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Il presente studio indaga la correlazione tra scompenso cardiaco sistolico grave ed insufficienza renale, con particolare riguardo alle eventuali variazioni dei parametri della funzionalità cardiaca e renale nel lungo periodo.

La Sindrome Cardio-Renale è una realtà ampiamente dimostrata dalla letteratura45,48, ma appare difficile valutare la prognosi nel singolo paziente56, soprattutto se si considera un breve periodo di follow-up. Anche nella progressione di malattia eventuali correlazioni tra funzione cardiaca e renale devono essere indagate su tempi lunghi63.

Per questo motivo nel presente studio sono stati selezionati solo i pazienti con insufficienza cardiaca sintomatica e grave disfunzione sistolica del ventricolo sinistro, che avevano un follow-up sufficientemente lungo (in media 7,2 anni) da consentire una valutazione più accurata dell’andamento della malattia.

In accordo con i dati della letteratura mondiale, la prevalenza di disfunzione renale in pazienti con insufficienza cardiaca grave è risultata molto elevata2,63,30: infatti quasi la metà dei pazienti (42,1 %) presentavano insufficienza renale già all’arruolamento (MDRD < 60 ml/min/1.73 mq) e a questi si deve aggiungere un ulteriore 14,05 % (8 pazienti) che ha sviluppato insufficienza renale durante il follow-up. L’alta prevalenza di alterazioni della funzione renale nella popolazione presa in esame ha consentito di suddividere i pazienti in tre gruppi in base all’andamento della funzione renale nel tempo. Abbiamo definito ―Gruppo 0‖ i pazienti con funzione renale conservata durante tutto il follow-up; il ―Gruppo 1‖ comprende invece i pazienti che avevano una

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funzione renale conservata all’arruolamento, ma hanno sviluppato insufficienza renale nel periodo di osservazione; infine il ―Gruppo 2‖ comprende i pazienti con insufficienza renale già all’arruolamento.

La popolazione esaminata è composta prevalentemente da uomini (84,2%), coerentemente ai dati epidemiologici della letteratura2. Inoltre l’età media è risultata progressivamente più elevata nei tre gruppi (60,59 vs 69,86 vs 71,21), ad indicare come la prevalenza di disfunzione renale aumenti in modo progressivo con l’età. In realtà però per poter verificare la progressione del danno renale in base all’età dovremmo considerare anche la data di insorgenza dell’insufficienza cardiaca, dato che non è in nostro possesso per tutti i pazienti.

Un dato interessante emerso dallo studio è che in un periodo di tempo particolarmente lungo (media del follow-up di 7,2 anni; mediana 7,4 anni), i pazienti appartenenti al gruppo 0, cioè quelli con funzione renale conservata durante tutto il periodo di osservazione, sono rimasti stabili, senza evidenti peggioramenti né dei parametri cardiaci né di quelli renali. La stabilità del quadro clinico nel lungo periodo di questo tipo di pazienti, con una situazione cardiaca molto compromessa già all’arruolamento, evidenzia la messa in atto di una corretta gestione terapeutica, che non include soltanto la terapia medica, ma anche l’impianto di ICD-biventricolari.

L’analisi comparata tra i vari gruppi ha evidenziato che oltre all’età, un altro parametro che variava progressivamente nei tre gruppi era la classe NYHA. Infatti all’arruolamento sono emerse differenze statisticamente significative tra i pazienti del gruppo 0 e del gruppo 2 (NYHA 2,16 ± 0,85 vs 2,75 ± 0,73; p=0,0127) e un certo trend di significatività tra il

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gruppo 1 e 2 (2,25 ± 0,46 vs 2,75 ± 0,73; p=0,08), ad indicare come la coesistenza di scompenso cardiaco e insufficienza renale sia responsabile globalmente della presenza di un quadro clinico maggiormente compromesso. Al termine del follow-up la classe NYHA dei pazienti con funzione renale normale (gruppo 0) e di quelli con insufficienza renale ab initio (gruppo 2) risultava sostanzialmente invariata, mentre era più elevata nei pazienti che hanno sviluppato l’insufficienza renale durante il periodo di osservazione (gruppo 1). Questo dato può essere spiegato dal fatto che la comparsa di insufficienza renale, con la conseguente ipervolemia, ha determinato un peggioramento del quadro clinico.

Per quanto riguarda la funzione renale, dai confronti diretti tra i vari gruppi di pazienti all’arruolamento, è emerso che i soggetti appartenenti al gruppo 1, cioè quelli che hanno sviluppato l’insufficienza renale nel corso del follow-up, avevano valori di filtrato glomerulare significativamente inferiori, anche se ancora nel range della normalità, rispetto ai pazienti del gruppo 0 (MDRD 85,43 ± 15,18 vs 73,01 ± 11,97; p=0,043). Valutando l’andamento della funzione renale nel tempo invece si deve notare come nel gruppo 0 sia i valori della creatinina che del filtrato glomerulare siano rimasti sostanzialmente invariati nel tempo: la clearance della creatinina calcolata con formula MDRD è rimasta stabile intorno agli 85 ml/min/1.73 mq. Nel gruppo 1 invece, come da selezione dei pazienti, si è registrato un netto peggioramento di tutti i parametri della funzionalità renale, con un filtrato medio al termine del periodo di osservazione pari a 42,96 ± 11,36 ml/min/1.73 mq. Nel gruppo di pazienti con insufficienza renale ab initio si è osservato un ulteriore declino della funzione renale: la creatininemia è passata da valori medi di 1,72 ± 0,44 mg/dl a 1,93 ± 0,71 mg/dl, mentre la clearance della

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creatinina si è lievemente ridotta (da 42,73 ± 12,42 a 38,41 ± 13,2 ml/min/1.73 mq).

Un altro dato interessante emerso dallo studio è che malgrado la comparsa o il peggioramento dell’insufficienza renale nei pazienti del gruppo 1 e 2, la potassiemia è rimasta mediamente nel range fisiologico. Questo perché la tendenza all’iperkaliemia è stata contrastata con l’utilizzo di diuretici, assunti a dosaggi medio-alti da quasi la totalità dei pazienti. Inoltre durante tutto il follow-up l’equilibrio idro-elettrolitico è stato costantemente monitorato e sono state prescritte terapie integrative qualora i valori del potassio fossero al di sotto della norma. Le stesse osservazioni possono essere fatte per gli altri parametri bio-umorali analizzati, come sodio e emoglobina.

A proposito dei controlli ecocardiografici si deve innanzitutto sottolineare come tutti i parametri fossero già notevolmente alterati alla

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prima visita nella totalità dei pazienti, trattandosi di soggetti affetti da disfunzione sistolica ventricolare sinistra di grado severo. Dai confronti diretti tra gruppi sono emerse differenze significative solo a carico dell’area dell’atrio sinistro dei pazienti con insufficienza renale, giustificate almeno in parte dall’aumento della volemia e di conseguenza della pressione telediastolica. Nei pazienti del gruppo 1, nei quali si realizza l’insufficienza renale durante il follow-up, anche l’aumento dell’EDV nel tempo potrebbe avere la stessa causa. Va però sottolineato come la mancanza di dati definitivi sul peggioramento dei parametri ecocardiografici nel gruppo 1 possa dipendere dall’esiguità nel numero dei pazienti.

Durante il follow-up si sono verificati 13 decessi (22,8%): di questi, 4 pazienti (30,77%) avevano una funzione renale normale (gruppo 0), 3 pazienti (23,08%) avevano sviluppato l’insufficienza renale nel periodo di osservazione (gruppo 1), e 6 pazienti (46,15%) presentavano un filtrato glomerulare calcolato con formula MDRD inferiore a 60 ml/min/1.73 mq già all’arruolamento (gruppo 2).

La mortalità apparentemente alta (13 pazienti su 57) in realtà risulta inferiore a quella attesa, considerando la gravità del quadro clinico iniziale dei pazienti in studio, per i quali la letteratura riporta una mortalità del 50% a 5 anni dalla diagnosi.1,2,30

Per valutare l’impatto della disfunzione renale sulla prognosi dei pazienti ci è sembrato particolarmente interessante andare ad analizzare le differenze esistenti tra i parametri clinici, laboratoristici e strumentali all’arruolamento e al termine del periodo di osservazione e l’andamento

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nel tempo delle suddette variabili tra i pazienti vivi e quelli deceduti durante il follow-up.

All’arruolamento non si evidenziavano differenze statisticamente significative né per quanto riguarda i parametri clinici che per quelli laboratoristici. Si notava solo un certo trend di significatività per il BMI, che risultava più elevato nei pazienti che sarebbero deceduti (p=0,07). Tra i parametri ecocardiografici è risultata significativa solo la PAPs, con valori maggiori nei pazienti deceduti (p=0,02).

L’analisi dell’andamento dei parametri clinici nel tempo ha evidenziato un dato coerente con i dati della letteratura, che mostrano come la cachessia cardiaca, intesa come la perdita involontaria di 7 kg in 6 mesi, sia uno dei più potenti predittori di mortalità in pazienti con scompenso e con IRC.64 Si è infatti registrata una riduzione significativa del BMI nei pazienti deceduti, con andamento diverso rispetto ai viventi.

Grafico 33: andamento nel tempo del BMI tra pazienti

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La classe NYHA non ha mostrato un andamento significativamente diverso nei gruppi di pazienti viventi e deceduti, e questo dato può essere spiegato considerando la grande variabilità clinica dei soggetti in studio. Per quanto riguarda la funzione renale, tutti i dati sono risultati altamente significativi, evidenziando un netto innalzamento dei valori della creatininemia (p=0,007) ed un declino del filtrato glomerulare (p=0,01) nei pazienti deceduti rispetto ai viventi.

Un altro dato che si è dimostrato coerente con quelli riportati dalla letteratura65 è stato l’andamento nel tempo della natriemia: infatti si è registrato un decremento significativo delle concentrazioni plasmatiche di sodio nei pazienti deceduti, rispetto ai viventi (p=0,04).

Dall’analisi dell’andamento nel tempo dei parametri ecocardiografici si è notato che sia l’area dell’atrio sinistro che l’EDV risultavano avere un comportamento significativamente diverso, con aumenti volumetrici più marcati nel gruppo di pazienti deceduti.

Sarebbe stato interessante andare a valutare anche l’andamento nel tempo dei valori plasmatici di peptidi natriuretici, che risultano essere importanti fattori prognostici nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca. Questo però non è stato possibile perché non eravamo in possesso di un numero sufficiente di misurazioni da consentire un’accurata analisi statistica.

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