Abstract... 4 1 Introduzione ... 7 1.1 Il mesotelioma pleurico... 7 1.2 Epidemiologia ... 8 1.3 Eziologia ... 9 1.3.1 Asbesto... 9 1.3.2 SV40... 12 1.3.3 Altre cause... 13 1.4 Patogenesi ... 14 1.5 Caratteristiche cliniche... 16 1.5.1 Segni e Sintomi ... 16 1.5.2 Imaging ... 16 1.5.3 Procedure Diagnostiche ... 17 1.5.4 Citologia... 19 1.6 Macroscopica e localizzazione... 21
1.7 Diffusione tumorale e stadiazione... 23
1.8 Istologia... 24 1.8.1 Mesotelioma Epiteliomorfo ... 25 1.8.2 Mesotelioma Sarcomatoide... 30 1.8.3 Mesotelioma Desmoplastico ... 32 1.8.4 Mesotelioma Bifasico... 34 1.9 Grading... 35 1.10 Diagnosi differenziale ... 35
1.11 Alterazioni genetiche e molecolari... 36
1.11.2 Alterazioni genetiche molecolari ... 37
1.11.3 Suscettibilità genetica (Sindromi Neoplastiche Familiari) ... 38
1.12 Fattori prognostici e predittivi... 39
1.12.1 Criteri Clinici ... 39
1.12.2 Criteri Istopatologici ... 39
1.12.3 Fattori Genetici Predittivi... 40
1.13 Terapia... 40
1.13.1 Chirurgia ... 40
1.13.2 Chemioterapia ... 41
1.13.3 Radioterapia ... 42
1.13.4 Immunoterapia ... 42
1.14 Infiltrato infiammatorio e cancro ... 44
1.14.1 Infiltrato infiammatorio ed angiogenesi... 46
1.14.2 Cellule immunitarie nel microambiente tumorale... 47
1.14.3 Infiltrato infiammatorio e mesotelioma ... 53
2 Scopo dello studio ... 55
3 Materiali e metodi ... 57
3.1 Pazienti... 57
3.2 Campioni chirurgici ... 58
3.3 Immunoistochimica... 58
3.3.1 Cellule del sistema immunitario... 60
3.3.2 Angiogenesi ... 63
3.4 Analisi statistica ... 64
4 Risultati ... 65
4.2 Parametri immunologici ed angiogenetici nei due gruppi di
trattamento ... 67
4.3 Correlazioni tra i parametri immunologici ed angiogenetici e le caratteristiche clinico-patologiche ... 69
4.4 Fattori prognostici nei pazienti trattati con il-2... 70
4.5 Fattori prognostici nei pazienti non-trattati con IL-2... 76
5 Discussione ... 78
ABSTRACT
Il mesotelioma pleurico maligno è un tumore relativamente raro, ma in crescente incremento d’incidenza nei paesi industrializzati. L’esposizione all’asbesto è il fattore di rischio principale con un periodo di latenza dall’esposizione all’insorgenza di malattia di circa 30-40 anni; per questa ragione studi epidemiologici indicano che il picco di mortalità in Europa sarà raggiunto intorno al 2020 sulla base del fatto che l’uso di amianto nei paesi europei è stato massimo intorno al 1970. Si stima che nel trentennio 2000-2030 250.000 persone moriranno per mesotelioma in Europa Occidentale.
Il mesotelioma pleurico è un tumore altamente aggressivo la cui sopravvivenza mediana è purtroppo solo di circa 12 mesi dal momento della diagnosi indipendentemente dalla scelta della terapia ed è quindi imperativa la ricerca e lo sviluppo di trattamenti efficaci nel mesotelioma pleurico maligno.
Il rapporto tra infiammazione e cancro è riconosciuto come fondamentale nel modulare la progressione neoplastica , ma tale rapporto di interazione ospite-tumore non è del tutto chiaro. Infatti, potrebbe avere effetti opposti sulla progressione neoplastica, favorendo da un lato la crescita della neoplasia, anche attraverso la promozione dell’angiogenesi, dall’altro lato bloccando lo sviluppo tumorale.
Il mesotelioma è una neoplasia immunogenica, ma questa risposta immunitaria è debole ed incapace di distruggere od inibire il tumore. Dati recenti della letteratura hanno mostrato come il mesotelioma pleurico sia associato ad un’intensa risposta immunitaria anti-tumorale ed alla presenza di un infiltrato infiammatorio nel microambiente pleurico, costituito per la maggior parte da linfociti (helper CD4+, citotossici CD8+, regolatori Foxp3+) e da macrofagi.
Studi clinici hanno mostrato la sensibilità del mesotelioma all’immunoterapia. In particolare, la somministrazione intrapleurica d’interleuchina 2 (IL-2), una citochina con funzione di attivazione della proliferazione, sopravvivenza e differenziazione dei linfociti T, ha mostrato effetti sulla regressione tumorale nel mesotelioma.
Sulla base di queste premesse abbiamo quindi voluto indagare la presenza e l’impatto prognostico di diversi tipi di cellule immunitarie, (linfociti CD4+, CD8+, e Foxp3+, mastociti, macrofagi, cellule dendritiche) e del fenomeno angiogenetico (densità microvascolare, MVD, ed espressione di VEGF) in due casistiche di pazienti con mesotelioma pleurico maligno, trattati con IL-2 e non trattati, per valutare anche le modificazioni indotte da IL-2 nel microambiente pleurico.
I fattori immunitari ed angiogenetici sono stati valutati nelle due diverse casistiche con metodiche di immunoistochimica.
Differenze significative sono state osservate tra i due gruppi di trattamento per alcune delle variabili analizzate. I campioni dei pazienti trattati con IL-2 mostravano un numero maggiore di mastociti triptasi+ (P = 0.016), di linfociti CD8+ (P = 0.012) e di linfociti Fop3+ (P = 0.014). Al contrario, la MVD era più alta nella casistica dei pazienti non trattati (P = 3.9 x 10-9). Non è stata invece osservata alcuna differenza significativa per i linfociti CD4+, i mastociti chimasi+, i macrofagi, le cellule dendritiche e l’espressione di VEGF.
L’unica correlazione significativa tra i parametri analizzati e le caratteristiche clinico-patologiche è stata osservata tra i tipi istologici del mesotelioma e la MVD. Infatti, la MVD era più alta nel sottotipo istologico sarcomatoide rispetto al bifasico e all’epiteliomorfo (P = 0.0047).
Inoltre le caratteristiche clinico-patologiche e l’espressione dei parametri immunologici e angiogenetici sono stati correlati con la sopravvivenza globale (OS) e il
tempo alla progressione (TTP). Nei pazienti trattati con IL-2, i sottotipi istologici erano associati sia con la OS (P = 0.02) che con il TTP (P = 0.02), infatti il sottotipo sarcomatoide mostrava una prognosi peggiore rispetto agli altri
Sempre nella stessa casistica di pazienti, un alto valore di mastociti triptasi+ è risultato essere correlato sia ad un aumento della OS (P = 0.017) che del TTP (P = 0.015), mentre un alto valore di Foxp3 risultava come fattore prognostico sfavorevole sia per la OS (P = 1.6 x 10-6) che per il TTP (P = 0.0039).
È stata poi valutata l’influenza prognostica della combinazione dei linfociti Treg+ e dei mastociti triptasi+ ed è stato evidenziato come tale combinazione sia in grado di predire con più efficacia la prognosi dei pazienti (P = 1.7 x 10-7).
In conclusione i risultati di questo studio confermano che il mesotelioma è altamente infiltrato da cellule infiammatorie, in particolare mastociti triptasi+, linfociti T, citotossici, helper e regolatori e macrofagi. Inoltre, l’aumento dei mastociti triptasi+, dei linfociti Foxp3+ e CD8+, nonchè l’inibizione dell’angiogenesi tumore-associata osservati dopo terapia con IL-2 aggiungono nuovi elementi al complesso meccanismo anti-tumorale di IL-2 nel mesotelioma. Ulteriori studi saranno comunque necessari per confermare le proprietà funzionali di tali cellule immunitarie, dato che l’effetto anti-tumorale di IL-2 potrebbe dipendere dal corretto equilibrio tra questi tipi di cellule.
L’impatto prognostico di alcune cellule del sistema immunitario osservato in questo studio sottolinea inoltre l’importanza dell’analisi immunologica nell’approccio prognostico e terapeutico nei pazienti con mesotelioma pleurico. Conoscere il ruolo delle diverse componenti del sistema immunitario nella progressione neoplastica del mesotelioma aiuterà a comprendere e a disegnare nuovi protocolli di immunoterapia allo scopo di aumentare e rendere così efficiente la risposta immunitaria anti-tumorale.
1
INTRODUZIONE
1.1
I
L MESOTELIOMA PLEURICOIl mesotelioma è una neoplasia maligna che origina dalle cellule mesoteliali, lo strato di cellule che riveste le cavità sierose del corpo, pleura, peritoneo, pericardio e tunica vaginale dei testicoli. La quasi totalità dei casi attualmente rilevati si riferisce al mesotelioma pleurico maligno (MPM) che origina dalla pleura, sia viscerale che parietale, e che mostra un pattern di crescita diffuso sopra la superficie pleurica (Travis et al, 2004).
Questo tumore è correttamente definito come mesotelioma maligno diffuso dalla
Word Healt Organization Classification of Tumours of the Lung, Pleura, Thymus, and Heart” (Travis et al, 2004), da distinguere da altri tumori pleurici localizzati che hanno
caratteristiche ed andamento clinico differenti (Figura 1).
Sebbene sia un tumore raro, il mesotelioma pleurico è il più frequente tumore primitivo che colpisce la pleura, la cui importanza si è accresciuta negli ultimi anni a causa dell’aumento di incidenza verificatosi nei soggetti esposti alle fibre aerodisperse dell’amianto (asbesto), con una latenza temporale particolarmente elevata, 15-40 anni, e un decorso mediano di 1-2 anni.
Figura 1: Classificazione istologica WHO dei tumori della pleura
1.2
E
PIDEMIOLOGIALa maggior parte dei mesoteliomi pleurici insorge in pazienti sopra i 60 anni di età, ma questo tumore può insorgere a qualsiasi età ed occasionalmente è stato osservato anche in bambini.
In particolare, in Italia, il Terzo Rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM), del gennaio 2009, riporta informazioni relative a 9.166 casi di mesotelioma maligno. La percentuale di casi con un’età alla diagnosi inferiore a 55 anni è pari o poco più del 10% del totale (11,7%). Il 34,2% dei soggetti ammalati ha un’età compresa tra 65 e 74 anni e la metà dei casi ha un’età compresa tra 61 e 76 anni. Fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo il 2,7% dei casi registrati). L’età media alla diagnosi è di 68,3 anni senza differenze apprezzabili per genere (Marinaccio et al, 2010).
La neoplasia colpisce in prevalenza i maschi, ma il rapporto maschi:femmine varia a seconda del paese. Per esempio in Nord America tale rapporto è di circa 9:1, mentre in altri paesi, come l’Inghilterra, la Francia, l’Australia e anche l’Italia, questo rapporto scende a 2-3:1 (Marinaccio et al, 2010).
L'incidenza del mesotelioma nei paesi europei varia da 15 a 33 casi ogni milione di abitanti (in Italia è di 19 casi per milione di abitanti) (Peto et al, 1999).
Nei prossimi 40 anni sono previsti 250.000 decessi per mesotelioma in Europa, 72.000 negli Stati Uniti, 103.000 decessi in Giappone e 30.000 in Australia. Dati preoccupanti arrivano soprattutto dai Paesi in via di sviluppo, come l'India, dove le attività di estrazione e lavorazione dell'asbesto riguardano ancora un numero considerevole di addetti e dove solo recentemente sono state intraprese rigorose misure di prevenzione (Kukreja et al, 2004).
Il mesotelioma pleurico è un tumore a prognosi infausta con una mortalità del 100% (Robinson et al, 2005). È possibile che alcuni casi diagnosticati in uno stadio molto precoce della malattia possano essere curati con terapia multimodale comprendente la pneumectomia extrapleurica, seguita dalla chemioterapia e dalla terapia radiante, ma l’efficacia di questa terapia deve essere provata e comunque riguarderebbe un numero molto limitato di casi (Travis et al, 2004).
1.3
E
ZIOLOGIA1.3.1
Asbesto
Con il termine amianto (dal greco amiantos – inattaccabile, incorruttibile) o asbesto (dal greco asbestos - che non brucia, perpetuo) si indica un minerale, anzi un gruppo di minerali, a struttura microcristallina e di aspetto finemente fibroso, composti da silicato di magnesio, calcio e ferro. L’asbesto è presente in natura unito ad altri minerali; viene estratto da cave e miniere per frantumazione della roccia madre, da cui si ottiene la fibra purificata. L’amianto resiste alle temperature elevate, all’azione di agenti chimici e biologici, alla trazione e all’usura. È molto elastico, facilmente filabile, fonoassorbente.
Queste ed altre proprietà, legate ad un basso costo di produzione, hanno fatto dell’amianto un materiale estremamente versatile, da impiegare in molti settori, dalla costruzione dei mezzi di trasporto, all’edilizia, all’industria automobilistica e così via.
Nei paesi industrializzati, più del 90% dei casi di mesotelioma pleurico negli uomini è causato da una precedente esposizione all’asbesto. Per quanto riguarda le donne, solo il 20% dei casi è dovuto all’amianto in Nord America, mentre in altri paesi, come l’Inghilterra o l’Australia, nei quali è stato più frequente l’uso di crocidolite, minerale da cui si estrae l’asbesto, tale percentuale è molto più alta (Spirtas et al, 1994).
Il primo a studiare una possibile correlazione tra asbesto e mesotelioma fu Wagner, che già nel 1960 pubblicava sul “British journal of Cancer” un articolo intitolato “Diffuse Pleural Mesothelioma and asbestos exposure in the North Cape Province”, nel quale si parlava dei minatori di Kimberley in Sud Africa, i quali avevano sviluppato un tumore della pleura, il mesotelioma, in seguito ad esposizione con crocidolite (Wagner et al, 1960).
Il passo successivo fu quello di inoculare amianto in animali da esperimento: si dimostrò così, nel 1965, la cancerogenicità del minerale, poiché gli animali trattati con l’asbesto si ammalavano di mesotelioma. Si arrivò così al primo articolo di Selikoff del 1965 (Selikoff et al, 1965) nel quale si confermava la correlazione tra esposizione all’amianto e sviluppo tumorale. I primi risultati di questi studi servirono a prestare maggiore attenzione a questo minerale che in quegli stessi anni aveva il suo massimo impiego. Da quel momento infatti, numerosi studi si susseguirono a dimostrare i possibili danni del minerale che comunque continuò ad essere largamente utilizzato (Bourdes et al, 2000).
Il primo utilizzo dell’amianto da parte dell’industria risale agli ultimi decenni dell’800. Per il costo contenuto e l’ampia disponibilità, l’utilizzo dell’amianto è
avvenuto in numerosissime applicazioni industriali sfruttando le proprietà di resistenza al fuoco, di isolamento e insonorizzazione.
L’Italia è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori di amianto fino alla fine degli anni ’80. La produzione e l’uso di prodotti contenenti amianto è cessata solamente pochi anni fa, quando è stato vietato l’utilizzo di questo minerale (per l’Italia, Legge n. 257 del 27 marzo 1992).
Il periodo di latenza tra l’esposizione all’amianto e malattia è tipicamente molto lungo, con una media di 30-40 anni, quindi, nonostante l’uso e la produzione dell’amianto siano state completamente bandite, ancora oggi si sopportano le conseguenze dei livelli di esposizione cui ha dato luogo l’uso intenso del materiale dal secondo dopoguerra nei settori della produzione industriale di manufatti in cemento-amianto, di manufatti tessili contenenti cemento-amianto, della cantieristica navale, della riparazione e demolizione di rotabili ferroviari e dell’edilizia.
Data l’esposizione passata, è stata stimata la mortalità dei prossimi anni del mesotelioma. In Inghilterra, il numero di casi di questo tumore raggiungerà un picco nel 2015-2020, con più di 2000 casi per anno (Peto et al, 2000). In Europa Occidentale, è previsto che circa 250.000 persone moriranno di mesotelioma asbesto-indotto nei prossimi 35 anni, con il più alto rischio per gli uomini nati intorno agli anni ‘50 (Peto et al, 1999; Robinson e Lake, 2005). Inoltre, in alcune aree dell’Asia e dell’India, dati i vantaggi dell’asbesto dal punto di vista industriale, l’utilizzo del minerale continua ancora oggi ad alti livelli in linea con la rapida crescita economica di tali regioni (Takahashi, 2008). Data quindi la relazione lineare positiva tra esposizione all’asbesto e l’insorgenza di patologie asbesto-indotte, se non saranno prese importanti misure di sicurezza, in queste regioni le persone colpite continueranno ad aumentare almeno fino al 2050 (Lin et al, 2007).
Va comunque detto che l’essere stati esposti a tale sostanza non significa necessariamente sviluppare la patologia così come, d’altro canto, la mancata esposizione non comporta la certezza di non svilupparla mai. L’80% dei mesoteliomi riconosce infatti nell’esposizione all’asbesto la causa del tumore, ma solo il 5% delle persone esposte si ammalano di mesotelioma. Tutto ciò fa pensare che vi possano essere anche altre cause o concause di malattia.
1.3.1.1
Tipi di fibre
Lo sviluppo della malattia dipende dalla concentrazione, dalle dimensioni, dalla forma e dalla solubilità delle particelle di amianto. Esistono due varietà geometriche distinte di questo minerale: il serpentino, costituito da fibre morbide e flessibili e l’anfibolo, le cui fibre sono diritte, rigide e più fragili. Il crisotilo, varietà di serpentino, rappresenta la forma più usata nell’industria. Gli anfiboli comprendono la crocidolite, l’amosite, la tremolite, l’antofillite e l’actinolite. Gli anfiboli, anche se meno diffusi, sono più patogeni dei crisoliti, soprattutto rispetto all’induzione di tumori pleurici maligni. Alcuni studi sul mesotelioma, infatti, hanno dimostrato quasi sempre l’esistenza di un’esposizione agli anfiboli. I casi, relativamente poco numerosi, di mesoteliomi insorti nei lavoratori del crisotilo sono dovuti, con tutta probabilità, alla contaminazione di questo minerale con l’anfibolo tremolite. Uno studio recente (Hodgson e Darnton 2000) ipotizza un rapporto tra i vari tipi di fibre di 500:100:1 (crocidolite:amosite:crisotilo) per quanto riguarda il rischio relativo di insorgenza della neoplasia.
1.3.2
SV40
Alcuni dei vaccini contro la poliomielite usati tra il 1955 e il 1962 erano contaminati con un virus della scimmia, denominato SV40 e questa infezione si è
diffusa a milioni di persone in alcune regioni del mondo, inclusi Nord America e Europa. Alcuni studi hanno dimostrato che alcune neoplasie umane, in particolare il mesotelioma, alcuni tumori cerebrali, sarcomi ossei e linfomi non-Hodgkin, frequentemente contengono sequenze di SV40, un virus a DNA altamente oncogenico nei roditori (Vilchez et al, 2003).
Per quanto riguarda il mesotelioma, i primi studi risalgono al 1994 (Carbone et al, 1994) e sono stati confermati anche in analisi successive (Gazdar e Carbone, 2003). SV40 induce rotture delle eliche di DNA in cellule mesoteliali umane (Burmeister et al, 2004) e provoca mesotelioma pleurico nei roditori (Vilchez et al, 2003). L’antigene virale T grande (Tag) inattiva i geni soppressori TP53 e retinoblastoma (RB) ed induce aberrazioni cromosomiche (Barbanti-Brodani et al, 2004; Carbone et al, 1997). L’antigene t piccolo (tag) sembra contribuire al processo di trasformazione attraverso il legame con la proteina fosfatasi PP2A (Barbanti-Brodani et al, 2004; Gazdar e Carbone, 2003).
L’ipotesi che un’infezione latente da SV40 sia un fattore causale nello sviluppo del mesotelioma pleurico rimane comunque da essere confermata ed alcuni studi epidemiologici non hanno portato evidenze del fatto che chi abbia ricevuto i vaccini contaminati contro la poliomielite sia a maggiore rischio di sviluppare il cancro (Engels et al, 2003).
1.3.3
Altre cause
Altre cause sono state correlate all’insorgenza del mesotelioma ed includono fibre minerali diverse dall’asbesto, come l’erionite presente solo in Cappadocia e Turchia, radiazioni ionizzanti e tutte le condizioni che portano alla formazione di processi cicatriziali della pleura.
1.4
P
ATOGENESIUna frazione considerevole delle fibre di asbesto inalate rimane intrappolata permanentemente nel tessuto polmonare. La maggior parte di queste fibre rimane nuda, senza causare una reazione tissutale e tali fibre sono probabilmente responsabili dell’effetto clastogenico e carcinogenico. Una parte più piccola delle fibre dell’asbesto induce invece un accumulo di monociti e viene circondata, incapsulata, da macrofagi multinucleati. Questo processo è associato con la deposizione di proteine e di ferro emoglobina-derivato, con formazione dei corpi ferruginosi (Figura 2).
Figura 2: A, multipli corpi ferruginosi con collaterale
reazione infiammatoria; B, un corpo ferruginoso dentro un macrofago multinucletato
La patogenicità è strettamente legata ai diversi tipi di fibre dell’asbesto, infatti gli anfiboli hanno maggiore patogenicità per le loro proprietà aerodinamiche e per la
solubilità delle loro fibre diritte e rigide. La struttura più flessibile e spiraliforme dei crisotili è invece più adatta a venir compressa durante il passaggio nelle vie aeree superiori dell’apparato mucociliare. Inoltre, i crisotili, essendo più solubili degli anfiboli, vengono gradualmente filtrati dai tessuti dopo il loro intrappolamene nei polmoni. Al contrario, gli anfiboli, diritti e rigidi, seguendo il flusso aereo, vengono trasportati nelle zone più profonde dei polmoni, dove penetrano nelle cellule epiteliali e raggiungono l’interstizio. Anche la lunghezza delle fibre di anfibolo gioca un ruolo significativo nella patogenicità: infatti le fibre più lunghe di 8µm e più sottili di 0,5 µm risultano più lesive di quelle con lunghezza minore e spessore maggiore. D’altra parte, sia le fibre di anfibolo che di serpentino hanno proprietà fibrogenetiche e l’esposizione a dosi maggiori è associata ad una incidenza più elevata di tutte le patologie correlate all’amianto, con l’unica eccezione degli anfiboli, più frequentemente in rapporto, rispetto alle altre fibre, con il mesotelioma. Studi sperimentali hanno evidenziato che, a differenza delle altre polveri inorganiche che provocano reazioni cellulari e fibrose nei polmoni, l’amianto agisce sia come fattore iniziante che promuovente l’oncogenesi neoplastica.
Allo stato attuale delle conoscenze si ritiene che l’amianto possa indurre mesotelioma pleurico attraverso diversi meccanismi di azione. Il primo prevede che la pleura vada incontro a degenerazione maligna in seguito ad un persistente stato infiammatorio (Manning et al, 2002).
Un secondo meccanismo è quello ipotizzato da Upadhyay e Kamp (Upadhyay e Kamp, 2003), i quali hanno dimostrato come le fibre di amianto possano generare infiammazione dei tessuti e favorire lo sviluppo, internamente ad essi, di specie reattive dell’ossigeno. Inoltre l’asbesto sembra avere un ruolo nell’alterare la risposta immunitaria favorendo la comparsa di neoplasie.
Tra i vari meccanismi d’azione ipotizzati è anche stato dimostrato, in colture tissutali, che l’asbesto può fisicamente interagire con il fuso mitotico ed indurre aneuploidia o altri danni cromosomici (Ault et al, 1995).
Inoltre, le fibre di asbesto possono indurre fosforilazione del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), trasducendo così il segnale che porta ad un’aumentata espressione di JUN e FOS, due protoncogeni che codificano per fattori di trascrizione attivanti geni critici per l’inizio della sintesi del DNA (Mossman et al, 1996). Una persistente attivazione di questi induttori da parte dell’asbesto, potrebbe aumentare la proliferazione cellulare e potrebbe rendere le cellule colpite più suscettibili alle mutazioni successive.
1.5
C
ARATTERISTICHE CLINICHE1.5.1
Segni e Sintomi
I più comuni sintomi di presentazione del mesotelioma pleurico sono la dispnea, di solito dovuta all’imponente versamento pleurico, e il dolore toracico (Hasleton, 1996). A questi si possono associare sintomi costituzionali, quali perdita di peso, malessere, brividi, sudorazione, debolezza, fatica e anoressia (Adam et al, 1986).
Sintomi poco frequenti all’esordio della neoplasia includono lo pneumotorace spontaneo, collasso polmonare, segmentale o lobare, e invasione del mediastino con paralisi del nervo laringeo o ostruzione della vena cava superiore. Raramente sono state riportate mialgie, afonia, disfagia, distensione addominale e nausea (Linder et al, 1984).
1.5.2
Imaging
Alla radiografia del torace il mesotelioma pleurico si manifesta spesso con un grande versamento sieroso nei cavi pleurici che oscura un sottostante ispessimento o
massa pleurica. Il pattern di coinvolgimento della pleura può essere circonferenziale con estensione lungo la pleura mediastinica e/o pericardica. L’emitorace ipsilaterale può apparire contratto.
La Tomografia Computerizzata (TC) e la Risonanza Magnetica (RNM) definiscono meglio l’estensione della malattia a livello pleurico, in particolare il coinvolgimento della parete toracica, del diaframma, del pericardio, dei linfonodi mediastinici o del polmone.
1.5.3
Procedure Diagnostiche
Il mesotelioma pleurico maligno è di solito diagnostico attraverso biopsie ottenute in videotoracoscopia (VATS). La citologia del liquido pleurico rappresenta un campione idoneo per la diagnosi in alcuni casi, ma il 50% dei mesoteliomi hanno citologia pleurica negativa. Inoltre, l’esecuzione delle biopsie tramite VATS permette la disponibilità di tessuto per metodiche di imunoistochimica, sempre necessarie per supportare una diagnosi istologica definitiva.
La toracotomia non è necessaria per porre diagnosi di mesotelioma e dovrebbe esser evitata dato l’aumentato rischio di impianto di cellule neoplastiche a livello della parete toracica.
In pazienti nei quali i cavi pleurici siano fusi da tumore localmente avanzato, il tessuto tumorale può essere ottenuto tramite un’incisione minima di 5 cm con una limitata resezione costale ed esecuzione di una biopsia pleurica diretta.
La TC è il “gold standard” per la stadiazione iniziale del MPM, anche se non è in grado di predire in modo accurato la presenza o assenza di invasione superficiale della parete toracica, come il coinvolgimento della fascia endotoracica e dei muscoli intercostali, o il coinvolgimento a tutto spessore del diaframma (Figura 3).
Figura 3: TC di un mesotelioma pleurico maligno diffuso con la pleura
marcatamente ispessita dal mesotelioma e il sottostante polmone incarcerato
La RNM è di poco più accurata della TC nel verificare la presenza di invasione di tali strutture, ma non abbastanza da diventare una tecnica di routine come primo passo diagnostico nella stadiazione del mesotelioma. L’estensione tumorale transdiaframmatica alla TC o alla RNM può essere confermata con la laparoscopia esplorativa.
La Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) consente di confermare la malattia metastatica, non sospettata clinicamente o dopo indagine TC, in circa il 10% dei pazienti e per questo viene usata di routine in alcune istituzioni per la valutazione iniziale dello stadio della malattia. Inoltre, il SUV (Standardized Uptake Value) massimo sembra avere un significato prognostico nei pazienti con MPM.
Purtroppo, nessuna di queste metodiche di imaging consente di predire in modo accurato la presenza o assenza di metastasi nei linfonodi mediastinici, dato questo di notevole importanza per la prognosi dei pazienti.
La mediastinoscopia può identificare alcuni, ma non tutti, linfonodi metastatici, dato che circa il 25% si trovano in regioni non accessibili attraverso questa tecnica, come i linfonodi mammari interni.
1.5.4
Citologia
Nei paesi industrializzati, circa l’1% dei versamenti pleurici è dovuto al mesotelioma pleurico. Le cellule mesoteliali presenti nel liquido pleurico sono quasi sempre di tipo epitelioide, visto che le cellule del tipo istologico sarcomatoide raramente sfaldano all’interno del cavo pleurico.
Nel liquido pleurico le cellule mesoteliali neoplastiche possono essere arrangiate in fogli, clusters, morule o papille, qualche volta anche con corpi psammomatosi associati.
Queste cellule possono presentare un ampio range di alterazioni citologiche, da pleomorfe a citologicamente blande, anche se raramente mostrano le atipie severe osservate nei carcinomi (Figura 4).
Figura 4: Citologia del mesotelioma pleurico maligno. A, gruppo di cellule mesoteliali ingrandite
con nucleo lievemente irregolare e talora con nucleoli multipli. B, Cellule mesoteliali maligne con apparenza blanda. C, Colorazione con anticorpo anti-citocheratina (sinistra) con forte positività citoplasmatica in questo cluster di cellule mesoteliali neoplastiche e immunoreattività nucleare per calretinina (destra). D, corpo dell’asbesto nell’espettorato di un soggetto esposto all’asbesto
Le cellule mesoteliali benigne possono esibire caratteristiche di solito associate con un processo neoplastico maligno, come cellularità aumentata, pleomorfismo e attività mitotica. Quindi, la diagnosi differenziale tra mesotelioma e iperplasia mesoteliale con atipie reattive può essere difficile o impossibile da porre su un liquido pleurico, dato che l’invasione del tessuto fibro-muscolo-adiposo parietale non può essere valutata.
Per questi motivi, l’accuratezza di una diagnosi esclusivamente citologica nel mesotelioma è ancora molto più bassa rispetto alla diagnosi istologica su tessuto, che permette inoltre l’esecuzione di indagini immunoistochimiche spesso necessarie per la diagnosi differenziale con l’adenocarcinoma polmonare.
1.6
M
ACROSCOPICA E LOCALIZZAZIONENegli stadi iniziali, il mesotelioma si presenta con piccoli noduli multipli a livello della pleura parietale, e qualche volta della pleura viscerale (Figura 5). Con la progressione tumorale, i noduli diventano confluenti e spesso danno fusione della pleura parietale e viscerale, con incarceramento del polmone sottostante. La neoplasia può raggiungere alcuni centimetri di spessore e una consistenza variabile, da gelatinosa a molto dura (Figura 6).
Figura 5: Mesotelioma pleurico maligno con noduli multipli sulla superficie della
Figura 6: Classico pattern di diffusione del mesotelioma pleurico maligno
avanzato con incarceramento del polmone sottostante
La diffusione della neoplasia avviene di solito tramite la scissure interlobari nei polmoni sottostanti, nel diaframma e nella parete toracica. Il coinvolgimento mediastinico con invasione del sacco pericardico è molto comune, così come la diffusione al cavo pleurico controlaterale.
Il mesotelioma può dare metastasi nel parenchima polmonare e nei linfonodi ilari e mediastinici, ma ciò non è patognomonico di questo tumore, dato che diverse neoplasie pleuriche primitive e secondarie possono dare un simile coinvolgimento di tali strutture.
1.7
D
IFFUSIONE TUMORALE E STADIAZIONEPer quanto riguarda la diffusione tumorale è caratteristica l’invasione del tessuto adiposo o muscolare della parete toracica, tanto da essere l’unico criterio istologico di certezza diagnostica. Il dislocamento del mediastino nel cavo pleurico controlaterale può essere presente, mentre la diffusione attraverso il diaframma può dare il coinvolgimento del peritoneo e quindi ascite, reperto che viene osservato frequentemente all’esame autoptico dei pazienti con mesotelioma.
L’infiltrazione degli spazi alveolari può dare un pattern istologico simile a quello di altre patologie polmonari, come la polmonite organizzata, la polmonite interstiziale desquamativa o il carcinoma bronchioloalveolare (Nind et al, 2003).
Le metastasi linfonodali sono raramente manifestazioni di esordio della patologia, anche se una diffusione linfovascolare peribronchiale viene osservata in alcuni casi (Sussman e Rosai , 1990).
È raro per il mesotelioma presentarsi come malattia metastatica all’esordio; le metastasi, osservate al riscontro diagnostico autoptico, possono coinvolgere polmoni, fegato, surreni, ossa, encefalo o reni (Musk et al, 1991).
La stadiazione del mesotelioma segue i criteri della classificazione TNM proposta dal “International Mesothelioma Panel” e dal “International Union Against Cancer (UICC) (Greene et al, 2002; UICC, 2002) (Figura 7).
Figura 7: Classificazione TNM del mesotelioma pleurico maligno
1.8
I
STOLOGIAL’esatta cellula di origine del mesotelioma non è ancora conosciuta e, sebbene si pensi che tale neoplasia origini dalle cellule mesoteliali di superficie, alcuni dati sperimentali indicano che potrebbe originare da cellule submesoteliali totipotenti che si differenziano in varie direzioni.
Sebbene numerosi studi suggeriscano che lo sviluppo del mesotelioma segua ad un processo neoplastico in situ, al momento non ci sono criteri istologici che permettano una distinzione tra mesotelioma in situ e processi reattivi atipici benigni.
In caso di proliferazioni mesoteliali esclusivamente superficiali, che possono essere o non essere maligne, è suggerito l’uso del termine “iperplasia mesoteliale atipica”.
Mentre il termine “mesotelioma desmoplastico” è universalmente accettato nella classificazione istologica come sottotipo particolare ed altamente aggressivo di mesotelioma sarcomatoide, non c’è accordo sulla nomenclatura di altri sottotipi istologici, in particolare per quello che riguarda le numerose varianti morfologiche del mesotelioma maligno epiteliomorfo. Sebbene il riconoscimento di tali varianti sia importante a fini diagnostici, esse non hanno un chiaro significato prognostico e non sono importanti a fini classificativi.
Gli unici tipi istologici riconosciuti dalla “Word Healt Organization
Classification of Tumours of the Lung, Pleura, Thymus, and Heart” (Travis et al, 2004)
(Fig. 1) sono: • Mesotelioma Epiteliomorfo • Mesotelioma Sarcomatoide • Mesotelioma Desmoplastico • Mesotelioma Bifasico
1.8.1
Mesotelioma Epiteliomorfo
Il mesotelioma epiteliomorfo mostra una morfologia citologica di tipo epitelioide; molti di essi hanno una citologia blanda, sebbene siano occasionalmente osservate forme più anaplastiche.
Questo tipo istologico di mesotelioma mostra un ampio range di patterns morfologici che spesso coesistono all’interno dello stesso tumore, anche se sono osservati casi nei quali prevale un singolo pattern istologico.
Nella maggior parte di questi tumori, le cellule hanno un citoplasma eosinofilo con nuclei relativamente blandi e con poche mitosi. Nelle forme poco differenziate, i nuclei appaiono invece ipercromici, con nucleolo prominente e si possono osservare alcune cellule giganti. Questi tumori sono rari e pongono notevoli problemi nella diagnosi differenziale dai carcinomi metastatici alla pleura, risolti spesso solo grazie all’ausilio di tecniche di immunoistochimica.
I più comuni patterns osservati sono il tubulo-papillare, l’adenomatoide (microghiandolare) e lo “sheet-like”, mentre meno comuni sono il piccole cellule, il cellule chiare e il deciduale (Figura 8).
Il pattern tubulo-papillare, che è il più frequente, esibisce varie combinazioni di tubuli, papille e di tessuto connettivo. Nella maggior parte dei casi, le cellule che rivestono i tubuli o le papille sono da piatte a cuboidali e con citomorfologia blanda. Possono essere osservati corpi psammomatosi.
Figura 8: Mesotelioma pleurico maligno epiteliomorfo. A, Tumore con fogli di cellule epiteliomorfe con
citoplasma eosinofilo ampio con cromatina nucleare vescicolosa e nucleoli prominenti. B, Proliferazione neoplastica papillare. C, Pattern tubulo-papillare. D, Pattern microcistico (adenomatoide)
La forma adenomatoide mostra invece una struttura microcistica con morfologia adenoideo-cistica o a cellule ad anello con castone, sebbene tali cellule siano negative per le mucine neutre.
Nidi e fogli di cellule neoplastiche si osservano comunemente in associazione con altri patterns, mentre non di frequente sono presenti cellule poligonali di solito aggregate in fogli non coesivi, solidi, che possono porre problemi di diagnosi differenziale con un carcinoma a grandi cellule o con un linfoma.
Il mesotelioma può mimare alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin, in particolare la forma linfoistiocitoide, e il carcinoma a piccole cellule del polmone, anche se di solito non sono presenti la carioressi e la deposizione di materiale ematossinofilo a livello
delle pareti vasali (Fenomeno di Azzopardi) caratteristiche del carcinoma anaplastico a piccole cellule.
Raramente le cellule neoplastiche possono avere grandi citoplasmi chiari ed entrare quindi in diagnosi differenziale con una metastasi di adenocarcinoma a cellule chiare del rene.
Nel mesotelioma epiteliomorfo sono osservate anche cellule con ampio citoplasma eosinofilo che ricordano le cellule deciduali osservate in gravidanza, anche se raramente predominano all’interno del tumore (cosiddetto mesotelioma deciduale).
Lo stroma fibroso può variare da uno stroma ialinizzato acellulato alla presenza di stroma altamente cellulato interposto tra le cellule neoplastiche; in questi tumori la diagnosi differenziale con una forma bifasica può essere molto difficile.
Matrice mixoide può essere presente in alcuni casi, con nidi di cellule epiteliomorfe neoplastiche fluttuanti all’interno della matrice stessa.
Il mesotelioma epiteliomorfo produce di solito una grande quantità di acido ialuronico, che può facilmente essere dimostrato con la colorazione istochimica Alcian blu, mentre è sempre negativo alla colorazione mucicarmino. La positività con Alcian blu può comunque essere completamente rimossa dal pre-trattamento con l’enzima ialuronidasi. La presenza di chiare gocce di materiale PAS-positivo o mucicarmino-positivo pone in serio dubbio la diagnosi di mesotelioma, anche se sono stati descritti in letteratura rari casi di mesotelioma positivo per le mucine (Hammar et al, 1996). Il glicogeno è di solito assente, ad eccezione che nella rara forma di mesotelioma epiteliomorfo ricco di glicogeno.
La microscopia elettronica gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi differenziale tra mesotelioma e carcinoma, tanto da essere considerata nel passato il “gold standard” per discriminare tra queste neoplasie. Con il microscopio elettronico è
infatti possibile osservare la struttura dei microvilli sulla superficie apicale delle cellule neoplastiche, che nel mesotelioma sono più lunghi e sottili di quelli osservati nell’adenocarcinoma (Figura 9). La validità di questa osservazione è stata provata ormai da tempo, ma la microscopia elettronica è stata superata dall’immunoistochimica per quanto riguarda la diagnostica di routine, metodica molto più rapida ed economica e che permette di porre una diagnosi differenziale nella maggior parte dei casi (Warhol e Corson, 1985).
Figura 9: Microscopia elettronica di mesotelioma maligno pleurico, dettaglio
di microvilli del tipo non-intestinale, lunghi e sottili e senza glicocalice
L’immunoistochimica è un ausilio diagnostico fondamentale nella diagnosi di mesotelioma, soprattutto nella differenziazione con l’adenocarcinoma polmonare.
Il pannello di indagini immunoistochimiche più comunemente usato comprende due o più markers mesoteliali e due o più markers epiteliali (carcinoma) e la scelta degli anticorpi dipende solitamente dall’esperienza del laboratorio.
I più utili markers mesoteliali nella diagnosi differenziale con l’adenocarcinoma polmonare sono la citocheratina 5/6 (CK5/6), la calretinina, il “Wilms tumor gene-1”
(WT1) e la vimentina, mentre i markers epiteliali sono il CEA (monoclonale), il CD15, il BerEP4, il B72.3 e il TTF1 (Figura 10). Tale pannello anticorpale deve necessariamente variare se la diagnosi differenziale include altri tumori rispetto all’adenocarcinoma del polmone.
Una citocheratina ad ampio spettro (CK-Pan) può essere utile per escludere un linfoma a grandi cellule, un melanoma metastatico o un emangioendotelioma epitelioide.
L’uso dell’immunoistochimica per la diagnosi differenziale tra mesotelioma maligno e iperplasia mesoteliale reattiva rimane controverso; l’uso di alcuni anticorpi a tale scopo , come EMA o desmina, non ha dato risultati soddisfacenti..
Figura 10: Immunoreattività intensa citoplasmatica e nucleare per
calretinina in un mesotelioma pleurico maligno
1.8.2
Mesotelioma Sarcomatoide
La variante sarcomatoide del mesotelioma pleurico presenta di solito cellule fusate organizzate in fasci oppure arrangiate in modo disordinato.
Il pattern di crescita assomiglia a quello osservato nel fibrosarcoma, anche se forme con marcata anaplasia e cellule tumorali multinucleate bizzarre possono mimare l’istiocitoma fibroso maligno. In una piccola percentuale di casi si possono osservare aree che ricordano il condrosarcoma, l’osteosarcoma o altri sarcomi (Figura 11).
Figura 11: Mesotelioma sarcomatoide. A, Fascicoli intersecanti di cellule fusate. B,
Cellule giganti anaplastiche bizzarre
Il mesotelioma sarcomatoide tipicamente è positivo all’analisi immunoistochimica con citocheratine ad ampio spettro, anche se occasionalmente può essere negativo, soprattutto nelle aree di differenziazione condrosarcomatosa o osteosarcomatosa (Yousem e Hochholzer, 1987). Altri markers immunoistochimici talora positivi sono la
vimentina, l’actina, la desmina e l’S-100. La calretinina può essere occasionalmente positiva (Attanoos et al, 2000).
La diagnosi differenziale con il carcinoma sarcomatoide (pleomorfo) del polmone con coinvolgimento secondario della pleura o con il carcinoma a cellule renali sarcomatoide metastatico può essere estremamente difficile e l’immunoistochimica non è realmente in grado di discriminare tra queste forme tumorali (Cagle et al, 1989). In questi casi possono essere di grande utilità le caratteristiche cliniche e macroscopiche della malattia.
1.8.3
Mesotelioma Desmoplastico
Il mesotelioma desmoplastico è caratterizzato da tessuto collagenizzato denso separato da cellule atipiche arrangiate in pattern storiforme o “patternless”, presenti in almeno il 50% del tumore (Figura 12).
Figura 12: Mesotelioma desmoplastico
Questi tumori possono facilmente essere confusi con una pleurite benigna in fase di organizzazione, soprattutto nei piccoli campioni bioptici.
I criteri diagnostici di malignità del tumore sono la presenza di aree francamente sarcomatoidi, di foci di necrosi blanda del collagene, di invasione del tessuto adiposo e/o muscolare della parete toracica e del polmone e le metastasi a distanza (Mangano et al, 1998). Le metastasi ossee, se presenti, possono essere facilmente misconosciute e confuse con quelle da tumore fibroso benigno primitivo dell’osso.
L’immunoistochimica con anticorpi anti-citocheratina ad ampio spettro può essere un valido aiuto nel dimostrare la presenza di cellule fusate maligne citocheratina positive all’interno del tessuto adiposo, muscolare o del polmone. Al contrario la presenza di cellule citocheratina positive all’interno della pleura ispessita non è di importanza diagnostica, visto che processi di natura reattiva possono avere cellule fusate, fibroblasti attivati, positive per tale anticorpo.
1.8.4
Mesotelioma Bifasico
Il 30% dei casi di mesotelioma pleurico contiene sia un pattern sarcomatoide che un pattern epiteliomorfo e sono definiti mesoteliomi bifasici; per definizione, ogni componente deve rappresentare almeno il 10% del tumore (Figura 13). Si può osservare qualsiasi combinazione dei patterns, sia del mesotelioma epiteliomorfo che di quello sarcomatoide, e la percentuale di mesoteliomi bifasici aumenta notevolmente all’aumentare del numero dei campioni istologici.
c
1.9
G
RADINGIl grading istologico non viene utilizzato per il mesotelioma maligno. Le forme epiteliomorfe sono spesso abbastanza monotone, in apparenza blande e con scarse mitosi. Le forme sarcomatoidi possono essere anch’esse relativamente blande oppure francamente anaplastiche. In ogni caso, l’unica criterio importante dal punto di vista prognostico è la distinzione tra varianti epiteiomorfe e quelle sarcomatoidi, mentre altre caratteristiche istopatologiche non correlano con l’aggressività della neoplasia.
1.10
D
IAGNOSI DIFFERENZIALEIl mesotelioma pleurico maligno entra in diagnosi differenziale con numerosi altri tipi di neoplasia; le più importanti sono le patologie metastatiche (carcinomi, sarcomi, linfomi, melanoma maligno), i sarcomi pleurici primitivi diffusi (angiosarcoma, emangioendotelioma epitelioide, sarcoma sinoviale), tumori timici, tumore a piccole cellule rotonde, la famiglia del sarcoma di Ewing e tumori pleurici primitivi localizzati (mesotelioma maligno localizzato, tumore fibroso solitario, sarcomi, tumore adenomatoide, pseudotumore fibroso calcifico, placche pleuriche nodulari).
La più importante diagnosi differenziale è con i tumori metastatici o localmente invasivi, dal polmone e/o dalla parete toracica, che coprono la superficie pleurica.
Per queste ragioni, la conoscenza della distribuzione macroscopica del tumore ottenuta attraverso studi radiografici, la descrizione dell’operatore alla toracoscopia o toracotomia e i reperti sul pezzo operatorio o sui campioni autoptici sono fondamentali per porre una diagnosi di certezza del mesotelioma.
1.11
A
LTERAZIONI GENETICHE E MOLECOLARI1.11.1 Citogenetica e Ibridazione Genomica Comparativa (IGC)
Alterazioni citogenetiche sono presenti nei mesoteliomi ma non nelle cellule mesoteliali reattive costituendo una caratteristica utile per la diagnosi differenziale con tale quadro istologico, mentre al contrario, molte delle alterazioni cromosomiche sono comuni a quelle osservate nei carcinomi.
La cariotipizzazione e l’IGC hanno dimostrato che molti mesoteliomi hanno multiple alterazioni cromosomiche. Sebbene singole alterazioni non siano diagnostiche, sono stati identificati alcuni siti ricorrenti di perdita cromosomica utili a tale scopo. Sono state osservate ripetutamente delezioni di 1p21-22, 3p21, 4q, 6q, 9p21, 13q13-14 e 14q (Bjorkqvist et al, 1997). La monosomia 22 è la più frequente alterazione numerica cromosomica osservata nei mesoteliomi. In alcuni studi sono stati riportati perdita di 4p e di 4p15 prossimale, come anche regioni minimamente delete alle regioni 4p15 (Shivapurkar et al, 1999) e 15q15 (De Rienzo et al, 2001).
L’analisi per la perdita di eterozigozi (LOH) ha confermato che ognuno dei siti cromosomici sopra descritti è frequentemente deleto nel mesotelioma pleurico e ha dimostrato singole regioni minimamente delete. La perdita dell’allele dal cromosoma 4 può avvenire in multipli siti, ma il sito più frequente è il 4q33-34 (Shivapurkar et al, 1999). La perdita di eterozigosi del cromosoma 6 avviene in alcune regioni “non-overlapping” comprese tra il 6q14 e il 6q25 (Bell et al, 1997).
Allo stesso modo, regioni multiple “non-overlapping”di perdita allelica sono state osservate in modo indipendente in due diversi studi, in particolare 14q11.2-12 e 14q23-24 (Bjorkqvist et al, 1999; De Rienzo et al, 2000).
Acquisizioni (gain) cromosomiche vengono osservate con minor frequenza rispetto alle delezioni, anche se sono stati descritte in letteratura acquisizioni cromosomiche ricorrenti come 1q, 5p, 7p, 8q22-24 e 15q22-25.
1.11.2 Alterazioni genetiche molecolari
L’inattivazione del locus di CDKN2A/ARF, che codifica per i geni oncosoppressori p16INK4a e p14ARF, è un’alterazione molecolare frequente nel mesotelioma pleurico (Cheng et al, 1994). Inoltre, sono state osservate, soprattutto in linee cellulari, delezioni omozigoti di questo locus, come anche inattivazioni attraverso la mutilazione del promotore (Kratzke et al,1995). L’uso di analisi immunoistochimiche conferma che la perdita di espressione di p16INK4a è un reperto frequente nel mesotelioma pleurico maligno (Hirao et al, 2002). Questo meccanismo di distruzione del controllo del ciclo cellulare è comune a quello osservato nel carcinoma non a piccole cellule del polmone.
Al contrario di quello che accade nel carcinoma polmonare, le mutazioni del gene
TP53 sono relativamente poco comuni (Cote et al, 1991; Kitamura et al, 2002; Metcalf
et al, 1992); forse perchè alcuni mesoteliomi esprimono SV40 Tag che è in grado di legarsi, inattivandolo, a p53 (Carbone et al, 1997).
Anche mutazioni del gene oncosoppressore NF2, localizzato nel cromosoma 22q12, sono state osservate di frequente nel mesotelioma pleurico a differenza del carcinoma polmonare (Bianchi et al, 1995; Sekido et al, 1995). L’inattivazione bi-allelica di NF2 avviene sia attraverso mutazioni puntiformi combinate che attraverso LOH (Cheng et al, 1999).
Un altro gene oncosoppressore, GPC3, è di frequente inattivato nel mesotelioma attraverso una mutilazione aberrante del promotore (Murthy et al, 2000).
Attivazioni ricorrenti di oncogeni attraverso mutazioni puntiformi o amplificazioni non sono state riportate nei mesoteliomi (Kitamura et al, 2002; Metcalf et al, 1992). Comunque, l’asbesto induce nelle cellule mesoteliali espressione dell’mRNA degli oncogeni c-fos e c-jun (Heintz et al, 1993) e la trasformazione delle cellule mesoteliali asbesto-indotta è legata all’aumento dei complessi leganti il DNA di
AP-1 e la componente di AP-1 Fra-1 (Heintz et al, 1993; Ramos-Nino et al, 2002).
Altre evidenze sperimentali indicano che quando SV40 infetta le cellule mesoteliali, questo causa attivazione di prodotti oncogenici di MET e di notch-1 (Bocchetta et al, 2003; Cacciotti et al, 2001).
In contrasto con i carcinomi polmonari, relativamente pochi geni sono metilati; uno dei geni più frequentemente metilato è il gene oncosoppressore RASSF1A (Toyooka et al, 2001).
1.11.3 Suscettibilità genetica (Sindromi Neoplastiche Familiari)
Casi multipli di mesotelioma pleurico sono stati riportati in famiglie con una documentata esposizione all’asbesto o ad altre fibre minerali cancerogene, come l’erionite (Ascoli et al, 1998; Li et al, 1978; Roushdy-Hammady et al, 2001).
L’analisi dei membri di una famiglia con mesotelioma pleurico familiare ha fallito nell’identificare mutazioni germinali, anzi ha dimostrato che le alterazioni molecolari in questi tumori erano del tutto sovrapponibili a quelle osservate nei tumori sporadici (Ascoli et al, 2001).
Uno studio della letteratura (Karakoca et al, 1998) ha descritto un’associazione a livello di popolazioni con antigeni HLA, in particolare B41, B58 e DR16.
Specifici indicatori genetici di suscettibilità non stati ancora identificati nel mesotelioma pleurico (Saracci e Simonato, 2001). Al momento, le osservazioni disponibili potrebbero riflettere la differente durata e i diversi livelli dell’esposizione a
fibre carcinogeniche tra membri affetti e non affetti della stessa famiglia, sequenze di eventi random oppure semplici variazioni in individui suscettibili.
1.12
F
ATTORI PROGNOSTICI E PREDITTIVI1.12.1 Criteri Clinici
Sintomi alla presentazione, come dolore toracico dispnea e perdita di peso, sono associati ad una prognosi peggiore (Herndon et al, 1998; Ruffie et al, 1989).
Anche il tipo istologico sarcomatoide è associato ad una prognosi più sfavorevole (Rusch e Venkatraman, 1999 (1)).
Fattori prognostici positivi sono l’età giovane alla presentazione, il sottotipo epiteliomorfo, lo stadio della malattia (Rusch e Venkatraman, 1999), un buon performance status, assenza di dolore toracico e il sesso femminile sotto i 50 anni di età (Spirtas et al, 1988).
1.12.2 Criteri Istopatologici
La maggior parte degli studi è concorde sul fatto che i pazienti con tumori puramente epiteliomorfi hanno la sopravvivenza più lunga, i pazienti con tumori sarcomatoidi la sopravvivenza peggiore e i pazienti con tumori bifasici una sopravvivenza intermedia. In ogni caso, le differenze tra le sopravvivenze mediane osservata nei vari tipi istologici sono nell’ordine dei mesi, anche se in futuro il tipo istologico potrà influenzare la scelta delle terapie, visto che nessuno dei pazienti con pattern sarcomatoide trattati con terapia multimodale sopravvive 5 anni, a differenza di quanto osservato nei pazienti con mesotelioma epiteliomorfo (Zellos e Sugarbaker, 2002).
1.12.3 Fattori Genetici Predittivi
Anche se ci sono numerose similarità nella frequenza dei vari squilibri genomici tra mesoteliomi epiteliomorfi e sarcomatoidi, solo alcune localizzazioni cromosomiche, come 3p, 7q, 15q, 17p, mostrano variazioni significative (Krismann et al, 2002).
Per esempio, la delezione a 3p21 è comune nei mesoteliomi epiteliomorfi, mentre è rara nelle forme sarcomatoidi e bifasiche. La perdita di 7q, che è associata ad una peggior prognosi in altri tipi tumorali, è riportata nel 20% circa dei mesoteliomi sarcomatoidi, mentre non è osservata nei mesoteliomi epiteliomorfi (Krismann et al, 2002). Inoltre, l’incidenza degli ampliconi è 4-5 volte più alta nei mesoteliomi sarcomatosi rispetto agli epiteliomorfi.
Gordon JC et al (Gordon et al, 2003) hanno riportato in un numero limitato di casi che i profili di espressione genica predicono la sopravvivenza dei pazienti indipendentemente dal tipo istologico.
1.13
T
ERAPIANella maggior parte dei centri, viene utilizzato a scopo terapeutico per il mesotelioma pleurico un trattamento multimodale comprendente la resezione chirurgica, differenti schemi di chemioterapia pre o post-operatoria e la radioterapia.
1.13.1 Chirurgia
Nelle gestione del mesotelioma pleurico vengono usati due tipi di chirurgia a scopo terapeutico. Quella palliativa può includere la pleurectomia parziale con pleurodesi o la toracoscopia con pleurodesi (Sugarbaker et al, 2004), mentre la chirurgia potenzialmente curativa si basa sulla pleurectomia/decorticazione e sulla pneumonectomia extrapleurica con lo scopo di rimuovere tutto il tumore macroscopicamente visibile (Rusch, 1999 (2); Weder et al, 2004). Tipicamente, a questa
tecnica chirurgica fa seguito terapia adiuvante allo scopo di eliminare possibili residui microscopici della neoplasia. Purtroppo pochi pazienti sono candidabili alla pneumonectomia extrapleurica dopo l’accertamento pre-operatorio dello status generale dei pazienti, dato il rischio elevate di complicanze post-operatorie. La mortalità generale di questa tecnica chirurgica è intorno al 6% e in alcune casistiche ha mostrato una sopravvivenza mediana di più di due anni con un buon controllo della malattia locale (Rusch, 1999 (2)), ma data la difficoltà della tecnica e il tasso di mortalità peri-operatoria, il suo ruolo rimane controverso. In ogni caso, c’è accordo generale sul fatto che andrebbe eseguita in centri di alta specializzazione e seguita da terapia adiuvante (Weder et al, 2004).
1.13.2 Chemioterapia
Nessun regime chemioterapico risulta curativo nel mesotelioma pleurico, ma alcuni di questi vengono utilizzati a scopo palliativo oppure nell’ambito di trattamenti multimodali. Questi trattamenti non riducono solo la massa tumorale, ma migliorano anche la sintomatologia.
In particolare, vengono utilizzati due schemi chemioterapici; il primo prevede l’utilizzo di una combinazione di un agente antifolato e di un composto del platino. Il pemetrexed è un potente inibitore della timidilato sintasi, un enzima necessario per la sintesi del DNA. Uno studio multicentrico di fase III ha valutato in 448 pazienti questo farmaco in combinazione con cisplatino e il cisplatino solo; il regime combinato ha mostrato un aumento di circa tre mesi della sopravvivenza ed un tasso di risposta obiettiva del 41% (Janne, 2003).
Lo schema gemcitabina più cisplatino offre simili vantaggi in termini di palliazione. La gemcitabina è un falso nucleotide che inibisce la sintesi del DNA, infatti quando incorporato nel DNA, ne frena la polimerizzazione e ne inibisce la riparazione.
Due trias clinici con questo regime hanno mostrato tassi di risposta del 48% e del 33% in un totale di 74 pazienti con miglioramento della sintomatologia e della qualità di vita dei pazienti (Nowak et al, 2002).
1.13.3 Radioterapia
La radioterapia ha mostrato risultati non soddisfacenti nel mesotelioma pleurico, ad eccezione dell’utilizzo post-chirurgico, importante per prevenire la diffusione di cellule neoplastiche a livello della ferita chirurgica (Baldini, 2004). Il principale limite della radioterapia è la natura diffusa di questo tipo di tumore sull’intera superficie pleurica e il coinvolgimento delle scissure interlobari.
Sono stati utilizzati vari sistemi di frazionamento e quello che ha mostrato i maggiori benefici è la radioterapia ad intensità modulata (Ahamad et al, 2003). Questa tecnica è stata utilizzata in pazienti con mesotelioma dopo pneumonectomia extrapleurica, delimitando il campo di radiazioni tramite il posizionamento di markers durante l’intervento. In questi casi è stato visto un buon controllo locale della malattia, sebbene tali pazienti tendono poi a morire per malattia metastatica (Ahamad et al, 2003).
1.13.4 Immunoterapia
È stato osservato in modelli animali, e confermato in trials clinici, come il mesotelioma pleurico sia sensibile all’immunoterapia anti-tumorale. Sebbene l’immunoterapia possa indurre una sostanziale regressione tumorale, la risposta non è abbastanza prevedibile da essere usata come standard nella pratica clinica.
1.13.4.1
Interleuchina 2 (IL-2)
L’Interleuchina 2 (IL-2) è una citochina prodotta dalle cellule T la cui principale azione è quella di promuovere la proliferazione, la sopravvivenza e la differenziazione
dei linfociti T attivati (Cantrell e KA, 1984; Rubin, 1993; Akbar et al, 1996; Armostrong et al, 2001).
L’IL-2 viene usata come agente immunoterapeutico per aumentare l’immunità nei pazienti con infezione HIV (Sereti et al, 2004; Kovacs et al, 1996) e in pazienti con neoplasie, in particolare con carcinoma ovarico, con melanoma metastatico e con carcinoma a cellule renali (Edwards et al, 1997; Atkins et al, 2006; Tourani et al, 2003). Il trattamento con tale citochina ha mostrato in pazienti con neoplasie solide una percentuale di risposta compresa tra il 16% e il 20%, con una significativa durata di risposta in pazienti selezionati (Chang e Rosenberg, 1989; Fyfe et al, 1995; Fisher et al, 1988). Tuttavia, i meccanismi dell’immunità terapeutica in pazienti che rispondono all’IL-2 e in pazienti che non rispondono sono poco conosciuti.
La somministrazione intravenosa, sottocutanea e intrapleurica di IL-2 nel mesotelioma ha mostrato qualche effetto nella promozione della regressione della neoplasia sia in modelli animali di mesotelioma che in trials clinici (Goey et al, 1995; Astoul et al, 1998; Castagneto et al, 2001; Mulatero et al, 2001; Lucchi et al, 2007). I risultati di tali studi hanno mostrato una certa efficacia della terapia con IL-2 in termini di sopravvivenza dei pazienti, supportando l’ipotesi che tale citochina possa essere considerata un’opzione di trattamento in pazienti con mesotelioma pleurico maligno.
Comunque il meccanismo sottostante gli effetti biologici di IL-2 sulla crescita tumorale è complesso ed ancora non chiaro. Un possibile meccanismo citotossico di azione potrebbe essere la produzione di acido nitrico indotta da IL-2 (Porta et al, 2002). IL-2 può avere effetto su numerosi e differenti tipi di cellule, in particolare i linfociti, linfociti T citotossici CD8 positivi e i linfociti T regolatori. IL-2 può inoltre esercitare effetti anche su altre cellule del sistema immunitario come i linfociti CD4 positivi, le cellule natural killer (NK), i macrofagi e i linfociti B (Jackaman et al, 2003). Tale
citochina può inoltre attivare i mastociti (Maggiano et al, 1990; Galli et al, 1993) ed inibire i vasi sanguigni tumore-associati risultando così nella promozione della risposta immunitaria anti-tumorale e nel rigetto della neoplasia (Jackaman et al, 2003).
1.14
I
NFILTRATO INFIAMMATORIO E CANCROPer molti anni il principale obiettivo della ricerca sul cancro sono state le cellule neoplastiche. Dato che le cellule tumorali maligne fanno parte di un complesso microambiente, la mancanza di interesse della ricerca scientifica nello studio di questo microambiente ha portato ad una discrepanza significativa tra la profonda conoscenza della biologia delle cellule neoplastiche e una conoscenza invece limitata del ruolo che gioca il microambiente tumorale nel processo di cancerogenesi.
Le cellule che vengono richiamate e attivate nel microambiente tumorale sono principalmente cellule del sistema immunitario, fibroblasti e cellule endoteliali, oltre a numerosi fattori di crescita, mediatori pro-angiogenici, citochine, chemochine e componenti della matrice extracellulare (Zou, 2005; Ben-Baruch, 2006).
Già centocinquanta anni fa, Virchow aveva ipotizzato che l’infiammazione fosse un fattore favorente la tumorigenesi. Tale ipotesi era basata sull’osservazione che il tessuto neoplastico spesso si formava in siti di infiammazione cronica e che cellule infiammatorie erano presenti nei campioni tumorali resecati (Balkwill e Mantovani, 2001).
A supporto dell’ipotesi di Virchow, studi epidemiologici delle ultime decadi hanno mostrato che individui soggetti a malattie infiammatorie croniche hanno un rischio aumentato di sviluppare una patologia tumorale (Balkwill et al, 2005). Inoltre, la presenza di agenti infettivi e della conseguente reazione infiammatoria è legata al 15-20% delle morti per cancro nel mondo (Parkin, 2006) (Tabella 1).
Tabella 1: Principali agenti infettivi tumore-associati
Neoplasie maligne Agenti (gruppo)
Carcinomi
Vescica Schistosoma haematobium (“blood fluke”)
Cervice HPV (papillomavirus)
Epatocellulare HBV (hepadnavirus)
HCV (flavivirus)
Dotti biliari Opisthorchis viverrini (“liver fluke”)
Nasofaringe EBV (herpesvirus)
Stomaco Helicobacter pylori (bacterium)
Linfomi
A cellule T dell’adulto HTLV-I (retrovirus)
Burkitt EBV (herpesvirus)
Hodgkin EBV (herpesvirus)
Sarcomi
Kaposi HHV8 (herpesvirus)
HPV, human papillomavirus; HBV, hepatitis B virus; HCV, hepatitis C virus; EBV, Epstein-Bar virus; HTLV-I, human T-cell lymphotropic virus type I; and HHV8: human herpesvirus 8.
In contrasto a quanto affermato da Virchow nel 1863, Burnet (Burnet, 1970) propose il concetto della sorveglianza immunologica: il sistema immunitario identifica ed elimina spontaneamente le cellule neoplastiche proteggendo quindi dallo sviluppo tumorale.
La risposta immunitaria che si sviluppa nel microambiente tumorale può avere, infatti, sia un effetto di protezione contro il tumore, rappresentando un tentativo dell’ospite di sopprimere la crescita neoplastica, sia un effetto promuovente la tumorigenesi, contribuendo alla crescita, progressione e immunosoppressione
neoplastica (Coussens e Werbs, 2002; de Visser et al, 2006; Balkwill e Mantovani, 2001; Mantovani et al, 2008).
Lo studio dei patterns molecolari dell’infiammazione associata al tumore può portare all’identificazione di targets molecolari e quindi a un miglioramento sia della diagnosi che della terapia delle neoplasie compreso il mesotelioma pleurico (Mantovani et al, 2008).
L’infiammazione tumore-associata è guidata da cellule appartenenti a due distinti compartimenti che mediano la risposta immunitaria, il sistema immunitario innato e quello adattativo. Ognuno di questi due compartimenti è capace, attraverso la presenza di diverse cellule e mediatori solubili, di un’efficace e rapida risposta alle lesioni del tessuto e può avere un ruolo promuovente o inibente la cancerogenesi.
Il sistema immunitario innato è composto da fagociti (macrofagi, neutrofili e cellule dendritiche), mastociti, eosinofili, basofili, cellule natural-killer (NK) e da cellule T NK. Il sistema immunitario adattativo è invece guidato da cellule del sistema linfocitario B e T, principalmente le cellule T helper CD4+ e le cellule T citotossiche CD8+. Il sistema adattativo è più lento di quello innato, dato che l’espansione clonale richiede il riconoscimento di antigeni estranei (McHeyzer-Williams, 2003; Sprent e Surh, 2002).
1.14.1 Infiltrato infiammatorio ed angiogenesi
L’infiltrato infiammatorio intra-tumorale è strettamente associato al fenomeno angiogenetico. Esperimenti genetici e funzionali hanno infatti dimostrato che mastociti, macrofagi e linfociti T attivati contribuiscono alla progressione neoplastica anche attraverso il rilascio di chemochine e di altri fattori pro-angiogenici (Coussens et al, 1999; Bergers et al, 2000).