Il rapporto tra infiammazione e cancro è riconosciuto, ormai senza alcun dubbio, come fondamentale nel modulare la progressione neoplastica (Balkwill e Mantovani, 2001). Sebbene già da anni l’infiltrato infiammatorio e la sua relazione con il tumore siano stati studiati in differenti tipi di neoplasia, il complicato rapporto di interazione ospite-tumore non è del tutto chiaro. Infatti, potrebbe avere effetti opposti sulla progressione neoplastica, favorendo da un lato la crescita della neoplasia, dall’altro lato bloccando lo sviluppo tumorale (Coussens e Werb, 2002; Mantovani et al, 2008).
L’IL-2 è una citochina in grado di attivare la proliferazione, la sopravvivenza e la differenziazione dei linfociti T (Cantrell e Smith, 1984; Rubin, 1993; Akbar et al, 1996; Armstrong et al, 2001). È stato osservato come ridotti livelli di IL-2 sono associati con una riduzione della sopravvivenza in pazienti con carcinomi metastatici (Herberman, 1984; Lissoni et al, 1991). Di conseguenza sono stati effettuati numerosi studi clinici con IL-2 come monoterapia o in combinazione con chemioterapia con risultati diversi, ma che dimostrano comunque una certa efficacia di IL-2 come agente terapeutico (Grande et al, 2006). L’attività anti-tumorale di IL-2 è stata dimostrata anche nel MPM, in particolare con somministrazione intra-pleurica della citochina (Goey et al, 1995; Astoul et al, 1998; Castagneto et al, 2001; Mulatero et al, 2001; Lucchi et al, 2007).
Comunque, il meccanismo sottostante gli effetti biologici di IL-2 sulla crescita tumorale e le modificazioni da essa indotte nel microambiente del MPM sono complessi ed ancora non chiari, come anche non è conosciuto l’impatto prognostico delle diverse componenti del sistema immunitario e del fenomeno angiogenetico in questo tumore.
Nel presente studio è stata osservata la presenza di numerosi mastociti in entrambe le casistiche di pazienti con MPM, trattati con IL-2 e non trattati, sebbene tali
mastociti fossero per la maggior parte mastociti triptasi+ e pochi mastociti chimasi+. In uno studio recente della letteratura, Hegmans e collaboratori (2006) hanno valutato l’infiltrato infiammatorio nel mesotelioma non evidenziando però mastociti infiltranti il tumore. Tale differenza con i nostri risultati può essere spiegata sia dal limitato numero di campioni analizzati, solo 4 mesoteliomi, sia dal fatto che gli autori hanno usato un anticorpo anti-chimasi. Questi risultati confermano nel MPM la prevalenza dei mastociti triptasi+ rispetto a quelli chimasi+, come osservato anche in altri modelli tumorali (Kankkunen et al, 1997).
Nel presente studio è stato inoltre osservato un aumento significativo di mastociti tripatsi+ nei pazienti trattati con IL-2 rispetto ai pazienti non trattati, confermando una relazione tra i mastociti e tale interleuchina. Infatti, i mastociti umani esprimono sulla loro superficie il recettore di IL-2 (Maggiano et al, 1990) e l’azione di richiamo di cellule immunitarie promossa da IL-2 nei siti di infiammazione e tumorali potrebbe essere dovuta all’attivazione dei mastociti da parte di IL-2 (Panelli et al, 2002; Den Otter et al, 2008). Inoltre, i mastociti producono e rilasciano diverse citochine, compresa IL-2 (Galli et al, 1993).
In questo studio sono stati inoltre valutati immunoistochimicamente i linfociti T infiltranti il tumore, in particolare i linfociti citotossici CD8+, i linfociti helper CD4+ e i linfociti regolatori Foxp3+, confermando che, sebbene a livelli diversi, il mesotelioma è altamente infiltrato da linfociti T.
Un dato interessante che è emerso è l’impatto della somministrazione intra- pleurica di IL-2 sui livelli dei diversi tipi di linfociti analizzati. Infatti, è stato osservato un aumento significativo sia dei linfociti CD8+ che dei linfociti CD4+ e Foxp3+ nel gruppo di pazienti trattati con IL-2 rispetto al gruppo di pazienti non trattati, sebbene per quanto riguarda i linfociti CD4+ tale aumento non fosse significativo.
I linfociti T citotossici CD8+ giocano un ruolo fondamentale nell’immunità anti- tumorale attraverso il riconoscimento di specifici antigeni sulla superficie delle cellule tumorali e la loro conseguente eliminazione (Zou, 2006). In in un modello murino di mesotelioma, l’inibizione della crescita neoplastica e l’aumento della sopravvivenza dopo somministrazione intra-pleurica di IL-2 erano evidenti solo in presenza di linfociti CD8+ e CD4+ (Jackaman et al, 2003), confermando il ruolo fondamentale di tali linfociti nel mediare il meccanismo anti-tumorale di IL-2.
Questi risultati pongono le basi per l’utilizzo di IL-2 come agente immunoterapeutico nel mesotelioma allo scopo di aumentare il numero e l’attività dei linfociti T citotossici e quindi di favorire la regressione tumorale.
I linfociti Treg sono una sottopopolazione di linfociti caratterizzati dall’espressione di CD4, CD25 e Foxp3 e dall’abilità funzionale di regolare/inibire l’immunità tumorale (Zou, 2006). Alti livelli di linfociti Foxp3+ sono stati osservati in tumori maligni (Chattopadhyay et al, 2005) rispetto ai tessuti normali (Liyanage et al, 2002; Ichihara et al, 2003; Curiel et al, 2004). Il reclutamento intra-tumorale di linfociti Treg sembra rappresentare un meccanismo di evasione immunitaria, con conseguente incremento della crescita neoplastica, in modelli murini di MPM (Needham et al, 2006). Quindi l’inibizione dei linfociti Foxp3+ potrebbe portare ad un incremento dell’immunità anti-tumorale ed infatti numerosi sono stati i tentativi che hanno utilizzato tale strategia come terapia anti-cancro con differenti risultati in termini di efficacia (Shimizu et al, 1999; Yu et al, 2005; Hegmans et al, 2006; Needham et al, 2006). Sebbene il ruolo di IL-2 nel mediare l’omeostasi delle cellule Treg non sia ancora chiaro, alcune evidenze suggeriscono un ruolo di IL-2 nel promuovere lo sviluppo e la funzione inibitrice dell’immunità di tali cellule (Turka e Walsh, 2008).
Pochi studi hanno valutato la presenza e la funzione dei linfociti Treg nel MPM (DeLong et al, 2005; Hegmans et al, 2006; Anraku et al, 2008). Anraku e collaboratori (2008) hanno dimostrato un basso numero di tali linfociti in campioni di mesotelioma. Allo stesso modo, anche DeLong e collaboratori (2005) hanno riportato un numero esiguo di linfociti Treg nel liquido pleurico di sette pazienti con mesotelioma rispetto ai pazienti con carcinoma della mammella o del polmone. Al contrario, nello studio di Hegmans (2006) è stato evidenziato un numero significativo di linfociti Treg nel MPM, sebbene sia stato analizzato un numero limitato di campioni.
Nel presente studio è stato osservato, come già detto in precedenza, un numero significativamente maggiore di linfociti Foxp3+ nel gruppo di trattamento con IL-2 confermando l’aumento di tali cellule osservato in altri modelli tumorali, come il carcinoma renale o il melanoma, dopo trattamento con IL-2 (Ahmadzadeh e Rosenberg, 2006). Inoltre, la popolazione di cellule linfocitarie Foxp3+ espanse in vitro dopo somministrazione di IL-2 sembra mostrare una forte attività inibitrice della risposta immunitaria anti-tumorale (Ahmadzadeh e Rosenberg, 2006).
Tutte queste evidenze suggeriscono che l’attività anti-tumorale di IL-2 possa essere diminuita dalla presenza dei linfociti Treg e che la loro deplezione potrebbe aumentare l’abilità di IL-2 di rafforzare l’immunità dell’ospite contro il cancro.
In questo studio è stata inoltre valutata la presenza dei macrofagi nel MPM, che è risultato essere infiltrato da un numero elevato di queste cellule immunitarie. Tale dato conferma studi recenti della letteratura nei quali alti livelli di macrofagi erano stati osservati nei campioni di pazienti con MPM (Hegmans et al, 2006; Burt et al, 2011).
Nessuna differenza è stata comunque osservata tra i livelli di macrofagi infiltranti il tumore nei due gruppi di trattamento analizzati, probabilmente perché IL-2 non ha un
effetto diretto su tali cellule e comunque non ne porta un aumento (Den Otter et al, 2008; Margolin, 2000).
Nel presente studio è stata valutata la presenza di cellule dendritiche mature che sono risultate essere assenti o comunque presenti a livelli molto bassi in tutti i campioni di mesotelioma analizzati. Questo risultato è in linea con quanto descritto in letteratura nel MPM, sebbene su un numero molto più limitato di campioni (Hegmans et al, 2006), ma è in contrasto con quanto osservato in altri modelli tumorali, come il carcinoma della mammella o del polmone, nei quali sono state osservate numerose cellule dendritiche (Hillenbrand et al, 1999). Una possibile spiegazione per l’assenza di cellule dendritiche nel MPM potrebbe essere la produzione di IL-6 da parte delle cellule neoplastiche (Hegmans et al, 2006), universalmente espressa in linee cellulari di mesotelioma (Schmitter et al, 1992). Infatti, l’IL-6 sembra inibire in vitro lo sviluppo delle cellule dendritiche dai precursori CD34+ e dai monociti, mantenendole in uno stato persistente di immaturità (Chomarat et al, 2000). L’assenza di cellule dendritiche intra-tumorali sembra promuovere la progressione neoplastica in alcuni modelli tumorali (Inoshima et al, 2002); infatti, tali cellule svolgerebbero un ruolo cruciale per l’attivazione dei linfociti effettori CD4+ e CD8+ nel tumore (Zammit et al, 2005). Quindi l’assenza di tali cellule nel MPM potrebbe spiegare perché il tumore non viene eliminato pur in presenza di cellule effettrici dell’immunità nel tumore stesso. Queste ipotesi pongono le basi per l’utilizzo di agenti terapeutici atti ad aumentare i livelli di cellule dendritiche e soprattutto a favorire la loro maturazione (Davidson et al, 1998).
Alcuni studi hanno correlato la terapia con IL-2 con l’angiogenesi mostrando che per la riduzione dei vasi tumore-associati sarebbero richiesti i linfociti T citotossici (Sakkoula et al, 1997; Jackaman et al, 2003). Alla luce di questi studi, abbiamo valutato la MVD e l’espressione di VEGF. La MVD è risultata essere significativamente minore
nella casistica di pazienti trattati con IL-2 rispetto ai non trattati. La stessa tendenza è stata osservata anche per il VEGF sebbene non fosse significativa. I nostri risultati supportano l’ipotesi che IL-2 inibisca i vasi intra-tumorali e suggeriscono quindi un ulteriore meccanismo anti-neoplastico mediato da IL-2 nel MPM.
Nel presente studio è stato inoltre osservato nei pazienti trattati con IL-2 che il tipo istologico sarcomatoide ha un MVD più alta rispetto al tipo epiteliomorfo e questo può essere spiegato considerando che i tipi sarcomatoidi hanno un comportamento più aggressivo e una peggior prognosi (Travis et al, 2004).
Le cellule immunitarie presenti nel microambiente dei mesoteliomi valutati in questo studio sono state anche correlate con i dati di follow-up dei pazienti nei due distinti gruppi di trattamento.
In particolare, abbiamo osservato nel gruppo di pazienti trattati con IL-2 che i pazienti con elevati livelli di mastociti triptasi+ avevano una prognosi migliore rispetto ai pazienti con bassi livelli. Questo risultato è in linea con quanto osservato in alcuni studi (Welsh et al, 2005; Rajput et al, 2008; Tan et al, 2005; Chan et al, 2005), mentre altri studi hanno mostrato una correlazione opposta tra densità di mastociti e prognosi dei pazienti (Kankkunen et al, 1997; Ibaraki et al, 2005). Questi risultati contrastanti sull’impatto prognostico dei mastociti potrebbero essere dovuti al fatto che microambienti tumorali distinti possono influenzare in modo diverso il fenotipo e la funzione dei mastociti (Dimitriadou e Koutsilieris, 1997; Theoharides e Conti, 2004). Infatti i mastociti mostrano gradi di attivazione e fenotipo diversi a seconda del microambiente nel quale si trovano (Tataroğlu et al, 2004). La correlazione tra livelli di mastociti triptasi+ e prognosi dei pazienti non è stata però confermata nella casistica di pazienti non trattati con IL-2 e questo ci fa ipotizzare che nel MPM i mastociti possano essere attivati da tale interleuchina (Panelli et al, 2002; Den Otter et al, 2008).
Nel presente studio è stato inoltre osservata per la prima volta una correlazione tra livelli di linfociti Treg e prognosi nei pazienti con mesotelioma trattati con IL-2: i pazienti con elevati livelli di Treg mostravano minore sopravvivenza e minore tempo alla progressione. Anche tale associazione non è stata osservata nella casistica di pazienti non trattati con IL-2, confermando il ruolo fondamentale di IL-2 nell’omeostasi delle cellule Treg e supportando anche l’utilizzo di strategie di deplezione dei linfociti T regolatori per aumentare l’efficacia dell’immunoterapia con IL-2. Un solo studio ha correlato i linfociti intra-tumorali con la prognosi dei pazienti con MPM dimostrando un’associazione tra alti livelli di linfociti T effettori CD8+ e una miglior prognosi e una minore incidenza di metastasi linfonodali (Anraku et al, 2008). Una simile tendenza per quanto riguarda i linfociti CD8+ è stata osservata anche nel nostro studio sebbene non raggiungesse la significatività.
Abbiamo inoltre osservato che la combinazione dei livelli di mastociti triptasi+ e di linfociti Treg è in grado di predire con più efficacia la prognosi dei pazienti confermando la relazione stretta tra questi due parametri immunologici (Lu et al, 2006; Ju et al, 2009), che risultano essere molto promettenti dal punto di vista prognostico nell’identificare gruppi di pazienti con distinti outcomes.
In conclusione i risultati di questo studio confermano che il MPM è altamente infiltrato da cellule infiammatorie, in particolare mastociti triptasi+, linfociti T, citotossici, helper e regolatori e macrofagi. Inoltre, l’aumento dei mastociti triptasi+, dei linfociti Foxp3+ e CD8+, nonchè l’inibizione dell’angiogenesi tumore-associata osservata nei MPM dopo terapia con IL-2 aggiungono nuovi elementi al complesso meccanismo anti-tumorale mediato da questa interleuchina nel MPM. Ulteriori studi saranno comunque necessari per confermare le proprietà funzionali delle cellule
immunitarie effettrici e regolatrici, dato che l’effetto anti-tumorale di IL-2 potrebbe dipendere dal corretto equilibrio tra questi due tipi di cellule.
L’impatto prognostico di alcune cellule del sistema immunitario osservato in questo studio sottolinea inoltre l’importanza dell’analisi immunologica nell’approccio prognostico e terapeutico nei pazienti con mesotelioma pleurico. Conoscere il ruolo delle diverse componenti del sistema immunitario nella progressione neoplastica del mesotelioma aiuterà a comprendere e a disegnare nuovi protocolli di immunoterapia allo scopo di aumentare e rendere così efficiente la risposta immunitaria anti-tumorale.