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dCF + dAdo0

4.1 Discussione e Conclusion

È noto che il dismetabolismo delle purine è associato a disfunzioni psicomotorie, ma non è chiaro il legame molecolare tra le alterazioni metaboliche e le manifestazioni neurologiche che si osservano in molti casi. In particolare, la deficienza dell’enzima ADA (che catalizza la deaminazione dell’Ado e della dAdo) è associata a una grave immunodeficienza e ad anomalie nel funzionamento di molti organi. Sebbene il trapianto di midollo osseo o la terapia genica siano in grado di risolvere i problemi del sistema immunitario, i disturbi neurologici rimangono evidenti e si aggravano con l’aumentare dell’età del paziente (Rogers al., 2001; Hönig et al., 2007). I disturbi neurologici potrebbero derivare dagli effetti della deficienza di ADA sui diversi tipi di cellule del sistema nervoso, in particolare, sui neuroni e sugli astrociti che hanno un effetto trofico sui neuroni.

Nel nostro modello sperimentale, l’inibizione di ADA è stata ottenuta con l’aggiunta di dCF al mezzo di coltura (Agarwal et al.,1977) e per simulare un ambiente con deficit di ADA è stata aggiunta dAdo. È stata utilizzata dAdo e non Ado per evitare che il metabolita da noi aggiunto interagisse con recettori specifici presenti nella cellula (Salim et al., 2000), rendendo difficile distinguere tra l’effetto metabolico e quello mediato da recettori. Inoltre l’effetto nocivo dovuto a deficienza di ADA è correlato a un accumulo dei derivati di dAdo, specialmente dATP (Takeda et al., 1991; Hirschhorn, 1993).

In precedenti studi è stato indagato l’ effetto dell’inibizione di ADA su una linea cellulare di astrocitoma umano, la linea ADF (Garcia-Gil et al., 2012). Con questa tesi si è cercato di chiarire ulteriormente il collegamento tra il difetto genetico di ADA e lo svilupparsi

di patologie neurologiche, mimando la deficienza di ADA in una linea cellulare di neuroblastoma umano, SH-SY5Y, utilizzata ampiamente come modello di cellula neuronale (Xie et al., 2010). Il modello utilizzato, la linea cellulare di neuroblastoma SH-SY5Y, potrebbe rispondere differentemente rispetto a cellule neuronali non tumorali e pertanto i risultati derivanti da questa indagine dovranno essere validati da esperimenti su cellule neuronali non tumorali. D'altra parte la linea cellulare da noi utilizzata, derivante da cellule di neuroblastoma umano, rappresenta un modello particolarmente appropriato per fornire indicazioni sulla sensibilità di una forma tumorale del tessuto nervoso, normalmente resistente a chemioterapia, a un trattamento che coinvolge una perturbazione del metabolismo purinico.

Il primo dato evidenziato dai nostri studi è stata una diminuzione della vitalità cellulare di circa il 50 % nelle cellule trattate rispetto alle cellule di controllo, dopo un’incubazione di 48 ore. La riduzione della vitalità era stata osservata precedentemente nelle cellule di astrocitoma umano (Garcia-Gil et al., 2012), sebbene la concentrazione di dAdo e i tempi di incubazione fossero diversi da quelli utilizzati nella presenti tesi. Nelle cellule ADF la riduzione della vitalità, ottenuta con 120 µM dAdo e 1 µM dCF, era di circa il 60 % dopo 15 ore e 80 % dopo 24 ore, rispetto ai controlli. Le caratteristiche morfologiche osservate al microscopio ottico sia delle cellule SH-SY5Y trattate con dCF e dAdo (presente tesi) che delle cellule ADF (Garcia-Gil et al., 2012) sono simili: perdita di prolungamenti e acquisizione di una forma rotondeggiante, diminuzione del volume cellulare e perdita di adesione al substrato. La morfologia è compatibile con una morte cellulare apoptotica.

Il calcio è uno dei regolatori chiave della sopravvivenza cellulare, ma può anche indurre l’apoptosi in risposta a una varietà di condizioni patologiche. L’ effetto pro-apoptotico del calcio è mediato da una diversa gamma di fattori sensibili al calcio che sono localizzati in vari compartimenti cellulari, tra cui il reticolo endoplasmatico, il citoplasma e i mitocondri (Hajnoczky et al., 2003). Abbiamo effettuato un confronto tra l’effetto che chelanti del calcio e antagonisti di canali per il calcio hanno sulla vitalità delle cellule SH-SY5Y e delle cellule

ADF sottoposte o meno al trattamento con dCF e dAdo. Dalle nostre indagini possiamo concludere che le cellule SH-SY5Y e ADF rispondono in modo diverso alle alterazioni della concentrazione di calcio. Nelle cellule SH-SY5Y solo l’EDTA, chelante del calcio extracellulare, diminuisce significativamente la vitalità sia delle cellule trattate che delle cellule non trattate con dCF e dAdo; le altre sostanze testate non modificano la vitalità. Invece, nelle cellule ADF, l’EDTA diminuisce la vitalità nelle cellule non trattate, ma la aumenta nelle cellule trattate con dCF e dAdo. Il BAPTA-AM, un chelante intracellulare, la nifedipina, antagonista dei canali calcio di tipo L della membrana plasmatica, e la rianodina, antagonista dei canali calcio rianodinici del reticolo endoplasmatico, aumentano la vitalità delle cellule ADF trattate. L’aumento della vitalità determinato da queste sostanze nelle cellule ADF è abbastanza modesto, ma comunque significativo. Questi risultati preliminari suggeriscono pertanto, che manipolazioni che probabilmente inducono una diminuzione del calcio intracellulare aumentano la sopravvivenza nelle cellule ADF trattate con dCF e dAdo, ma non sono in grado di farlo nelle cellule SH-SY5Y. E' importante notare che questi dati non escludono un ruolo del calcio nella morte cellulare dovuta al trattamento con dCF e dAdo, poiché ad esempio, non è stato indagato il ruolo del calcio mitocondriale e il ruolo di altri importanti canali per il calcio presenti nella cellula.

Lo stress ossidativo è alla base di meccanismi di morte cellulare in seguito a molti stimoli. Abbiamo indagato se i ROS causano la morte cellulare indotta da dCF e dAdo in esperimenti condotti in presenza di antiossidanti. Nelle cellule SH-SY5Y, la NAC e la melatonina non esercitano un effetto significativo né sulle cellule controllo né su quelle trattate. Risultati simili sono stati riscontrati nelle cellule ADF (Garcia-Gil et al., 2012). Nelle cellule SH-SY5Y, NDGA diminuisce significativamente la vitalità cellulare sia nelle cellule controllo che nelle cellule trattate con dCF e dAdo. I nostri risultati sono in linea con l'inibizione della crescita e della sopravvivenza nelle cellule SH-SY5Y, da parte di NDGA, osservata da Meyer et al. (2007). La baicaleina invece diminuisce notevolmente la vitalità nei

controlli ma non determina un cambiamento significativo della vitalità nelle cellule SH-SY5Y trattate. Quindi, l'effetto tossico della baicaleina non è additivo con quello derivante dall'inibizione dell'ADA. Il comportamento delle cellule SH-SY5Y è in parte differente da quello delle cellule ADF, nelle quali NDGA e baicaleina aumentano notevolmente la vitalità cellulare delle cellule trattate con dCF e dAdo (Lorenza della Verde, 2013 tesi di laurea). Pertanto, l'effetto della baicaleina differisce a seconda del tipo cellulare e dello stimolo. Ad esempio, la baicaleina ha un effetto protettivo antiapoptotico in colture di cellule di origine nervosa (Chen et al., 2006; Pallast et al., 2010; Song et al., 2012), un effetto antiproliferativo in cellule muscolari lisce dell'arteria polmonare (Lin et al., 2011) e un effetto proapoptotico in cellule di leucemia promielocitica umana HL-60 (Wang et al., 2004).

In una serie di esperimenti sono stati misurati i livelli di ATP e dATP nelle cellule SH- SY5Y. Nei nostri esperimenti, non sono emerse differenze fra le cellule controllo e le cellule trattate per 15 e 24 ore nei livelli di ATP, né una tendenza ad aumentare o diminuire nel tempo in nessuna delle condizioni sperimentali. Il dATP è risultato sempre non rivelabile. Ciò nonostante, l'incubazione con NH2-dAdo, un inibitore delle adenosina chinasi (Miller et al.,

1979), determina un recupero totale della vitalità nelle cellule trattate con dCF più dAdo. La Km per la Ado e dAdo degli enzimi adenosina chinasi e ADA è di 0,2 e 50 mM rispettivamente (Yamada et al., 1980; Franco et al., 1981); si assume, pertanto, che a basse concentrazioni (<5 mM) la dAdo sia in maggior parte fosforilata, mentre ad alte concentrazioni prevalga il processo di deaminazione (Arch and Newsholme, 1978). In teoria, con l’aggiunta di dCF nel mezzo di coltura, la dAdo, che non è più soggetta a deaminazione, diventa substrato per le chinasi presenti all’interno della cellula. La fosforilazione della dAdo dovrebbe portare ad una diminuzione dei livelli intracellulari di ATP. Infatti, nelle cellule ADF si osserva una diminuzione significativa dell'ATP nelle cellule trattate rispetto ai controlli già dopo 6 ore di trattamento. Il dATP, non rivelabile nelle cellule controllo, aumenta in modo tempo dipendente nelle cellule trattate (Garcia-Gil et al., 2012). Al momento, non è chiara la

ragione delle differenze osservate fra le cellule SH-SY5Y e ADF. E' possibile che le variazioni dei livelli di ATP e dATP nelle cellule SH-SY5Y avvengano più lentamente rispetto alle cellule ADF, e si riscontrino dopo le 24 ore. Inoltre le variazioni di concentrazione di dATP potrebbero essere molto piccole, non rilevabili con il metodo da noi utilizzato, ma comunque sufficienti a determinare morte cellulare; oppure quest'ultima potrebbe essere dovuta all'accumulo di dAMP e/o dADP.

Per investigare il meccanismo di morte cellulare osservato in seguito al trattamento è stata misurata l’attività delle caspasi-8, -9 e -3 da estratti proteici dalle cellule SH-SY5Y trattate per vari tempi. Se la morte apoptotica fosse dovuta ad un'attivazione della via estrinseca, la caspasi-8 attiva genererebbe la forma tronca di Bid, che trasloca alla membrana mitocondriale e promuove l'oligomerizzazione di Bax o Bak per facilitare il rilascio di citocromo c (vedere introduzione). Dopo la formazione dell'apoptosoma, la caspasi-9 attivata potrebbe attivare la 3. Pertanto, in seguito al trattamento con dCF e dAdo, l'attivazione della caspasi-8 dovrebbe precedere quello della caspasi-9 e della -3. Se il meccanismo apoptotico fosse dovuto all'attivazione della via intrinseca, i mitocondri dovrebbero rilasciare fattori quali il citocromo c, che permetterebbe la formazione dell'apoptosoma e l'attivazione della caspasi- 9, e conseguente attivazione della -3. La via intrinseca potrebbe condurre ad un'attivazione della caspasi-8, dovuta al rilascio di Smac/Diablo e Omi/HtrA2, che possono legarsi alle proteine inibitrici dell'apoptosi e attivare così le caspasi -8 e -3. In questo caso, dovremmo aspettarci che l'attivazione della caspasi-9 preceda quella della caspasi-8 e della caspasi-3. Comparando i tempi di attivazione delle caspasi-8 e -9, il trattamento con dCF e dAdo appare indurre un aumento significativo della caspasi-9 a 6 ore e della caspasi-8 dopo 8 ore. Ma dalle nostre indagini non è chiaro il meccanismo di attivazione della caspasi-3, che risulta significativamente attivata già alle 3 ore, quindi prima delle due caspasi iniziatrici. L'attivazione della caspasi-8 è molto modesta. Allo stato attuale è possibile ipotizzare una via mitocondriale con attivazione della caspasi-9 e una possibile attivazione più tardiva della

caspasi-8 che potrebbe indurre un'amplificazione della via apoptotica mitocondriale. Mentre le caspasi-8 e -9 mostrano un'attivazione persistente fino alle 15 ore, l'attivazione della caspasi-3 sembra seguire un andamento diverso, con un aumento precoce rilevabile alle 3 ore di trattamento, seguito da un ritorno ai valori di controllo alle 15 ore e una ripresa significativa dell'attivazione dopo le 24 e le 48 ore. L'attivazione della caspasi-3 è normalmente considerata una caratteristica dell'apoptosi. Il picco precoce di attività della caspasi-3 non sembra essere collegato a processi apoptotici, poiché quando le cellule sono trattate con dCF e dAdo per 3 e 6 ore, la caspasi-3 è attiva, ma le cellule non sono condannate a morte, dato che l'allontanamento delle sostanze risulta in un totale ripristino della vitalità misurata dopo 48 ore. Negli ultimi anni si sono via via accumulate evidenze che sottolineano il ruolo delle caspasi in molti processi fisiologici della cellula, quali proliferazione, migrazione e differenziamento (Yakovlev e Gulyaeva, 2011; Connolly et al., 2014). Il ruolo delle caspasi può variare a seconda dell'ampiezza e della velocità di attivazione e a seconda del compartimento cellulare in cui avviene l'attivazione. Mentre l'attivazione della caspasi-3 nei dendriti e nel cono di crescita di cellule neuronali è coinvolta in processi di rimodellamento, nel nucleo gioca un ruolo nella proliferazione cellulare (Yakovlev e Gulyaeva, 2011; Connolly et al., 2014). Pertanto è possibile che il pattern di attivazione delle caspasi-3 da noi osservato nelle cellule SH-SY5Y non sia totalmente correlato con la morte cellulare dovuta al trattamento con dCF e dAdo.

I nostri risultati indicano che l'aumento di mortalità osservato nelle cellule SH-SY5Y e nelle cellule ADF è dovuto a meccanismi apoptotici differenti, almeno nella fase iniziale del processo. Mentre nelle cellule SH-SY5Y si riscontra un' attivazione della caspasi-9, questa è assente nelle cellule ADF (Garcia-Gil et al., 2012), probabilmente a causa di una mutazione puntiforme nella regione che interagisce con i fattori mitocondriali (Ceruti et al., 2005). Inoltre, l'ampiezza dell'attivazione della caspasi-8 è maggiore nelle cellule ADF (Lorenza Della Verde, 2013) che nelle cellule SH-SY5Y. In entrambi i tipi cellulari c'è un'attivazione

della caspasi-3, ma con decorsi temporali differenti: mentre nelle cellule SH-SY5Y si osserva un'attivazione precoce già dopo 3 ore di trattamento, e una più tardiva che inizia dopo 24 ore; nelle cellule ADF è stata riscontrata un'attivazione della caspasi-3 che inizia dopo 15 ore ed ha un massimo dopo 24 ore di trattamento (Garcia et al., 2012).

Riassumendo, i nostri risultati indicano che l'inibizione di ADA e l'accumulo di dAdo diminuiscono la vitalità in un modello di cellule neuronali. Se le condizioni sperimentali rispecchiano la deficienza di ADA, è possibile ipotizzare che l'effetto nocivo sui neuroni descritto in questa tesi, insieme a quello sugli astrociti (Garcia-Gil et al., 2012), abbia un ruolo nel malfunzionamento di alcuni circuiti neuronali nei pazienti ADA-SCID. I risultati ottenuti potrebbero essere interessanti anche in campo oncologico, dal momento che il modello sperimentale utilizzato è di origine tumorale. Spesso la resistenza ai farmaci dipende da difetti nelle vie apoptotiche e poiché il trattamento da noi usato è in grado di aumentare la mortalità in cellule di neuroblastoma, questo dato potrebbe avere delle ripercussioni sulla ricerca di nuovi approcci per il trattamento chemioterapico di questo tipo di tumore.

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