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Ø I suini non si stendono più sul fianco, ma solo sul ventre al fine di ridurre la quantità di calore corporeo liberato al suolo; se la temperatura diminuisce

EDIFICIO Ambiente

8. COPERTURE FESSURATE COME POSSIBILE MEZZO PER RIDURRE LO STRESS DA CALDO NEGLI ALLEVAMENT

8.5. DISCUSSIONE E CONCLUSION

Le prove svolte e le simulazioni effettuate sembrano confermare la possibilità che, in clima caldo, la presenza di una fessura nella copertura fornisca un apporto migliorativo della prestazione termica in edifici con modesta superficie finestrata e con elevata densità di peso vivo animale.

I risultati della prima fase sperimentale (A) dimostrano che, se da un lato la semplice creazione di fessure non riesce ad annullare il bisogno di uno strato isolante che limiti il flusso diurno di calore in entrata, dall’altro un simile accorgimento può migliorare la prestazione termica notturna del tetto coibentato rendendolo maggiormente dissipativi, con effetto benefico sulla temperatura dell’aria interna. Nonostante il beneficio sia di modesta entità in unità di temperatura, il risultato è non privo di interesse sul piano produttivo, poiché in condizioni di stress termico il sollievo notturno può favorire una miglior tolleranza del carico diurno. A ciò si aggiunge il possibile effetto positivo di una più ampia diffusione della zona “fresca” all’interno dell’edificio, come risulta evidenziato da alcune simulazioni termo-fluidodinamiche.

L’attività sperimentale ha anche cercato di mettere in luce quale, fra le possibili dimensioni di ampiezza della fessura, potrebbe avere l’effetto più favorevole. La copertura con fessura della larghezza di 6 cm, messa a confronto prima con quella con fessura di larghezza 2 cm (fase B1), poi con quella dotata di fessura di larghezza 4 cm (fase B2), costituisce la soluzione peggiore nel periodo diurno poiché non riesce a contenere il flusso di calore in entrata, mentre il beneficio da essa derivato nel periodo notturno risulta di minime proporzioni nella fase B1 e in pratica nullo nella fase B2. Le prove inducono, perciò, a supporre l’esistenza di una “larghezza limite” della fessura oltre la quale i benefici notturni non sono più in grado di compensare gli effetti negativi diurni. Sulla base dei dati raccolti, sembrerebbe di poter individuare un valore ottimale attorno ai 4 cm, dimensione che riesce a realizzare i maggiori benefici di questo sistema minimizzando il rischio di inconvenienti che potrebbero determinarsi, ad esempio, per una

Fig. 33.b: Simulazione termofluidodinamica (isoterme): situazione diurna, senza fessura, direzione nord (←), velocità 1.0 m/s.

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consistente penetrazione di acqua piovana (risultata peraltro di scarsa entità nelle nostre esperienze).

È stato possibile esprimere un giudizio sulla dimensione più conveniente della fessura solo dopo aver apportato modifiche in grado di rendere le condizioni sperimentali meno distanti da quelle reali. Infatti, nelle prime fasi sperimentali (A e B) la generazione interna di calore si è rivelata troppo bassa e la superficie delle aperture troppo elevata rispetto a quanto si riscontra nella maggior parte dei ricoveri zootecnici. L’introduzione, per ciascuna struttura, di una ulteriore fonte di calore (fase C) e la successiva riduzione dell’altezza delle finestre (fase D) hanno determinato un incremento del gradiente di temperatura tra interno ed esterno, condizione in cui è emersa la superiorità della copertura con la fessura di larghezza 4 cm, non solo di notte, ma anche nelle ore più calde della giornata. La maggior incidenza della fessura con superficie finestrata ridotta è confermata anche dai risultati di alcune delle analisi termo-fluidodinamiche effettuate.

La copertura fessurata migliore è stata, in ultimo, messa a confronto con una soluzione classicamente adottata nell’edilizia zootecnica, cioè con il tradizionale tetto coibentato, la cui azione è tanto benefica di giorno quanto problematica di notte: nella fase sperimentale E, con l’incremento della potenza complessiva delle lampade nel periodo notturno (da 260 W a 460 W) senza modifica delle dimensioni delle aperture, la prestazione della copertura fessurata si rivela superiore nel periodo notturno ed in alcune ore del giorno; nella successiva fase F, con la completa chiusura delle finestre, la fessura agisce sempre positivamente, sia di notte che di giorno, anche se quest’ultima situazione costituisce un caso limite che non ha rispondenza nella pratica.

Quindi, l’influenza della fessura sulle condizioni termiche interne diviene via via più rilevante con la progressiva riduzione delle superfici aperte ed il contemporaneo incremento del gradiente di temperatura tra ambiente interno ed esterno: ciò fa supporre che tale soluzione di copertura possa essere convenientemente sfruttata nei ricoveri zootecnici chiusi e con elevata densità di animali (ad esempio, nei ricoveri per suini o avicoli) e nelle stagioni caratterizzate da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Certamente non è stato possibile, con queste semplici prove, stabilire quale potrebbe essere l’entità del beneficio ottenibile in una reale situazione di allevamento a causa della pluralità dei fattori in gioco. In primo luogo, le condizioni sperimentali realizzate sono ancora lontane da quelle rilevabile nei ricoveri reali, se si considera che il calore sensibile prodotto in estate nelle normali porcilaie da ingrasso è, in media, pari a 65-80 W/m2, mentre quello generato dalle lampade nelle fasi C, D ed E (solo di giorno in quest’ultima fase) è di 43.3 W/m2 di pavimento.

Oltre a fattori di carattere geometrico, in particolare la larghezza della fessura, la dimensione delle aperture, la larghezza dell’edificio e l’inclinazione della falda (o delle due falde contrapposte, caso da noi non esaminato), risulta determinante per l’efficienza della fessura l’azione del vento: dai risultati sperimentali e dalle analisi termo-fluidodinamiche si rileva una maggior efficienza della fessura quando essa è direttamente esposta ai moti d’aria (nelle nostre prove quando il vento proviene da sud), per cui l’orientazione del fabbricato dovrebbe tener conto dell’esposizione locale ai venti dominanti, specie di quelli notturni, in modo da sfruttarne l’azione per aumentare la dispersione del calore attraverso la fessura. Bisogna, infine, considerare che le strutture utilizzate in tali prove hanno un coefficiente di trasmissione globale del calore più elevato rispetto a quello della

sezione virtuale di un edificio reale che si intende simulare, poichè in questo secondo caso lo scambio di calore con le superfici laterali risulta praticamente nullo. Anche per tale motivo, nonostante le condizioni sperimentali siano state via via modificate, queste sono da considerarsi ancora lontane da quelle reali.

I risultati delle prove effettuate rappresentano, in ogni caso, presupposti incoraggianti per l’avvio di test decisivi su edifici di dimensioni reali, al fine di quantificare l’effettiva utilità delle coperture fessurate e di studiare soluzioni per una gestione ottimale integrata di tutto il sistema di ventilazione, costituito congiuntamente da finestre e da fessure attraverso, ad esempio, l’adozione di sistemi motorizzati di azionamento delle finestre, regolati da centraline munite di sensori termici e anemometrici (già di uso comune in molti edifici zootecnici). L’allestimento di prove in edifici reali dovrebbe avere anche la finalità di verificare il rischio di raffreddamento dell’ambiente interno nel periodo invernale ed, all’occorrenza, approntare soluzioni per evitare quest’inconveniente (agendo,ad esempio, con un attento controllo sulle apertura laterali, fino, al limite, alla loro completa chiusura, riducendo la superficie ventilante alle sole fessure). In attesa di realizzare le condizioni per una verifica delle prestazioni delle coperture fessurate in un ricovero reale, una prima analisi potrebbe essere effettuata utilizzando un codice CFD, realizzando un modello tridimensionale che ricalchi quello di un ricovero reale ed imponendo idonee condizioni al contorno, considerando anche l’incidenza della radiazione solare di giorno. È opportuno, tuttavia, ricordare che le simulazioni virtuali non possono sostituire la sperimentazione, dalla quale in nessun caso si può prescindere.