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Effetto della velocità dell’aria in combinazione con altri parametri sulla produzione di latte

Ø I suini non si stendono più sul fianco, ma solo sul ventre al fine di ridurre la quantità di calore corporeo liberato al suolo; se la temperatura diminuisce

STRESS TERMICO

5.3. EFFETTO DEI PARAMETRI MICROCLIMATICI SULLA PRODUZIONE DI LATTE

5.3.4. Effetto della velocità dell’aria in combinazione con altri parametri sulla produzione di latte

La ventilazione ha una duplice funzione:

1. aumentare il livello di ricambio dell’aria (permettendo così lo smaltimento del calore sensibile e del vapore acqueo in eccesso, nonché dei gas nocivi e delle polveri accumulate nel ricovero);

2. incrementare la ventosità in corrispondenza degli animali.

L’aumento della velocità dell’aria in prossimità delle vacche, ottenibile, ad esempio, attraverso l’installazione di ventilatori assiali disposti sopra le aree di sosta degli animali, contribuisce ad alleviare lo stress da caldo poiché favorisce la dispersione di calore sensibile e latente da parte dell’animale: ciò permette di migliorare sensibilmente le condizioni di comfort termico delle bovine. Naturalmente è importante che la velocità dell’aria assuma valori significativi, senza tuttavia incidere troppo sui costi e, soprattutto, senza disturbare il comfort degli animali.

Vari studi hanno preso in considerazione l’importante parametro della velocità dell’aria. Le indagini di Baeta et al. (1987) sono, in proposito, tra le più complete: gli autori hanno analizzato gli effetti delle variazioni di temperatura, umidità e velocità dell’aria sul bilancio termico della vacca da latte e sulle funzioni ad esso correlate, attraverso prove di laboratorio con esposizione costante a diverse combinazioni dei suddetti parametri climatici, considerando quale condizione di riferimento per la quantificazione degli effetti indotti da ciascun trattamento quella caratterizzata da una temperatura di 18°C, un tasso di umidità del 50% ed una velocità dell’aria a livello degli animali di 0.5 m/s.

I dati raccolti nel corso delle prove confermano che un incremento della velocità dell’aria a livello dell’animale è in grado di limitare gli effetti negativi di valori crescenti di temperatura ed umidità, ma anche che l’effetto positivo della ventilazione si riduce qualora tali parametri raggiungano livelli eccessivi.

Infatti, quando si superano i 22 °C:

a) con UR del 40%, l’effetto della velocità dell’aria sulla produzione è trascurabile in un intervallo di temperatura fra 22 e 24 °C, mentre oltre tale soglia e fino a 34 °C, la produzione si può mantenere stabile aumentando la velocità dell’aria fino a 5,5 m/s (fig.17.a);

b) quando il tasso di umidità sale al 60%, si avvertono cali significativi di produttività già a partire dai 22 °C, che possono essere annullati incrementando la velocità dell’aria al valore sopra indicato, ma solo fino a 26°C (fig.17.b);

c) a livelli di umidità del 90% occorre mantenersi al di sotto dei 20°C per non avere cali significativi, mentre il beneficio della velocità dell’aria (sempre a 5 m/s) vale solo entro il range 22-24 °C (fig.17.c).

62 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 18 20 22 24 26 28 30 32 34 temperatura °C v a ri a z io n e p ro d % 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 5.5 velocità dell'aria

Fig. 17.a: Variazione dalla produzione al variare di temperatura e velocità dell’aria, con UR=40% (Baeta et al., 1987).

-24 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 18 20 22 24 26 28 30 32 34 temperatura °C v a ri a z io n e p ro d % 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 5.5 velocità dell'aria

Fig. 17.b: Variazione dalla produzione al variare di temperatura e velocità dell’aria, con UR=60% (Baeta et al., 1987).

-45 -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 18 20 22 24 26 28 30 32 34 temperatura °C v a ri a z io n e p ro d % 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 5.5 velocità dell'aria

Fig. 17.c: Variazione dalla produzione al variare di temperatura e velocità dell’aria, con UR=90% (Baeta et al., 1987).

Gli stessi autori partono dal presupposto che una velocità base, a livello dell’animale, di 0.5 m/s non sia in grado di dare sollievo all’animale. Dati raccolti in esperienze in allevamento hanno invece evidenziato che la ventilazione artificiale fa sentire i suoi effetti positivi già a velocità di 0.5-1 m/s.

Calamari et al. (1994), ad esempio, lavorando con vacche in stabulazione fissa ed in giorni con temperature minime di 23 °C e massime di 30 °C, hanno rilevato un declino produttivo di appena il 3.2% con una velocità dell’aria di 0,5-0,8 m/s a livello degli animali, contro il 10% ottenuto dal gruppo di controllo, con velocità di 0,1 m/s (tabella. 4).

Tabella 4: Declino produttivo rilevato al termine della fase sperimentale dello studio di Calamari e coll. (1994).

gruppo Declino produttivo

Ventilazione naturale 10%

Ventilazione forzata 3.2 %

Utilizzando i dati microclimatici medi rilevati da Calamari nell’area con ventilatori, l’applicazione del modello di Baeta e coll. porta ad una stima del calo produttivo dell’8% circa: tale tendenza alla sovrastima è da attribuire ai già indicati limiti insiti in prove condotte in laboratorio in condizioni costanti.

Prove condotte in allevamento da Frazzi et al. (2000), con vacche in stabulazione libera ed in condizioni di temperatura che raggiungevano i 31-32 °C, hanno evidenziato che una ventilazione meccanica capace di assicurare una velocità dell’aria a livello animale di almeno 0,5 m/s determina una minor perdita di latte (attorno a 0,7-0,8 kg/capo/giorno), oltre a positivi effetti sulla qualità.

Rispetto a quanto rilevato da Calamari e coll., i benefici legati alla ventilazione sono stati inferiori, per lo meno dal punto di vista quantitativo, con un declino produttivo nel gruppo ventilato inferiore di appena il 3% rispetto a quello del gruppo di controllo (tabella 5): ciò è da attribuire al minor stress di animali lasciati liberi rispetto ad animali legati, poiché gli animali liberi di muoversi possono mettere in atto meccanismi comportamentali che permette loro di raffrescarsi.

Tabella 5: Declino produttivo rilevato al termine della fase sperimentale dello studio di Frazzi e coll. (2000).

gruppo Declino produttivo

Ventilazione naturale 15 % Ventilazione forzata 12.4 %

Nella stessa occasione Frazzi e coll. hanno osservato, ad esempio, la presenza di animali in piedi per più tempo nell’area priva di ventilatori, poiché tale posizione, seppur scomoda, favorisce una miglior dispersione del calore rispetto alla postura coricata.

Seppur con i limiti legati alla tipologia di stabulazione, i risultati delle due esperienze in allevamento suggeriscono che una ventilazione meccanica che generi un flusso di aria intorno all’animale con una velocità di almeno 0.5 m/s è in grado di determinare sensibili benefici in termini produttivi, specie in aree, come quella padana, caratterizzate da un basso livello di ventosità naturale.

Come accennato, la ventilazione induce una maggiore evaporazione a livello cutaneo; tuttavia, l’effetto che la velocità dell’aria può avere sulla dispersione di calore latente è limitato dalla capacità di traspirazione dell’animale: è noto che la

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vacca e i bovini in genere hanno una capacità di traspirazione cutanea intermedia rispetto a specie come gli equini, dotati di notevole capacità di sudorazione, e quelle avicole, caratterizzate da una traspirazione cutanea quasi nulla per la presenza di penne e piume. Sicché, con la ventilazione artificiale si può incrementare la dispersione di calore a livello cutaneo, ma sino ad un certo punto, ossia sino al limite rappresentato dalla traspirazione cutanea, piuttosto ridotta (Stowell et al, 2003).