• Non ci sono risultati.

Questo studio si è prefisso una caratterizzazione bioumorale e strumentale estensiva con l’impiego di sacubitril-valsartan nella pratica clinica, al fine di delineare approfonditamente le interazioni del trattamento con i principali moventi fisiopatologici dello scompenso cardiaco cronico. Il primo dato emerso con forza dai risultati è che non tutti i pazienti che presentano indicazione a sacubitril-valsartan mostrano una risposta positiva al farmaco, utilizzando come definizione di riposta efficace una riduzione di almeno il 30% dei livelli di NT-proBNP: in base a questo criterio, solo il 58% dei pazienti in studio ha tratto beneficio dalla terapia. Coerentemente, le concentrazioni di BNP hanno seguito un trend di sostanziale stabilità tra i responders, in virtù del meccanismo d’azione del farmaco, e sono invece incrementate nei non-responders come espressione in questo caso di progressione della malattia.

L’analisi dei risultati si è dunque focalizzata sulle differenze esistenti tra i due sottogruppi, per fare luce su una discrepanza che non è emersa all’interno della popolazione che ha preso parte allo studio registrativo del farmaco. Le caratteristiche dei pazienti inclusi nel trial PARADIGM-HF differiscono in parte da quelle della coorte di soggetti afferenti alla FTGM e che sono stati giudicati idonei alla terapia con sacubitril-valsartan in virtù di indicazioni cliniche ed assistenziali. Allo studio di fase III hanno partecipato pazienti che, rispetto a quelli inclusi in questo lavoro, presentavano all’arruolamento un’età media inferiore, valori più bassi di creatinina, un maggior tasso di eziologia ischemica e prevalenza di ipertensione, valori maggiori di pressione arteriosa sistolica, minor sintomaticità misurata secondo la classe NYHA,

un minor tasso di trattamento con MRA e CRT. I livelli dei peptidi natriuretici pre- arruolamento nella popolazione in studio sono paragonabili a quelli dello studio PARADIGM-HF, ma più elevati nei non-responders e meno tra i responders; anche per quanto attiene all’eziologia ischemica e alla classe NYHA, le frequenze osservate nei

responders sono più vicine alle caratteristiche della popolazione del trial registrativo

rispetto a quelle dei non-responders. Le linee guida internazionali per la diagnosi e terapia dello scompenso cardiaco e le autorità regolatorie raccomandano attualmente l’introduzione di sacubitril-valsartan in pazienti con HFrEF sintomatici nonostante terapia medica ottimale: nella pratica clinica, i soggetti idonei al trattamento appaiono più compromessi rispetto ai soggetti che hanno preso parte al trial PARADIGM-HF. In quest’ottica è spiegabile l’osservazione di una coorte di non-

responders affiancata ad una di responders.

L’analisi di regressione logistica binaria non ha consentito di identificare predittori di risposta al trattamento; tuttavia, l’estesa caratterizzazione bioumorale e strumentale cui si sono sottoposti i pazienti di questo studio ha evidenziato tra i due sottogruppi alcune differenze oggetto della presente discussione e che sarà utile approfondire in futuro espandendo la popolazione oggetto del lavoro.

Rispetto ai responders, i pazienti che non hanno beneficiato del trattamento con sacubitril-valsartan si presentavano all’arruolamento con valori inferiori di pressione arteriosa diastolica, elevati livelli di renina attiva e aldosterone, una funzione renale più compromessa e dosi significativamente maggiori di diuretico in terapia cronica. Appare opportuno segnalare anche una maggiore incidenza di eziologia dilatativa e livelli più elevati di troponina circolante, per quanto questi parametri non abbiano

raggiunto la significatività statistica prefissata. I minori valori di eGFR e pressione diastolica potrebbero spiegare una scarsa risposta alla terapia da un lato, ed una minore possibilità di titolazione del farmaco dall’altro.

Sul versante strumentale i responders si distinguevano già in fase pre-trattamento rispetto ai non-responders per una maggior capacità di esercizio al test ergospirometrico in termini di workload e consumo di ossigeno al picco, quest’ultimo considerato sia in assoluto sia rispetto al predetto. Dalla valutazione ecocardiografica emerge un diametro ventricolare telediastolico significativamente maggiore, ed un trend di minor pressione arteriosa polmonare sistolica stimata; non si rilevano invece discrepanze nel profilo aritmico delle due coorti, tenuto conto anche dell’alto tasso di portatori di device come già rilevato precedentemente. La tolleranza allo sforzo è dunque un’importante discriminante tra le due popolazioni analizzate, e sebbene la differenza nello stadio NYHA non sia statisticamente significativa va comunque rilevato che solo il 14% dei

responders è in classe III-IV all’arruolamento, a fronte del 40% osservato tra i non- responders.

La riduzione significativa in entrambi i gruppi dei livelli di NT-proBNP nel primo mese di terapia suggerisce che la scarsa risposta clinica e biochimica non derivi dalla mancata inibizione dell’attività della NEP: ciò depone da un lato per un quadro di sovrattivazione neuro-ormonale non sormontabile nei non-responders, dall’altro per l’esistenza di effetti pleiotropici, ulteriori rispetto a quello già descritto sui peptidi natriuretici, in grado di mantenere una risposta sostenuta e spiegare il maggior beneficio clinico ottenuto dai responders.

L’evoluzione del quadro bioumorale in relazione al trattamento, come è stato evidenziato analiticamente nel capitolo 5, è sostanzialmente diverso nei due gruppi, e pertanto verrà passato in rassegna innanzitutto l’andamento osservato tra i responders. L’effetto farmacodinamico di sacubitril-valsartan sul RAAS è confermato nel campione di pazienti in studio: il calo dei livelli di aldosterone ed il contestuale incremento della renina sono coerenti con il meccanismo d’azione degli ARB quale

il valsartan, che bloccando il recettore AT1 per l’angiotensina II riducono lo stimolo

sulla zona glomerulare della corteccia surrenalica e rimuovono il feedback negativo sull’apparato iuxtaglomerulare del rene.

Il nuovo assetto del sistema dei peptidi natriuretici in terapia con ARNI è pienamente documentato. I livelli stabili di BNP testimoniano un’adeguata inibizione della NEP, il calo del NT-proBNP ne conferma l’effetto positivo sul sovraccarico volemico. La riduzione del rapporto NT-proBNP/BNP depone per un miglior outcome in termini di riacutizzazione e mortalità cardiovascolare in questi pazienti, come il

trial registrativo di sacubitril-valsartan ha dimostrato.

Il calo, fino al rientro nel range di normalità, dei livelli di troponina circolante consente di affermare che il trattamento con sacubitril-valsartan produce un rallentamento del danno miocardico cronico.

Sacubitril-valsartan ha ridotto in questo studio l’incidenza oraria giornaliera di apnee ed ipopnee, con un trend sulle apnee centrali che merita di essere approfondito aumentando il campione di pazienti e selezionando quelli con apnee centrali.

Nonostante la netta modulazione dell’attività del RAAS, e dunque un’attesa riduzione della spinta al rimodellamento aldosterone-indotto a livello miocardico, dal presente studio non è emersa una significativa riduzione di tali processi valutati mediante i più promettenti marcatori di infiammazione e fibrosi di recente interesse nell’ambito del trattamento con ARNI, essendosi attestati sST2, GDF-15 e Gal-3 su livelli stabili. Va d’altra parte rilevato che, nel sottogruppo di pazienti non responsivi al trattamento, si è assistito ad un incremento significativo dei valori di GDF-15, ad indicare uno stress tissutale che va di pari passo con il progressivo aumento del release cronico di troponina.

Questo studio non ha documentato una modulazione di sacubitril-valsartan sulla scarica simpatica: i livelli di noradrenalina si sono mantenuti stabili lungo i sei mesi di follow-up. È ipotizzabile che la maggior progressione del quadro clinico nei pazienti di questo studio rispetto a quelli reclutati nel trial PARADIGM-HF possa aver limitato l’efficacia del farmaco nella riduzione del tono autonomico.

Il follow-up ecografico non è stato in grado di documentare un miglioramento netto degli indici di funzione sistolica o diastolica, né un processo di reverse remodeling; i pazienti erano del resto tutti disfunzionanti severi e perlopiù portatori di dispositivi di risincronizzazione cardiaca. Il mancato miglioramento della performance ergospirometrica in termini di carico di lavoro e consumo di ossigeno è allo stesso modo riconducibile ad un complessivo esaurimento della funzionalità contrattile. Per quanto attiene alla valutazione all’Holter-ECG, l’apparente inefficacia di sacubitril- valsartan sul profilo aritmico può essere ascrivibile al basso tasso di aritmie all’interno della popolazione in studio già all’arruolamento.

In ogni caso per i parametri ecografici, elettrocardiografici ed ergospirometrici è verosimile che l’assenza di variazioni significative sia anche da attribuire ad una sottodimensione del campione.

Lo scadimento dei parametri bioumorali ed ecografici dei cosiddetti pazienti

non-responders appare riconducibile ad un quadro di scompenso più avanzato in fase di

arruolamento e ad una sua progressione, come testimoniato da un’imponente attivazione neuro-ormonale, e possibilmente da una funzione renale più compromessa; in questa coorte, infatti, si è documentato un progressivo incremento degli indici di congestione accompagnato da dilatazione atriale sinistra, aggravamento dell’insufficienza mitralica e riduzione della funzione ventricolare destra, nel contesto di uno stress miocardico persistente.

Sacubitril-valsartan si è dimostrato un farmaco sicuro e ben tollerato nella popolazione in studio, non essendosi registrati eventi avversi né un declino della funzione renale o iperkaliemia. Solo successivamente rispetto al follow-up semestrale qui considerato due pazienti, la cui prognosi era già notevolmente compromessa, sono deceduti, un paziente ha interrotto il trattamento per ridotti valori pressori ed un’ulteriore interruzione si è avuta a seguito di trapianto cardiaco.

Documenti correlati