La chemioterapia neoadiuvante, detta anche preoperatoria (CTpre), è diventata un metodo di trattamento ben consolidato per pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato, ma anche per quelli in stadio iniziale (operabili ab inizio) con elevati fattori di rischio di metastasi a distanza e per i quali si possa individuare un vantaggio chirurgico derivante da una sottostadiazione della malattia. Grazie ai precoci e promettenti risultati ottenuti, la chemioterapia neoadiuvante è diventata una parte importante delle strategie terapeutiche multimodali per i carcinomi mammari avanzati e per i carcinomi infiammatori. Inizialmente si pensava che il vantaggio clinico della chemioterapia neoadiuvante fosse unicamente quello di determinare un restringimento della massa tumorale col fine di migliorarne l’operabilità, convertire l’intervento da mastectomia a chirurgia conservativa, ottimizzando inoltre il risultato estetico. Negli anni, invece, il proposito della chemioterapia neoadiuvante è shiftato dal downstaging del tumore primario e/o delle metastasi ascellari, alla ricerca di regimi terapeutici in grado di aumentare il tasso di risposta patologica completa (pCR), con lo scopo di valutare la biologia del tumore e la responsività alla terapia in vivo.
Nel complesso, i dati non supportano l’ipotesi che la CTpre sia associata ad una migliore sopravvivenza: overall survival (OS) and disease-free survival (DFS) sono risultati essere statisticamente simili nei due trattamenti (CTadiuvante vs CTneoadiuvante). Diversi studi hanno evidenziato una
correlazione tra miglioramento della sopravvivenza e raggiungimento di una pCR, incoraggiando a considerare quest’ultima come marker surrogato dei benefici della CTpre. Tuttavia considerare la pCR come end-point finale pone dei limiti; i differenti trial clinici hanno riportato tassi di pCR ampi e bisogna essere cauti nell’interpretazione dei risultati poiché, per esempio, in alcuni di questi studi è stata data una diversa definizione di risposta patologica completa.
Il trial National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP) B-187 nel quale
1523 pazienti con carcinoma mammario cT1-3 N0-1 furono randomizzate a ricevere 4 cicli di ciclofosfamide e doxorubicina (AC) prima o dopo chirurgia, ha riportato diversi tassi di pCR nel gruppo della chemioterapia neoadiuvante in relazione alla
definizione che ne veniva data:
• pCR definita come assenza di residuo tumorale al livello mammario (ypT0) 9%
• pCR definita come assenza di carcinoma invasivo a livello mammario (ypT0/is) 13%
Lo stesso studio ha valutato il tasso di negativizzazione della malattia ascellare all’esame anatomopatologico; in questo caso si raggiungeva un più alto tasso di pCR, pari al 44%. Nel successivo protocollo B-2712, l’aggiunta di 4 cicli di taxotere
al regime AC, determina un aumento del tasso di pCR dal 13 al 26%; DFS e OS continuano a non essere significativamente diverse.
Gianni et al14 hanno condotto uno studio randomizzato su 1355 pazienti con
carcinoma mammario cT2-3 N0-1: nelle pazienti sottoposte a doxorubicina e paclitaxel in regime neoadiuvante, se si considera la definizione di pCR come assenza di residuo neoplastico sia a livello mammario che a livello ascellare (ypT0N0) la pCR risulta essere del 20%; se, invece, si considera la definizione di pCR come assenza di residuo neoplastico solo a livello mammario la percentuale sale al 23%.
Come sottolinea Cortazar et al21 nello studio CTNeoBC (The Collaborative Trials in
Neoadjuvant Breast Cancer), una meta-analisi condotta su 12 studi randomizzati, il tasso di risposta patologica completa diminuisce restringendo la definizione di pCR, per cui risultava essere: 22% nei pazienti ypT0/is, 18% nei pazienti ypT0/is N0, 13% nei pazienti ypT0 N0.
Nella coorte in studio all’interno di questo lavoro di tesi, i pazienti con carcinoma mammario cT1-4 N0-3, sono stati sottoposti ad epirubicina, ciclofosfamide, taxolo e trastuzumab (per gli Her2+), per circa 12 settimane. La pCR, definita come assenza di residuo invasivo al livello del tumore primitivo, si è ottenuta in 104 pazienti su 296, equivalente ad un tasso del 35% circa; se invece consideriamo la pCR come assenza di residuo mammario ed ascellare (ypT0/is N0) il tasso scende a 28,04% (83 su 296 casi). Come Cortazar et al, abbiamo osservato tassi di pCR (ypT0/is N0) superiori nei pazienti con immunofenotipi considerati più aggressivi: luminal B
HER2+ (43,85%), HER2+ (58,33%) e tripli negativi (33,33%) (grafico 1). I tassi di pCR osservati nei Luminal A e nei Luminal B HER 2- sono stati rispettivamente del 6,5% e dell’11,47%.
Allo stesso modo Colleoni et all33 hanno dimostrato una pCR superiore per gli
immunofenotipi non esprimenti recettori per estrogeni e progesterone. Il tasso di pCR per i pazienti con carcinomi esprimenti il recettore per il fattore di crescita epidermico HER2+ può arrivare fino al 65% e fino all’85% nel caso di carcinomi tripli negativi37,121. Questo potrebbe essere determinato da un tasso di proliferazione
maggiore osservabile in questi immunofenotipi, che garantisce una migliore risposta alla chemioterapia.
La standardizzazione della definizione della pCR potrebbe consentire una migliore pianificazione ed interpretazione dei futuri studi clinici neoadiuvanti, destinati anche a supportare l’approvazione dei regimi terapeutici. La definizione ypT0N0 è più rigorosa, ma il suo utilizzo potrebbe portare a frequenza ridotte di risposta patologica completa.
Il raggiungimento della pCR a livello linfonodale nel regime neoadiuvante è del 30- 40% come già annunciato nel NSABP B-18, raggiungendo tassi del 70%47 negli
immunofenotipi triplo negativo ed HER2+. Anche in questo caso i dati registrati nella
0 10 20 30 40 50 60 70
Luminal A Luminal B Her- Luminal B Her2 + Her 2+ Triplo negativo
pC
R CTNeoBC
Studio
Grafico 1: confronto tra i tassi di pCR ottenuti nella metanalisi CTNeoBC e la coorte in studio in relazione ai diversi immunofenotipi.
coorte in studio concordano con quelli presenti in letteratura80 (grafico 2): • Luminal A 26,31% • Luminal B HER2- 23,07% • Luminal B HER2+ 72,7% • HER2+ 76,66% • Triplo negativo 60%
Complessivamente, la pCR linfonodale è stata raggiunta dal 47,5% dei casi con ascella clinicamente positiva; solo nel 15,52% osserviamo ypN2 (da 4 a 9 linfonodi metastatici) e nel 9,5% dei casi ypN3 (più di 10 linfonodi metastatici). In una review, pubblicata nel 2008 da Rastogi et all12, è stato valutato l’outcome a lungo termine
delle pazienti trattate nel protocollo B-18 e B-27: quando non è stata raggiunta la pCR a livello mammario, la DFS a 8 anni di distanza è risultata del 70% nelle pazienti con linfonodi negativi alla diagnosi e del 40% nelle pazienti con 4-9 linfonodi metastatici. Questi dati dimostrano come l’ottenimento di una pCR a livello mammario e linfonodale dopo CTpre predice chiaramente un outcome favorevole a lungo termine.
La chemioterapia neoadiuvante è, quindi, in grado di ridurre l’incidenza di malattia linfonodale clinicamente positiva e si ritiene che migliorando progressivamente la
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Luminal A Luminal B Her2- Luminal B Her2+ Her2+ Triplo negativo pCR
selezione dei pazienti da candidare a CTpre e le terapie targeted, il tasso di pCR linfonodale sia destinato a salire.
Da questi dati emerge la necessità di determinare la risposta alla CTpre anche subset di pazienti con ascella clinicamente positiva alla diagnosi. Tuttavia i dati di letteratura riportano tassi di identificazione e di falsi negativi della tecnica della biopsia del linfonodo sentinella, molto eterogenei ed alcuni addirittura proibitivi. Il trial ACOSOG Z1071122 riporta un IR del 92,9%; il tasso di falsi negativi varia in
relazione alla tecnica: se vengono prelevati 2 SLNs è pari al 12,6% (riducendosi progressivamente prelevando più di 3 SLNs); la differenza si fa significativa in relazione all’uso di uno o due traccianti (20,3% vs 10,8%). In maniera simile il trial SENTINA109 riporta un IR di 80,1% e un FNR pari a 14,2%, che si riduce a 9,6% se
vengono prelevati più di 2 SLNs e a 8,6% utilizzando un doppio tracciante per l’identificazione.
Il trial canadese SN FNAC study111 ha utilizzato, per l’analisi anatomopatologica del
linfonodo sentinella, colorazione E/E e nel caso di negatività del SLN, questo veniva ulteriormente analizzato con tecnica IHC. L’IR del SLN fu dell’87,7% e l’FNR di 8,4%; se i linfonodi con metastasi inferiori a 0,2mm, fossero stati considerati negativi, l’FNR sarebbe aumentato a 13,3%. Un risultato molto importante del trial SN FNAC è l’aver considerato come positivi anche i linfonodi micrometastatici o contenenti cellule tumorali isolate, che ha permesso di raggiungere un FNR inferiore al 10%.
Le tecniche più all’avanguardia ed in studio ancora tutt’oggi, quale l’uso di semi radioattivi o clip posizionate nei linfonodi clinicamente positivi prima di sottoporre la paziente a CTpre, mostrano tassi di falsi negativi inferiori al 7%118-120. L’ALND in
questo subset di pazienti rimane attualmente il gold standard e le pazienti cN1-2 della coorte in studio, sono state difatti trattate secondo questo principio. Tuttavia, la SLNB post CTpre pare essere più ampiamente utilizzata e l’evoluzione delle tecniche fa ben sperare; continuando in questa direzione, 30-40% delle pazienti potrà evitare le sequele di una ALND, senza un peggioramento dell’outcome.
Il ruolo della SLNB dopo chemioterapia neoadiuvante nelle pazienti con linfonodi clinicamente negativi alla diagnosi è ampiamente stabilito; il suo timing, invece,
risulta tutt’ora dibattuto in ragione di una riduzione di IR ed un aumento dei FNR quando la SLNB viene effettuata dopo la CTpre. Diversi studi sono stati condotti negli anni al fine di validare l’affidabilità del linfonodo sentinella nel predire lo stato linfonodale. Il trial NSABP B-2712 ha dimostrato un IR pari a 84,8%, che aumentava
nel caso in cui veniva utilizzato radiocolloide quale sonda, rispetto ai casi in cui veniva utilizzato solo il lymphazurin (isosolfan blue), 88,9% vs 78,1%. Nella metanalisi condotta da Xing et al92si riporta una sensibilità della SLNB di circa l’88%
ed un IR del 91% circa; Hunt et al102 riporta invece un IR del 97,5%.
Nei pazienti cN0 della coorte in studio il tasso di identificazione del SLN è risultato essere del 100% per il gruppo “probe” e del 95,5% nel gruppo “probe+blu” contrariamente a quanto ci aspetteremmo; tuttavia usando il Test esatto di Fisher si ottiene una p non significativa ed il campione è considerato esiguo per poter avvalorare una delle due ipotesi.
Dall’introduzione della tecnica del linfonodo sentinella nella pratica chirurgica, queste due tecniche sono state saggiate in diversi trial. Nel 1994 Giuliano et all55,
utilizzando isosolfan blue dye (Lymohazurin) come reagente per individuare il SLN, ottiene un IR del 66%. Krag et all77 utilizzando il solo radiocolloide ottiene un IR del
93%, mentre Veronesi et all123 riporta un IR del 98% ed un FNR del 7% utilizzando
la stessa tecnica. La combinazione delle due metodiche è stata per la prima volta riportata da Albertini et all124 ed ha mostrato un IR del 92%.
Per quanto riguarda la coorte in studio, osservando i dati ottenuti dall’identificazione del SLN tramite doppia sonda, si nota che in diversi casi (10 su 22) abbiamo linfonodi sentinella che vengono identificati solamente da una delle due metodiche. In particolare in 6 casi su 22 abbiamo SLN che si colorano col blue patent ma che non vengono rintracciati dalla sonda probe e che andrebbero altrimenti persi, col rischio di aumentare il tasso di falsi negativi. Le stesse osservazioni sono state poste da Derossis et all61 all’interno di un trial volto a saggiare le due metodiche; il
più forte supporto a questa ipotesi è sostenuto dallo studio condotto da McMasters62, nel quale è stato osservato come su 806 SLNB svolte da 99 chirurghi,
il tasso di falsi negativi fosse minore nel gruppo in cui veniva utilizzato il doppio tracciante (5,8%) rispetto al gruppo con singolo tracciante (11,8%). Se ogni tecnica con singolo tracciante fosse sufficiente, non avrebbe alcun senso utilizzarne due e
Derossis ci fa notare come, in realtà, gli esperti nei loro studi individuali abbiano riportato tassi di IR e FNR eccellenti, ma che questi non siano rappresentativi dei dati collettivi riportati in letteratura. In particolare Giuliano e Krag hanno riportato IR fino al 93% col solo lymphazurin e nessun falso negativo, mentre i dati collettivi presenti in letteratura riportano un 81% di successi e FNR pari al 9%125. Allo stesso
modo i dati collettivi presenti in letteratura riportano un IR del 92% e FNR del 7% per quanto riguarda l’uso del solo tracciante radioattivo.
Ritornando alla coorte in studio nel Centro Senologico dell’AOUP, bisogna comunque fare un’ulteriore osservazione: nel gruppo “probe+blu” abbiamo osservato una paziente in cui il linfonodo sentinella non veniva rintracciato da nessuno dei due marcatori, ma ritenuto dubbio all’osservazione. È importante infatti notare come il tasso di identificazione dei linfonodi sentinella rifletta l’esperienza del chirurgo e che, anche l’abitudine ad una delle due tecniche, migliori l’IR64. Il caso
che non ha recepito nessun tracciante, non lo avrebbe recepito a maggior ragione se ne avessimo usato uno solo. Quindi, le due tecniche, non vanno messe in “competizione tra loro”, perché si riferiscono comunque a pazienti diversi. Lo studio oggetto della tesi non vuole distinguere tra l’utilizzo di una o dell’altra tecnica, ma valutare se con due traccianti e 3 linfonodi prelevati si abbia una performance in linea con i dati di letteratura.
CONCLUSIONI
La chemioterapia preoperatoria è stata ampiamente accettata per il trattamento del carcinoma mammario, diventando uno standard per i pazienti con carcinoma localmente avanzato, tumori di grandi dimensioni inoperabili, carcinomi infiammatori ed alcuni sottotipi biologici. Ha il vantaggio di determinare un downstaging del tumore, consentendo la conversione della mastectomia in chirurgia conservativa e forse, riducendo la necessità di dissezione linfonodale ascellare. Complessivamente, la terapia preoperatoria è equivalente alla chemioterapia adiuvante per OS e DFS; oltre alla dimostrazione di una risposta patologica completa (pCR) come surrogato di OS e DFS nel rilevamento di un effetto del trattamento, la chemioterapia preoperatoria può essere utile per saggiare in vivo il trattamento chemioterapico. Lo sviluppo e la validazione di marcatori predittivi di risposta alla chemioterapia neoadiuvante saranno fondamentali per ottenere un beneficio ottimale da questo setting.
Per diversi anni, il trattamento standard dell’ascella dopo CTpre è stata la dissezione linfonodale ascellare (ALND). Nelle pazienti con ascella clinicamente negativa alla diagnosi, la SLNB post CTpre raggiunge valori di IR compresi tra 85 e 97,5% e di FNR inferiori a 10%, simili a quelli riportati in pazienti sottoposte a chirurgia in prima battuta. Per cui in questo subset di pazienti con carcinoma mammario early stage (T1-T2) in assenza di malattia linfonodale (N0), la SLNB ha sostituito la ALND come standard di trattamento chirurgico. Il Centro Senologico
dell’AOUP, con il trial sperimentale oggetto di studio in questa tesi, ha voluto dimostrare come i tassi di identificazione del linfonodo sentinella tramite l’utilizzo del doppio tracciante (95,5%), sono in linea con quelli presenti in letteratura.
Nelle pazienti con ascella clinicamente positiva alla diagnosi, sottoposte a CTpre, la risposta patologica completa a livello ascellare si è osservata nel 30-40% dei casi, con aumento dei tassi di pCR per gli HER2+ ed i tripli negativi. Questi pazienti potrebbero essere candidati a biopsia del linfonodo sentinella (SLNB), piuttosto che a ALND, con risparmio di morbilità a breve e lungo termine. Gli studi iniziali riportavano un tasso di falsi negativi, per questa tecnica, del 20-27%. Tre studi
prospettici, l’ACOSOG Z0171, il SENTINA e l’SN FNAC hanno ottenuto tassi di identificazione del linfonodo sentinella dell’80-90% e FNR inferiore al 10% quando viene utilizzato il doppio tracciante, vengono prelevati almeno 2-3 SLNs e questi considerati positivi anche in presenza di cellule tumorali isolate. Per ridurre ulteriormente il tasso di falsi negativi, sono al momento in studio ulteriori tecniche che prevedono l’uso di clip e semi radioattivi posizionati in ascella alla diagnosi e che dovrebbero aumentare l’accuratezza della SLNB post CTpre.
La rilevanza della malattia linfonodale residua post CTpre, la necessità di ALND nelle pazienti che si negativizzano ed il ruolo della radioterapia nella regione linfonodale ascellare in caso di pCR, rappresentano le sfide attuali. Dato che sempre più pazienti vengono indirizzate a trattamento neoadiuvante per carcinoma mammario e grazie all’aumento dei tassi di pCR ottenuti, i trattamenti loregionali basati sulla risposta patologica diventano estremamente importanti. La capacità di identificare le pazienti con pCR ascellare post CTpre è importante, non solo per determinare quali pazienti necessiteranno di terapie adiuvanti, ma soprattutto per risparmiare le morbilità a breve e lungo termine di cui è responsabile la ALND.
BIBLIOGRAFIA
1. AIOM AIdOM. Linee guida. Neoplasie della mammella: AIOM; 2016.
2. Perou CM, Sorlie T, Eisen MB, et al. Molecular portraits of human breast tumours.
Nature 2000; 406(6797): 747-52.
3. Goldhirsch A, Winer EP, Coates AS, et al. Personalizing the treatment of women with early breast cancer: Highlights of the st gallen international expert consensus on the primary therapy of early breast Cancer 2013. Annals of Oncology 2013; 24(9): 2206-23. 4. Wong NS, Anderson BO, Khoo KS, et al. Management of HER2-positive breast cancer in Asia: consensus statement from the Asian Oncology Summit 2009. The Lancet
Oncology 2009; 10(11): 1077-85.
5. Edge S, Byrd DR, Compton CC, Fritz AG, Greene FL, Trotti A. AJCC Cancer Staging Handbook: From the AJCC Cancer Staging Manual. New York: Springer; 2010.
6. Swain SM, Sorace RA, Bagley CS, et al. Neoadjuvant chemotherapy in the combined modality approach of locally advanced nonmetastatic breast cancer. Cancer
Res 1987; 47(14): 3889-94.
7. Fisher B, Brown A, Mamounas E, et al. Effect of preoperative chemotherapy on local-regional disease in women with operable breast cancer: findings from National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project B-18. Journal of clinical oncology : official
journal of the American Society of Clinical Oncology 1997; 15(7): 2483-93.
8. Sachelarie I, Grossbard ML, Chadha M, Feldman S, Ghesani M, Blum RH. Primary systemic therapy of breast cancer. The oncologist 2006; 11(6): 574-89.
9. Fisher B, Gunduz N, Coyle J, Rudock C, Saffer E. Presence of a growth-stimulating factor in serum following primary tumor removal in mice. Cancer Res 1989; 49(8): 1996- 2001.
10. Holmgren L, O'Reilly MS, Folkman J. Dormancy of micrometastases: balanced proliferation and apoptosis in the presence of angiogenesis suppression. Nat Med 1995;
1(2): 149-53.
11. Donker M, van Tienhoven G, Straver ME, et al. Radiotherapy or surgery of the axilla after a positive sentinel node in breast cancer (EORTC 10981-22023 AMAROS): a randomised, multicentre, open-label, phase 3 non-inferiority trial. The Lancet Oncology 2014; 15(12): 1303-10.
12. Rastogi P, Anderson SJ, Bear HD, et al. Preoperative chemotherapy: updates of National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project Protocols B-18 and B-27. Journal of
clinical oncology : official journal of the American Society of Clinical Oncology 2008; 26(5):
778-85.
13. van der Hage JA, van de Velde CJ, Julien JP, Tubiana-Hulin M, Vandervelden C, Duchateau L. Preoperative chemotherapy in primary operable breast cancer: results from the European Organization for Research and Treatment of Cancer trial 10902. Journal of
clinical oncology : official journal of the American Society of Clinical Oncology 2001; 19(22): 4224-37.
14. Gianni L, Baselga J, Eiermann W, et al. Feasibility and tolerability of sequential doxorubicin/paclitaxel followed by cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil and its effects on tumor response as preoperative therapy. Clinical cancer research : an
official journal of the American Association for Cancer Research 2005; 11(24 Pt 1): 8715-
15. Mauri D, Pavlidis N, Ioannidis JP. Neoadjuvant versus adjuvant systemic treatment in breast cancer: a meta-analysis. Journal of the National Cancer Institute 2005; 97(3): 188-94.
16. Hennigs A, Riedel F, Marme F, et al. Changes in chemotherapy usage and outcome of early breast cancer patients in the last decade. Breast cancer research and treatment 2016; 160(3): 491-9.
17. Yeh E, Slanetz P, Kopans DB, et al. Prospective comparison of mammography, sonography, and MRI in patients undergoing neoadjuvant chemotherapy for palpable breast cancer. AJR American journal of roentgenology 2005; 184(3): 868-77.
18. Morrow M, Waters J, Morris E. MRI for breast cancer screening, diagnosis, and treatment. Lancet 2011; 378(9805): 1804-11.
19. Sheikhbahaei S, Trahan TJ, Xiao J, et al. FDG-PET/CT and MRI for Evaluation of Pathologic Response to Neoadjuvant Chemotherapy in Patients With Breast Cancer: A Meta-Analysis of Diagnostic Accuracy Studies. The oncologist 2016; 21(8): 931-9.
20. von Minckwitz G, Untch M, Blohmer JU, et al. Definition and impact of pathologic complete response on prognosis after neoadjuvant chemotherapy in various intrinsic breast cancer subtypes. Journal of clinical oncology : official journal of the American
Society of Clinical Oncology 2012; 30(15): 1796-804.
21. Cortazar P, Zhang L, Untch M, et al. Pathological complete response and long-term clinical benefit in breast cancer: the CTNeoBC pooled analysis. Lancet 2014; 384(9938): 164-72.
22. Fisher ER, Gregorio RM, Fisher B, Redmond C, Vellios F, Sommers SC. The pathology of invasive breast cancer. A syllabus derived from findings of the National Surgical Adjuvant Breast Project (protocol no. 4). Cancer 1975; 36(1): 1-85.
23. Katz A, Saad ED, Porter P, Pusztai L. Primary systemic chemotherapy of invasive lobular carcinoma of the breast. The Lancet Oncology 2007; 8(1): 55-62.
24. Porter PL, El-Bastawissi AY, Mandelson MT, et al. Breast tumor characteristics as predictors of mammographic detection: comparison of interval- and screen-detected cancers. Journal of the National Cancer Institute 1999; 91(23): 2020-8.
25. Molland JG, Donnellan M, Janu NC, Carmalt HL, Kennedy CW, Gillett DJ. Infiltrating lobular carcinoma--a comparison of diagnosis, management and outcome with infiltrating duct carcinoma. Breast (Edinburgh, Scotland) 2004; 13(5): 389-96.
26. Boughey JC, Wagner J, Garrett BJ, et al. Neoadjuvant chemotherapy in invasive lobular carcinoma may not improve rates of breast conservation. Annals of surgical
oncology 2009; 16(6): 1606-11.
27. Cristofanilli M, Gonzalez-Angulo A, Sneige N, et al. Invasive lobular carcinoma classic type: response to primary chemotherapy and survival outcomes. Journal of clinical
oncology : official journal of the American Society of Clinical Oncology 2005; 23(1): 41-8.
28. Purushotham A, Pinder S, Cariati M, Harries M, Goldhirsch A. Neoadjuvant