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Nel presente studio, in cui sono stati inclusi feti riferiti ad ecografia di II livello, nel contesto di un iter diagnostico per cardiopatie congenite, il valore predittivo positivo è stato di 52 casi su 55, ovvero del 95%.

Analizzando i 3 falsi positivi, si trattava in 2 casi di anomalie funzionali (rispettivamente versamento pericardico e aumento delle dimensioni del dotto di Botallo), che in quanto tali, possono regredire spontaneamente.

Nel terzo caso, in cui la diagnosi prenatale era di “vena cava superiore sinistra persistente-VCSS”, questa non è stata confermata dopo la nascita. È doveroso sottolineare come il quadro di VCSS sia una variante anatomica molto comune, non sintomatica, molto spesso non diagnosticata e rilevata solo in età adulta durante l’esecuzione di procedure angiografiche32.

Inoltre è da notare che tra i casi di cardiopatie diagnosticate in epoca prenatale e confermate dopo la nascita, soltanto 16 su 46 nati vivi sono stati sottoposti ad intervento chirurgico nel periodo di follow-up post natale.

Tra i nati vivi, non operati, un neonato è deceduto per miocardiopatia sindromica, 15 sono ancora inseriti in un serrato follow-up.

Questa osservazione indica che al giorno d’oggi la diagnosi prenatale può consentire di identificare non solo cardiopatie senz’altro gravi (cioè quelle che richiedono un intervento chirurgico o portano a morte), ma anche cardiopatie di minore entità, che in epoca precedente venivano diagnosticate soltanto in età pediatrica/adolescenziale/adulta, al momento in cui divenivano sintomatiche. In altri termini, può essere possibile diagnosticare già in utero cardiopatie non gravi, prima che diventino sintomatiche o prima che, per altre esigenze della vita, venga indagata l’integrità cardiaca (ad esempio in previsione di attività sportiva agonistica).

Una simile transizione dalla diagnosi di patologie gravi, spesso incompatibili con la vita se non trattate, alla diagnosi di patologie meno gravi, è già avvenuta per la diagnosi prenatale ecografica di altri apparati. Ad esempio, per quanto riguarda

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il rene, è nota la possibilità di evidenziare in utero forme lievi di pielectasia, che spesso vengono inserite in follow-up neonatali; questi pazienti non necessitano di intervento chirurgico per mesi o per anni, ma usufruiscono di un programma di diagnosi precoce per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie.33,34

La diagnosi prenatale di un’anomalia fetale è senza dubbio fonte di ansia, che talora può portare la paziente a richiedere l’IVG. Quando l’organo interessato è il cuore o l’encefalo, è possibile ipotizzare che i livelli di ansietà dei genitori siano più elevati rispetto ai casi in cui l’apparato coinvolto è un altro. Tuttavia, studi recenti dimostrano che la diagnosi prenatale di cardiopatia è correlata, dopo il parto, a livelli di stress parentale minori rispetto a quelli che si raggiungono in caso di diagnosi postnatale, che arriva spesso inaspettata e risulta quindi più preoccupante35.

Per quanto riguarda il rene, numerosi studi sono stati rivolti, pur senza giungere a conclusioni universalmente accettate, a definire quali siano i casi da inserire in un protocollo di follow-up pre e postnatale; al contrario, per quanto riguarda il cuore, la maggiore difficoltà della diagnosi ha fatto sì che, fino ad oggi, gli studi presenti in letteratura siano stati quasi sempre rivolti alla valutazione della sensibilità diagnostica ed all’ottimizzazione della gestazione medica e chirurgica dei casi più gravi.

Sarà quindi necessario effettuare studi mirati per valutare se anche nei casi meno gravi, la conoscenza della presenza dell’anomalia cardiaca possa comportare un miglioramento dell’assistenza in periodi successivi a quello immediatamente neonatale.

L’unico falso negativo all’interno dello studio era un caso di DIV muscolare, non visualizzato durante la gestazione. Bisogna dire tuttavia che la paziente è stata indirizzata solo all’ecografia morfologica di II livello e non all’ecocardiografia fetale. Inoltre, sebbene i DIV siano tra le anomalie più comuni diagnosticate sia in periodo pre che postnatale, essi rimangono ancora alterazioni spesso difficili da valutare in utero. La scansione 4 camere infatti è spesso associata ad artefatti a livello apicale, ed il setto interventricolare non è visualizzabile in toto su un

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unico piano. È dunque necessario valutare tali difetti anche con scansioni di “asse lungo sinistro” e con l’ausilio del colordoppler36,37.

A prescindere dal tipo di CC, il presente studio non può comunque valutare la sensibilità dell’ecografia ostetrica nei confronti delle cardiopatie congenite, poiché i criteri di inclusione prendevano in considerazione soltanto i casi con diagnosi di CC eseguita prima del parto.

La valutazione della sensibilità può essere effettuata soltanto con studi di popolazione, e riguarda soprattutto la capacità dell’ecografia di screening di individuare i feti affetti da CC e di riferirli all’ecocardiografia fetale, che a sua volta dovrà confermare o confutare il sospetto.

Escludendo le pazienti i cui feti avevano già ricevuto diagnosi di CC al momento dell’ecografia di II livello (36%), i dati del presente studio sono apparentemente in contrasto con molti lavori, in cui si sottolinea come il sospetto di cardiopatia congenita insorto durante un esame di I livello sia l’elemento che porta al maggior numero diagnosi definitive38.

La discrepanza può dipendere dal fatto che nella Regione Toscana, il Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica è ubicato in un ospedale diverso rispetto ai centri di ecografia di II livello e rispetto ai punti nascita di III livello. Data tale problematica logistica, alcuni tra i casi più gravi, sospettati al I livello, possono essere stati indirizzati direttamente all’ecocardiografia fetale, prima che all’ecografia di II livello, che è stata successivamente richiesta per la ricerca di eventuali malformazioni o sindromi associate alla cardiopatia già diagnosticata. Questa variabile spiegherebbe perché tra tutte le diagnosi definitive di CC, già’ il 36% era nota al momento dell’ecografia di II livello e solo il 21% era stato riferito perché sospettato all’ecografia di I livello.

In accordo invece con la letteratura, valutando la correlazione tra l’indicazione all’ecografia di II livello o all’ecocardiografia e la diagnosi post-natale, i fattori di rischio anamnestici ricoprono un ruolo meno importante (12% della nostra casistica). Come è stato dimostrato in numerosi altri studi infatti, fattori fetali

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come anomalie extracardiache o alterazioni cromosomiche sono più predittive di cardiopatia rispetto ai fattori di rischio materni o familiari39. Ciò potrebbe

spiegare perché il 31% delle diagnosi definitive sono state poste in casi riferiti al secondo livello per indicazioni diverse dal sospetto o da un elevato rischio di CC. Durante il I trimestre di gestazione sono stati sospettati solo 3 casi, di cui uno si è poi dimostrato un falso positivo, mentre gli altri due sono stati diagnosticati come DIV e Fallot a buona prognosi. Nonostante i dati presenti in letteratura che dimostrano come nel I trimestre sia possibile diagnosticare molte delle più comuni CC (HLH, difetti atrio ventricolari, stenosi polmonare), tramite l’utilizzo della scansione “4 camere” e della visualizzazione dei “coni di efflusso/assi lunghi”, in questa analisi la maggior parte dei sospetti diagnostici è stata posta durante l’ecografia del II trimestre40.

Tale dato è attribuibile al fatto che il maggior numero delle pazienti era riferito all’ecografia di II livello per altre indicazioni, non correlate a CC, e veniva indirizzata a tale esame solo dopo la XV settimana.

D’altra parte, pur essendo da anni presente nella regione Toscana un programma di screening per la trisomia 21 del feto in utero, che comprende la NT, in occasione di tale esame non è prevista una visualizzazione dettagliata del cuore fetale.

Come già detto, la maggior parte delle CC sono state diagnosticate durante il II trimestre, epoca in cui, come dimostra la maggior parte della letteratura, è possibile riconoscere un buon numero di malformazioni cardiache. In tale periodo gestazionale sono state diagnosticati tutti i casi di CAV, tutte le CC complesse e i casi di TGA, entrambi i casi di HLH, la maggior parte dei DIV e dei Fallot.

Tuttavia, alcuni casi di Fallot e un caso di DIV sono stati rilevati tardivamente. Queste sono patologie ben definite, ma la cui diagnosi è spesso difficile e sfumata in epoca prenatale.

Le cardiomiopatie sono verosimilmente disordini evolutivi e quindi diagnosticabili tardivamente; tuttavia, dopo la fine del reclutamento per il presente lavoro, è stata posta diagnosi (rene policistico e cardiomiopatia) a 15

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settimane, in una gravidanza successiva di una paziente inclusa nel presente studio, con patologia autosomica recessiva. che include rene policistico e cardiomiopatie.

Trattandosi di un gruppo di patologie con diversa eziologia e storia naturale, in alcuni casi la diagnosi può quindi essere posta precocemente, soprattutto se sono già noti i fattori di rischio.

La corrispondenza tra la diagnosi prenatale, posta ai rispettivi feti e la diagnosi postnatale è di 47 casi su 61. La correlazione è risultata massima per patologie ben definite sia dal punto di vista anatomico che diagnostico, come HLH, TGA, DIV, Fallot e cardiomiopatie; al contrario per le patologie, che nel presente studio sono state raggruppate come “varie” e “complesse”, la predittività diagnostica prenatale è risultata minore, probabilmente a causa della maggiore eterogeneità di queste categorie, comprendenti patologie morfologicamente tutte differenti.

Le cardiopatie raramente portano a morte intrauterina, tranne per alcune tra cui l’anomalia di Ebstein, le aritmie e le cardiomiopatie. 41,42

Anche nel presente studio, i due feti morti in utero erano entrambi affetti da forme sindromiche: il primo da CAV e trisomia 18, sindrome che, come è noto, è letale sia prima che dopo la nascita; il secondo da sindrome non meglio definita, ma associata, come dimostrato dall’autopsia, ad anomalie scheletriche43.

L’unica morte neonatale della presente casistica era invece attribuibile alla CC sindromica. Questa si è avuta in uno dei due casi di cardiomiopatia, andato incontro a morte a pochi minuti dal parto, espletato con taglio cesareo d’urgenza a 32 settimane per placenta previa.

In letteratura è noto come il CAV sia una malformazione estremamente eterogenea, sia dal punto di vista anatomico (si può infatti presentare con diversi

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gradi di gravità), sia dal punto di vista eziopatogenetico, in quanto non riconosce un’unica associazione ma si può riscontrare in quadri sindromici e non.

Secondo alcuni studi nel 25% dei casi è associato a forme sindromiche, in particolar modo a S. di Down. Nella presente casistica invece 6 su 8 casi di CAV (75%) erano di tipo sindromico. Tale discrepanza potrebbe essere dovuta al limitato numero di pazienti preso in esame, oppure attribuibile all’elevato numero di casi riferito per il sospetto di anomalie diverse dalla cardiopatia: l’associazione di più anomalie costituisce senz’altro un elevato fattore di rischio per forme sindromiche.

Tra i 4 casi di Fallot sindromici, due erano patologie frequentemente associate al TOF, la trisomia 21 e la Sindrome di Alagille; negli altri due casi invece, si trattava di sindromi più raramente correlate al Fallot, cioè la VACTREL e trisomia 18. La prima infatti tende più a presentarsi in associazione con DIV, mentre per la seconda, data l’alta mortalità sia in utero che dopo la nascita, la correlazione con CC viene spesso trascurata44.

Com’è noto in letteratura, TGA e HLH, sono le malformazioni cardiache che più raramente si associano a quadri sindromici, sebbene la rarità non escluda completamente una possibile associazione de novo.

È discusso se il cut-off per effettuare ecografie di II livello ed ecocardiografia sia NT >95° percentile o NT >99° percentile, ma le ultime linee guida SIEOG indicano come “ragionevole” l’esecuzione dell’ecocuore fetale per i feti presentanti NT> 95° percentile.

È anche discusso se la misurazione della NT sia indicata in pazienti che non necessitano di effettuare la stima del rischio per trisomia 21 (ad esempio, perché hanno già eseguito esami diagnostici di tipo invasivo o non invasivo, o perché non sono interessate alla diagnosi).

I fautori della misurazione della NT indicano come possibile beneficio l’identificazione dei casi a maggior rischio di CC; esistono tuttavia studi che

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sottolineano come l’ecografia di screening del II trimestre sia in grado di identificare feti sospetti per CC o a rischio per esse, in maniera più sensibile rispetto alla misura della NT45.

Al contrario la NT rimane senza dubbio un ottimo strumento per porre sospetto di patologie sindromiche, e quindi per indirizzare ad esami più approfonditi al riguardo.

I dati del presente studio avvalorano questa seconda ipotesi dal momento che nel contesto dei feti con NT> 95°, il 44% presentava una CC associata ad un quadro sindromico, mentre tra quelli con NT <95%, solo l’11% aveva una cardiopatia sindromica (p<0,05) (Figura n 7).

In conclusione, al di là della necessità di cercare di migliorare ulteriormente la sensibilità dello screening ecografico delle gravi cardiopatie fetali, il presente studio evidenzia come allo stato dell’arte sia possibile diagnosticare in epoca fetale anche cardiopatie di minore severità.

Il riconoscimento di una patologia quando non è sintomatica può causare inutile ansietà, ma teoricamente può portare ad una migliore gestione clinica. Riguardo alle cardiopatie fetali diagnosticate in utero che non richiedono precoce intervento chirurgico, ulteriori studi dovranno essere mirati al follow-up a lungo termine ed al confronto degli esiti clinici fra pazienti con diagnosi pre o postnatale. La difficoltà di organizzare un follow-up a lungo termine costituisce purtroppo una grossa limitazione nell’individuare la gestione ottimale per questo tipo di diagnosi.

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TABELLE

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FIGURE

Figura 1: Immagine ecografica “4 CAMERE”

Carvalho JS, Allan LD, Chaoui R, Copel JA, DeVore GR, Hecher K, Lee W, Munoz H, Paladini D, Tutschek B, Yagel S. ISUOG practice guidelines (updated): sonographic screening examination of the fetal heart. Ultrasound Obstet Gynecol 2013; 41: 348–359.’

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Figura 2: sezioni cardiache associate a corrispettive immagini

ecografiche.

I)Piano caudale che mostra: stomaco fetale (St),sezione dell’aorta discendente

(dAo), colonna vertebrale (Sp) e fegato(Li);

II) 4 CAMERE: ventricoli destro e sinistro (RV,LV), atri destro e sinistro (RA,LA),

forame ovale (FO) e vene polmonari (PV);

III)Asse lungo sinistro: radice aortica(Ao), LV,RV,LA,RA e sezione dAo;

IV)Asse lungo destro: arteria polmonare pincipale(MPA), biforcazione in ramo di

destra(RPA) e ramo di sinistra(LPA), sezione dell’aorta ascendente (Ao) e dell’aorta discenente (dAo);

V)3 VASI E TRACHEA: vena cava superiore (SVC), arteria polmonare (PA), dotto

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Figura 3: Immagine cografica “Asse lungo destro”

‘Carvalho JS, Allan LD, Chaoui R, Copel JA, DeVore GR, Hecher K, Lee W, Munoz H, Paladini D, Tutschek B, Yagel S. ISUOG practice guidelines (updated): sonographic screening examination of the fetal heart. Ultrasound Obstet Gynecol 2013; 41: 348–359.’

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Figura 4: Immagine ecografica “3 VASI E TRACHEA”

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