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DIAGNOSI PRENATALE DI CARDIOPATIE CONGENITE NELLA CASISTICA DI UN AMBULATORIO DI ECOGRAFIA DI SECONDO LIVELLO

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

D

IAGNOSI PRENATALE DI CARDIOPATIE CONGENITE

NELLA CASISTICA DI UN AMBULATORIO DI

ECOGRAFIA DI SECONDO LIVELLO

Relatore

Prof.ssa Francesca Anna Letizia Strigini

Candidato

Ludovica Spanò Bascio

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1

Alla mia famiglia

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2

INDICE

RIASSUNTO ... 4

1.INTRODUZIONE ... 7

1.1 CARDIOPATIE CONGENITE ... 7 1.2 EPIDEMIOLOGIA... 9 1.3 EZIOLOGIA ... 10 1.3.1 CENNI DI EMBRIOLOGIA ... 10

1.3.2 FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI ... 12

1.3.3 RUOLO DELLA GENETICA ... 13

1.4 DIAGNOSI PRENATALE ... 15

1.4.1 ECOCARDIOGRAFIA FETALE ... 15

1.5 PRESENTAZIONE CLINICA ... 23

1.6 TRATTAMENTO CHIRURGICO POST NATALE ... 24

1.6.1 TRATTAMENTO COARTAZIONE AORTICA ... 24

1.6.2 TRATTAMENTO DIV E DIA ... 24

1.6.3 TRATTAMENTO DELLA TETRALOGIA DI FALLOT ... 24

1.6.4 TRATTAMENTO DELLA TRASPOSIZIONE DEI GRANDI VASI ... 25

1.6.5 TRATTAMENTO DEL TRONCO ARTERIOSO E ATRESIA DELLA TRICUSPIDE ... 25

1.6.6 TRATTAMENTO DEL RITORNO POLMONARE ANOMALO(TAPVR) E DEL CUORE SINISTRO IPOLPASICO ... 26

1.7 TRATTAMENTO PRENATALE ... 26

2. SCOPO DELLA TESI ... 27

3. MATERIALI E METODI ... 28

4. RISULTATI ... 33

(4)

3

4.2 TRIMESTRE AL PRIMO SOSPETTO DIAGNOSTICO E DIAGNOSI FINALE. ... 33

4.3 CORRELAZIONE TRA DIAGNOSI ECOGRAFICA PRE E POSTNATALE ... 34

4.4 DIAGNOSI PRENATALE ED ESITO DELLA GRAVIDANZA ... 35

4.5 DIAGNOSI SPECIFICA DI CARDIOPATIA E FORME SINDROMICHE ... 35

4.6 CORRELAZIONE TRA I VALORI DI TRASLUCENZA NUCALE E DIAGNOSI POSTNATALE ... 36

4.7 DIAGNOSI POST NATALE ED INTERVENTO CARDIOCHIRURGICO ... 36

5. DISCUSSIONE ... 38

BIBLIOGRAFIA ... 45

TABELLE ... 49

FIGURE ... 52

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4

RIASSUNTO

Le cardiopatie congenite (CC) sono anomalie che interessano il cuore e i grossi vasi, generalmente dovute ad alterazioni della cardiogenesi, insieme dei processi embriogenetici che conducono alla formazione del cuore

Alcune malformazioni cardiache sono incompatibili con la vita e sono causa di morte perinatale, qualora la gravidanza giunga al termine; altre tuttavia possono essere gestite facilmente e non determinano la morte per il soggetto che ne è affetto.

Lo scopo del seguente studio è stato valutare i fattori che conducono alla diagnosi prenatale di cardiopatia congenita, l’età gestazionale in cui è insorto il primo sospetto diagnostico, l’associazione con il valore della NT, la concordanza con la diagnosi postnatale, ed infine l’esito della gravidanza e la gestione clinica-chirurgica postnatali.

Nel seguente studio sono state incluse 61 pazienti, i cui feti avevano ricevuto, tra il 2011 ed il 2016, diagnosi di cardiopatia congenita durante il corso della gestazione. Tutte le pazienti sono state indirizzate all’Ambulatorio di ecografia prenatale di II livello del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Pisa. Alcune giungevano all’esame di II livello per rischio di CC aumentato, altre dato il sospetto di CC posto all’ecografia di I livello, altre ancora per indicazioni diverse da quelle cardiologiche, ed infine una parte si presentava con diagnosi di CC già confermata, dopo l’esecuzione di ecocardiografia fetale.

Le ecocardiografie fetali e neonatali e i dati riguardanti il follow-up post chirurgico dei neonati sottoposti ad intervento, sono stati raccolti in collaborazione con il reparto di Cardiologia pediatrica dell’Ospedale del Cuore, G. Pasquinucci, di Massa.

La diagnosi più frequente era quella di Fallot, seguita dal difetto interventricolare (DIV) e dal canale atrioventricolare (CAV). Alcuni casi sono stati raggruppati in una categoria “varie” (ad esempio, sproporzioni tra le cavità cardiache), ed altre 7 nella categoria “complesse” (associazioni di più malformazioni).

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5

La maggior parte delle pazienti (36%) era stata riferita all’ambulatorio di Ecografia prenatale di II livello dal servizio di ecocardiografia, e quindi dopo aver già ricevuto diagnosi di CC. Tale dato è attribuibile al fatto che nella Regione Toscana i centri di ecografia di II livello non sono all’interno degli stessi ospedali in cui si trovano le unità di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica. Il 31% dei casi invece ha ricevuto diagnosi di CC durante lo screening prenatale di II livello, eseguito tuttavia per altre indicazioni. Solo il 21% dei feti era stato inviato al II livello a causa del sospetto di CC posto al I livello. Infine, al 12% dei feti veniva posta indicazione all’ecografia di II livello a causa dell’aumentato rischio anamnestico di CC; in accordo con la letteratura internazionale, il rischio cardiaco costituiva l’indicazione con la minore resa diagnostica.

Quarantotto pazienti su 61 venivano valutate per la prima volta durante il secondo trimestre, quando viene normalmente effettuata l’ecografia morfologica e quando vengono normalmente diagnosticate la maggior parte delle CC. Tre casi hanno ricevuto il primo esame ecografico al primo trimestre, ma queste sono risultate successivamente diagnosi non corrette. Dieci feti infine, hanno ricevuto diagnosi tardiva. Tra questi rientravano casi di cardiomiopatie (disordini evolutivi e dunque valutabili tardivamente), DIV e Fallot (CC ben definite ma spesso di difficile diagnosi).

La concordanza tra diagnosi pre-natale e post-natale è stata di 47/61, rivelandosi significativamente superiore per CC ben definite (CAV, TGA, DIV, ToF, HLH, cardiomiopatie) che non per le patologie classificate come “varie” e “complesse” (90% vs 50%. P<0,0001).

Quarantacinque gravidanze sono andate a termine con nascita di un feto vivo; uno di questi è morto immediatamente dopo il parto a causa di una forma sindromica. In 2 casi invece si è assistito a morte intrauterina (Trisomia 18, Sindrome complessa). Infine 14 gravidanze si sono concluse con IVG, di cui la metà con diagnosi di CC non correggibili a cuore biventricolare, e l’altra metà di CC associate a quadri sindromici.

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6

L’associazione tra CC e forme sindromiche è stata significativamente superiore per i casi di CAV rispetto alle altre anomalie (75% vs 33%. P<0,01). Tre casi di DIV sono stati riscontrati in contesti sindromici (trisomia 21, trisomia 18, Sindrome associata a Dandy Walker). Anche quattro feti affetti da Fallot presentavano rispettivamente trisomia 21, Sindrome di Alagille, Trisomia 18 e VACTREL. Infine, anche un caso di cardiomiopatia rientrava in un quadro sindromico, in associazione con rene policistico. TGA, HLH, ipoplasia del ventricolo destro e le patologie classificate come “varie” non hanno presentato associazioni con forme sindromiche.

Nel seguente studio, solo 37 pazienti hanno eseguito nel primo trimestre lo screening non invasivo per la trisomia 21, con misurazione della traslucenza nucale (NT). Tra i feti valutati, la percentuale di casi sindromici era significativamente superiore (p<0,05) tra quelli con NT> 95° percentile (4/9, 44%), rispetto a quelli con NT <95° percentile (3/28, 11%). Il valore del NT non era invece correlato a specifiche forme di CC.

Tra i 45 nati vivi, 16 neonati hanno subito intervento cardiochirurgico. Sono stati operati 3 casi di CAV su 4 nati vivi, 4 casi di TGA (il quinto era una TGA corretta), 6 casi di Fallot su 7 nati vivi,1 caso di CC “complessa” su 2 nati vivi, l’unico caso di HLH nato vivo e il solo caso di ipoplasia del ventricolo destro nato vivo. Gli altri 29 neonati non hanno effettuato alcuna correzione chirurgica e sono stati posti all’interno di un follow-up medico.

Questa osservazione indica che al giorno d’oggi la diagnosi prenatale può consentire di identificare non solo cardiopatie senz’altro gravi (cioè quelle che richiedono un intervento chirurgico o portano a morte), ma anche cardiopatie di minore entità, che in epoca precedente venivano diagnosticate soltanto in età pediatrica/adolescenziale/adulta, al momento in cui divenivano sintomatiche. Dovranno essere condotti ulteriori studi, su un lungo periodo, per valutare quale sia la gestione ottimale di tali patologie e quali benefici possano derivare da una diagnosi prenatale, soprattutto in casi di CC non gravi, ma che richiedono comunque follow-up medico a lungo termine.

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1. INTRODUZIONE

1.1 CARDIOPATIE CONGENITE

Le cardiopatie congenite (CC) rappresentano un ampio gruppo di patologie presenti fin dalla nascita e caratterizzate da differenti tipi di anomalie a carico del cuore e dei grossi vasi.

La maggior parte di tali malattie origina da alterazioni dei processi dell’embriogenesi tra la 3° e l’8° settimana di gestazione, periodo in cui si sviluppano le principali strutture cardiovascolari.1

Alcune tra queste patologie sono incompatibili con la vita e determinano morte del feto a livello intrauterino o morte del neonato dopo qualche giorno dalla nascita; altre tuttavia possono essere gestite facilmente e non comportano rischi di morte per il soggetto che ne è affetto.

Molte delle anomalie cardiache diagnosticate oggigiorno non sono attribuibili a specifiche cause, ma si presentano come patologie sporadiche, spesso non associate ad altre alterazioni morfostrutturali; solo una modesta porzione si collega a situazioni sindromiche ben evidenti.

Data l’estrema eterogeneità di tali patologie, esistono diverse classificazioni che prendono in considerazione aspetti e parametri analitici differenti.

Uno degli aspetti maggiormente considerati è la presentazione della cardiopatia in un eventuale contesto sindromico, che ci permette di distinguere:

-malformazioni cardiache sindromiche, -malformazioni cardiache non sindromiche2.

Tuttavia i criteri emodinamici e morfologici sono basilari per un inquadramento clinico e prognostico ottimale, dunque è possibile classificare:

-malformazioni cardiache che causano uno shunt sinistro-destro: ▪ Difetti del setto interatriale (DIA),

▪ Difetti del setto interventricolare (DIV), ▪ Dotto arterioso di Botallo pervio (PDA), ▪ Forame ovale pervio (FOP),

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8

▪ Difetto del setto atrioventricolare (AVSD).

-malformazioni cardiache che causano uno shunt destro-sinistro, anche dette

cianogene:

▪ Tetralogia di Fallot,

▪ Trasposizione delle grandi arterie (TGA), ▪ Tronco arterioso persistente,

▪ Atresia della tricuspide,

▪ Ritorno venoso polmonare anomalo. -malformazioni cardiache ostruttive: ▪ Coartazione aortica (CoAo),

▪ Stenosi e atresia polmonare, ▪ Stenosi e atresia aortica.1

Da un punto di vista fisiopatologico, le cardiopatie congenite (CC)possono poi essere così categorizzate:

CC CON IPOAFFLUSSO POLMONARE: ▪ Tetralogia di Fallot (TOF);

▪ Stenosi Polmonare,

▪ CC complesse con stenosi polmonare.

CC CON IPERAFFLUSSO POLMONARE:

▪ DIV,

▪ DIA, ▪ CAV, ▪ PDA,

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CC DOTTO DIPENDENTI,

CC in cui l’ipoafflusso polmonare è così grave che l’unica via d’accesso alla circolazione polmonare risulta il Dotto di Botallo pervio; la sua chiusura postnatale potrebbe dunque comportare la cianosi e la morte del neonato.

▪ Stenosi Aortica Critica, ▪ Coartazione Aortica severa, ▪ Atresia aortica

▪ Ventricolo sinistro ipoplasico, ▪ stenosi polmonare critica, ▪ TOF severo,

▪ Atresia polmonare

CC CON CIRCOLAZIONE IN PARALLELO:

▪ TGA,

▪ TGA+DIV,

▪ TGA+DIV e Stenosi Polmonare

CC CON IPOAFFLUSSO SINISTRO ▪ Stenosi aortica,

▪ Coartazione aortica

1.2 EPIDEMIOLOGIA

Le malformazioni cardiache sono il difetto congenito più comune nella popolazione generale e sono presenti in circa 2-3 neonati ogni 100 nati vivi2.

Nonostante i miglioramenti in termini diagnostici e terapeutici, i difetti cardiaci rimangono la causa principale di morte in neonati con malformazioni congenite e aumentano la morbilità e mortalità prenatale più di altre anomalie strutturali 3.

Solo il 30% dei neonati cardiopatici presenta un fenotipo sindromico con associate altre alterazioni congenite; alcuni esempi sono la sindrome di Down, la sindrome di Turner e la sindrome di DeGeorge. Il 70% invece non è associato a sindromi conosciute e si presenta in maniera sporadica2.

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Nell'ambito delle cardiopatie congenite alcune sono decisamente più frequenti di altre, per esempio il difetto interventricolare (DIV) rappresenta circa il 32% di tutte le cardiopatie congenite, il difetto interatriale (DIA) il 9%, il dotto di Botallo pervio (PDA) e la coartazione aortica (CoAo) l'8% circa, la tetralogia di Fallot il 6%, la trasposizione completa delle grandi arterie il 5%.

1.3 EZIOLOGIA

La complessità e l’eterogeneità delle malformazioni cardiache vengono tradizionalmente attribuite ad un’eziologia multifattoriale, che vede l’interazione tra molteplici fattori genetici e fattori ambientali. Tale modello poligenico è alla base delle alterazioni che possono presentarsi durante l’embriogenesi e dar origine ai difetti più comuni2.

1.3.1 CENNI DI EMBRIOLOGIA

La cardiogenesi è un processo finemente regolato dal controllo trascrizionale di un complesso gruppo di proteine regolatorie, che attivano o inibiscono i propri target in maniera tempo e luogo dipendente4.

Intorno alla terza settimana di sviluppo embrionale, a partire dal mesoderma laterale, si assiste a due ondate migratorie di cellule che danno origine ad una struttura semicircolare in cui si possono distinguere i primi due abbozzi cardiaci: la falce cardiaca (primo campo cardiaco) e il mesoderma faringeo (secondo campo cardiaco)4. Entrambi gli abbozzi cardiaci sono caratterizzati da

uno specifico pattern di trascrizione genica, il primo ad esempio esprimerà geni come TBX1 e Hand1, mentre il secondo geni come Hand2 e FGF-10. Inoltre entrambe le strutture sono popolate da cellule progenitrici multipotenti che possono differenziarsi in tutti i tipi principali di cellule cardiache: in particolare dal primo campo otterremo le cellule del ventricolo sinistro, mentre dal secondo si avranno le cellule del tratto di efflusso, del ventricolo destro e di maggior parte dei due atri.

Intorno al 21° giorno questi due abbozzi si fondono medialmente, dando origine ad un unico tubo cardiaco primitivo pulsante, che inizia ad allungarsi, ad

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avvolgersi a destra, e che in senso cranio-caudale dà origine a tali strutture: il seno venoso (che riceve le vene ombelicali, la vena vitellina e le vene cardinali comuni), l’atrio, il ventricolo, il bulbus cordis, il tronco arterioso, il sacco aortico e gli archi aortici.

Nel periodo che intercorre tra il 21° e il 28° giorno si assiste a due importanti processi: le cellule della cresta neurale migrano nel tratto di efflusso dove partecipano alla sua sepimentazione e dove danno origine agli archi aortici; inoltre la matrice extracellulare, presente al di sotto del canale atrioventricolare e del tratto di efflusso, si espande, a seguito della delaminazione di cellule progenitrici dell’endocardio, e dà vita a cuscinetti endocardici da cui derivano le future valvole cardiache.

Dalla superfice superiore dei cuscinetti, posti a livello atrioventricolare, origina anche un setto, denominato septum primum che divide l’atrio e che successivamente si riassorbe medialmente, determinando la formazione dell’ostium secundum. Accanto al septum primum si affianca una seconda lamina, detta septum secundum che copre parzialmente l’ostium secundum e delimita così un nuovo orifizio, il forame ovale.

Il ventricolo viene finemente sepimentato dal setto interventricolare che prende origine dalla superficie inferiore dei cuscinetti endocardici. Anche il bulbus cordis va incontro a divisione in una porzione subaortica, quando il cono muscolare si riassorbe, e in una porzione subpolmonare, che vede il suo cono muscolare allungarsi. La divisione spirale del tronco comune arterioso ruota e allinea la porzione ventricolare sinistra con l’aorta posteriormente, e la porzione ventricolare destra con l’arteria polmonare anteriormente.

Considerando lo sviluppo ventricolare, è importante sottolineare come certamente vi sia una correlazione fra la pressione che il sangue esercita sulle camere ventricolari in via di sviluppo e le camere stesse. Ogniqualvolta il flusso sanguigno non è adeguato e regolare, è possibile andare incontro ad anomalie di sviluppo dei cuscinetti endocardici o del miocardio. Ciò è quello che secondo recenti ipotesi sta alla base della sindrome del cuore sinistro ipoplasico, situazione in cui il flusso sarebbe ostacolato da alterazioni valvolari, quali:

• Stenosi aortica5 e stenosi mitralica,

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• Atresia e stenosi mitralica,

• Stenosi aortica e atresia mitralica (in circa 1/3 dei casi).

Tali ipotesi eziopatogenetiche riguardanti il ruolo del flusso sanguigno nel cuore fetale, sono avvalorate dal fatto che le medesime ostruzioni valvolari, che nel feto conducono ad ipoplasia camerale, sono le stesse alterazioni che normalmente provocano ipertrofia ventricolare di compenso in un cuore adulto. Infine, per quanto riguarda la vascolarizzazione, i sistemi venosi, inizialmente bilaterali e simmetrici, entrano nei seni venosi. Successivamente, ad eccezione del seno coronarico, vanno tutti in regressione e il sistema venoso sistemico sfrutta la cava inferiore e la cava superiore, confluenti nell’atrio destro.

Il sistema venoso polmonare invece origina nel momento in cui si formano i due abbozzi polmonari: la vena polmonare comune, derivante da una proiezione dell’atrio sinistro, cresce fino a raggiungere i due abbozzi respiratori; contemporaneamente le comunicazioni tra sistema venoso sistemico e polmonare vanno incontro a regressione.

Dal tronco arterioso e dal sacco aortico origineranno sei archi aortici che confluiranno posteriormente, dando origine a due aorte dorsali. Dall’unione di queste ultime due originerà l’aorta toracica, mentre dagli archi prenderanno origine i tronchi sovraortici e il dotto arterioso4.

1.3.2 FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI

I fattori di rischio di tipo ambientale ad oggi conosciuti, correlati maggiormente con le malformazioni cardiache, riguardano la salute della madre e la gestione della gravidanza.

Uno tra i maggiori rischi ambientali è lo scarso apporto vitaminico materno: la carenza di acido folico è il dato che più correla con un aumentato rischio di cardiopatia nel feto. Altri fattori di rischio implicati sono il diabete gestazionale, la rosolia e virus influenzali, il consumo di alcol, il fumo, l’assunzione di droghe e di farmaci teratogeni (talidomide, warfarin, ACE-i, alcuni anticonvulsivanti e alcuni FANS)2. Alcuni studi hanno valutato l’esposizione a tali agenti,

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di tempo tra i sei mesi dal concepimento e il primo trimestre di gravidanza (Li, Luo et al. 2017)6.

Infine malattie reumatologiche come il Lupus Eritematoso(LES) o la Sindrome Anticorpi Antifosfolipidi (SALP) possono associarsi alla presenza di anticorpi, quali gli Anti-SSA, diretti contro il miocardio aspecifico e il miocardio di conduzione, e possono quindi correlare con alterazioni cardiache morfo-funzionali nel feto.

Studi recenti, tramite modelli sperimentali messi a confronto con gruppi di studio reali, hanno ricercato i fattori di rischio più comunemente associati alle cardiopatie congenite, individuandone quindici: il livello di educazione materno, malattie croniche materne, numero di gravidanze avute, numero di quelle portate a termine, storia di problemi di fertilità, esposizione materna ad agenti occupazionali, assunzione materna di pesce e molluschi, assunzione di verdura, assunzione di latte e soia, storia familiare di CC, infezioni materne delle alte vie respiratorie, stress mentale materno, stress mentale paterno, esposizione occupazionale del padre, malattie croniche del padre6.

Come si può osservare tali studi hanno permesso di porre l’attenzione su nuovi aspetti, prima meno considerati, come lo stress genitoriale e lo stato di salute paterno.

1.3.3 RUOLO DELLA GENETICA

La cardiogenesi è un processo finemente regolato dal punto di vista genetico e trascrizionale. Sono dunque numerose le alterazioni genetiche che correlano con la presenza di anomalie cardiache.

Nel 30% dei casi una malformazione cardiaca si può trovare nel contesto di una sindrome più ampia e ben diagnosticabile.

Numerose aneuploidie cromosomiche sono caratterizzate anche da difetti cardiaci:

-la Sindrome di Down o trisomia 21 (DIV, ASVD, anomalia di Ebstein, CoAo), -la Sindrome di Turner, 45X,0 (stenosi aortica, CoAo, aorta bicuspide), -la sindrome di Edward o trisomia 18 (CoAo, AVSD, DIV,),

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Altre sindromi, dovute a microdelezioni o mutazioni puntiformi a trasmissione monogenica, possono correlare con particolari malformazioni cardiache; la delezione 22q11.2 ad esempio è una tra le più comuni e codifica per un ampio spettro di alterazioni, inclusa la sindrome di DeGeorge e la sindrome velocardiofaciale7. I neonati affetti da DeGeorge possono spesso presentare

Tetralogia di Fallot (TOF), DIV o tronco arterioso unico.

La delezione 7q11.23 è invece alla base della sindrome di Williams-Beuren, patologia caratterizzata da stenosi aortica sopravalvolare.

Infine altre situazioni sindromiche monogeniche più rare, che possono associarsi a problematiche cardiache, sono:

-S. di Holt-Oram (ASVD, atrio unico, DIV), -S. di Cri du chat (DIA, DIV),

-S. di Ellis Van Creveld (ASVD, DIA, DIV),

-S. di Noonan, S. di Costello, S. di Leopard, S. di Alagille (associate tutte a stenosi polmonare),

-S. di Anderson (bicuspidia aortica e aritmie cardiache)2.

Tuttavia il 70% dei difetti cardiaci presenti nel feto o nel neonato non sono associati a quadri sindromici, né a patologie monogeniche ben identificate. In alcune famiglie in cui vi è un alto numero di soggetti affetti dalla medesima alterazione cardiaca, è stato possibile identificare l’anomalia genetica corrispondente e il pattern di trasmissione genico. Ciò nonostante, sono molte di più le mutazioni puntiformi ex novo, non prevedibili dall’anamnesi patologica familiare. Ad oggi esempi di tali situazioni sono le mutazioni a carico dei geni codificanti per fattori di trascrizione coinvolti nel processo di cardiogenesi. Mutazioni di MYH6 (gene che codifica per la catena pesante dell’alfa miosina) e TBX20, entrambi fattori implicati nello sviluppo atriale, correlano con la presenza di DIA; mutazioni di NKX2.5 possono condurre a DIA, BAV, ASVD, TOF e anomalie di Ebstein. Il gene GATA4, importante fattore di trascrizione, è stato correlato con DIV, ASVD e stenosi polmonare; TBX1 si associa ad eventuale presenza di TOF, mentre TBX20 ad alterazioni valvolari, del setto

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interventricolare e crescita alterata delle 4 camere. Il TBX20 è stato studiato in modelli animali di Drosophila, e oltre a confermare il suo importante ruolo nell’embriogenesi cardiaca e nello sviluppo citoscheletrico e fibrillare dei miocardiociti, tali studi hanno permesso di valutare il suo ruolo nell’ambito del mantenimento della funzionalità cardiaca in età adulta. È stato osservato infatti, che l’alterazione di tale gene può correlare con gravi aritmie e miocardiopatie anche in età avanzata8.

Notch1 infine, gene implicato nella formazione valvolare, se mutato può dare origine ad anomalie quali la bicuspidia aortica e la stenosi valvolare aortica2

1.4 DIAGNOSI PRENATALE

La diagnosi prenatale delle cardiopatie congenite è fondamentale per una corretta gestione della gravidanza; permette infatti di programmare un approccio multidisciplinare, atto a garantire la miglior prognosi possibile per il feto e per la madre.

1.4.1 ECOCARDIOGRAFIA FETALE

L’ecocardiografia fetale è un esame diagnostico finalizzato allo studio dell’anatomia cardiaca fetale, con lo scopo di escludere o evidenziare, più o meno precocemente, una cardiopatia congenita (CC)9.

CENNI STORICI

Le radici dell’ecocardiografia fetale e della diagnosi prenatale di CC risalgono agli anni 60’: Ian Donald fu il pioniere dell’ecografia in ambito ostetrico10, tuttavia a

quei tempi le innovazioni da lui apportate in tal campo furono viste solo con scetticismo e non come strumenti potenzialmente utili.

Durante gli anni 70’ invece, tale tecnica iniziò ad essere accettata in maniera più diffusa, tuttavia l’ostacolo era rappresentato dalla strumentazione, troppo ingombrante e difficile da usare. Inoltre, le immagini ottenute a quei tempi erano semplici immagini statiche, non consone quindi allo studio dinamico del cuore.

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In quegli anni la cardiologia, sia in ambito pediatrico che negli adulti, faceva grossi passi in avanti, ma la tecnica ecografica utilizzata era sempre l’M-mode, più utile per patologie funzionali che non morfo-strutturali11; tale tecnica quindi

risultava carente in ambito ostetrico, poichè le alterazioni fetali sono più spesso morfologiche e strutturali che non funzionali, come invece lo possono essere per gli adulti.

Un’importante rivoluzione in ambito ecocardiografico si ebbe alla fine degli anni 70’, grazie all’introduzione dell’ecografia “real-time”12 e alla possibilità di

utilizzare un trasduttore manuale. Tutto ciò condusse ad immagini bidimensionali del cuore13, visualizzabile finalmente come struttura dinamica, in

movimento14.

La nascita effettiva dell’ecocardiografia fetale risale però al 1980, anno in cui furono pubblicati tre differenti lavori (Allan et al.,198015; Kleiman et al.,198016;

Lange et al., 1980)17, proposti da centri indipendenti, che riportavano le loro

esperienze riguardo la valutazione cardiaca fetale prenatale. Da quel momento in poi anche l’enorme sviluppo tecnologico ha permesso nel corso dei decenni un miglioramento costante in questo ambito; tali innovazioni riguardavano sia la qualità delle immagini (l’uso del Doppler, del colour flow mapping, la capacità di misurare i volumi cardiaci), sia l’arrivo sul mercato di macchinari sempre più potenti, maneggevoli e con capacità di memoria e mantenimento dei dati.

Oltre alle migliorie tecniche, sono state di notevole importanza sia il cambiamento della pratica clinica, che l’introduzione del concetto di screening fetale per malformazioni fetali.

A metà degli anni 80’ infatti, un gruppo francese propose l’introduzione dell’esame della morfologia cardiaca fetale all’interno della normale valutazione ecografica ostetrica18. Tuttavia data l’alta percentuale di riscontro di cuori

normali durante il primo trimestre, fu valutata la maggiore adeguatezza dell’ecocardiografia fetale durante il secondo trimestre. Tale idea si diffuse in molti centri, in particolare nel Regno Unito, dove si iniziò a raccomandare una valutazione ecografica intorno alle 20 settimane, per analizzare l’anatomia fetale, includendo numerose sezioni cardiache19. La prima immagine utilizzata in

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ambito di screening fu la “quattro camere” (1985), per poi arrivare anche alla visualizzazione dei grossi vasi.

La possibilità di ottenere immagini dei coni di efflusso sinistro e destro portò un grande contributo allo screening prenatale. Sebbene infatti la 4 camere permettesse di vedere numerose alterazioni cardiache, non rendeva possibile la diagnosi di gravi cardiopatie dotto dipendenti, dunque associate a grave ipoafflusso polmonare, né di situazioni in parallelo come la trasposizione. Tutto ciò fu quindi possibile solo dopo, con l’utilizzo delle immagini di “asse lungo destro e asse lungo sinistro”.

L’arrivo infine delle sonde transvaginali (TV), introdotte più tardivamente, permise il confronto tra la valutazione ecografica TV e transaddominale (TA) delle anomalie cardiache fetali. Uno studio condotto presso la Sapienza di Roma20 (R, D’amelio et al., 1991) mise in evidenza come un approccio

transvaginale fosse più accurato e più preciso nel periodo compreso tra l’11° e la 18° settimana, con massimi risultati intorno alla 14°-15° settimana, mentre dalla 19° settimana in poi come fosse preferibile, in quanto più sensibile, l’approccio transaddominale.

Riguardo poi lo screening del I trimestre, alla fine degli anni 90’, grazie alla valutazione della traslucenza nucale (NT), acquistò importanza un nuovo gruppo di popolazione a rischio di CC. I feti dunque che presentavano NT superiore al 95° percentile presentavano indicazione all’ecocardiografia fetale già intorno alla 14° settimana. Tale situazione gettò le basi per l’evoluzione esponenziale dell’ecografia ostetrica e della cardiologia fetale21

L’ecocardiografia fetale tuttavia è sempre stata vista come una tecnica difficile e forse come la parte più complessa e ricca di insidie del normale screening fetale ecografico22, ma molte delle difficoltà sono in realtà collegate al training degli

ecografisti stessi.

Dagli anni 80’ in poi le capacità ecografiche dei medici sono molto migliorate, portando a diagnosi sempre più accurate. Ciò fu ben evidenziato da uno studio condotto in UK a livello nazionale, dal 1993-1995, che mostrava come nonostante vi fosse stato un incremento delle diagnosi prenatali di CC di oltre il 25%, vi erano in realtà grosse differenze geografiche. Il più alto numero di

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diagnosi veniva infatti ottenuto nel Sud-Est dell’Inghilterra, dove vi erano specifici programmi di insegnamento e allenamento per i medici ecografisti23.

(Bull 1999).

Oggi fortunatamente l’ulteriore utilizzo di videoclips, presentazioni e simulazioni al computer sono metodiche di insegnamento sempre più efficaci. Inoltre nell’arco di questi 30 anni, i cardiologi e gli ecografisti ostetrici hanno ottenuto maggiore esperienza riguardo le anomalie cardiache congenite e hanno imparato ad utilizzare le metodiche migliori per ottenere diagnosi accurate. Le ultime innovazioni infine riguardano la possibilità di studiare l’anatomia cardiaca tramite ecografia 3D/4D: di certo tale tecnica comporta un ulteriore supporto alla diagnosi e un notevole contributo alla gestione multidisciplinare della gravidanza24. (Yagel S., Cohen S.M., 2007).

Questo progresso in ambito clinico, diagnostico e strumentale ha condotto alla possibilità odierna di effettuare diagnosi cardiologiche fetali precoci e decidere altrettanto precocemente la gestione della gravidanza.

LINEE GUIDA

Oggigiorno, dati gli importanti sviluppi avvenuti in ambito ecografico, è fondamentale adeguarsi ai nuovi standard ed ai nuovi protocolli che negli anni vengono sperimentati e poi approvati. Ad oggi la ISUOG (Internationl Society of Ultrasounds in Obstetrics and Gynecology) e le linee guida da questa stilate sono un punto di riferimento importante per tutti i professionisti che si approcciano all’ecocardiografia fetale.

Gli ultimi aggiornamenti delle linee guida sullo screening ecocardiografico fetale pongono sempre l’accento sull’età gestazionale più adeguata per eseguire tale esame, sulle indicazioni generali all’esame e sulle tecniche ecografiche e le immagini più significative da valutare.

• L’età gestazionale più adeguata all’esecuzione di uno screening cardiaco è il periodo compreso tra la 18° e la 22° settimana dall’ultima mestruazione. Pur considerando questo intervallo di tempo ottimale, non è infrequente riuscire a vedere alcune strutture in modo soddisfacente solo dopo la 22° settimana25.

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Tuttavia vi può essere indicazione allo studio del cuore fetale nel I trimestre nei casi ad alto rischio: NT aumentata, familiarità per CC, markers ecografici, rigurgito della tricuspide e anomalie del dotto venoso.

In base all’età gestazionale si possono usare metodiche differenti: l’approccio TV è prediletto tra la 11°-13° settimana; non si osservano differenza alla 14° settimana, mentre dalla 15° settimana in poi si opta per un approccio TA.

L’ecocardiografia del I trimestre ha buona concordanza con l’ecocardiografia del II (74,5%), ma dato il 25% di discordanza è sempre opportuno eseguire ecografie successive per conferma diagnostica9.

• Le indicazioni all’ecocardiografia fetale sono molteplici e possono essere così classificate9:

I. INDICAZIONI MATERNE:

a) Familiarità per CC: stenosi aortica, difetti settali o di situs, rappresentano le indicazioni più gravi, mentre il prolasso mitralico e l’aorta bicuspide non rappresentano indicazioni valide;

b) Malattie ereditarie: in tal caso vi è anche indicazione, laddove possibile, a test diagnostici quali CGH array e FISH;

c) Malattie materne: il diabete aumenta di 5 volte il rischio di CC rispetto alla popolazione normale.

La Fenilchetonuria può innalzare il rischio anche di 15 volte ed ecco perché rappresenta un’indicazione all’ecocardiografia fetale, qualora la malattia non fosse controllata e la madre avesse valori di fenilalanina > 15 mg/dl.

Le malattie autoimmuni con anticorpi positivi anti SSA e anti SSB sono indicazioni a tale screening e di solito prevedono la ripetizione dell’esame durante tutta la gravidanza con intervalli di 2 settimane.

d) Farmaci teratogeni: ACE-i nel I trimestre, Acido retinoico, FANS, SSRIs e paroxetina, litio; l’assunzione di dicumarolici e di anticonvulsivanti non sono invece indicazioni allo screening cardiaco fetale.

e) Gravidanze insorte con procreazione medicalmente assistita (PMA); f) Infezioni materne: rosolia;

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g) Obesità: pur essendo un fattore di rischio per CC, tuttavia deve essere associata ad altri elementi per determinare un reale aumento della probabilità di sviluppo di malformazioni.

II. INDICAZIONI FETALI

a) Aberrazioni cromosomiche note o sospette; b) Segni ecografici sospetti:

-sospetto di CC all’ecografia di routine; -aritmia fetale;

-NT aumentata, > o = 3,5 mm (ragionevole eseguirla con NT tra 3 e 3,5);

-flusso retrogrado nel dotto venoso o rigurgito della tricuspide, evidenziati durante l’ecografia delle 11+0-13+6

-iposviluppo fetale precoce nel II trimestre (l’iposviluppo classico non presenta indicazione);

c) Malformazioni extracardiache maggiori; d) Idrope fetale non immunologica;

e) Gemellarità monocoriale.

STRUMENTAZIONE E MODALITA’ D’ESAME

L’ecocardiografia fetale va eseguita con un ecografo dotato di trasduttori convex o settoriali a larga banda e con i seguenti moduli:

- Bidimensionale ed alta definizione con zoom e possibilità di cineloop; - Doppler colore;

- Doppler spettrale (pulsato); - M-mode.

Il settaggio dell’ecografo mira ad ottenere un frame rate quanto più possibile elevato date le alte frequenze cardiache fetali.

La valutazione dell’anatomia cardiaca del feto prevede la visualizzazione delle varie strutture tramite diverse immagini ecografiche.

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L’immagine “quattro camere” (4CV) corrisponde ad un’immagine in sezione

del cuore lungo il suo asse longitudinale, più precisamente nel punto in cui la porzione inferiore del setto interatriale incontra la sezione superiore del setto interventricolare; essa permette la valutazione di specifici criteri morfologici ed è imprescindibile per un corretto screening. Tale proiezione consente di determinare il situs cardiaco, andando a confrontare la posizione del cuore e dello stomaco; evidenzia eventuali sproporzioni cuore/torace, qualora il cuore occupasse più di un terzo del torace, ed evidenzia anche possibili dislocamenti cardiaci dovuti ad esempio ad ernia diaframmatica, lesioni occupanti spazio, malformazione adeno-cistica (CAM), ipoplasia o agenesia polmonare, gastroschisi e onfalocele. La 4CV permette una buona visualizzazione di entrambi gli atri, che normalmente si presentano di ugual dimensione e che a livello settale presentano il lembo del forame ovale aggettante verso l’atrio sinistro (AS); la 4CV permette inoltre di valutare la presenza del septum primum (Fig. n1).

A livello dell’AS è poi raccomandabile visualizzare l’ingresso di almeno 2 delle vene polmonari.

La valutazione ventricolare prevede la visualizzazione del fascio moderatore, ovvero di un muscolo papillare che attraversa il ventricolo destro e ci permette di distinguerlo più agilmente dal sinistro. È necessario poi valutare che entrambe le camere ventricolari siano omogenee per dimensione e spessore parietale, per escludere ipoplasia del ventricolo sinistro o patologie ostruttive. Bisogna inoltre analizzare accuratamente il setto interventricolare per individuare eventuali difetti di chiusura a questo livello.

Infine in tale proiezione è possibile vedere entrambe le valvole atrioventricolari (AV) aprirsi e chiudersi liberamente e separatamente; generalmente la tricuspide si inserisce ad un livello lievemente inferiore rispetto alla mitrale. Eventuali difetti di allineamento tra le valvole sono indizi ecografici di possibili malformazioni cardiache25

L’immagine dell’“asse lungo sinistro” corrisponde al cono di efflusso aortico.

Tale proiezione conferma la presenza del tronco aortico e la concordanza ventricolo-arteriosa sinistra. A questo livello è necessario valutare la continuità

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tra il setto ventricolare e la parete anteriore dell’aorta, per escludere l’eventuale presenza di aorta a cavaliere, tipica del FOT. Infine è possibile valutare la valvola aortica e il suo spessore e, sebbene non sia una valutazione di routine durante lo screening cardiaco, può essere possibile seguire l’aorta fino all’arco aortico e vedere l’origine dei tronchi sovraortici (Fig. n2).

L’immagine dell’”asse lungo destro” corrisponde al cono di efflusso polmonare

e conferma la presenza dell’arteria polmonare, posta più anteriormente rispetto all’aorta e collegata direttamente al ventricolo destro. È possibile vedere la valvola polmonare che non deve presentarsi ispessita; al contrario non sono sempre evidenti i rami derivanti dall’arteria polmonare (Fig. n3).

In entrambe le immagini è possibile sfruttare il color doppler per evidenziare la corretta direzione del flusso ed eventuali rigurgiti valvolari. Tali immagini sono alla base della diagnosi di patologie dotto-dipendenti, caratterizzate da grave ipoafflusso polmonare, e di situazioni di trasposizione vasale (TGA). La diagnosi precoce di patologie dotto dipendenti, che condurrebbero il bambino a cianosi mortale dopo la nascita, data la chiusura del dotto di Botallo, permette una gestione perinatale tempestiva e una migliore prognosi.

Le immagini “tre vasi” 3V e “tre vasi e trachea” 3VT sarebbero opportune nel

contesto di uno screening ecocardiografico, ma purtroppo non sempre è possibile ottenerle. La 3V valuta, da destra verso sinistra, l’arteria polmonare, l’aorta ascendente e la vena cava superiore e i loro rispettivi rapporti e dimensioni. La 3VT è un’immagine ottenuta da una sezione più cefalica e permette di valutare anche la trachea e in modo specifico visualizza meglio l’arco aortico rispetto all’aorta ascendente. Quest’ultima dunque può più facilmente evidenziare anomalie come la coartazione aortica, l’arco aortico destro, doppio arco aortico o anelli vascolari25 (Fig. n 4-5).

È possibile inoltre durante lo screening ecografico studiare la frequenza cardiaca e l’intervallo PR con metodiche time motion, color time motion o doppler pulsato, nei casi a rischio di BAV9.

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1.5 PRESENTAZIONE CLINICA

Le CC, rappresentando un ampio gruppo di patologie dalla gravità e prognosi molto differenti, sono caratterizzate da quadri clinici estremamente variabili e strettamente correlati alla complessità della cardiopatia stessa.

Difetti minori isolati, quali i DIA e i DIV, sono spesso asintomatici, compatibili con la vita e tendono frequentemente a risolversi spontaneamente dopo la nascita; qualora ciò non avvenga o le discontinuità settali siano ampie, si ricorre al trattamento endovascolare, ormai quasi scevro da rischi.

Al contrario, anomalie più complesse come TOF, TGA, HLH, TAPVR, CoAo, stenosi aortica e atresia della tricuspide comportano un alto rischio di mortalità fin dalla nascita e necessitano di trattamento chirurgico nei primi mesi di vita.

Le patologie più gravi dunque, in particolare quelle cianogene, possono fin dai primi giorni associarsi a dispnea fino alla cianosi, tachicardia, dolore toracico e scarsa nutrizione del bambino26. Nei casi peggiori la cianosi e l’ipossia possono

condurre al coma o necessitare di rianimazione cardiopolmonare.

Il potenziale danno cerebrale derivante da CC, in recenti studi è stato anche collegato all’efficacia della diagnosi prenatale: in un gruppo di pazienti con TGA e ventricolo unico, è stato valutato il danno cerebrale preoperatorio, confrontando coloro che avevano ricevuto diagnosi di CC prima della nascita, con coloro che erano stati inquadrati come cardiopatici solo dopo il parto. I primi hanno mostrato un minore impegno cerebrale preoperatorio rispetto ai secondi, probabilmente dovuto alla migliore gestione della stabilità emodinamica di questi pazienti a livello perinatale27. Dunque la diagnosi precoce influenza anche

la clinica, consentendo una migliore programmazione della gestione neonatale, diminuisce la mortalità post-partum, può migliorare la clinica postnatale e rendere cosi i neonati maggiormente stabili e più velocemente candidabili ad un eventuale trattamento chirurgico.

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1.6 TRATTAMENTO CHIRURGICO POST NATALE

Molte delle CC richiedono ancora oggi un trattamento cardiochirurgico tradizionale con utilizzo della circolazione extra corporea (CEC).

1.6.1 TRATTAMENTO COARTAZIONE AORTICA

La coartazione aortica (CoAo) è caratterizzata da un restringimento del vaso a livello post-istmico. Gli approcci chirurgici classici prevedono l’ampliamento della parete vasale tramite patch o tramite una porzione di vaso prelevato dalla succlavia; un altro approccio è rappresentato dalla rimozione del tratto con calibro minore e anastomosi dei monconi prossimale e distale; anche il bypass aorto-succlavio rimane un’alternativa valida28. Infine sono possibili trattamenti

endovascolari che prevedono l’inserimento di stent a livello aortico, in modo da garantire un adeguato flusso, ridurre la stenosi data dalla coartazione e così il post-carico a livello cardiaco.

1.6.2 TRATTAMENTO DIV E DIA

I difetti settali atriali e ventricolari possono spesso risolversi spontaneamente, tuttavia qualora questo non avvenga, rappresentano shunt cardiaci attraverso i quali si po’ avere una commistione di sangue ossigenato e non-ossigenato, che spesso conduce a gravi aritmie e manifestazioni cianotiche.

Ad oggi il trattamento di elezione di un DIA è quello endovascolare: tramite un catetere inserito a livello dei vasi femorali è possibile arrivare al cuore e porre due dispositivi, uno da entrambi i lati del setto, per chiudere il difetto. Nei casi di DIA non isolato, si può ricorrere all’intervento cardiochirurgico classico e suturare il difetto o chiuderlo tramite patch.

I DIV generalmente si risolvono entro il primo anno di età; tuttavia quelli non risolti vanno incontro a trattamento endovascolare o nel caso di difetti settali più ampi a trattamento chirurgico in OPEN28.

1.6.3 TRATTAMENTO DELLA TETRALOGIA DI FALLOT

La TOF è caratterizzata da: stenosi polmonare, ipertrofia del ventricolo destro, aorta a cavaliere e DIV.

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Pazienti con TOF sono tutti candidati a correzione chirurgica, che può essere eseguita tra i 6 mesi di vita e i 2 anni, compatibilmente con la clinica. Il primo approccio è sempre la riduzione dello shunt, soprattutto nei bambini instabili emodinamicamente, in modo da renderli poi candidabili all’intervento.

L’intervento prevede la chiusura del DIV tramite patch, successivamente l’apertura della valvola polmonare e la rimozione del tratto muscolare ispessito. Inoltre può essere posto un patch a livello del ventricolo destro e dell’arteria polmonare per garantire un adeguato flusso.

Tuttavia alcuni casi di TOF, caratterizzati da minori anomalie rispetto alla tetralogia classica e quindi considerati con anatomia più incoraggiante, hanno prognosi migliore e possono essere semplicemente monitorati con follow-up medico.

1.6.4 TRATTAMENTO DELLA TRASPOSIZIONE DEI GRANDI VASI

La TGA è una cardiopatia caratterizzata dall’assenza di concordanza ventricolo arterioso. Necessita di un trattamento cardiochirurgico immediato dopo la nascita che prevede la divisione dell’aorta e dell’arteria polmonare, e successivamente la riconnessione dei due grossi vasi ai rispettivi ventricoli.

1.6.5 TRATTAMENTO DEL TRONCO ARTERIOSO E ATRESIA DELLA TRICUSPIDE

Il tronco arterioso comune è una malformazione caratterizzata dalla presenza dell’aorta, delle coronarie e dell’arteria polmonare emergenti da un tronco arterioso comune. L’intervento cardiochirurgico deve essere eseguito nei primi giorni di vita e prevede la separazione dei vasi.

La stenosi, l’atresia o l’agenesia della tricuspide sono tutte patologie che conducono ad un quadro cianotico grave fin dalla nascita. Il trattamento dunque deve essere immediato e prevede, tramite approccio chirurgico classico, la rimozione della valvola nativa e la sua sostituzione.

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26 1.6.6 TRATTAMENTO DEL RITORNO POLMONARE ANOMALO(TAPVR) E DEL CUORE SINISTRO IPOLPASICO

Il TAPVR è caratterizzato dall’anomala confluenza delle vene polmonari a livello dell’atrio destro. Tale alterazione, essendo molto severa e ad elevato rischio di morte, va subito corretta nei primi giorni dalla nascita o al massimo, nei casi meno gravi, entro i 6 mesi di vita.

Richiede un intervento cardiochirurgico classico, tramite il quale le vene vengono ricollegate all’atrio sinistro e gli eventuali altri difetti vengono risolti (solitamente DIV).

Il cuore sinistro ipoplasico è una cardiopatia gravata da alta mortalità: nei casi molto gravi l’iposviluppo della porzione sinistra non permette l’approccio chirurgico e determina la morte del bambino; nei casi meno estremi il neonato deve essere comunque sottoposto ad interventi multipli. Il primo intervento verrà eseguito durante la prima settimana di vita (intervento di Norwood, finalizzato alla ricostruzione dell’arco aortico), il secondo intorno ai 4-6 mesi (procedura di Glenn bidirezionale, che connette la vena cava superiore all’arteria polmonare) e il terzo circa un anno dopo (procedura di Fontan, con anastomosi diretta tra l’atrio destro e l’arteria polmonare)28.

1.7 TRATTAMENTO PRENATALE

Ad oggi iniziano ad essere molti i tentativi di intervento sul feto prima della nascita.

La tecnica più sperimentata è la valvuloplastica aortica nel feto (FAV), utilizzata nei casi di stenosi aortica severa o nei casi di cuore ipoplastico severo, già al secondo trimestre, in modo tale da favorire il normale sviluppo ventricolare. Tale tecnica viene sperimentata fin dal 1991, anno in cui fu eseguita la prima valvuloplastica con balloning su cuore fetale.

Uno studio condotto da ricercatori di Boston, dal 2000 al 2013, ha valutato l’outcome postnatale di feti affetti da ipoplasia del cuore sinistro e trattati con FAV. La sopravvivenza a breve e medio termine dei pazienti trattati e che hanno

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ottenuto così lo sviluppo di una circolazione biventricolare, è incoraggiante. Tuttavia rimane ancora un trattamento correlato ad alta mortalità29.

Anche un recente case-report koreano (Gennaio 2017) ha riportato l’efficacia tecnica della FAV su un feto di 29 settimane. Pur avendo ottenuto una buona riuscita tecnica, tale procedura ha condotto ad un cesareo pretermine, data l’insorgenza di grave bradicardia nel feto29,30.

2. SCOPO DELLA TESI

Scopo del presente lavoro è stato di esaminare una serie consecutiva di feti con diagnosi prenatale di cardiopatia congenita, al fine di valutare i fattori che hanno portato alla diagnosi, l’accuratezza della stessa rispetto alla diagnosi post natale, l’associazione con altre patologie fetali e l’evoluzione clinica perinatale.

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3. MATERIALI E METODI

Nel presente studio sono state incluse tutte le pazienti al cui feto, durante il periodo di gestazione (indipendentemente dall’età gestazionale) è stata posta diagnosi di cardiopatia congenita. Le pazienti sono state selezionate tra tutte le gestanti indirizzate all’ambulatorio di Ecografia prenatale di II livello del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Pisa, nell’arco di tempo compreso tra il 2011 e il 2016. Una parte delle donne ha partorito presso l’ospedale di Pisa, permettendo così un diretto follow-up in gravidanza ed in epoca postnatale. Un’altra parte invece è stata indirizzata al centro specialistico “Ospedale del Cuore, G. Pasquinucci (OPA)” di Massa, la cui collaborazione ha permesso comunque di ottenere tutti i dati riguardanti le diagnosi prenatali, l’esito delle gravidanze e la storia clinica dei neonati.

Presso l’ambulatorio di screening ecografico di II livello vengono svolte indagini diagnostiche diversificate.

Nelle pazienti indirizzate a tale esame per motivi non cardiologici, l’ecografia ha l’obiettivo di valutare qualsiasi tipo di alterazione morfologica e strutturale comprese quelle cardiache, tramite l’utilizzo delle sezioni “4 camere”, “cono di efflusso destro” e “cono di efflusso sinistro”. Qualora l’esame mostri sospetti diagnostici per CC, le pazienti vengono indirizzate all’OPA, dove sono sottoposte ad ecocardiografia fetale.

Il riscontro di una qualsivoglia alterazione cardiaca durante tale esame impone poi un controllo ecocardiografico serrato, ogni due settimane, oltre ad una ricorrente rivalutazione di II livello.

Le pazienti invece con cardiopatia già diagnosticata tramite precedente ecocardiografia fetale, giungono presso gli ambulatori ecografici di II livello, per diagnosticare eventuali malformazioni fetali o difetti congeniti, associati alla cardiopatia già nota. Anche per queste ultime si richiede uno stretto monitoraggio ecografico, con scadenza bisettimanale per quanto riguarda l’anatomia cardiaca, e bisettimanale o mensile per quanto riguarda la morfologia

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fetale generale, in base alla presenza e all’entità delle malformazioni extracardiache.

Tutte le indagini ecografiche effettuate presso l’ambulatorio ecografico prenatale di II livello dell’Università di Pisa, sono state condotte da uno specialista ginecologo-ostetrico esperto in diagnostica ecografica con lo strumento Voluson E8 della ditta General Electrics.

Per la successiva analisi dei dati, il primo criterio secondo il quale sono state suddivise le pazienti è stata l’indicazione all’ecografia di secondo livello, effettuata presso l’ospedale Santa Chiara di Pisa.

Sulla base del motivo ecografico, sono stati individuati quattro categorie:

-RISCHIO CARDIACO: categoria che include tutte le pazienti a cui è stata posta indicazione all’ecografia di II livello dato un rischio cardiaco aumentato rispetto alla popolazione normale. Tali donne presentavano infatti anamnesi personale o familiare positiva per CC, alcune avevano fattori di rischio materni quali diabete, trattamenti con sali di litio, malattie ereditarie; altre invece storie di pregresse gravidanze con feti o figli affetti da CC.

-SOSPETTO CC: categoria che include tutte le gestanti a cui è stato posto il sospetto di cardiopatia congenita durante le ecografie di I livello, effettuate come da screening nella popolazione generale.

-CC NOTA: categoria che include pazienti che avevano già ricevuto diagnosi di CC, posta a seguito di un esame ecocardiografico fetale, nella maggior parte dei casi eseguito presso l’OPA di Massa, e poi indirizzate a Pisa per una valutazione morfologica di II livello.

-ALTRA INDICAZIONE ALL’ESAME DI II LIVELLO: categoria che include tutte le donne indirizzate ad un II livello ecografico per motivi non riguardanti l’anatomia cardiaca fetale, ma nei cui feti poi sono state rilevate alterazioni cardiologiche morfostrutturali.

Le pazienti sono poi state suddivise anche sulla base dell’età gestazionale, in cui per la prima volta è sorto il sospetto diagnostico. In tal modo sono state identificati tre gruppi di analisi:

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a)<15: sospetto insorto nel I trimestre; b)15-22: sospetto insorto nel II trimestre; c)>22: sospetto insorto nel III trimestre,

utilizzando il termine trimestre in senso lato, come è usuale nella letteratura ecografica.

Un altro parametro preso in considerazione durante quest’analisi è il valore della TRASLUCENZA NUCALE (NT); sulla base dei valori di NT fetali, ottenuti dalla refertazione dell’esame effettuato per lo screening della trisomia 21 del feto, queste ultime sono state così ripartite:

-NT < 95° percentile; -NT >95° percentile.

Durante questo studio sono stati poi valutati i vari steps diagnostici, in particolare considerando:

-la prima diagnosi in assoluto, generalmente eseguita durante controlli ecografici di I livello;

- la diagnosi all’ecografia di II livello, effettuata presso l’ospedale di Pisa;

- la diagnosi all’ecocardiografia fetale, effettuata presso l’unità di Cardiologia pediatrica dell’OPA

Seguendo il follow-up di ciascuna paziente, è stato messo in evidenza il referto diagnostico prenatale, l’ultimo fatto in termini temporali durante la gravidanza. Questo ultimo dato dunque è stato definito come “diagnosi prenatale”, e ha permesso di suddividere le pazienti nelle seguenti categorie diagnostiche:

-cuore normale: pazienti in cui il primo sospetto o la prima diagnosi di CC, veniva poi smentita dalle indagini ecografiche successive;

-DIV: feti presentanti all’ecocardiografia difetti del setto interventricolare a vario livello;

-cardiomiopatia: pazienti che presentavano feti con ispessimento miocardico, ascrivibile a patologie più o meno conosciute;

-ventricolo destro ipoplasico: feti che all’ecocardiografia mostravano ipoplasia delle sezioni destre di vario grado;

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-Fallot: feti in cui si evidenziavano sia cuori caratterizzati dalla classica tetralogia morfologica, sia feti in cui si avevano situazioni affini ma strutturalmente meno gravi, come DIV in malallineamento;

-CAV: morfologia cardiaca fetale caratterizzata da canale atrio-ventricolare unico, di diverso grado e con persistenza o meno del setto interventricolare; -TGA: pazienti in cui si osservavano feti con trasposizione delle grandi arterie, sia classica (discordanza ventricolo arteriosa), sia corretta (discordanza ventricolo arteriosa e atrio ventricolare);

-HLH: pazienti con feti affetti da ipoplasia del ventricolo sinistro;

-cardiopatie complesse: categoria che include la diagnosi di più di una delle precedenti;

-varie: feti affetti da differenti tipi di alterazioni di gravità media quali, • aneurismi ventricolari,

• VCSS,

• rabdomioma,

• sproporzioni tra le sezioni destre e le sinistre, • dilatazioni arteriose e dotto di Botallo aumentato.

Quando indicato ed accettato dalla paziente, è stato proposto un esame invasivo per lo studio del cariotipo fetale, eventualmente associato alla ricerca della delezione 22q11 e allo studio del CGH array.

È stato valutato l’esito della gestazione, che ha previsto:

-il parto, (comprendendo sia i parti naturali, gli operativi che i tagli cesarei); -l’Interruzione volontaria di gravidanza (IVG), ai sensi della Legge 194/1978; -morte fetale intrauterina (MIF)/ intrauterine fetal death (IUFD).

Le diagnosi postnatali (pre o postoperatorie) e le diagnosi autoptiche in caso di IVG, sono state suddivise nelle stesse categorie già elencate per la diagnosi prenatale. Nell’analisi del follow-up infine, è stata posta particolare attenzione a due aspetti, ovvero l’eventuale trattamento chirurgico postnatale della cardiopatia, e il riscontro di quadri sindromici associati alle problematiche cardiache fetali.

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Per ciò che concerne il trattamento chirurgico, le Unità di Cardiologia e Cardiochirurgia dell’OPA di Massa hanno fornito le informazioni riguardanti le procedure cardiochirurgiche effettuate sui neonati presi in analisi; grazie a tali dati, la popolazione in studio è stata suddivisa in maniera bimodale, in pazienti sottoposti o meno ad intervento correttivo.

Il profilo sindromico dei neonati è stato invece definito grazie al cariotipo, a valutazioni effettuate da parte di genetisti ed a diagnosi effettuate su materiale autoptico, raccolto a seguito di IVG; i dati sono stati ottenuti tramite la collaborazione dell’UO e Laboratorio di Genetica Medica e dell’UO di Anatomia Patologica dell’Università di Pisa. Alla luce dei suddetti reperti, i feti e i neonati sono infine stati suddivisi in due gruppi:

-sindromici -non sindromici.

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4. RISULTATI

Nello studio sono state incluse complessivamente 61 pazienti, i cui feti al riscontro postnatale sono risultati affetti da anomalie cardiache, di cui 51 anomalie strutturali, 2 cardiomiopatie e 8 varianti anatomiche e patologie acquisite (VCSS e rabdomioma). In 8 casi l’ecocardiografia fetale aveva posto diagnosi di sproporzioni tra le cavità cardiache, ma la diagnosi postnatale ha escluso la presenza di cardiopatia (Tab. 1-3).

4.1 INDICAZIONE ALL’ECOGRAFIA DI II LIVELLO

Le pazienti erano giunte al centro ecografico di II livello per le seguenti indicazioni in ordine decrescente:

➢ 36% - diagnosi di cardiopatia congenita già nota a seguito di ecocardiografia fetale, eseguita precedentemente al nostro esame;

➢ 31% - altra indicazione all’esecuzione di esame di II livello;

➢ 21% - sospetto diagnostico di cardiopatia congenita, insorto durante l’esecuzione di ecografie di I livello.

➢ 12% - presenza di fattori di rischio anamnestici per CC.

4.2 TRIMESTRE AL PRIMO SOSPETTO DIAGNOSTICO E DIAGNOSI FINALE.

La maggior parte dei casi (n=48) sono stati visti per la prima volta nel II trimestre, quando normalmente viene effettuata l’ecografia morfologica di screening o l’ecocardiografia fetale su indicazione.

Nello studio sono stati inclusi 3 casi con prima osservazione ecografica entro le 15 settimane: uno di questi aveva ricevuto diagnosi di DIV, successivamente smentita; due invece erano stati valutati per altre anomalie, ma non per la cardiopatia successivamente evidenziata. Rispetto alla cardiopatia dunque, nel primo trimestre non era stata posta nessuna diagnosi corretta.

Tra le diagnosi tardive(n=10) non era compreso nessun caso di CAV, HLH, TGA, patologie complesse o patologie del ventricolo destro; erano invece presenti casi

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di DIV, di Fallot e di patologie varie. Da notare che entrambe le cardiomiopatie sono state diagnosticate tardivamente.

4.3 CORRELAZIONE TRA DIAGNOSI ECOGRAFICA PRE E POSTNATALE

Andando a confrontare l’ultima diagnosi prenatale con la prima postnatale, la concordanza diagnostica era di 47/61.

La concordanza era significativamente superiore per le cardiopatie ben definite rispetto al gruppo delle “CC complesse” e delle “CC varie” (90% vs 50%.

P< 0,0001) (Fig. n 6).

Tutti i casi di CAV, HLH e TGA sono stati confermati dopo la nascita.

Anche tutti i casi diagnosticati in utero come cardiomiopatie, sono stati confermati dopo la nascita, e vi è stata inoltre conferma postpartum di 10 casi su 11 di Fallot e 6 casi su 7 di DIV.

Tra tutti i feti, che sono stati considerati a livello prenatale affetti da CC varie o complesse, in due casi la diagnosi definitiva (postnatale) era meno grave rispetto alla diagnosi prenatale, e in due casi invece più grave.

Tra gli 11 casi di CC VARIE in diagnosi prenatale, 5 sono stati confermati anche dopo la nascita, 3 si sono dimostrati poi sani, 2 in realtà affetti da DIV e 1 da patologia COMPLESSA.

Nel gruppo delle cardiopatie COMPLESSE, vi è stata correlazione tra le diagnosi pre e postnatale in 5 casi su 9; dopo la nascita infatti 1 feto è stato rivalutato come CAV, 2 affetti da ipoplasia del ventricolo destro ed infine 1 presentava una cardiopatia classificata tra le VARIE (sproporzione tra sezioni destre e sezioni sinistre).

Durante il follow-up prenatale in 6 feti, con iniziale sospetto di CC per la sproporzione tra le cavità, questa è stata successivamente esclusa: 5 di essi sono risultati sani anche dopo la nascita, mentre 1 caso presentava un DIV.

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4.4 DIAGNOSI PRENATALE ED ESITO DELLA GRAVIDANZA

In 45 delle pazienti incluse nello studio, la gravidanza si è conclusa con la nascita di un feto vivo. Uno di questi è morto immediatamente dopo la nascita per una forma sindromica comprendente cardiopatia e rene policistico.

In 2 casi si è assistito a morte intrauterina (IUFD): uno dei due feti era affetto da trisomia 18, presentava diagnosi prenatale di CAV ed è andato incontro a MIF a 34 settimane; l’altro, con MIF a 40 settimane, presentava invece una grave e precoce restrizione della crescita, anomalie scheletriche e versamento pericardico e ipertrofia biventricolare migliorati nel corso della gravidanza. Le due morti in utero sono quindi avvenute per patologie diverse dalla cardiopatia.

Quattordici gravidanze si sono concluse con IVG: in metà di questi casi, era stata diagnosticata una forma sindromica, mentre negli altri 7 era stata diagnosticata una cardiopatia grave non correggibile a cuore biventricolare, complicata, in uno dei feti, da idrope.

Nei 7 feti sindromici, andati incontro ad IVG, sono stati osservati 3 casi di trisomia 21, 2 di trisomia 18, 1 caso di Sindrome d’Alagille ed un feto affetto da Sindrome di Matthew Wood. Quest’ultima patologia, molto rara, si associa a numerose anomalie. L’agenesia polmonare, la microftalmia e la restrizione di crescita sono i quadri che caratterizzano la malattia, tuttavia molto spesso il quadro sindromico comprende anche cardiopatie e difetti diaframmatici31.

4.5 DIAGNOSI SPECIFICA DI CARDIOPATIA E FORME SINDROMICHE

La probabilità di associazione con forme sindromiche si è mostrata più alta nei casi di CAV, che non per altre cardiopatie (75% vs 33%. p<0,01).

Circa un terzo dei casi di DIV sono stati riscontrati in feti sindromici. Due di questi erano affetti da aneuploidie, rispettivamente da trisomia 21 e da trisomia 18. Il terzo feto invece presentava un quadro sindromico complesso, comprendente anomalie come la Dandy Walker.

Anche 4 su 10 casi di Tetralogia di Fallot rientravano in contesti sindromici: trisomia 21; trisomia 18; Sindrome d’Alagille; VACTREL.

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Un caso di cardiomiopatia si è presentato in contesto sindromico, ancora non meglio specificato, con trasmissione autosomica recessiva ed associazione con rene policistico. Il quadro sindromico è stato confermato clinicamente, date le numerose morti perinatali con le stesse caratteristiche, osservate nella medesima ampia famiglia e con forte inbreeding.

Le uniche diagnosi per cui non erano presenti associazioni con forme sindromiche erano TGA e ipoplasie ventricolari (HLH e ipoplasia del ventricolo destro).

Anche tra le diagnosi raggruppate come “varie” nel seguente lavoro non erano presenti forme sindromiche.

4.6 CORRELAZIONE TRA I VALORI DI TRASLUCENZA NUCALE E DIAGNOSI POSTNATALE

Considerando le sole 37 pazienti in cui era stata effettuata nel primo trimestre la misurazione della traslucenza nucale, un aumento della stessa non appariva correlato al rischio di una particolare forma di CC. È invece da notare come una differenza statisticamente significativa si aveva tra le forme di cardiopatia sindromica e non sindromica: tra i 28 feti con NT <95° percentile, solo 3 (11%) avevano patologie sindromiche (trisomia 18, VACTREL ed una forma non meglio specificata); al contrario 4 tra i 9 feti con NT >95° percentile (44%) avevano un quadro sindromico (3 trisomie 21 ed una trisomia 18), (p<0,05) (Fig. n 7).

4.7 DIAGNOSI POST NATALE ED INTERVENTO CARDIOCHIRURGICO

Su 45 feti nati vivi, in un periodo di follow-up variabile da un minimo di tre mesi ad un massimo di 6 anni, soltanto 16 neonati sono stati sottoposti ad un intervento di cardiochirurgia, a cuore aperto o con metodiche endovascolari. Sono stati operati 3 su 4 nati vivi, affetti da CAV; 1 caso invece non ha subito trattamento, data la minor gravità dell’anomalia, valutata come CAV intermedio o incompleto.

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Tra i 5 feti, tutti nati vivi, affetti da TGA, 4 sono stati operati, mentre 1 non ha subito alcun trattamento, in quanto si trattava di un caso di TGA corretta.

L’unico feto, affetto da HLH e nato vivo, ha subito correzioni chirurgiche multiple.

Su 11 feti affetti da Fallot, di cui 7 nati vivi, 6 sono andati incontro ad intervento cardiochirurgico, mentre 1, data la minor gravità del quadro clinico, è stato solo sottoposto follow-up medico.

Solo 2 feti su 7 affetti da cardiopatia complessa sono nati vivi:

uno dei due ha subito duplice correzione chirurgica, data la diagnosi di CAV, situs ambiguus, ventricolo sinistro a doppia uscita e stenosi della polmonare; l’altro neonato invece, affetto da DIV, ipoplasia mitralica, bicuspidia aortica e lieve ipoplasia aortica senza restringimenti, non ha subito alcun tipo di trattamento chirurgico, ma è stato semplicemente inserito in un serrato follow-up cardiologico.

Infine, anche l’unico feto affetto da ipoplasia del ventricolo destro, nato vivo, è stato sottoposto ad intervento.

Al contrario 29 tra i 45 nati vivi, non hanno subito interventi chirurgici.

Le cardiomiopatie, come è noto, non hanno indicazione chirurgica e dunque non sono state trattate chirurgicamente (il caso più grave è deceduto a pochi minuti dal parto, l’altro è in follow-up).

I DIV non sono stati corretti chirurgicamente, ma solo monitorati nel tempo. Anche i neonati affetti da patologie cardiache classificate come “varie” non sono stati sottoposti a chirurgia, rientrando tutti in quadri di CC meno gravi e con miglior prognosi:

-2 casi con ipoplasia ventricolare destra lieve, di cui una con leggera insufficienza della tricuspide;

-1 caso con VCSS, secondo alcuni studi anomalia parafisiologica, e DIA; -1 caso con rabdomiomi multipli non associati a sclerosi tuberosa; -1 caso di lieve CoAo, non limitante la gittata cardiaca;

-1 caso di aneurisma del ventricolo sinistro con aritmie sopraventricolari associate, regredite dopo terapia medica;

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