Nei primi quattro casi descritti: mielocistocele, Sindrome da Regressione Caudale, lipomielomeningocele e iniencefalia, l’estremo cefalico fetale appariva normale. L’assenza dei segni della malformazione di Arnold Chiari in un feto affetto da disrafia spinale indirizza la diagnosi verso una forma chiusa.
Nel caso del mielocistocele, tuttavia, il difetto spinale non risultava coperto da cute.
L’aspetto ecografico della cisti che erniava attraverso la schisi vertebrale e la sede del difetto erano caratteristici del mielocistocele (6;17). In sede di ecografia di II livello era stata chiesta consulenza al neurochirurgo esperto in disrafismi spinali, che sulla base del referto ecografico aveva effettuato diagnosi di sospetto mielocistocele terminale.
Il mielocistocele terminale è classificato tra le forme di “disrafia spinale chiusa con massa sottocutanea” ed ha una prognosi decisamente migliore rispetto alle forme aperte (1).
Anche mediante la RMN fetale erano state riscontrate caratteristiche della lesione spinale che suggerivano la diagnosi di mielocistocele terminale, tuttavia il mielocistocele sembrava fuoriuscire attraverso un difetto di chiusura della cute.
Il sospetto che potesse trattarsi di una forma di disrafia aperta veniva supportato anche dagli elevati valori di AFP materna e dalla deformità e immobilità degli arti inferiori del feto.
La diagnosi di mielocistocele con difetto di chiusura della cute sovrastante successivamente venne confermato dall’autopsia. In letteratura non abbiamo incontrato nessun caso di mielocistocele “aperto”.
La collaborazione tra l’ecografista ostetrico e lo specialista esperto della malformazione diagnosticata migliora l’accuratezza della diagnosi, in modo particolare per le forme rare che anche l’ecografista esperto può trovarsi ad esaminare per la prima volta. L’ostetrico mediante l’ecografia può rilevare la presenza di segni di malformazione che lo specialista è in grado di interpretare al fine di giungere ad una diagnosi prenatale accurata.
Il secondo caso che abbiamo descritto è una forma tipica di Sindrome da Regressione Caudale associata a Diabete Mellito scompensato. L’ecografia era riuscita a diagnosticare correttamente l’agenesia del tratto distale del rachide lombare e del sacro, documentando la brusca interruzione della colonna a livello lombare. La RMN fetale è risultata utile come conferma diagnostica mediante la dimostrazione dell’interruzione del midollo spinale a livello del tratto dorsale inferiore. Studi recenti suggeriscono la possibilità di visualizzare il midollo spinale anche mediante l’ecografia, tuttavia nel nostro caso l’obesità materna limitava pesantemente la trasmissibilità degli ultrasuoni e la qualità delle immagini ecografiche (15).
In presenza di condizioni che ostacolano l’esame ecografico: obesità e oligoidramnios, la RMN, non essendo influenzata da questi due fattori, consente di rilevare particolari utili alla diagnosi (29).
Nel terzo caso, nel contesto della Sindrome da Regressione Caudale era presente un lipomielomeningocele. Sebbene non esistano caratteristiche ecografiche patognomoniche per il lipomielomeningocele, tanto che nella maggior parte dei casi risulta indistinguibile dal mielomeningocele, nel nostro caso i bordi spessi della cisti e la presenza di tessuto iperecogeno intorno alla cisti erano suggestive per lipomielomeningocele. Con la RMN fetale venne confermata la diagnosi di lipoma all’interno del canale spinale e fu possibile dimostrare la presenza del filum terminale ancorato ad esso.
Nelle “disrafie spinali chiuse con massa sottocutanea” la RMN fetale fornisce informazioni aggiuntive sulla caratterizzazione della massa sottocutanea e l’eventuale presenza di Midollo Ancorato, migliorando l’accuratezza diagnostica rispetto all’impiego esclusivo dell’ecografia (11-14;29).
La RMN ha, inoltre, consentito di sospettare l’atresia anale, la cui diagnosi non è possibile ecograficamente.
L’ecografia ostetrica risulta decisamente superiore alla RMN fetale nel diagnosticare una schisi vertebrale, ad epoche gestazionali precoci. Nel caso dell’iniencefalia con disrafia cervicale chiusa senza massa sottocutanea (caso n.4), la RMN aveva confermato l’anomala curvatura della colonna vertebrale e la normalità delle strutture intracraniche, ma in accordo con i limiti intrinseci della metodica non era riuscita a rilevare la schisi delle prime vertebre cervicali. In questo caso la diagnosi è stata effettuata mediante ecografia tridimensionale. Con l’ecografia bidimensionale a causa della posizione fissa della testa fetale sarebbe stato impossibile ottenere i piani di scansione idonei a dimostrare la presenza delle vertebre cervicali e la schisi vertebrale (29).
La tecnica 3D aumenta le potenzialità diagnostiche dell’ecografia mediante la rappresentazione multiplanare della regione di interesse e la possibilità di rielaborare le immagini, in modo da ottenere le proiezioni desiderate anche quando il feto assume delle posizioni fisse sfavorevoli per l’indagine ecografica bidimensionale (24-25).
Nel caso della Malformazione di Chiari III l’ecografia è stata in grado di diagnosticare correttamente il difetto di chiusura dell’osso occipitale, la schisi dell’arco posteriore delle prime vertebre cervicali, il meningoencefalocele occipitale e sospettare la dislocazione del cervelletto. La RMN ha completato la diagnosi dimostrando l’inginocchiamento del bulbo dell’encefalo, struttura che non può essere studiata ecograficamente.
Recenti studi hanno dimostrato che la RMN fetale ha eccellenti capacità di valutazione delle malformazioni del SNC ed in particolare delle strutture della fossa cranica posteriore e della giunzione occipito-cervicale (29).
In conclusione, conoscere l’esistenza di forme rare di disrafismi spinali consente di sospettare la presenza della malformazione anche in assenza dei segni ecografici della forma classica di spina bifida aperta. La collaborazione con il neurochirurgo consente l’interpretazione delle immagini ecografiche ed è fondamentale per il raggiungimento di una diagnosi precisa anche di forme rare. Il ricorso alla RMN fetale può, in casi selezionati, aggiungere informazioni diagnostiche. Più la valutazione ecografica è dettagliata ed accurata, più è precisa la diagnosi. Quanto più è precisa la diagnosi, tanto maggiore sarà la precisione e la ricchezza delle informazioni che possono essere fornite ai genitori del feto affetto, in merito alla prognosi postnatale.