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92 Le fratture del femore distale hanno due picchi di incidenza: nel paziente giovane e nell’anziano.

I traumi ad alta energia sono più frequentemente responsabili delle fratture nei pazienti giovani, mentre i traumi a bassa energia, che intervengono in un paziente anziano osteoporotico, sono responsabili del picco di incidenza nell’età più avanzata.

Dal nostro studio è emerso che, in accordo con i dati della letteratura, al di sopra dei 65 anni il sesso femminile è quello più colpito. Inoltre, il rapporto F:M è maggiore nei pazienti con età superiore ad 80 anni rispetto a quelli con età compresa tra 65 e 79 anni. Questo è in accordo sia con la maggiore aspettativa di vita del sesso femminile, sia alla maggior incidenza della patologia osteoporotica nelle donne dopo la menopausa rispetto agli uomini di pari età.

La riduzione cruenta e l’osteosintesi della frattura rappresentano il trattamento standard per questo tipo di fratture, ed i mezzi di sintesi utilizzati possono essere numerosi. Dal nostro studio è emerso che il 77% degli interventi ha previsto l’utilizzo di una placca come mezzo di sintesi.

Le fratture del femore distale sono una tipologia di frattura rara, soprattutto se confrontata con quella del femore prossimale. Tuttavia, nel corso degli anni, abbiamo assistito ad un aumento della prevalenza dell’osteoporosi nella popolazione e, di conseguenza, ad un aumento del numero di fratture da fragilità. Nonostante il femore distale non possa considerarsi una sede principale di localizzazione delle fratture osteoporotiche, anche queste fratture sembrano aumentare nel corso degli anni. Dal nostro studio è emerso che sembra esistere una tendenza all’aumento delle diagnosi di frattura del femore distale nel corso degli anni nei pazienti ricoverati presso l’U.O. di ortopedia e traumatologia I dell’AOUP.

Al fine di soddisfare gli obiettivi che ci eravamo prefissati al momento della impostazione del nostro studio, abbiamo ricercato una serie di correlazioni tra alcune variabili relative a questi pazienti. Il numero di comorbidità o l’età dei pazienti sono stati confrontati con la durata della degenza, con il tempo di attesa tra la diagnosi di frattura e l’intervento, e con i punteggi ottenuti attraverso la somministrazione telefonica dei questionari SF-12 e WOMAC.

Il numero di comorbidità dei Pazienti sembra non correlare con la durata della degenza (indice di Pearson di 0,0077 e coefficiente di determinazione di 0,0059) e sembra mostrare una correlazione moderata con il tempo di attesa (indice di Pearson

93 di 0,49 e coefficiente di determinazione di 0,24). Questa apparente mancanza di una forte correlazione potrebbe essere spiegata dal fatto che il tempo di degenza, e il tempo di attesa, sono influenzati da numerose variabili oltre che dal numero di comorbidità. Alcuni importanti fattori che potrebbero, almeno in parte, spiegare questa mancanza di correlazione evidente sono:

• La calendarizzazione degli interventi. Gli interventi non in emergenza- urgenza non vengono eseguiti il sabato pomeriggio e la domenica, e questo potrebbe essere una causa di aumento sia del tempo di attesa che della durata della degenza totale nei pazienti ricoverati il venerdì o il sabato.

• La necessità di bilanciare il rischio emorragico con quello trombotico nei pazienti che fanno una terapia domiciliare con anticoagulanti o antiaggreganti. Al fine di ridurre i rischi legati ad un intervento si cerca di bilanciare il rischio di emorragia e quello di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. Questo necessiterà di un adeguamento della terapia che potrebbe richiedere un aumento della attesa prima dell’intervento e della degenza totale del paziente.

Tra gli 8 pazienti che presentavano un tempo di degenza > o = a 3 giorni, e un ridotto numero di comorbidità, 3 erano stati ricoverati il venerdì o il sabato, e 7 eseguivano, inoltre, una terapia domiciliare con antiaggreganti.

Questo potrebbe, almeno in parte, spiegare la assenza di una forte correlazione tra il numero di comorbidità e i tempi di attesa o durata della degenza. Tra questi, comunque, il tempo di attesa risente molto di più del numero di comorbidità rispetto alla durata totale della degenza (indice di Pearson di 0,49 rispetto a 0,077).

L’utilizzo delle ore, piuttosto che dei giorni, nel calcolare i tempi di degenza e di attesa potrebbe essere un fattore in grado di correggere, almeno in parte, gli errori derivanti dalla calendarizzazione degli interventi.

Il punteggio ottenuto tramite i questionari SF-12 e WOMAC correla solo moderatamente con il numero di comorbidità (indice di Pearson di 0,34 e 0,33 rispettivamente). Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che numerose variabili possono entrare in gioco nel determinare valori diversi di questi punteggi. Ad esempio la necessità di somministrare i questionari per via telefonica rende meno diretta la interazione tra il paziente e il questionario stesso o con chi somministra il

94 questionario. Inoltre, l’età piuttosto avanzata dei pazienti, potrebbe influenzare negativamente la corretta compilazione dei questionari e la attribuzione dei relativi punteggi.

Anche l’età dei pazienti sembra correlare solo debolmente con la durata della degenza e con il tempo di attesa, e questo potrebbe essere spiegato dagli stessi motivi elencati precedentemente per il numero di comorbidità, ossia la calendarizzazione degli interventi e la necessità di regolare il rischio emorragico e trombotico prima e dopo l’intervento.

Esiste invece una correlazione forte tra l’età dei pazienti e l’indice di WOMAC.

Il nostro studio epidemiologico sembra quindi confermare il trend in crescita delle fratture del femore distale nel corso degli anni, mettendo inoltre in evidenza il fatto che, in accordo con la letteratura, dopo 65 anni il sesso più colpito è quello femminile.

Di fronte ad un’analisi relativa alla correlazione tra diverse variabili, i dati sembrano escludere una correlazione diretta molto forte, questo potrebbe essere spiegato dal fatto che, nella realtà, i fattori in grado di determinare una variabilità nel tempo di attesa, nella degenza e nei punteggi ottenuti dai questionari, sono numerosi e dovrebbero essere presi in considerazione in maniera globale.

L’indice FRAX è uno strumento utile per definire la probabilità di frattura prendendo in considerazione una serie di parametri, tra cui la densità minerale ossea. In accordo con i dati della letteratura le fratture del femore distale che interessano il paziente over 65 sono fratture da fragilità che compaiono nel paziente osteoporotico. Alcuni pazienti osteoporotici possono essere considerati anche fragili (dal nostro lavoro è emerso che il 20% dei pazienti con età inferiore ad 80 anni sono anche fragili mentre lo sono nella metà dei casi quelli con età superiore ad 80 anni), infatti, nonostante l’osteoporosi non viene considerata all’interno dei criteri per poter definire un paziente fragile, in letteratura è possibile ritrovare una prevalenza di osteoporosi molto più alta nel paziente fragile rispetto alla popolazione normale. Inoltre, i markers della fragilità sono, a loro volta, tutti fattori di rischio per l’osteoporosi. In questo ambito sembra rivestire un ruolo fondamentale la sarcopenia,

markers di fragilità ma che è anche coinvolta nella eziopatogenesi dell’osteoporosi

95 L’osteoporosi rappresenta una grossa spesa sanitaria, tenendo sempre in considerazione che la maggior parte delle risorse economiche è destinata al trattamento delle fratture osteoporotiche piuttosto che alla gestione farmacologica del paziente stesso2. Quando ci troviamo di fronte ad un paziente osteoporotico che è anche fragile dobbiamo considerare che ai costi derivanti dalla condizione di osteoporosi dobbiamo sommare anche i costi derivanti dalla gestione del paziente fragile. Il paziente fragile, inoltre, è un paziente che dal punto di vista chirurgico presenta una serie di problematiche, è stata infatti osservata un’associazione positiva tra morbidità e mortalità a 30 giorni e riscontro pre-operatorio di fragilità31.

Infine, c’è da considerare che il paziente over 65 che va incontro a frattura del femore distale ha, più frequentemente, un’età superiore ad 80 anni, è inoltre un paziente che presenta comorbidità multiple, è, nella maggior parte dei casi, osteoporotico ed è, a volte, anche fragile. Questo, considerato in termini socio- sanitari fa presupporre come questa tipologia di paziente sia una fonte molto importante di spesa, anche se, vista la poca frequenza di queste fratture, i costi, soprattutto se paragonati a quelli relativi alla gestione del paziente con frattura del femore prossimale, saranno sicuramente inferiori.

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