UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove
Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia
Evoluzione del trattamento dell’ascella nei pazienti
con carcinoma mammario sottoposti a chemioterapia
preoperatoria
Anno accademico 2016/2017
Relatore
Chiar.ma Prof.ssa Manuela Roncella
Candidato
Angela Consagra
ABSTRACT ... 5
1. INTRODUZIONE ... 7
1.1 Epidemiologia del carcinoma mammario ... 7
1.2 Classificazione molecolare e profili genici ... 8
1.3 Stadiazione clinica del carcinoma mammario ... 9
1.3.1 Classificazione TNM clinica ... 10
1.4 La chemioterapia neoadiuvante nel carcinoma mammario ... 12
1.4.1 CT neoadiuvante versus CT adiuvante ... 14
1.4.2 Diagnostica prima, durante e dopo CTpre ... 16
1.4.3 Risposta patologica completa ... 17
1.4.4 Impatto del sottotipo istologico sulla risposta alla CTpre ... 19
1.4.5 Predittori biologici di risposta alla chemioterapia neoadiuvante ... 21
1.4.6 La chirurgia nel carcinoma mammario sottoposto a CTpre ... 22
2. LA BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA NEL TRATTAMENTO NEOADIUVANTE ... 25
2.1 Introduzione ... 25
2.1.1 Storia della SLNB nel carcinoma mammario... 26
2.1.2 Aspetti tecnici della SLNB ... 27
2.1.3 Indicazioni e controindicazioni alla SLNB... 29
2.2 Stadiazione della regione linfonodale ascellare ... 31
2.2.1 Pazienti con ascella clinicamente negativa... 31
2.2.2 Pazienti con ascella clinicamente positiva ... 34
2.3 La biopsia del linfonodo sentinella nel setting neoadiuvante ... 35
2.3.1 Timing della SLNB nella chemioterapia neoadiuvante ... 36
2.3.2 SLNB post chemioterapia neoadiuvante ... 38
3. MATERIALI E METODI ... 54
3.1 Risultati ... 56
3.1.1 Pazienti cT1-4 cN1-3 ... 58
3.1.2 Pazienti cT1-3 cN0 ... 62
4. DESCRIZIONE DETTAGLIATA DEL TRIAL SPERIMENTALE ... 64
5. DISCUSSIONE ... 67
CONCLUSIONI ... 74
A tutte le donne della mia vita ed a quelle che incontrerò sulla mia strada
ABSTRACT
Il trattamento dell’ascella nelle pazienti affette da carcinoma mammario, fino alla metà degli anni ’90 consisteva nella dissezione linfonodale ascellare (ALND), effettuata a scopo curativo e stadiativo, necessario per programmare ulteriori terapie adiuvanti. In considerazione delle morbilità a breve e lungo termine ad essa associate, è stata messa in discussione. Da anni risulta ormai consolidata la tecnica della biopsia del linfonodo sentinella (SLNB), che permette di ottenere un’accurata valutazione dello stato linfonodale e informazioni stadiative, senza l’invasività della dissezione.
La chemioterapia neoadiuvante è oggi ampiamente accettata come trattamento del carcinoma mammario con effetti paragonabili a quelli del trattamento adiuvante in termini di overall survival e disease-free survival. Inizialmente introdotta per rendere resecabili carcinomi localmente avanzati, ha però ulteriori importanti vantaggi: saggiare la chemiosensibilità del tumore in vivo (risposta patologica alla chemioterapia come surrogato di prognosi), ridurre la malattia micrometastica e aumentare il numero di pazienti che possono giovarsi di una chirurgia conservativa della mammella. Diversi studi hanno dimostrato che la chemioterapia neoadiuvante è in grado di determinare un downstage, non solo del tumore primitivo, ma anche della malattia linfonodale ascellare, con un tasso di risposta patologica completa del 30-40%. La SLNB ha sostituito la ALND nelle pazienti con ascella clinicamente negativa alla diagnosi e la possibile sua estensione al sottogruppo di pazienti con ascella clinicamente positiva all’inizio con risposta strumentale in sede ascellare, è argomento attuale.
Nella mia tesi di laurea ho valutato il trattamento dell’ascella in 283 pazienti sottoposti a chemioterapia neoadiuvante, tra il 2012 ed il 2017, nella Breast Unit di Pisa. Dai primi mesi del 2016, il Centro Senologico dell’AOUP ha eseguito la SLNB su 22 pazienti con ascella clinicamente negativa, secondo le condizioni poste dal trial sperimentale oggetto di studio in questa tesi, ed i cui dati sono stati confrontati con quelli riportati in letteratura.
I 283 pazienti sono stati divisi in due gruppi in relazione alla presentazione clinica dell’ascella e, quindi, al diverso trattamento che le linee guida impongono.
In entrambi i gruppi, sono stati dimostrati i benefici della chemioterapia neoadiuvante sul trattamento chirurgico del tumore primitivo e della regione
ascellare. I risultati, in linea con quelli presenti in letteratura, fanno ben sperare in una chirurgia sempre meno invasiva e nella conseguente riduzione delle morbilità da essa determinate.
1. INTRODUZIONE
1.1 Epidemiologia del carcinoma mammario
Il carcinoma mammario, non considerando i carcinomi cutanei, è la neoplasia più diagnosticata nel sesso femminile: un tumore maligno ogni tre, è un carcinoma della mammella.
La malattia presenta un’ampia variabilità geografica, con tassi più alti, fino a 10 volte nei Paesi economicamente più avanzati.
L’ISTAT ha stabilito che, anche per il 2014, il carcinoma della mammella ha rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne, con 12201 decessi, ponendolo al primo posto anche nelle diverse fasce d’età.
Complessivamente in Italia vivono 692.955 donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario, pari al 41% di tutte le donne che convivono con una pregressa diagnosi di tumore e pari al 23% di tutti i casi prevalenti (uomini e donne).
Dalla fine degli anni Novanta, si è assistito ad un progressivo incremento della prevalenza conseguente ad un aumento di incidenza (diffusione dei programmi di screening) e ad una riduzione della mortalità (1,3% annuo), attribuibile a diagnosi precoce e progressi terapeutici.
La sopravvivenza relativa a 5 anni dalla diagnosi, any stage, indipendentemente da altre comorbidità, è in moderato e costante aumento, attestandosi all’87% per il triennio 2005-20071.
1.2 Classificazione molecolare e profili genici
Il carcinoma della mammella è una malattia piuttosto eterogenea e pazienti con tumori apparentemente simili in ambito clinico-patologico, possono tuttavia avere un decorso clinico diverso.
Nella pratica clinica, la valutazione dello stato dei recettori ormonali, del Ki67 e dell’espressione di HER2, permette di individuare sottogruppi fenotipici che hanno rilevanza clinica ed implicazioni terapeutiche importanti, ad esempio a livello di terapie neoadiuvanti ed adiuvanti.
Dal 2000, grazie al lavoro di Perou2, studi di biologia molecolare hanno rivelato una
certa complessità all’interno dei profili tumorali. Sono stati individuati almeno 4 sottotipi molecolari intrinseci:
•“Luminal A”: neoplasie con espressione dei recettori ormonali, a prognosi favorevole;
•“Luminal B”: neoplasie che, pur possedendo l’espressione dei recettori ormonali, hanno un rischio di recidiva più elevato, a causa dell’elevato indice proliferativo correlato ad alta espressione dei geni di proliferazione;
•“HER2-enriched (HER2-E)”: presenza di espressione di HER2;
•“Basal-like”: neoplasie caratterizzate dall’assenza di espressione dei recettori ormonali e di HER2 e da un’aumentata espressione delle citocheratine (mioepiteliali) basali (CK5/6 e CK 17).
A causa dell’eterogeneità biologica del carcinoma HER2+, nella pratica clinica, come visto, il sottotipo è stato ulteriormente diviso nella categoria “Luminal B/HER2 positivo” (se recettori ormonali positivi) e nella categoria “HER-2+” (se recettori ormonali negativi)3.
Nella pratica clinica, la valutazione immunoistochimica dello stato dei recettori ormonali, del Ki67 e di HER2, permette di identificare i 4 sottogruppi fenotipici di carcinoma mammario che presentano una “relativa” corrispondenza con i 4 profili di espressione genica.
I gruppi immunofenotipici di rilevanza clinica e con implicazioni terapeutiche importanti, anche a livello di terapia adiuvante e neoadiuvante, sono:
• Luminali A: recettori ormonali positivi, HER2 negativo e bassa attività proliferativa (cut off 20% e non più 14% come riportato nella Consensus 20094).
• Luminali B/HER2 negativi: recettori ormonali positivi, HER2 negativo ed alta attività proliferativa.
• Luminali B/HER2 positivi: recettori ormonali positivi, HER2 sovraespresso (score 3+ delle reazioni di immunoistochimica) o amplificato, qualsiasi valore di attività proliferativa.
• HER2 positivi (non luminali): HER2 sovraespresso (score 3+ delle reazioni di immunoistochimica) o amplificato (FISH o altre metodiche) ed entrambi i recettori ormonali negativi.
• Triplo-negativi: assenza di espressione dei recettori ormonali e negatività di HER2.
Analisi retrospettive hanno associato i quattro sottotipi a differenze di sopravvivenza libera da malattia, sedi di ripresa di malattia e sopravvivenza globale.
1.3 Stadiazione clinica del carcinoma mammario
La stadiazione è un insieme di manovre diagnostiche, clinico-strumentali e/o anatomopatologiche il cui obiettivo è quello di definire l’estensione della malattia, quindi lo stadio. Da questa definizione generano due implicazioni fondamentali, cioè la possibilità di formulare un giudizio prognostico e di impostare una terapia idonea. Ripetere la stadiazione al termine del trattamento consente di valutare la risposta alla terapia.
Si impone così la necessità di attribuire il caso di carcinoma della mammella che è stato diagnosticato ad una delle categorie dei sistemi classificativi, il più comune ed utilizzato dei quali è il sistema TNM, così come formulato dall’American Joint Committee on Cancer (AJCC)5.
1.3.1 Classificazione TNM clinica
Tumore primitivo (T):
• Tx: tumore primitivo non definibile • T0: non evidenza del tumore primitivo • Tis: carcinoma in situ
• T1: tumore della dimensione massima fino a 2,0 cm • T2: tumore superiore a 2,0 cm ma non superiore a 5,0 cm • T3: tumore superiore a 5,0 cm nella dimensione massima
• T4: tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica o alla cute:
➢ T4a Estensione alla parete toracica, escluso il pettorale ➢ T4b Edema o ulcerazione della cute
➢ T4c Presenza contemporanea delle caratteristiche T4a e T4b ➢ T4d Carcinoma infiammatorio
Linfonodi regionali (N):
• Nx: linfonodi regionali non valutabili • N0: linfonodi regionali liberi da metastasi
• N1: metastasi in 1-3 linfonodi ascellari omolaterali • N2: metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali • N3: metastasi in più di 10 linfonodi omolaterali
Metastasi a distanza:
• M0: assenza di metastasi a distanza • M1: presenza di metastasi a distanza
Il TNM è inoltre utilizzato per ottenere un’ulteriore classificazione in stadi, recentemente revisionata dall’AJCC 2009
Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio IA T1 N0 M0 Stadio IB T0 N1mi M0 T1 N1mi M0 Stadio IIA T0 N1 M0 T1 N1 M0 T2 N0 M0 Stadio IIB T2 N1 M0 T3 N0 M0 Stadio IIIA T0 N2 M0 T1 N2 M0 T2 N2 M0 T3 N1 M0 T3 N1 M0 T2 N2 M0 Stadio IIIB T4 N0 M0 T4 N1 M0 T4 N2 M0
Stadio IIIC Ogni T N3 M0
1.4 La chemioterapia neoadiuvante nel carcinoma
mammario
La terapia neoadiuvante, anche conosciuta come chemioterapia preoperatoria (CTpre), prevede la somministrazione di terapia sistemica in fase preoperatoria, (a differenza della chemioterapia adiuvante, somministrata dopo la chirurgia).
La CTpre è stata inizialmente introdotta negli anni ’70 per il trattamento di pazienti con tumori non resecabili localmente avanzati, come strategia per convertirli in lesioni operabili6.
Studi successivi, incluso il trial di riferimento NSABP B-187 (National Surgical
Adjuvant Breast and Bowel Project), hanno dimostrato che l’uso della CTpre ha incrementato il numero di chirurgie conservative ed ha un outcome simile a quello della chemioterapia adiuvante. Da queste evidenze, è derivato l’utilizzo della CTpre anche nei tumori operabili, col fine ultimo di renderli adatti ad una chirurgia conservativa.
Ci sono tre fondamentali ipotesi alla base dell’utilizzo della CTPre8.
• Una terapia sistemica, somministrata prima della chirurgia, potrebbe “sterilizzare” eventuali micrometatasi: questo si basa sull’ipotesi di Fisher di cancro mammario come malattia potenzialmente sistemica sin dal suo esordio9,10.
• La CTpre, riducendo le dimensioni del tumore primario, consente tassi più elevati di chirurgia conservativa e/o riduzione dei tassi di ricorrenza locali.
• L’efficacia della CTpre può essere usata per saggiare in vivo la sensibilità/resistenza al farmaco.
Nonostante i numerosi trial clinici sull’uso della CTpre, restano ancora certi fondamentali quesiti cui dare una risposta univoca:
• c’è un effettivo vantaggio nell’uso della chemioterapia neoadiuvante vs la chemioterapia adiuvante?
• qual è il migliore regime chemioterapico neoadiuvante?
• la risposta a lungo termine alla CTpre è influenzata dall’istotipo tumorale?
CTpre?
Ad oggi l’utilizzo delle CTpre è raccomandato1:
1. nelle pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato non operabile (stadio IIIB, IIIC e carcinoma infiammatorio), in accordo con una valutazione multidisciplinare: in questi casi la paziente è giudicata non sottoponibile ad intervento chirurgico primario, in quanto non operabile in modo radicale (per le dimensioni e interessamento di eventuali strutture anatomiche contigue: cute e parete toracica; forme di carcinoma infiammatorio o per N2/3 clinico) e pertanto ha la finalità di permettere la successiva chirurgia, che nella mastite carcinomatosa sarà sempre la mastectomia associata a dissezione ascellare omolaterale;
2. nelle pazienti con carcinoma mammario operabile (stadio I, II, IIIA) ma candidate a mastectomia: la CTpre incrementa la possibilità di chirurgia conservativa (quadrantectomia), variabile dal 20 al 40% a seconda dell’istotipo (duttale vs lobulare) e delle caratteristiche biologiche della neoplasia (tumori HER2+ o tumori triplo negativi vs recettori ormonali positivi)11;
3. nelle pazienti con malattia operabile anche conservativamente ma con biologia aggressiva e/o stadio di malattia elevato; in particolare con carcinoma mammario HER2+ candidate a terapia sistemica primaria: il trastuzumab associato a CT intenzione consente di raggiungere tassi di risposta patologica completa molto più significativi che negli altri sottogruppi biologici.
Attualmente, non è stato identificato un regime chemioterapico ottimale da impiegare quale trattamento neoadiuvante. Si suggerisce di utilizzare i regimi di ultima generazione che comprendono antracicline e taxani, per i quali è documentato un beneficio terapeutico di primo piano nel setting adiuvante.
La risposta patologica completa (pCR) è definita come l’assenza di malattia infiltrante in sede mammaria e di tumore in sede linfonodale ascellare. La pCR è dimostrata rappresentare un surrogato di prognosi, in quanto le pazienti che ottengono una remissione patologica completa hanno una documentata sopravvivenza libera da malattia più alta.
di 6-8 cicli di antracicline e taxani; questo tasso è risultato variabile nei diversi studi in relazione ai diversi immunofenotipi dal momento che sono state analizzate popolazioni eterogenee di pazienti con carcinoma mammario.
Prima di qualsiasi terapia sistemica primaria, è raccomandata una biopsia percutanea del tumore primitivo, al fine di determinare istotipo, grado istologico, stato recettoriale (ER e PgR), Ki67/MIB-1 e stato di HER2. In presenza di linfonodi superficiali palpabili e clinicamente sospetti (ascellari e/o sovraclaveari) va effettuata un’agobiopsia o un agoaspirato a scopo diagnostico.
1.4.1 CT neoadiuvante versus CT adiuvante
Diversi studi randomizzati hanno comparato la CTpre con gli stessi regimi chemioterapici somministrati in fase post-operatoria. Gli end-points principali di tutti questi studi sono stati la sopravvivenza globale (overall survival OS) e la sopravvivenza libera da malattia (disease-free survival DFS).
Nessuno studio ha sin qui dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza globale, in caso di chemioterapia preoperatoria. Molti sono gli studi pubblicati in questo ambito di ricerca. Tra gli studi capisaldo vanno citati i seguenti.
Lo studio National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP) B-187, nel
quale 1523 pazienti con carcinoma mammario T1-3 N0-1 M0 sono state randomizzate per ricevere 4 cicli di doxorubicina (60mg/m2) e ciclofosfamide
(600mg/m2) (AC), somministrati prima (763 pazienti) o dopo chirurgia (760 pazienti).
I tassi di risposta clinica (cRR), di risposta clinica completa (cCR) e di risposta patologica completa (pCR) nel gruppo della CTpre, sono stati rispettivamente del 79%, 36% e 13%. Le pazienti sottoposte a CTpre hanno avuto un’incidenza significativamente aumentata di linfonodi ascellari patologicamente negativi, rispetto alle pazienti sottoposte a chemioterapia adiuvante (58% vs 42% rispettivamente) per l’effetto di down-staging della malattia. Inoltre il 68% delle pazienti sottoposte a CTpre è stato sottoposto a chirurgia conservativa, contro il 60% delle pazienti del secondo braccio di studio, vale a dire quello della chemioterapia adiuvante. Per quanto riguarda la sopravvivenza globale, non ci sono differenze statisticamente significative tra i due gruppi: la valutazione della
sopravvivenza a 5, 8 e 16 anni era rispettivamente dell’81%, 72% e 55% per il gruppo della CTpre contro l’80%, 72% e 55%, rispettivamente, del gruppo sottoposto a CT adiuvante. Anche per quanto riguarda la DFS non ci sono differenze statisticamente significative: il tasso a 5, 8 e 16 anni era del 67%, 55% e 39% rispettivamente per il gruppo della CTpre e del 67%, 58% e 42% per il gruppo della CT adiuvante12.
Un altro trial, l’European Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) 10902, ha randomizzato 698 pazienti con T1c-4b, cui sono stati somministrati 4 cicli di 5-fluorouracile, epirubicina (60mg/m2) e ciclofosfamide
(regime FEC) prima o dopo chirurgia. I tassi di cRR, cCR e pCR erano del 49%, 7% e 4% rispettivamente. OS e DFS erano simili nei due gruppi13.
Gianni et al14 hanno condotto uno studio randomizzato su 1355 pazienti con nodulo
di carcinoma mammario >2cm, diviso in 3 gruppi:
1) adjuvant doxorubicin (A) seguita da ciclofosfamide, methotrexato e 5-fluorouracile (CMF) (Sx A CMF);
2) adjuvant doxurubicin e paclitaxel (AT) seguito da CMF (Sx AT CMF);
3) neoadjuvant AT seguito da CMF (AT CMF Sx).
Il tasso di pCR nel braccio neoadiuvante è stato del 23% nelle pazienti con N0 e del 20% in quelle con interessamento ascellare tumorale. Il tasso di chirurgia conservativo è risultato maggiore in questo gruppo (65% vs 34%). A 5 anni di follow-up, la chemioterapia adiuvante è simile alla CTpre in termini DFS e OS.
Una meta-analisi condotta nel 200515, indirizzata direttamente ad analizzare la
questione CTpre vs CTadiuvante, ha utilizzato nove studi randomizzati includenti 3946 pazienti. Il tasso di pCR era altamente variabile tra questi studi. Sei trial mettevano in evidenza un elevato tasso di chirurgia conservativa post CTpre. Non furono osservate differenze sostanziali tra i due bracci per morte e progressione tumorale. D’altro canto fu evidenziato che la CTpre era associata ad un più alto tasso di ricorrenza locoregionale (RR 1,22).
migliore della CTadiuvante in termini di outcome. OS e DFS sono risultati essere statisticamente simili nei due trattamenti. La CTpre, però, offre in casi selezionati una serie di benefici rispetto alla CTadiuvante. Sembra essere legata ad un tasso maggiore di chirurgia conservativa, seppur con un tasso leggermente più alto di ricorrenza locoregionale; consente di effettuare una sorta di test in vivo dell’efficacia della terapia; fornisce importanti informazioni prognostiche16.
1.4.2 Diagnostica prima, durante e dopo CTpre
La diagnostica di routine per la valutazione della mammella e delle stazioni linfonodali include la palpazione clinica, la mammografia e gli ultrasuoni; la risonanza magnetica (MRI) in aggiunta a queste metodiche, può fornire una valutazione più precisa dell’estensione tumorale. Per confermare la diagnosi istologica, il profilo di rischio specifico ed il sottotipo tumorale, è necessaria l’ago-biopsia della sospetta neoplasia mammaria ed una valutazione citologica/istologica dei linfonodi sospetti. Inoltre, può essere inserita una clip radioopaca nel letto tumorale, col fine di semplificare, al successivo follow-up post CTpre, la valutazione della riduzione della massa tumorale, e localizzare il sito di escissione chirurgica.
Come già ribadito, tra i maggiori vantaggi della CTpre, abbiamo la riduzione del tumor size ed il downstaging della massa tumorale, col fine di facilitare una soddisfacente performance di breast conserving surgery. Le implicazioni derivanti dalla precisa conoscenza della risposta alla chemioterapia primaria e dalla valutazione delle dimensioni della neoplasia prima dell’intervento avrebbero un significativo impatto nella gestione delle risorse umane ed economiche, nel guidare la resezione chirurgica ed ottenere un numero minore di interventi invasivi. L’analisi istopatologica post-operatoria, rimane ancora il gold-standard per la valutazione della risposta tumorale alla CTpre.
Rispetto alle indagini tradizionali (l’esame fisico, gli ultrasuoni, la mammografia) la MRI ha mostrato una migliore correlazione con la tumor size ed il suo uso è raccomandato per un’immagine più accurata della risposta tumorale alla CTpre17,18.
Recenti studi hanno proposto un ruolo in evoluzione per la FDG-PET/CT, nella valutazione della risposta precoce alla CTpre. Quest’ultima metodica di imaging è in grado di valutare i cambiamenti nel metabolismo tumorale, prima dei cambiamenti morfologici. La riduzione della captazione tumorale del 18F-FDG post CTpre è un
indicatore della risposta al trattamento.
Una recente meta-analisi condotta da Sheikhbahaei et all19 su 10 studi, ha valutato
l’accuratezza della MRI e della FDG-PET/CT nel predire la risposta tumorale alla CTpre.
I risultati ottenuti hanno stabilito la sensibilità e la specificità delle due metodiche, che è risultata essere rispettivamente del 71% e del 77% per la FDG-PET/CT versus l’88% ed il 55% della MRI. I vari studi sono stati inoltre sottoposti ad analisi per sottogruppi in relazione al timing in cui la terapia era valutata. L’FDG-PET/CT è risultata migliore per sensibilità (91% vs 89%) e per specificità (0,69% vs 0,42%), nel setting della CTpre. Invece, la MRI sembra avere una migliore accuratezza diagnostica quando la terapia sistemica neoadiuvante è stata terminata, con una sensibilità dell’88% contro il 57% della FDG-PET/CT.
Alla luce di questi dati, uno studio combinato FDG-PET/CT + MRI, potrebbe avere un grande potenziale nell’ottica di migliorare la performance diagnostica del residuo tumorale post CT-PRE.
1.4.3 Risposta patologica completa
Nell’ambito della chemioterapia neoadiuvante, il raggiungimento di una risposta patologica completa (pCR) è associato ad una prognosi migliore.
In letteratura sono riportate diverse definizioni di pCR20:
• ypT0 ypN0: assenza di residuo invasivo e non invasivo su mammella e/o su linfonodi;
• ypT0/is ypN0: assenza di residuo invasivo su mammella e/o su linfonodi; • ypT0/is ypN0/+: assenza di residuo invasivo su mammella
• ypTmic ypN0/+: assenza di residuo macroscopico invasivo su mammella
Questa assenza di standardizzazione, determina la presenza di diversi tassi di pCR riportati in letteratura dai diversi studi. La CTNeoBC (The Collaborative Trials in Neoadjuvant Breast Cancer) ha condotto una meta-analisi sulla CTpre21, prendendo
in considerazione 12 studi randomizzati per un totale di 13.000 pazienti: la pCR ha mostrato un significativo vantaggio in termini di DFS e OS. Il tasso di risposta patologica completa diminuiva restringendo la definizione di pCR, per cui risultava essere: 22% nei pazienti ypT0/is, 18% nei pazienti ypT0/is N0, 13% nei pazienti ypT0 N0.
Nonostante questa difficoltà di standardizzazione della definizione, quello che è emerso a comune tra i vari studi è che i pazienti che raggiungevano la pCR comunque fosse definita, avevano DFS ed OS più lunghi rispetto ai pazienti con residui di carcinoma invasivo e l’eradicazione del tumore sia mammario che ascellare era associato ad DFS ed OS migliori rispetto all’eradicazione del solo tumore primitivo.
I tassi di PCR e di DFS sono risultati diversi in funzione del sottotipo molecolare1 e
del grading (figura 1):
• recettori ormonali +; HER2 -; G1-2 7% • recettori ormonali +; HER2 -; G3 16%
• recettori ormonali +; HER2 + (casi trattati con regime contenente trastuzumab) 30%
• tripli negativi 34%
• recettori ormonali -; HER2 + (casi trattati con regime contenente trastuzumab) 50%
1.4.4 Impatto del sottotipo istologico sulla risposta alla
CTpre
Il carcinoma lobulare invasivo (ILC) rappresenta il 10-15% dei carcinomi della mammella, è quasi sempre positivo al recettore per gli estrogeni (ER) e tende ad avere un basso grado istologico22. Anatomopatologicamente, è costituito da piccole
e rotonde cellule, con scarso citoplasma, che infiltrano lo stroma in singole fila, rendendo la diagnosi difficile sia all’analisi palpatoria che alla mammografia. Pazienti con ILC presentano in genere tumori significativamente più grandi al
momento della diagnosi ed una malattia multifocale o multicentrica23. Queste
caratteristiche istologiche sembrano essere responsabili di un più alto tasso di margini chirurgici positivi dopo breast-conserving surgery (BCS)24-26. Il tasso di
risposta patologica completa (pCR) alla chemioterapia neoadiuvante è, inoltre, significativamente più basso rispetto ai carcinomi duttali invasivi (IDCs). I dati riportati in letteratura mostrano un range di pCR tra l’1 ed il 3% per ILC contro il 9-15% per pazienti con diagnosi di IDC27.
Diversi studi hanno perciò suggerito che una diagnosi bioptica di ILC sia una controindicazione relativa alla CTpre a causa dei benefici modesti che ne derivano (meno frequente risposta clinica, bassi tassi di pCR ed una più frequente positività dei margini di resezione)28.
Uno studio condotto da Delpech et all29 ha comparato l’outcome clinico e patologico
post CTpre di carcinomi lobulari invasivi ER+ e duttali invasivi ER+. Questa analisi ha incluso 1895 pazienti (177 ILC, 1718 IDC), in stadio I-III, diagnosticate tra 1990 ed il 2010; le pazienti con ILC erano più anziane, presentavano un tumore di maggiori dimensioni ed un grado istologico più basso (I-II). I due bracci dello studio hanno ricevuto un regime chemioterapico costituito da sole antracicline o da una combinazione di antracicline e taxani (distribuite in maniera equa tra i due gruppi) e trastuzumab (somministrato più comunemente nel gruppo IDC). I risultati mettevano in evidenza:
1) un downstaging osservato in entrambi i tipi istologici, ma con una frequenza maggiore tra gli IDC;
2) margini di resezione più frequentemente positivi nei pazienti con ILC (19% vs 11%);
3) di conseguenza, la BCS era meno frequente nel gruppo ILC rispetto a quello IDC (19% vs 34%); ILC era associato ad un tasso di pCR significativamente più basso (3,5% vs 14%) in accordo con la letteratura. Tuttavia la DFS e l’OS, osservate ad un periodo di follow-up medio di 44 mesi, non sono associate a significative differenze tra i due tipi istologici.
Un altro studio condotto da Truin et all30, si poneva l’intento di determinare l’impatto
della CTpre sulla probabilità di effettuare una BCS in pazienti con ILC e IDC. La coorte in studio, con diagnosi di carcinoma mammario effettuata tra il 2008 ed il
2012, era costituita da 466 pazienti con ILC e 3622 pazienti con IDC. Il downstaging post CTpre è stato osservato nel 49,7% delle pazienti con ILC e nel 69,6% di quelle con IDC; la pCR è stata raggiunta nel 4,9% tra le ILC e nel 20,2% tra IDC. La BCS è stata effettuata nel 24,4% delle pazienti con ILC vs il 39,4% delle IDC. Nel gruppo ILC, 8,2% delle pazienti presentava margini di resezione positivi ed è stata risottoposta a chirurgia con mastectomia; nel gruppo delle IDC solo il 3,4% ha riportato margini di resezione positivi.
Tuttora, quindi, affermare che il carcinoma lobulare invasivo non risponda a CTpre, rappresenta una semplificazione; gli studi futuri dovrebbero focalizzarsi sulla ricerca di fattori predittivi nella risposta alla CTpre al fine di selezionare nel miglior modo possibile le pazienti da sottoporre a BCS anziché a mastectomia
1.4.5 Predittori biologici di risposta alla chemioterapia
neoadiuvante
Il cancro al seno è una malattia eterogenea, come dimostrato dagli studi di espressione a base di microarray. Alcuni sottotipi molecolari distinti, come i tumori luminal A (ER+), sono associati ad una migliore prognosi e paradossalmente ad un tasso più basso di pCR dopo chemioterapia neoadiuvante31,32. Colleoni et al33 ed
altri studi34-36 hanno dimostrato una pCR superiore ed una migliore risposta clinica
per gli ER-negativi, rispetto ai tumori ER-positivi: questo è probabilmente relativo al più alto tasso di proliferazione cellulare nei tumori ER-negativi.
L’identificazione dei target molecolari ha stimolato un interesse crescente per l’uso di terapie target nel setting neoadiuvante. Il NOAH (NeOAdjuvant Herceptin trial)37
è stato il primo studio che ha valutato l’uso di terapia target con trastuzumab nelle pazienti con carcinoma mammario in stadio avanzato esprimenti HER2: le pazienti trattate con trastuzumab che raggiungevano la pCR erano il doppio rispetto a quelle del braccio di controllo. L’espressione di HER2, inoltre, determina una maggiore sensibilità al regime neoadiuvante costituito da paclitaxel e doxorubicina38.
associata ad un’aumentata sensibilità del tumore alla chemioterapia neoadiuvante39; uno studio condotto da Petit et al40 ha dimostrato che un Ki67
superiore al 20% è predittivo di pCR nel setting neoadiuvante.
1.4.6 La chirurgia nel carcinoma mammario sottoposto a
CTpre
Lo scopo originario della terapia neoadiuvante era quello di convertire carcinomi mammari localmente avanzati e non operabili, in tumori operabili41. Grazie ai primi
risultati promettenti, è diventata una parte importante della strategia terapeutica multimodale del carcinoma infiammatorio42.
Successivamente è stata valutata la sua efficacia in contrapposizione alla chirurgia primaria nei carcinomi precoci della mammella. Come dimostrato dal trial NSABP-1812, il tasso di chirurgia conservativa è più alto tra le pazienti sottoposte a CTpre,
e la DFS e l’OS non sono diverse rispetto al gruppo della chemioterapia neoadiuvante, anche nei follow-up a lungo termine.
In una meta-analisi condotta su 14 studi, è stato calcolato che il 17% delle pazienti inizialmente candidate a mastectomia sono state convertite ad un intervento conservativo grazie alla CTpre43. Questi dati sono confermati dalla conclusione che
circa il 52% delle pazienti in stadio 2-3, a seguito di CTpre, raggiunge uno stadio patologico di 0 o 1.
Una questione clinicamente importante era la valutazione dei margini di resezione. Diversi trial hanno comparato il tasso di ricorrenza locoregionale nelle pazienti sottoposte a BCS post CTpre con quello di pazienti sottoposte a BCS e CT adiuvante, ottenendo in alcuni casi differenze poco significative44, ma
tendenzialmente portando al risultato opposto: maggiore recidiva locale dopo chemio-pre.
Il trial NSABP B-18 riportava invece un rischio maggiore di ricorrenza locoregionale (LLR) per le pazienti inizialmente non sottoponibili a BCS; tuttavia questo gruppo non era stato comparato con un adeguato gruppo di controllo.
In una recente analisi45, effettuata a distanza di 9,5 anni dal NSABP B-18, il tasso
di ricaduta locale dopo CTpre è risultato più alto del gruppo sottoposto a chemioterapia adiuvante (16% vs 10%), ma le differenze non erano così significative all’analisi statistica.
Come già sottolineato, i carcinomi lobulari invasivi hanno un tasso di risposta alla CTpre inferiore rispetto ai carcinomi duttali invasivi, per cui essi sono sottoposti a chirurgia conservativa in percentuale inferiore.
Nel caso di carcinomi multifocali/multicentrici, studi retrospettivi non hanno riportato un rischio più elevato di LRR nel gruppo sottoposto a CTpre e BCS, per cui la multifocalità/multicentralità non sembra essere una controindicazione alla CTpre46,
tuttavia in caso di tumore multicentrico, anche se sottoposto a CTpre, è raccomandata la mastectomia e non la quadrantectomia.
Per quanto riguarda il carcinoma infiammatorio, invece, la chirurgia conservativa post CTpre, non è raccomandata dalle attuali linee guida, per cui è necessario ricorrere a mastectomia1.
L’intervallo di tempo raccomandato tra completamento della CTpre e l’intervento chirurgico, non ci sono dati chiaramente definiti47, ma è prassi effettuare la chirurgia
dopo circa 3-4 settimane dalla fine della chemioterapia, per riportare le difese immunitarie a livelli ottimali.
Questo excursus in letteratura, ci permette quindi di asserire il vantaggio clinico della CTpre nell’ottenimento di una massa tumorale più facilmente operabile (se inoperabile all’inizio), per la conversione di interventi radicali in conservativi. Di conseguenza si raggiunge l’ottimizzazione dei risultati estetici anche grazie alla possibilità, una volta ridotta la massa tumorale, di maggiore ricorso a interventi conservativi con uso di tecniche di oncoplastica o mastectomia con approccio meno demolitivo (cd mastectomia conservative).
2. LA BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA NEL
TRATTAMENTO NEOADIUVANTE
2.1 Introduzione
La presenza o l’assenza di metastasi linfonodali ed il numero di linfonodi metastatici, è determinante per la stadiazione patologica del carcinoma mammario e per il suo trattamento; le metastasi linfonodali ascellari rimangono, inoltre, importanti predittori di recidiva e peggiore overall survival48. In passato, le donne cui veniva
diagnosticato un carcinoma mammario, andavano incontro a dissezione linfonodale ascellare (ALND), indipendentemente dallo stato linfonodale accertato dagli esami preoperatori: la dissezione in origine veniva ritenuta avere un significato curativo prima che stadiativo. Le informazioni prognostiche ottenute da ALND erano ritenute così importanti, che la rimozione dei linfonodi clinicamente non implicati, è stata ampiamente considerata come procedura corretta49,50.
L’ALND, tuttavia, è associata ad una significativa morbilità a breve e lungo termine: aumentato rischio di infezioni, dolore, deformità estetica e occasionalmente danni a vasi e nervi motori, che compromettono la funzionalità dell’arto. Un linfedema significativo si verifica precocemente dopo la chirurgia od a distanza di anni, in una percentuale che può raggiungere il 30% delle pazienti sottoposte ad ALND51,52.
Nel contempo gli studi hanno dimostrato il valore non curativo ma solo stadiativo della dissezione ascellare, oltre alla capacità di controllo locale di malattia nelle sole situazioni di impegnoo linfonodale significativo.
Nelle ultime due decadi, grazie alla diffusione dello screening mammario, siamo in grado di individuare lesioni tumorali di dimensioni sempre minori in assenza di metastasi linfonodali ascellari. Per queste ragioni, si è resa necessaria la ricerca di una metodica meno invasiva quale l’identificazione e la valutazione anatomo-patologica del linfonodo sentinella, come primo linfonodo drenante il tumore53.
Solitamente, si tratta del primo linfonodo ascellare drenante l’area mammaria contenente la neoplasia, più spesso del livello I di Berg, ma il SLN può trovarsi anche nel livello II (dietro il muscolo piccolo pettorale), III (infraclavicolare) oppure
può essere un linfonodo intramammario, interpettorale (linfonodi di Rotter) o della catena mammaria interna, seppur meno frequentemente. Quando si effettua la SLNB, il SLN può essere contiguo ad altri linfonodi giudicati sospetti per caratteristiche e dimensioni: questi vengono denominati linfonodi parasentinella e devono comunque essere rimossi.
2.1.1 Storia della SLNB nel carcinoma mammario
La modalità di diffusione delle cellule tumorali metastatiche secondo pattern riproducibili ed il ruolo dei linfonodi come barriera per la diffusione a distanza, sono concetti emersi negli anni ‘4054 e poi rivalutati in relazione alla dimostrazione della
capacità di metastatizzazione per via ematica by-passando i linfonodi. Successivamente, nacque il concetto di “linfonodo sentinella” come primo linfonodo drenante il tumore primario, cui seguì la sperimentazione di tecniche atte alla sua localizzazione, tramite iniezione intradermica di colloidi radiomarcati o vital blue dye o entrambi.
Questa tecnica è stata modificata ed applicata, per la prima volta al carcinoma della mammella, da Giuliano et al nel 199155. La loro iniziale esperienza, volta a stabilire
gli aspetti tecnici, i criteri di selezione dei pazienti destinati a SLNB e la sua fattibilità, includeva 174 pazienti con carcinoma mammario T1-T3 e linfoadenopatia clinicamente palpabile. Tramite l’iniezione di colorante vitale (Lymphazurin), identificarono 114 linfonodi sentinella (66%) con un’accuratezza predittiva dello stato linfonodale ascellare in 109 di questi (96%).
La tecnica del linfonodo sentinella è stata, poi, prospettivamente valutata in 162 pazienti con linfonodi clinicamente negativi e carcinoma mammario T1-T2, che vennero sottoposte a SLNB seguita da ALND, comparate con 134 pazienti sottoposte direttamente ad ALND56. I SLNs venivano analizzati sia con colorazione
ematossilina-eosina (HE), sia immunoistochimicamente (IHC). Il gruppo “SLNB seguito da ALND” aveva un tasso di rilevazione delle metastasi significativamente più alto rispetto al gruppo che veniva sottoposto solo ad ALND (42% vs 29%), suggerendo che un esame più focalizzato di 1 o 2 SLNs, fosse più accurato della valutazione istopatologica del bacino linfonodale con solo HE. Le micrometastasi
furono trovate nel 3% delle pazienti sottoposte ad ALND e nel 16% di quelle sottoposte a SLNB, dal momento che in quest’ultimo caso veniva analizzato un volume tissutale più piccolo con l’aggiunta dell’analisi immunoistochimica. La tecnica del linfonodo sentinella, difatti, fornisce al patologo un tessuto con più alta probabilità di contenere metastasi, che viene più facilmente sottoposto ad analisi multiple, con maggiore probabilità di identificazione.
Veronesi et al57 misero in atto la procedura, utilizzando l’iniezione sottodermica di
albumina sierica marcata con Tecnezio 99m, e riportarono un tasso di successi del 98% (160 su 163 pazienti) ed un’accuratezza predittiva di malattia linfonodale del 97%. Dopo poco più di un decennio, eseguirono il primo trial randomizzato58, con
pazienti con carcinoma mammario T1, che venivano sottoposte a SLNB o ad ALND, nel caso in cui il linfonodo sentinella risultasse metastatico. Ad un follow-up mediano di 46 mesi, entrambi i gruppi avevano la stessa incidenza di metastasi linfonodali; questo primo studio, ha dimostrato che la sola SLNB, potrebbe prevedere la presenza di metastasi ascellari con un tasso di falsi negativi di 8.8%, nel gruppo sottoposto a completamento con ALND. Le pazienti sottoposte al solo SLNB avevano, inoltre, meno dolore, una migliore mobilità del braccio ed un tasso di recidive ascellari accetabile.
2.1.2 Aspetti tecnici della SLNB
Il linfonodo sentinella può essere localizzato all’esame linfoscintigrafico tramite iniezione di macroaggregati di albumina marcate con Tecnezio 99m o con blu vitale o entrambi i traccianti. Un vantaggio nella linfoscintigrafia con radiocolloide è che essa identifica anche le aree di drenaggio a distanza dal linfonodo sentinella (regione sovraclavicolare, infraclavicolare e catena mammaria interna) che potrebbero dover essere trattate con la radiazione postoperatoria59. Prima
dell’intervento chirurgico, la paziente viene sottoposta ad iniezione di macroaggregati di albumina marcata, in posizione sottodermica, nell’area parenchimale peritumorale o periareolare. Durante l’intervento un gamma probe, che emette un segnale sonoro, guida il chirurgo nel riconoscimento del linfonodo
sentinella.
Un’altra metodica prevede l’iniezione sottocutanea, dell’isosolfan blue dye o di blu di metilene diluito, che favoriti dal massaggio della zona, migrano verso il linfonodo sentinella, colorando di blu quest’ultimo ed il vaso linfatico afferente. Numerosi dati indicano che la tecnica di iniezione intradermica e sub-areolare possa facilitare l’identificazione del SLN grazie alla ricca rete linfatica collocata a livello della cute della mammella ed al di sotto del complesso areola-capezzoloi60.
Nel caso in cui, all’intervento chirurgico non avvenga il riconoscimento del SLN (l’1% dei casi in mani esperte), si procede ad un intervento di ALND.
Precedenti lavori hanno evidenziato che l’uso concomitante di blue dye e radiocolloide correla con un più alto tasso di successo di identificazione del SLN e un tasso di falsi negativi più basso61,62. Uno studio randomizzato condotto da
Morrow et al63 ha dimostrato, invece, una differenza non significativa
nell’identificazione del SLN, quando veniva usato il solo blue dye o questo combinato al radiocolloide.
Diversi fattori determinano il tasso di successi della tecnica della SLNB, incluso la selezione del paziente, la tecnica identificativa, il massaggio dell’area marcata ed il tempo dall’incisione. Attualmente non c’è consenso sulla tecnica iniettiva ottimale, e l’esperienza individuale o l’abitudine particolare ad una di queste, è il più importante fattore di successo della SLNB64.
I linfonodi sentinella così prelevati vengono inviati all’esame anatomopatologico estemporaneo. Negli anni sono state sviluppate tecniche in grado di aumentare la sensibilità: classicamente vengono ottenute sezioni di 2 mm di spessore sull’asse più lungo e queste sottoposte ad indagine con colorazione ematossilina/eosina ed immunoistochimica65 in sede intraoperatoria, completando poi lo studio di tutte le
sottili sezioni seriate al definitivo. La metodica OSNA (One Step Nucleic acid Amplification) consente di fare una valutazione semiquantitativa dell’mRNA codificante per la CK19 (citocheratina 19)66. L’obiettivo iniziale era quello di fornire
una valutazione intraoperatoria oggettiva delle metastasi linfonodali; inoltre è stato dimostrato che l’OSNA è in grado di rilevare il residuo tumorale dopo chemioterapia neoadiuvante altrettanto accuratamente rispetto all’analisi anatomopatologica classica, anche in presenza delle modificazioni istologiche indotte dal trattamento67.
2.1.3 Indicazioni e controindicazioni alla SLNB
La tecnica del linfonodo sentinella ha fornito una base razionale per l’identificazione delle pazienti ad alto rischio che possono beneficiare delle terapie sistemiche adiuvanti e, come già sottolineato, può fornire un controllo della malattia locale, nel caso in cui le metastasi siano ad esso limitate. Per le pazienti in stadio precoce di malattia, lo stato istopatologico dei linfonodi è diventato uno dei fattori decisivi per l’indicazione o meno alla chemioterapia adiuvante.
Tabella 1: Indicazioni e controindicazioni alla SLNB68 fino ad alcuni anni fa
Approved indications
Unapproved indications
Proophylactic mastectomy Prior axillary surgery
(controindicazione rimossa)
T1-T2-T3-T4 lesions T4d Lesions: Infiammatory breast cancer
Multicentic tumors Pregnancy (controindicazione
rimossa)
Male breast cancer After neoadjuvant treatment:
controindicazione relativa, in fase di rivalutazione
Elderly Suspicious palpable axillary nodes
Obesity
DCIS with mastectomy Before NAC
Prior breast surgery
La mastectomia profilattica trova indicazione nelle pazienti con aumentata suscettibilità al carcinoma della mammella, incluse quelle con mutazioni BRCA-1 e BRCA-2, così come nelle pazienti che per carcinoma mammario, richiedono intervento alla mammella controlaterale per fattore estetico o carcinofobia. Il rischio
di trovare un carcinoma occulto in caso di mastectomia profilattica è del 5%; nelle pazienti con storia di carcinoma mammario, invece, il rischio di carcinoma controlaterale oscilla tra lo 0,5 e l’1% l’anno69,70. Nel caso in cui si esegua una
mastectomia profilattica, e gli SLNs risultino anatomopatologicamente negativi in assenza di carcinoma invasivo, la dissezione linfonodale ascellare deve essere evitata. King et al71 ha condotto uno studio con 163 donne andate incontro a
mastectomia bilaterale, per rischio elevato di sviluppare carcinoma mammario o in caso di carcinoma controlaterale: un carcinoma occulto fu riscontrato nell’8% delle pazienti (13 su 163) e 2 di queste avevano SLNs positivi all’E/E.
Per quanto riguarda pazienti con storia pregressa di chirurgia mammaria o ascellare, all’inizio gli studi grandi che riportavano successi nell’identificazione di SLNs erano limitati: si pensava che la tecnica poteva essere inficiata dalla distruzione iatrogena di vasi linfatici con alterazione della rete linfatica e patterns di drenaggio aberranti. Tuttavia un po’ per volta sono comparsi in letteratura che hanno demolito questa idea: in particolare è possibile ripetere la ricerca del linfonodo sentinella dopo pregressa chirurgia mammaria conservativa (resta molto dibattuta invece la possibilità di ripetere la SLNB dopo mastectomia) associata o non associata a pregressa biopsia del linfonodo sentinella.
Il carcinoma duttale in situ, per definizione, non ha capacità di metastatizzare ai linfonodi ascellari e, in teoria, non dovrebbe richiedere la stadiazione della zona; tuttavia la decisione di eseguire SLNB può derivare dalla possibilità di diagnosticare un carcinoma invasivo all’analisi anatomopatologica del pezzo operatorio. Le linee guida dell’ASCO 2015, per cui, raccomandano di eseguire SLNB in caso di pazienti sottoposte a mastectomia, lesioni palpabili o ecograficamente associate a nodulo (alto rischio di sottostima)53.
Un carcinoma multicentrico, definito con la presenza di lesioni in più quadranti della stessa mammella, si riscontra nel 10% delle pazienti53; questo, in passato,
rappresentava una controindicazione alla SLNB, perché si pensava che foci multipli avessero pattern di drenaggio differenti e che questi potessero aumentare il tasso di falsi negativi all’identificazione dei SLNs. Attualmente, è stato dimostrato che la mammella può drenare attraverso gli stessi vasi linfatici afferenti allo stesso
linfonodo sentinella72 e diversi studi non randomizzati hanno dimostrato che il tasso
di falsi negativi è simile a quello di pazienti con lesione singola73-75.
Il carcinoma mammario in donne in gravidanza presenta già un ritardo nella diagnosi, a causa dei cambiamenti associati alla lattazione, ed una difficoltà associata alle tecniche di imaging; queste pazienti spesso si presentano all’attenzione del medico in stadio avanzato e malattia metastatica. La BCT può essere considerata nel caso di irradiazione post-partum, mentre non sono eticamente conducibili studi che dimostrano sicurezza nel mapping linfatico in gravidanza, considerato anche che il blue dye non può essere utilizzato. Per tanto tempo perciò la gravidanza risultava essere una controindicazione alla tecnica del linfonodo sentinella: esperienze crescenti consentono di impiegare in sicurezza la SLNB in questo ambito.
Permane invece come una delle poche controindicazioni assolute il carcinoma infiammatorio perché, in questo caso, le cellule tumorali invadono ed ostruiscono i vasi linfatici in sede dermica; in letteratura è difatti riportato un alto tasso di falsi negativi nell’identificazione dell’SLN in questo stadio76.
2.2 Stadiazione della regione linfonodale ascellare
2.2.1 Pazienti con ascella clinicamente negativa
Nelle pazienti con linfonodi ascellari clinicamente negativi, che vengono sottoposte a chirurgia come primo stadio di trattamento, la SLNB è l’approccio chirurgico standard per la stadiazione dell’ascella. Diversi studi hanno dimostrato che il SLN può essere identificato nel 93-98% delle pazienti, con un tasso di falsi negativi del 5-11%56,77,78.
Se il SLN è negativo per la presenza di metastasi, non è necessaria un’ulteriore procedura chirurgica sull’ascella, evitando lo svuotamento.
Oncology (ASCO) e della National Comprehensive Cancer Network (NCCN), raccomandavano intervento di ALND per ogni paziente con SLN positivo; tuttavia, tale assunto è stato messo in discussione dal riscontro di ulteriori linfonodi positivi, in solo il 20% delle pazienti con linfonodo sentinella micrometastatico (<0,2mm) e nel 12% di quelle con linfonodo sentinella positivo per cellule tumorali isolate (ITCs)79,80. Diversi studi multicentrici di fase 3, se pur con variazioni in termini di trial
design e criteri eligibilità, sono quindi stati condotti per cercare di rispondere a questo primo dubbio: necessario lo svuotamento ascellare in caso di ITC o di micro metastasi. Già da molti anni le ITCs non rappresentano indicazione allo svuotamento. Più recentemente è stata superata l’indicazione alla dissezione ascellare anche per le micrometastasi.
L’ulteriore step, più recente, è stato indagare la necessità di linfoadenectomia ascellare in caso di metastasi.
Il trial Z0011 dell’American College of Surgeon Oncology Group (ACOSOG) è uno studio prospettico, multi istituzionale con un disegno di non inferiorità81,82, che ha
arruolato pazienti con carcinoma mammario T1-T2 e ascella clinicamente negativa, trattate con BCT e radioterapia adiuvante, nelle quali erano stati trovati 1-2 SLNs positivi all’analisi anatomopatologica con E/E. Le pazienti sono state randomizzate per eseguire ALND (420 pz) o solamente SLNB (436) e mettere quindi in evidenza la ricorrenza della recidiva e l’overall survival nei due bracci di studio. Al follow-up mediano a 6,3 anni, la recidiva locale interessava il 3,6% delle pazienti che avevano subito ALND e l’1,8% di quelle con SLNB. La recidiva ascellare era invece simile tra i due gruppi: 0.5% in ALND vs 0,9% in SLNB; i risultati erano simili anche per quanto riguarda la overall survival a 5 anni e la disease-free survival. Secondo lo studio, quindi, l’ALND può essere omessa nelle pazienti con T1-T2 sottoposte a BCT e con 1-2 linfonodi metastatici alla SLNB: difatti solo il 27% del gruppo ALND presentava metastasi in linfonodi non sentinella e solo il 10% tra quelle con SLN micrometastatico.
Sulla base di questi risultati, furono formulati i “criteri Z0011”, che permettono di omettere ALND, senza impattare negativamente sulla prognosi81:
• Carcinoma mammario infiltrante
• Adenopatia non palpabile
• 1-2 linfonodi sentinella positivi macrometastatici
• trattati con BCT, whole breast irradiation e trattamenti medici adiuvanti
La pubblicazione di questi criteri ha causato un cambiamento paradigmatico nel trattamento dell’ascella nel carcinoma mammario invasivo e la NCCN li ha incorporati nelle sue linee guida.
Tuttavia, sono stati sollevati alcuni dubbi sulla qualità metodologica, la validità esterna e l’applicabilità ad altre popolazioni di pazienti. Tra questi, uno studio tedesco ha valutato gli effetti di tali cambiamenti nella pratica, in modo da quantificare, in accordo con le linee guida tedesche, la proporzione di pazienti con carcinoma mammario T1-T2, trattate con BCT e radioterapia e con solo 1-2 linfonodi sentinella positivi, che ha tratto beneficio dall’omissione della dissezione ascellare linfonodale83. Questo è uno studio retrospettivo condotto su una popolazione di
11031 pazienti, 3051 delle quali trattate con BCT e CT adiuvante; 916 di queste presentavano linfonodi sentinella positivi e venivano sottoposte ad ALND: ne risultò che 60,9% avrebbero potuto non subire ALND.
Ulteriori evidenze sull’ALND come overtreatment provengono dai risultati dell’INT09/98 trial, nato in era pre-SNLB. Questo studio reclutava pazienti di età compresa tra i 30 ed i 65 anni, con carcinoma cT1N0, randomizzate a quadrantectomia con o senza ALND, seguita in ogni caso da radioterapia solo sul tessuto mammario residuo. Sono state valutate 517 pazienti ad un follow-up mediano di circa 11 anni e, complessivamente, non si è rilevata differenza nella disease-free survival tra i due bracci di studio; in 22 pazienti su 245 (9%) del gruppo “no ALND”, ad una mediana di 30 mesi, si è rilevata ricorrenza di malattia ascellare, ma questo non ha avuto effetti sulla sopravvivenza84.
L’EORTC 10981-22023 AMAROS (After Mapping of the Axilla, Radiotherapy or Surgery?) trial è uno studio europeo, multi istituzionale, che ha arruolato pazienti con carcinoma mammario T1-T2, ascella clinicamente negativa e SLN positivo; le pazienti venivano randomizzate in due gruppi, uno dei quali subiva ALND (744 pz), l’altro radioterapia (681). I risultati furono riportati nel 2013 al meeting annuale dell’ASCO: ad un follow-up mediano di 6,1 anni, il tasso di recidiva ascellare era
dello 0,54% (4 su 744) nelle pazienti sottoposte ad ALND e 1,03% (7 su 681) nelle pazienti sottoposte ad irradiazione dell’ascella; non c’era differenza statistica nella overall survival a 5 anni (93,3% nel gruppo dell’ALND vs 92,5% nel gruppo della radiazione ascellare) o nella disease-free survival (86,9% vs 82,7%).
L’IBCSG 23-01 è uno studio di non inferiorità, di fase 3, multicentrico e randomizzato, disegnato per determinare quando la dissezione ascellare possa essere considerata un sovratrattamento in pazienti con linfonodi sentinella micrometastatici. Ad un follow-up mediano di 5 anni, la disease free survival era dell’87,8% per il gruppo “no ALND” e 84,4% per il gruppo “ALND”. Questi risultati dimostrano che le pazienti con SLNs micrometastatici, che ricevono BCT o mastectomia, molte delle quali vanno incontro a chemioterapia (96%) e radioterapia (97%) adiuvante, non necessitano dissezione ascellare, e che questo va considerato come sovratrattamento85.
Questi studi sono stati quindi ampiamente discussi ed hanno portato, alla fine, ad un cambiamento sostanziale nel pattern di trattamento dell’ascella negli Stati Uniti86
e successivamente anche in Europa.
2.2.2 Pazienti con ascella clinicamente positiva
La dissezione linfonodale ascellare risulta essere l’unica alternativa nelle pazienti con ascella positiva all’esame obbiettivo, all’ultrasonografia, alla needle biopsy o alla SLNB; essa è inoltre indicata qualora il linfonodo sentinella non venga riconosciuto o nel caso di controindicazione alla SLNB come nel carcinoma infiammatorio.
La ALND standard prevede la rimozione dei linfonodi di livello I e II, mentre quelli di livello III non sono routinariamente rimossi se non c’è evidenza di un loro coinvolgimento.
morbilità, come la necessità di drenaggio post-operatorio ed un potenziale sieroma, tra quelle a breve termine. Durante la resezione, possono essere danneggiati i nervi intercostobrachiali, determinando dolore e neuropatie che possono anche essere permanenti. Nell’immediato periodo post-operatorio è frequente una limitazione funzionale nell’abduzione del braccio, ma l’impatto più significativo sulla qualità della vita, è dato dalla possibile presenza di linfedema, che richiede terapia fisica, modificazione della dieta bendaggi compressivi ed aumentato rischio di cellulite87.
I recenti trials prospettici, randomizzando pazienti sottoposte solo a SLNB e pazienti sottoposte ad ALND, hanno fornito dati più precisi sulle differenze in morbilità tra le due tecniche. L’ACOSOG Z0011 trial ha riportato effetti chirurgici avversi nel 70% delle pazienti dopo ALND vs il 22% delle pazienti dopo SLNB, con maggiore tendenza all’infezione, al sieroma ed alle parestesie ad un anno nel primo gruppo88.
Il trial AMAROS11 ha inoltre riportato differenze tra le pazienti sottoposte a ALND e
quelle sottoposte a irradiazione dell’ascella, con un incremento del tasso di linfedema ad un anno nel primo gruppo rispetto al secondo (40% vs 22%).
2.3 La biopsia del linfonodo sentinella nel setting
neoadiuvante
Nel 1997, Fisher et al7 pubblicarono i risultati dello studio randomizzato NSABP
B-18, che confrontava la chemioterapia adiuvante ed il setting neoadiuvante (già citato a tal proposito), e nel quale, le pazienti della coorte in studio, vennero esaminate anche per quanto riguardava la risposta della malattia ascellare. Tra le pazienti con linfonodi ascellari clinicamente positivi, l’87% mostrava una risposta linfonodale clinica alla chemioterapia neoadiuvante: nel 73% dei casi la risposta clinica era completa (cCR) e, solo il 2%, mostrava una progressione clinica (cPD) della malattia linfonodale. All’esame anatomopatologico del campione, ottenuto a seguito di dissezione ascellare, le pazienti che si presentavano con cCR, avevano un più alto tasso (44%) di risposta patologica completa (pCR) ed un più alto tasso di diminuzione del numero dei linfonodi positivi. La CTpre si è quindi dimostrata in grado di determinare un downstaging della malattia linfonodale ascellare nel
30-40% delle pazienti.
Sebbene la biopsia del linfonodo sentinella per la stadiazione della malattia ascellare sia fermamente stabilita nel management delle pazienti cN0 sottoposte a CTpre, il timing di tale procedura risulta ancora dibattuto. Alcuni autori preferiscono utilizzare tale tecnica prima di sottoporre la paziente a CTpre per ottenere una stadiazione anatomopatologica dell’ascella. Però, dato che la chemioterapia neoadiuvante ha dimostrato ridurre l’incidenza di malattia linfondale positiva, è emersa l’importanza di determinare la risposta alla CTpre anche in questo subset di pazienti. Per questo, oggi, la SLNB dopo CTpre pare essere più ampiamente utilizzata, ma, nelle pazienti con malattia linfonodale clinicamente positiva alla diagnosi, l’ALND rimane attualmente il gold standard89.
2.3.1 Timing della SLNB nella chemioterapia neoadiuvante
Come già accennato, alcuni autori hanno suggerito di procedere alla biopsia del linfonodo sentinella prima di sottoporre la paziente a CT neoadiuvante, rilevando come vantaggi fondamentali:
• la possibilità di mappare una via di drenaggio linfonodale non alterata dalla terapia90;
• la possibilità di guidare le decisioni relative al trattamento post-operatorio locoregionale sulla base dello stadio iniziale dei linfonodi91.
Di contro però, in presenza di SLN positivo prima della CTpre, le pazienti vengono sottoposte ad ALND e, questo, determinerebbe il subire due procedure chirurgiche, al termine della terapia, indipendentemente dalla risposta dei linfonodi92.
Nel 2005, Jones et al93 hanno valutato il valore predittivo del SLNB eseguito prima
della CTpre ed il tasso di identificazione del linfonodo sentinella, su 52 pazienti con una tumor size inferiore a 4cm, è risultato del 100%. In questo studio, è stato posto il confronto tra SLNB prima e dopo CTpre, valutando il tasso di falsi negativi in 36 donne che hanno subito SLNB post CTpre: 16 su 36 pazienti avevano un’ascella clinicamente negativa prima della terapia neoadiuvante; il tasso di successo del
SLNB post CTpre risultò essere dell’80,6% (29 su 36). Delle 29 pazienti mappate con successo, 13 avevano SLN negativo e 16 positivo. Jones et al. conclusero che l’IR era significativamente migliore quando SLNB veniva eseguito prima della CTpre (100% vs 80,6%) e che il tasso di falsi negativi quando le pazienti erano mappate con successo post CTpre era dell’11%.
Schrenk et al94 nel 2008, hanno pubblicato i risultati di uno studio condotto su 45
donne con ascella clinicamente negativa, sottoposte a SLNB prima e dopo CTpre, che indipendentemente dai risultati della SLNB ricevettero dissezione ascellare. La SLNB prima della chemioterapia ha permesso di identificare una media di 2,3 linfonodi sentinella per paziente con un IR del 100%: 19 pazienti avevano un SN negativo, 26 pazienti avevano SLN positivo e 6 di queste micrometastico. Dopo chemioterapia preoperatoria, il drenaggio linfatico fu mappato in sole 29 su 45 pazienti, con un IR pari a 64%. Analizzando più approfonditamente i dati, si resero conto che la SLNB post CTpre aveva un IR di 80% nelle pazienti con linfonodi negativi o micrometastatici alla SLNB pre CT neoadiuvante, contro un IR del 45% nelle pazienti che partivano con SLN macrometastico. Questa differenza potrebbe essere causata dal fatto che, in un tumore con macrometastasi linfonodali, la CTpre può determinare ostruzione dei vasi linfatici, prevenendo il drenaggio del tracciante. Analizzando i pezzi operatori ottenuti con ALND, ci si accorse che il tasso di falsi negativi era pari a 0 nella SLNB svolta prima della chemioterapia neoadiuvante. L’FNR post CTpre variava in relazione allo stadio dei linfonodi: era uguale a 0 nelle pazienti che partivano con SLN negativo o micrometastico, era del 50% in quelle che partivano con SLN macrometastatico.
Da un’analisi combinata dello studio NSABP B-18 e NSABP-2715, si evince che
l’età, le dimensioni del tumore primitivo, lo stato dei linfonodi prima della CTpre e la risposta del tumore primitivo e dei linfonodi alla CTpre sono fattori indipendenti predittivi di recidiva ascellare. Le pazienti sottoposte a CTpre con ascella clinicamente negativa rappresentavano il 70% di quelle in studio e, a 10 anni di follow-up, la recidiva ascellare si era verificata nel 10,9% dei casi.
Kilbride et al95 nel 2008 hanno condotto uno studio in cui si valutavano i vantaggi
di malattia. La stadiazione dell’ascella prima della CTpre veniva effettuata tramite combinazione di ultrasonografia, fine neadle biopsy (FNA) e SLNB: si documentava che le pazienti con malattia linfonodale prima della CTpre avevano un più alto tasso di recidiva (25,4% vs 11,1%). L’analisi della coorte in studio mostrava che la risposta alla chemioterapia neoadiuvante era un predittore statisticamente significativo di malattia a distanza.
Garcia Tejedor et al96 nel 2017 hanno pubblicato i risultati di uno studio prospettico
su 123 pazienti con carcinoma mammario clinicamente T1-T2-T3 N0, che venivano sottoposte a SLNB prima della CTpre: l’IR era del 100%, il SLN era positivo nel 42,3% dei casi e solo le pazienti con linfonodi macrometastatici (27,6%) subivano ALND. Tra queste ultime, all’analisi anatomopatologica del pezzo operatorio proveniente dalla dissezione ascellare, si osservò che i linfonodi rimossi erano negativi nel 58,8% dei casi. OS e DFS erano simili tra pazienti con linfonodi sentinella positivi o negativi prima della CTpre e questo era probabilmente dovuto al migliore outcome determinato dalla terapia sistemica. Si notava, inoltre, una differenza significativa nella sopravvivenza in relazione a sottotipo molecolare e risposta alla CTpre.
2.3.2 SLNB post chemioterapia neoadiuvante
L’American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha pubblicato, per la prima volta nel 2005, le Linee guida “evidence-based” per la pratica clinica del SLNB, le quali hanno subito nel 2014 un aggiornamento che rimane tuttora valido97.
Come già sottolineato in precedenza, la tecnica del linfonodo sentinella trova indicazione per pazienti con carcinoma mammario operabile, che hanno subito chemioterapia neoadiuvante (Type: evidence based; benefits outweight harms.
Evidence quality: intermadiate. Streght of reccomandation: moderate).
Anche per quanto riguarda l’ascella, il raggiungimento della pCR correla con una prognosi migliore e lo stato linfonodale post CTpre, lo fa in maniera maggiore rispetto allo stato precedente la terapia sistemica98; come già noto, inoltre, i sottotipi
tripli negativi e gli HER2+, hanno un maggior tasso di risposta patologica completa alla chemioterapia neoadiuvante, rispetto al Luminal A31, che fa ben sperare in una
sempre migliore selezione delle pazienti da destinare alla terapia: identificando una popolazione di pazienti in cui la SLNB si dimostra accurata, è possibile ridurre il tasso di ALND e le morbilità che ad essa si associano.
Tuttavia, l’utilizzo della tecnica del linfonodo sentinella dopo il trattamento chemioterapico neoadiuvante ha sollevato diversi, se pur non confermati, dubbi: si pensa essa possa determinare alterazioni anatomiche del drenaggio linfatico, quali distruzione dei vasi linfatici, infiammazione, fibrosi ed ostruzione da parte di cellule necrotiche o apoptotiche; inoltre la chemioterapia neoadiuvante induce una non uniforme regressione della malattia linfonodale ascellare39,99,100.
Le alterazioni suddette potrebbero determinare una minore diffusione del tracciante utilizzato per la tecnica del linfonodo sentinella, riducendo il tasso di identificazione ed aumentando i falsi negativi. Questo implica due pericoli: un aumento del tasso di recidiva ed un successivo trattamento adiuvante non adeguato alla stadiazione.
Per quanto riguarda le pazienti con ascella clinicamente negativa, i vantaggi della tecnica, superano gli svantaggi: diversi studi hanno valutato la SLNB dopo CTpre in pazienti cN0 prima del trattamento, ed hanno trovato un IR elevato con un tasso di FNR di circa il 10%.
Mamounas et al101 nel 2005, col National Surgical Adjuvant Breast and Bowel
Project trial B-27 (NSABP B-27), hanno eseguito SLNB prima di ALND, su 428 pazienti che erano state sottoposte a chemioterapia neoadiuvante, per valutare fattibilità e accuratezza della biopsia del linfonodo sentinella. I linfonodi sentinella erano stati individuati tramite colloide radioattiva (14,7%) o con blue dye (29,9%) o con entrambi (54,7%). Il tasso di identificazione e rimozione dei linfonodi sentinella fu dell’84,8%, per cui 343 pazienti hanno subito SLNB e poi ALND: 125 pazienti avevano linfonodi sentinella positivi (70 di queste, il 56%, un solo SLN positivo); 218 pazienti avevano linfonodi sentinella negativi e 15 tra queste avevano linfonodi non sentinella positivi. Il tasso di falsi negativi risultò, quindi, essere del 10,7%: non si notarono differenze significative nel tasso di falsi negativi in relazione a caratteristiche tumorali, metodo di mappatura del drenaggio linfatico o risposta del