nei processi di plasticità (Ricciardi et al 2012).

Figura 7 Modello che illustra la possibile azione di CDKL5 nel consentire l'interazione tra NGL-1 e PSD-95. L'azione di CDKL5 sembra essere quella di fosforilare un residuo di serina (Ser631), situato al C-terminale di NGL-1 e consentirne l'interazione con l'estremità N-terminale di PSD-95. Immagine tratta da (Della Sala & Pizzorusso 2013).

6.3 Mutazioni a carico del gene CDKL5

Mutazioni del gene CDKL5 sono correlate con lo sviluppo di una gamma complessa di patologie.

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Le principali mutazioni del gene sono state trovate in pazienti affetti da una forma epilettica della RTT, caratterizzata dalla presenza di crisi epilettiche ad esordio precoce, definita Encefalopatia Epilettica Infantile Precoce tipo 2. Mutazioni a carico di CDKL5 sono state ritrovate anche in pazienti che presentavano un fenotipo molto simile alla Sindrome di Angelman. Infine sono noti alcuni casi di bambine con mutazioni a carico di CDKL5 che presentano un fenotipo molto simile alla Sindrome di West, definita Encefalopatia Epilettica Infantile Precoce tipo 1. Ad oggi sono state descritte più di 50 mutazioni patologiche a carico di CDKL5, che comprendono traslocazioni del locus contenente il gene sul cromosoma X, delezioni, inserzioni, mutazioni non senso e mutazioni missenso. La maggior parte di queste mutazioni sono di tipo nonsenso e frameshift, e risultano in una prematura terminazione della traduzione del messaggero.

6.4 CDKL5 e morfogenesi delle spine dendritiche

Come accennato nel paragrafo precedente (paragrafo 6.2), recentemente è stato evidenziato un ruolo cruciale di CDKL5 nell'ambito dei processi che regolano la formazione delle sinapsi. Tale studio suggerirebbe quindi che così come per la RTT classica causata da mutazioni di MeCP2, anche per la variante di Hanefeld la base neurobiologica delle alterazioni fenotipiche riscontrate possa essere a carico delle sinapsi e delle spine dendritiche. In particolare gli studi sul CDKL5 hanno mostrato che questa proteina sia coinvolta nella stabilizzazione del contatto tra terminale pre- e postsinaptico. In questo processo partecipano una serie di molecole di adesione, che differiscono in base al tipo di sinapsi e alla regione cerebrale. Una di queste è la neurogilina-1 (NGL-1), situata a livello del terminale post-sinaptico. Questa proteina è presente sulla superficie della membrana e forma

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un complesso con la neurexina-1 presente sul terminale presinaptico. Sul versante intracellulare NGL-1 interagisce con un proteina chiamata PSD-95, una delle proteine più abbondanti della densità post-sinaptica, coinvolta nei processi di maturazione delle spine dendritiche (Ricciardi et al 2012).

Sempre nella formazione e maturazione delle spine dendritiche, un altro ruolo proposto per CDKL5 è quello di intervenire nei meccanismi coinvolti nel rimodellamento del citoscheletro actinico. In questo processo intervengono una serie di proteine che fanno parte della famiglia delle GTPasi Rho. Tra queste è presente la proteina Rac1 che svolge la polimerizzazione delle unità di G-actina con la formazione di polimeri di F-actina. La proteina Rac1, come tutte le GTPasi, è attiva quando ad essa è legato il GTP e inattiva quando è legato il GDP. L'attivazione di Rac1 è regolata da proteine che fanno parte della famiglia delle GEFs (Guanina nucleotide Exchange Factor). La proteina CDKL5 sembra essere coinvolta nell'attivazione di tali proteine, regolando indirettamente l'attività Rac1 (Chen et al 2010).

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Scopo della tesi

Come abbiamo visto nei precedenti capitoli la sindrome di Rett è una patologia dello sviluppo neuronale caratterizzata da un quadro clinico molto complesso le cui basi patogenetiche derivano da alterazioni del tipo e del numero delle connessioni sinaptiche. Vi è quindi un’analogia con molte altre patologie neuronali che sono caratterizzate da alterazioni strutturali a carico delle sinapsi. Infatti alterazioni a carico delle spine dendritiche sono spesso associate alla comparsa di disturbi della memoria e dell'apprendimento (Fiala et al 2002) e sono state ritrovate in patologie come la sindrome X fragile.

Per quanto riguarda la sindrome di Rett, studi precedenti hanno rivelato alterazioni strutturali della densità delle spine dendritiche in modelli animali che presentano mutazioni a carico della proteina MeCP2, responsabile della sindrome di Rett classica. Per la variante di Hanefeld, studi in vitro hanno evidenziato alterazioni a carico delle spine dendritiche su colture di neuroni ippocampali e in cellule iPSC ottenute da fibroblasti provenienti da due pazienti affetti dalla variante di Hanefeld (Ricciardi et al 2012). A causa della scarsa quantità di dati presenti in letteratura non è stato attribuito un ruolo preciso a CDKL5. Inoltre non è chiaro se questa proteina abbia un ruolo solo durante il periodo dello sviluppo, periodo in cui si verifica la comparsa dei sintomi, oppure giochi un ruolo fondamentale anche durantel'età adulta.

In questo studio abbiamo effettuato un'analisi delle spine dendritiche in un nuovo modello animale che presenta una delezione del gene CDKL5, responsabile della

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variante di Hanefeld della RTT. In primo luogo siamo andati a valutare la densità e il turnover delle spine dendritiche durante l'età infantile mediante l'utilizzo della microscopia a due fotoni (TPLSM). In seguito, la TPLMS è stata applicata durante l'età adulta per valutare se vi siano alterazioni dei processi di stabilizzazione delle spine dendritiche.

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Materiali e metodi

1. Modello animale per lo studio del gene CDKL5

Il modello animale utilizzato per questo lavoro è stato realizzato dal gruppo del Prof. Cornelius Gross, dell'istituto EMBL di Roma (Morello et al 2013).

Si tratta di un modello murino che presenta una delezione sul gene che codifica per la proteina CDKL5. Gli studi effettuati finora a livello comportamentale hanno riscontrato in tale animale la comparsa di una ridotta attività motoria, difficoltà nel seguire con lo sguardo gli oggetti in movimento, incrocio degli arti inferiori, ipoattività, scorretto allineamento della testa e anormale risposta EGG in seguito a trattamento con farmaci convulsivanti. I sintomi presenti nel modello animale mimano in parte il fenotipo umano che produce la malattia, rappresentando un ottimo modello su cui effettuare tali studi.

1.1 Gruppi sperimentali

Gli animali utilizzati negli esperimenti sono mantenuti in stabularizzazione seguendo le norme del Ministero Italiano della Salute con accesso ad acqua e cibo ad libitum. Tutti i topi utilizzati negli esperimenti sono topi transgenici CDKL5 esprimenti la proteina GFP a livello dei neuroni piramidali dello strato V della

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corteccia. Tali animali sono stati ottenuti mediante l'incrocio di femmine eterozigoti CDKL5 con maschi transgenici Thy-1 GFP (linea M) (Feng et al 2000). Il genotipo è stato evidenziato mediante PCR.

Gli animali sono divisi in tre gruppi sperimentali.

Tutti i gruppi sperimentali sono composti da animali transgenici Thy-1 GFP di sesso maschile portatori della delezione della proteina CDKL5-/y (topi KO) e non portatori della delezione della proteina CDKL5+/y (topi WT).

a) Gruppo animali di eta’ 27-30 giorni (postnatal day P27-P30) assottigliati (thinned skull) per lo studio della dinamica delle spine dendritiche: 15 topi WT(CDKL5+/y) e 17 topi KO(CDKL5-/y);

b) Gruppo animali adulti: 7 ( CDKL5+/y) WT e 8 topi (CDKL5-/y ) KO con finestra cranica (cranial window) per lo studio longitudinale delle spine dendritiche;

c) Gruppo animali di eta’ 27-30 giorni (postnatal day P27-P30) per l’analisi della proteina PSD 95 tramite tecnica del Western Blotting: 6 topi (CDKL5-/y ) KO e 7 topi ( CDKL5+/y) WT.

2.Chirurgia e imaging in vivo

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Gli animali sono stati sottoposti alla tecnica dell'assottigliamento del cranio (thinned skull) (Yang et al 2010).

La chirurgia e’ stata svolta sotto anestesia, ottenuta mediante iniezione intraperitoneale di avertina in soluzione fisiologica (dosaggio 1mL / 50g di peso corporeo).

La chirurgia si effettua con l’aiuto di un microscopio stereoscopico. L’osso cranico si assottiglia a livello della corteccia somatosensoriale destra fino a raggiungere uno spessore di circa 20-50 µm (3.5mm anteroposteriore rispetto a Bregma e 1.5mm lateralmente) (Figura 8A) mediante limatura con punta arrotondata di trapano da chirurgia. Tale tipo di operazione viene intervallata da ripetuti lavaggi della superficie assottigliata con soluzione salina sterile e fredda per evitare che l’osso si riscaldi provocando infiammazione della corteccia sottostante.

Figura 8 Rappresentazione della tecnica del Thinned-skull. (A) L'assottigliamento dell'osso cranico viene eseguito su una porzione di 0.5-1 mm di diametro circa. (B) Ingrandimento di un' area assottigliata in cui sono bene visibili i vasi sanguigni.

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41 Figura 9 Schema del protocollo sperimentale seguito. Assottigliamento e subitanea sessione di imaging e successiva sessione il giorno seguente.

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2.2Chirurgia nel topo adulto

La chirurgia viene effettuata sotto anestesia ottenuta mediante iniezione intraperitoneale di avertina in soluzione fisiologica (dosaggio 1mL/50g di peso corporeo). La chirurgia viene effettuata con l’aiuto di un microscopio stereoscopico e in condizioni di accurata sterilità.

L’operazione prevede la rimozione di una porzione di osso cranico di circa 0.8-12 mm2 nell’area di corteccia somatosensoriale di interesse per il nostro studio e la sua sostituzione con un vetrino di 5 mm di diametro (Holtmaat et al 2005).

Tale tipo di operazione garantisce la possibilità di effettuare sessioni di imaging per periodi abbastanza lunghi che prevedono ripetute sessioni nell’arco di mesi (Figura 10).

Figura 10 Schema del protocollo sperimentale seguito. Impianto della finestra cranica, successiva fase di recupero e stabilizzazione della parte di corteccia sottoposta a craniotomia (circa 20 giorni) e 5 sessioni di imaging per seguire longitudinalmente gli stessi dendriti per 30 giorni.

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2.3 Imaging in vivo

Per la visualizzazione delle spine dendritiche è stato utilizzato un microscopio a due fotoni sviluppato da un microscopio confocale Olympus Fluoview equipaggiato con laser 5W (

state ottenute mediante l'utilizzo di un obiettivo ad immersione (Olympus 20X, NA 0,95) e una risoluzione massima di 1024 X 1024 pixels con zoom 10.

I dendriti selezionati sono i dendriti apicali dei neuro presenti negli strati II/III

sotto la superficie corticale). La vascolatura della zona in cui sono visualizzati i dendriti di interesse è stata fotografata con una CCD camer

maniera da poter reidentificare gli stessi dendriti durante le successive sessioni di imaging.

Figura 11 Imaging in vivo

imaging a livello della corteccia somatosensoriale destra. (B) Immagine della zona di interesse con vascolatura ottenuta con telecamera CCD in fluorescenza.

Per la visualizzazione delle spine dendritiche è stato utilizzato un microscopio a due fotoni sviluppato da un microscopio confocale Olympus Fluoview equipaggiato con laser 5W (Coherent) sintonizzato a 890 nm. Le immagini sono state ottenute mediante l'utilizzo di un obiettivo ad immersione (Olympus 20X, NA 0,95) e una risoluzione massima di 1024 X 1024 pixels con zoom 10.

I dendriti selezionati sono i dendriti apicali dei neuroni piramidali dello strato presenti negli strati II/III a livello della corteccia somatosensoriale (50

sotto la superficie corticale). La vascolatura della zona in cui sono visualizzati i dendriti di interesse è stata fotografata con una CCD camera (Figura 11 maniera da poter reidentificare gli stessi dendriti durante le successive sessioni di

in vivo. (A) Rappresentazione schematica di un topo sottoposto a della corteccia somatosensoriale destra. (B) Immagine della zona di interesse con vascolatura ottenuta con telecamera CCD in fluorescenza.

A

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Per la visualizzazione delle spine dendritiche è stato utilizzato un microscopio a due fotoni sviluppato da un microscopio confocale Olympus Fluoview Coherent) sintonizzato a 890 nm. Le immagini sono state ottenute mediante l'utilizzo di un obiettivo ad immersione (Olympus 20X, NA 0,95) e una risoluzione massima di 1024 X 1024 pixels con zoom 10.

ni piramidali dello strato V a livello della corteccia somatosensoriale (50-100 µm sotto la superficie corticale). La vascolatura della zona in cui sono visualizzati i (Figura 11B) in maniera da poter reidentificare gli stessi dendriti durante le successive sessioni di

. (A) Rappresentazione schematica di un topo sottoposto a della corteccia somatosensoriale destra. (B) Immagine della zona di

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3. Preparazione dei campioni per la misurazione della

proteina PSD-95

La porzione di area corticale relativa alla corteccia somatosensoriale di 7 topi KO e 6 topi WT è stata prelevata pesata e raccolta in apposite provette.

Ad ogni campione è stato aggiunto un buffer di lisi, costituito da saccarosio 0,32M ed HEPES 1X a pH 7,4. Il tessuto è stato omogenato con un trituratore meccanico (950 giri) e sottoposto ad una serie di centrifugazioni per l'estrazione della frazione sinaptosomiale.

Dalla prima centrifugazione (1400 g, 15 min, 4°C) si ottiene il precipitato (pellet) che rappresenta la frazione nucleare. Tale frazione nucleare viene risospesa nel buffer di lisi e centrifugata (13800g, 15min, 4 °C) per ottenere la "frazione sinaptosomiale cruda". Si prosegue con un lavaggio con il buffer di lisi e con una successiva centrifugazione (3700g, 20 min, 4°C ). Il nuovo pellet , viene risospeso in 10µ L di buffer e rappresenta la frazione sinaptosomiale pura pronta per la corsa sul gel di acrilammide.

4 Tecnica del western blotting

Le concentrazioni in microgrammi delle proteine sono state calcolate utilizzando il metodo Bradford (Bradford 1976).

Per ogni campione sono state utilizzate 30 µ g di proteine per la corsa su gel Precast di acrilamide al 12 % (Biorad), dopo l'aggiunta dell’ agente riducente

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45

(Biorad) e del loading buffer (Biorad). La corsa è stata effettuata a 200 V per 60 min, mentre il trasferimento delle proteine sul filtro di nitrocellulosa è stato effettuato a 100V per 30 min.

A questo punto i filtri vengono incubati prima in una soluzione bloccante di BSA 4% e Tween-20 0,2% in tampone TBS (Tris HCl ph 7,4, 50 mM, NaCl 150 mM) per due ore e poi in una soluzione contenente l’anticorpo primario: PSD-95 (anti-mouse 1 :500, Abcam) e l'β-tubulina (Anti-(anti-mouse 1:3000, Sigma) per 12 ore a 4 °C.

Da ultimo i filtri vengono sottoposti a 3 lavaggi, due in TBS e uno in TTBS (Tween-20 allo 0,1% in TBS ) e incubati con un anticorpo secondario coniugato alla perossidasi di rafano (Ab2 anti mouse HRP coniugate Biorad) per due ore a temperatura ambiente. La rivelazione e acquisizione delle bande sui filtri viene effettuata con il Chemidoc (Biorad) con previa veloce (1 min) incubazione in un buffer contenente ECL (Biorad),

La quantificazione delle bande di interesse e’ stata effettuata con il software ImageJ.

5. Processamento delle immagini e analisi dei dati

L'analisi delle immagini è stata fatta utilizzando due software: Image J e Metamorph . Le immagini utilizzate sono proiezioni 3D lungo l'asse Z e le spine sono state contate manualmente attraverso lo scorrimento lungo queste proiezioni.

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Densità delle spine, espressa come Ntot spine/ lunghezza del dendrite espressa in

µm.

Le medie delle spine esaminate, espresse come Mediaspine nate= Nnate/Ntotali;

Mediaspine perse= Nperse/Ntotali, dove Nnate ed Nperse rappresentano rispettivamente il

numero di spine nate e perse tra una sessione di imaging e la successiva,.

Il TOR (turnover ratios) esprime il rapporto tra spine nate e perse durante le varie sessioni di imaging ed è stato calcolato come (Nnate+ Nperse)/(2x Ntotali) (Murmu et

al 2013).

6. Analisi statistica

I dati ottenuti dagli esperimenti sono stati espressi come media rispetto ai controlli più o meno errore standard dalla media (SEM). La significatività statistica è stata valutata mediante t test per campioni indipendenti e Anova a due vie per misure ripetute. Il p-value è espresso come: *** p<0,001; ** p<0.01; *p<0.05. L'analisi statistica è stata condotta con il software Origin 8 (OriginLab CO. Northampon, MA) e Sigma.

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Risultati

In questo lavoro di tesi ci siamo occupati di comprendere le basi neurobiologiche delle alterazioni causate dalla mancanza del gene CDKL5 in un modello animale (Morello et al 2013) che mima le caratteristiche fenotipiche e comportamentali dei pazienti, affetti da RTT atipica. Ci siamo focalizzati sulle spine dendritiche, principali elementi delle sinapsi eccitatorie, la cui formazione e attività è importante per la plasticità sinaptica. Nello specifico, abbiamo condotto esperimenti di imaging mediante la microscopia a due fotoni (TPLSM) che permette di monitorare il numero, la morfologia e la velocità di formazione ed eliminazione delle spine dendritiche in vivo. La nostra analisi è stata condotta a livello della corteccia somatosensoriale ed ha cercato di misurare la densità e la dinamica delle spine sia nel periodo critico (momento in cui i processi di formazione ed eliminazione delle sinapsi sono molto accentuati ed in cui la plasticità corticale è massima) sia in un età più adulta.

1. Analisi della densità e della dinamica delle spine dendritiche

durante lo sviluppo

1.1. Densità delle spine dendritiche nei topi KO per CDKL5 a P27

Per analizzare la densità delle spine dendritiche nel modello animale KO per CDKL5 durante lo sviluppo abbiamo utilizzato la tecnica dell’assottigliamento cranico ("Thinned-skull") (vedi materiali e metodi, paragrafo 2.1). Sono stati presi in

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considerazione i dendriti apicali dei neuroni dello strato corticale V, presenti a livello degli strati II/III della corteccia somatosensoriale. In questo studio abbiamo confrontato la densità delle spine dendritiche e dei filopodi utilizzando 15 topi WT (CDKL5+/y) e 17 topi KO (CDKL5-/y), dei quali sono stati acquisiti le immagini di 37 e 33 dendriti rispettivamente. Il grafico ottenuto mostra una forte riduzione della densità delle spine dendritiche nei topi mancanti del gene CDKL5, mentre la densità dei filopodi non presenta variazioni (figura 12) (MediaSPINEwt= 1.39, sem±0.067; MediaSPINEKO= 1.14,

sem±0.092; p<0.01; MediaFILOPODIwt= 0.37, sem±0.035; MediaFILOPODIKO= 0.040,

sem±0.042; p =0.83; t- test).

Figura 12 Densità delle spine dendritiche e dei filopodi nei topi WT e KO a P27. L’istogramma indica una riduzione del 18% delle spine nei topi KO (barre sinistra) ma nessuna differenza nel numero dei filopodi.

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1.2. Turnover nei topi KO per CDKL5 misurato tra P27 e P28

In letteratura è noto che le spine dendritiche nascono e muoiono in base all'attività neuronale e che l'esperienza comporta l'eliminazione e la formazione delle spine stesse (Holtmaat et al 2006). Data la grande diminuzione della densità delle spine dendritiche osservata in precedenza, siamo andati a valutare il tasso di Turnover giornaliero (dTOR), definito come la variazione del numero di spine che si verifica in un giorno, nel nostro caso tra P27 e P28. A tal fine sono stati analizzati 9 topi WT e 11 topi KO, dei quali sono stati acquisiti le immagini di 9 e 11 dendriti rispettivamente. I risultati dell'analisi del dTOR mostrano un sorprendente aumento del turnover nei topi KO rispetto ai controlli (TORwt=0.091, sem±0.020; TORKO=

0.16, sem±0.020; p< 0.05; t-test) (figura 13).

Figura 13 Turnover giornaliero delle spine dendritiche nei topi wt e KO misurato tra P27 e P28. L'analisi relativa al dTOR mostra un sorprendente aumento del turnover nei topi in cui la proteina CDKL5 è mutata.

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1.3. Destabilizzazione delle spine dendritiche nel topo KO per CDKL5.

I dati precedenti mostrano una forte diminuzione della densità delle spine dendritiche e un aumento del turnover nei topi KO rispetto ai controlli. Per valutare se l'aumento del dTOR è dovuto ad una anomalia di generazione o di perdita di spine dendritiche nei topi KO, siamo andati a valutare questi parametri indipendentemente l'uno dall'altro. I risultati di quest’analisi mostrano un marcato aumento della frazione di spine perse nei topi KO, mentre la formazione di spine nuove risulta pressoché uguale. Questi dati suggeriscono che le spine dendritiche nei topi KO per CDKL5 sono molto meno stabili che nei controlli. (Medie spine nate: Mediawt = 0.071 sem ±

0.023; MediaKO = 0.083, sem ± 0.028; p = 0.75; Medie spine perse: Mediawt = 0.11,

sem ± 0.030; MediaKO = 0.25, sem ± 0.041; p<0.001; t-test) (figura 14).

Figura 14 Istogramma sulla frazione delle spine dendritiche nate e perse nei topi WT e KO per CDKL5 durante lo sviluppo. Il grafico evidenzia una notevole riduzione delle spine dendritiche nel topo KO tra P27 –P28.

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1.4. Analisi della PSD-95 nei topi KO per CDKL5.

Dai dati analizzati fino ad ora, il topo KO per la proteina CDKL5 mostra profonde alterazioni a livello delle spine dendritiche con un incremento del tasso di mortalità delle stesse. Per corroborare quest’osservazione abbiamo fatto un’analisi molecolare dei livelli di PSD-95, uno dei più importanti marcatori della densità post-sinaptica.

Abbiamo estratto la frazione sinaptosomiale in topi knockout-CDKL5 e topi wild-type e poi abbiamo quantificato la proteina tramite Western blot. Come controllo è stata utilizzata la tubulina. I dati ottenuti sono stati analizzati e quantificati al Biorad Chemidoc.

I dati ottenuti mostrano una diminuzione della proteina PSD-95 nelle frazioni sinaptosomiali dei topi KO-CDKL5 rispetto ai topi WT (Mediawt= 1.14, sem± 0.080;

MediaKO= 0.81, sem± 0.13, p<0.05; t-test) (figura 15). Per tale analisi abbiamo

utilizzato 7 topi WT e 6 topi KO. Questo risultato suggerisce che nel topo KO sono presenti una quantità di spine dendritiche mature inferiore rispetto ai controlli, confermando, anche da un punto di vista molecolare, il forte deficit delle spine che abbiamo riscontrato precedentemente.

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52 Figura 15 Livelli della proteina PSD-95 nella frazione sinaptosomiale dei topi WT e KO. Il

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