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Valutazione cardiorespiratoria e bioumorale in pazienti con scompenso cardiaco in terapia con sacubitril-valsartan

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Valutazione cardiorespiratoria e bioumorale in pazienti con

scompenso cardiaco in terapia con sacubitril-valsartan

Relatore

Prof. Claudio Passino

Correlatore

Prof. Michele Emdin

Candidato

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(3)

Non al denaro, non all’amore né al cielo

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(5)

Indice

Abstract ...i

Elenco delle abbreviazioni ... iv

1 Scompenso cardiaco cronico ... 1

1.1 Definizione ... 1

1.2 Epidemiologia ... 4

1.3 Fisiopatologia ... 7

1.3.1 Precedenti modelli fisiopatologici ... 7

1.3.2 Modello neuro-ormonale ... 9

1.3.3 Alterazioni ventilatorie nello scompenso cardiaco ... 24

1.4 Clinica e diagnosi ... 26

1.4.1 Cause e fattori di rischio ... 26

1.4.2 Sintomi e segni ... 27

1.4.3 Algoritmo diagnostico ... 29

1.5 Imaging e altri test diagnostici ... 31

1.5.1 Ecocardiografia ... 31

1.5.2 RM cardiaca ... 35

1.5.3 Test cardiopolmonare ... 35

1.5.4 Monitoraggio cardiorespiratorio a lungo termine ... 36

1.6 Biomarker ... 39

1.6.1 Neuro-ormoni ... 39

1.6.2 Peptidi natriuretici ... 41

1.6.3 Troponine ... 43

1.6.4 Nuovi marcatori: Gal-3, GDF-15, sST2 ... 45

1.7 Prognosi ... 48

2 Terapia dello scompenso cardiaco... 49

2.1 Terapia ottimale ... 49

2.1.1 ACE-inibitori ... 50

2.1.2 β-bloccanti ... 52

2.1.3 Bloccanti del recettore per i mineralcorticoidi ... 53

2.1.4 Diuretici ... 54

2.1.5 Inibitori del canale If ... 55

2.1.6 Bloccanti del recettore per l’angiotensina ... 56

2.1.7 Glicosidi della digitale ... 56

2.1.8 Defibrillatori e pacemaker ... 58

2.2 Nuovi approcci terapeutici e correlati fisiopatologici ... 60

2.2.1 Peptidi natriuretici e neprilisina ... 60

2.2.2 Inibitori del recettore per l’angiotensina e della neprilisina ... 62

2.2.3 Studio PARADIGM-HF ... 63

2.2.4 Farmacodinamica e ipotesi fisiopatologiche ... 65

3 Scopo della tesi e razionale ... 68

4 Pazienti e metodi ... 69

4.1 Popolazione ... 69

4.2 Ecocardiografia ... 71

4.3 Elettrocardiogramma dinamico secondo Holter ... 72

4.4 Test cardiopolmonare ... 73

4.5 Monitoraggio cardiorespiratorio a lungo termine ... 73

4.6 Valutazione bioumorale... 74

(6)

5 Risultati ... 75

5.1 Caratteristiche della popolazione ... 75

5.2 Profilo bioumorale ... 82

5.2.1 Effetti di sacubitril-valsartan sul sistema renina-angiotensina-aldosterone ... 82

5.2.2 Effetti di sacubitril-valsartan sul sistema nervoso simpatico ... 85

5.2.3 Effetti di sacubitril-valsartan sul sistema dei peptidi natriuretici ... 86

5.2.4 Effetti di sacubitril-valsartan sulla funzione renale e l’equilibrio del potassio ... 89

5.2.5 Effetti di sacubitril-valsartan sul danno miocardico ... 90

5.2.6 Effetti di sacubitril-valsartan su infiammazione e fibrosi ... 91

5.3 Valutazione strumentale ... 93

5.3.1 Effetti di sacubitril-valsartan sulla funzione sisto-diastolica... 93

5.3.2 Effetti di sacubitril-valsartan sul profilo aritmico... 95

5.3.3 Effetti di sacubitril-valsartan sulla tolleranza allo sforzo ... 95

5.3.4 Effetti di sacubitril-valsartan sulla funzione cardiorespiratoria ... 96

6 Discussione... 98

7 Limitazioni dello studio ... 104

8 Conclusioni ... 105

9 Bibliografia... 106

(7)

Abstract

Stato dell’arte e razionale: Lo scompenso cardiaco (SC) è una sindrome clinica complessa, cronica e progressiva, gravata da un alto tasso di mortalità. La comprensione dei determinanti fisiopatologici dello SC ha consentito, negli ultimi quarant’anni, di dotarsi di strumenti terapeutici razionali ed in grado di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti. Accanto alla modulazione del sistema nervoso simpatico (SNS) e del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), da tempo cardini del trattamento dello SC, negli ultimi anni la ricerca si è focalizzata sul potenziamento degli effetti controregolatori del sistema dei peptidi natriuretici. Il primo farmaco con questo razionale approvato nel 2015 dalle autorità regolatorie è l’associazione sacubitril-valsartan, a seguito dei risultati dello studio di fase III PARADIGM-HF; a dispetto di precedenti tentativi con molecole quali candoxatril e omapatrilat, falliti per inefficacia o eccesso di effetti avversi, questo farmaco ha infatti dimostrato superiorità prognostica rispetto ad enalapril senza significativo incremento dell’incidenza di effetti avversi. Questo positivo risultato ha portato alla revisione delle linee guida internazionali per la diagnosi e terapia dello SC che, a partire dal 2016, raccomandano l’utilizzo di sacubitril-valsartan in pazienti con ridotta frazione di eiezione (<35%) e sintomatici nonostante terapia medica ottimale con β-bloccanti, ACE-inibitori o sartani ed antialdosteronici. Tuttavia, le modalità attraverso cui si manifesta il beneficio clinico non sono del tutto spiegate dai meccanismi d’azione noti del farmaco, né lo è il suo effetto su vari biomarcatori di attività neuro-ormonale o cardiorespiratoria.

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Scopo della tesi: Lo studio, monocentrico, longitudinale e in aperto, caratterizza gli effetti bioumorali della terapia con sacubitril-valsartan sul RAAS, sul SNS, sul danno miocardico, sull’infiammazione e sulla fibrosi, e valuta le variazioni del profilo aritmico, di tolleranza allo sforzo e della funzione cardiorespiratoria.

Materiali e metodi: In questo studio sono stati arruolati per il trattamento con sacubitril-valsartan ventiquattro pazienti con SC cronico a ridotta frazione di eiezione (età media 67.5 anni, frazione di eiezione ventricolare sinistra media 28%, deviazione standard DS 6). I pazienti sono stati sottoposti, prima dell’inizio della terapia e ad uno, tre e sei mesi, ad indagini bioumorali comprendenti il dosaggio di renina attiva, aldosterone, catecolamine plasmatiche, sodio, potassio, creatinina, troponina T ad alta sensibilità, sST2, GDF-15, Gal-3; alla valutazione basale e dopo sei mesi di trattamento i pazienti hanno eseguito un ecocolor-Doppler cardiaco, test da sforzo cardiopolmonare (CPET), elettrocardiogramma dinamico secondo Holter (hECG) e monitoraggio cardiorespiratorio nelle ventiquattro ore (CRM).

Risultati: Dei 24 pazienti arruolati, 14 (58%, responders) hanno mostrato una risposta positiva a sacubitril-valsartan definita come riduzione dei valori di NT-proBNP superiore al 30% dopo sei mesi di trattamento; 10 pazienti (42%, non-responders) al contrario, nonostante l’introduzione del farmaco, non hanno mostrato significativa riduzione del NT-proBNP, ed in alcuni casi anche un aumento dei valori durante il follow-up. I responders alla valutazione basale risultavano tendenzialmente meno sintomatici, presentavano valori pressori diastolici più elevati (p=0.033), un maggior diametro telediastolico ventricolare sinistro (p=0.042) ed assumevano dosi inferiori di diuretico (p=0.022) rispetto ai non-responders, i quali presentavano una condizione di iperaldosteronismo iper-reninemico ed una capacità di esercizio significativamente

(9)

inferiore (p=0.003). In corso di terapia i livelli di renina attiva si sono innalzati (p=0.001) e l’aldosterone è diminuito (p=0.034) solo nei responders, mentre i

non-responders presentavano valori estremamente elevati già basalmente. Il sistema nervoso

simpatico non appariva significativamente coinvolto in nessuno dei due gruppi. I valori di BNP hanno subito un lieve aumento nei responders, mentre si sono elevati significativamente (p=0.050) nei non-responders. I livelli di troponina circolante sono rimasti stabilmente elevati nei non-responders mentre si sono ridotti fino a rientrare nei limiti di normalità tra i responders (p=0.009). Il rapporto NT-proBNP/BNP, associato in altri studi ad un miglior outcome, si è ridotto nella popolazione complessiva (p=0.002) e nel gruppo dei responders (p=0.009). Il GDF-15 si è innalzato nei

non-responders (p=0.019) con un trend consensuale del sST2; nei non-responders i marcatori di

infiammazione e fibrosi sono rimasti stabili. Non si sono documentati effetti positivi della terapia con sacubitril-valsartan sulla funzione sisto-diastolica, sul profilo aritmico o sulla capacità all’esercizio. I non-responders sono andati incontro a dilatazione atriale (p=0.050), riduzione del TAPSE (p=0.05) e peggioramento dell’insufficienza mitralica (p=0.034). Nel gruppo dei responders il trattamento ha prodotto una riduzione significativa dell’AHI (p=0.016).

Conclusioni: Sacubitril-valsartan modula efficacemente il RAAS e porta in circa 2/3 dei pazienti trattati ad una riduzione del NT-proBNP, della troponina circolante e dell’incidenza di apnee in pazienti affetti da HFrEF. Un sottogruppo di pazienti, probabilmente con un quadro clinico più avanzato, non ha tratto beneficio dalla terapia con ARNI. Ulteriori studi saranno necessari per meglio identificare predittori di risposta ed approfondire l’effetto sulle apnee.

(10)

Elenco delle abbreviazioni

A: adrenalina

ACE: angiotensin converting enzyme ACEi: ACE-inibitori

ACTH: adrenocorticotropic hormone ADH: ormone antidiuretico AgII: angiotensina II

AHI: apnea-hypopnea index ANP: atrial natriuretic peptide ARB: angiotensin receptor blockers

ARNI: angiotensin receptor and neprilysin

inhibitor

AT: apneic threshold bid: bis in die BB: β-bloccanti BMI: body mass index BNP: brain natriuretic peptide CAD: coronary artery disease CAI: central apnea index cGMP: GMP ciclico CKD: chronic kidney disease CO2: anidride carbonica

CPET: cardiopulmonary exercise testing CRM: cardiorespiratory monitoring

CRT: cardiac resynchronization therapy CRT-D: cardiac resynchronization therapy

and defibrillator

CSR: Cheyne-Stokes respiration DS: deviazione standard ECG: elettrocardiogramma

eGFR: estimated glomerular filtration rate eNOS: endothelial nitric oxide synthase FA: fibrillazione atriale

FC: frequenza cardiaca Gal-3: galectina-3 GC: gittata cardiaca

GDF-15: growth differentiation factor 15 GFR: glomerular filtration rate

hECG: ECG dinamico sec. Holter HFmrEF: heart failure with mildly reduced

ejection fraction

HFpEF: heart failure with preserved ejection

fraction

HFrEF: heart failure with reduced ejection

fraction

hsTnT: troponina T ad alta sensibilità ICD: implanted cardioverter defibrillator

(11)

iNOS: inducible nitric oxide synthase IQR: interquartile range

LVEDD: left ventricular end-diastolic

diameter

LVEF: left ventricular ejection fraction LVMI: left ventricular mass index LVR: left ventricular remodeling MI: myocardial infarction

MRA: mineralocorticoid receptor antagonist NA: noradrenalina

NEP: neprilisina

nNOS: neuronal nitric oxide synthase NYHA: New York Heart Association NO: ossido nitrico

NP: peptidi natriuretici

NT-proBNP: frammento amino-terminale del proBNP

od: omne in die

OSAS: obstructive sleep apnea syndrome PAD: pressione arteriosa diastolica PAPs: pressione arteriosa polmonare sistolica

PAS: pressione arteriosa sistolica PB: respiro periodico

pO2: pressione parziale di ossigeno

PRA: attività reninica plasmatica PSG: polisonnogramma

RAAS: renin angiotensin aldosterone system RDI: respiratory disturbance index

SaO2: saturazione di ossigeno

SC: scompenso cardiaco SNC: sistema nervoso centrale SNS: sistema nervoso simpatico sST2: soluble ST2

STE: speckle-tracking echocardiography TAPSE: tricuspidal annular plane systolic

excursion

TDI: tissue Doppler imaging tid: ter in die

TV: tachicardia ventricolare

VolTDI: volume telediastolico

indicizzato del ventricolo sinistro

VCO2: produzione di CO2

VE: ventilazione

VO2: consumo di ossigeno al picco

VS: ventricolo sinistro VTD: volume telediastolico VTS: volume telesistolico

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1 Scompenso cardiaco cronico

1.1 Definizione

Lo scompenso cardiaco (SC) è una sindrome clinica complessa causata da anomalie cardiache strutturali o funzionali tali da alterare il riempimento ventricolare o l’eiezione del sangue, a riposo o durante uno sforzo, e caratterizzata da sintomi tipici quali la dispnea e l’affaticamento, cui si possono accompagnare segni della ritenzione di fluidi come l’ipertensione venosa giugulare, la congestione polmonare e gli edemi

periferici, reperti che qualificano il quadro di scompenso cardiaco congestizio.1,2

Appare evidente come, a tutt’oggi, la diagnosi di scompenso cardiaco si basi eminentemente sull’esordio sintomatologico, sebbene in fase subclinica possano già essere riconosciute condizioni patologiche correlate ad un outcome sfavorevole e suscettibili di un trattamento prognosticamente efficace; in effetti, un paziente con ridotta frazione di eiezione che non ha mai manifestato i segni e sintomi dello scompenso cardiaco non è definito scompensato, ma con disfunzione ventricolare

sinistra asintomatica.3,4 Risulta ancora estremamente diffusa, quantomeno per un

inquadramento preliminare, la classificazione dello SC elaborata dalla New York Heart

Association (NYHA), che sulla base della limitazione funzionale allo sforzo distingue:

• Classe I – assenza di limitazioni all’esercizio, l’attività fisica ordinaria non determina l’insorgenza di affanno, affaticamento o cardiopalmo;

• Classe II – limitazione lieve all’esercizio, assenza di sintomi a riposo ed insorgenza nel corso dell’attività fisica ordinaria;

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• Classe III – limitazione marcata all’esercizio, assenza di sintomi a riposo e insorgenza per attività fisica inferiore all’ordinario;

• Classe IV – comparsa di sintomi associati ad ogni tipo di attività fisica, o a riposo.

Il rischio di ospedalizzazione e morte correla con la gravità dei sintomi, ma non vi è legame tra l’assenza o scarsità di sintomi e la mancanza di rischio.2,5-7 Per questa

ragione, alla classificazione NYHA si affianca quella dell’American College of Cardiology

Foundation/American Heart Association (ACCF/AHA), focalizzata sullo sviluppo e la

progressione di malattia anche in funzione dei fattori di rischio:

• Stadio A – alto rischio di SC in assenza di cardiopatia organica o sintomi; • Stadio B – cardiopatia organica in assenza di segni o sintomi;

• Stadio C – cardiopatia organica con sintomi in passato o attualmente;

• Stadio D – SC refrattario che necessita di interventi specialistici.8

Di norma la disfunzione ventricolare, sistolica o diastolica, è imputabile ad un’alterazione del miocardio, ma tra le cause di scompenso cardiaco rientrano anche patologie valvolari, pericardiche, endocardiche ed aritmiche: individuare quale di questi moventi, spesso compresenti, è alla base della condizione clinica del paziente è fondamentale sul piano terapeutico, poiché l’eziopatogenesi guida il trattamento di ciascun quadro specifico. Lo scompenso cardiaco clinicamente accertato è suddiviso in due entità principali sulla base della funzione ventricolare sinistra (LVEF): a ridotta frazione di eiezione (HFrEF), in presenza di una LVEF<40%, e a frazione di eiezione conservata (HFpEF), con una LVEF≥50%. Queste due forme si distinguono sul piano

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eziologico, epidemiologico e terapeutico; tale classificazione è adottata sia dalla ACCF/AHA sia dalla European Society of Cardiology (ESC). Funge da spartiacque la condizione di LVEF compresa tra il 40 ed il 49%: essa è definita come “scompenso a frazione di eiezione moderatamente ridotta” (HFmrEF) o HFpEF borderline. Le caratteristiche cliniche, fisiopatologiche e terapeutiche di questa entità necessitano di ulteriori studi. La ACCF/AHA distingue inoltre un HFpEF improved, in cui rientrano i pazienti con HFrEF che sono andati incontro ad un miglioramento funzionale: anche in questo caso, il razionale riguarda una migliore stratificazione di questa sottopopolazione rispetto ai pazienti con LVEF persistentemente ridotta.

Circa la metà dei pazienti scompensati è affetta da HFrEF, il sottogruppo meglio caratterizzato dello SC in quanto la maggior parte dei trial clinici controllati finora svolti ha arruolato pazienti sintomatici con LVEF<40%; il principale movente patogenetico è rappresentato dalla cardiopatia ischemica, sebbene si possano annoverare tra i fattori di rischio anche l’ipertensione e aspetti di natura metabolica. Il HFrEF è l’entità clinica oggetto di questo lavoro, come sarà chiarito oltre.

La quota di pazienti residua mostra i caratteri del HFpEF, in cui è centrale la documentazione strumentale di una disfunzione diastolica del ventricolo sinistro in associazione alla sintomatologia, ai dati bioumorali e ad alterazioni strutturali del miocardio. La definizione di “SC diastolico” in riferimento a questa forma è stata abbandonata, in quanto in pazienti con HFrEF possono coesistere i caratteri della disfunzione diastolica. Lo scompenso a frazione conservata tende ad insorgere in età più tardiva rispetto al HFrEF, in relazione a fattori di rischio diversi e con una

(16)

1.2 Epidemiologia

La diffusione dello scompenso cardiaco giustifica gli enormi sforzi della comunità scientifica di comprenderne le estese basi fisiopatologiche: nei paesi sviluppati la prevalenza dello SC è pari al 1-2% della popolazione generale, e di oltre il 10% nei soggetti sopra i 70 anni. Anche l’incidenza della patologia aumenta con l’età, passando da 2 casi ogni 1000 abitanti l’anno tra i 35 ed i 64 anni di età a 12 casi ogni 1000 abitanti l’anno sopra i 65 anni: cumulativamente, il rischio di ammalarsi di

scompenso cardiaco è del 20% a partire dai 40 anni di età.11-14

Il trend epidemiologico dello scompenso cardiaco è in controtendenza rispetto a pressoché tutte le altre malattie cardiovascolari, il cui tasso di mortalità si è abbattuto

di circa due terzi negli ultimi cinquant’anni.15 Negli ultimi decenni la comprensione

della fisiopatologia dello SC, trasferita sulla ricerca farmacologica, ha portato nei pazienti scompensati ad una diminuzione incoraggiante ma molto più modesta della mortalità, che tutt’ora si attesta sul 50% a cinque anni dalla diagnosi: molte patologie

neoplastiche, contrariamente al senso comune, sono meno aggressive.6,16-18

Quanto detto finora spiega gli elevatissimi costi sociali, diretti ed indiretti, dello scompenso cardiaco: una stima riferita agli Stati Uniti per l’anno 2010 supera i 39 miliardi di dollari americani, di cui i tre quarti sono destinati alle cure ospedaliere: l’ammissione in degenza è un fatto comune per i pazienti scompensati, e la recidiva di ricovero a trenta giorni dalla dimissione interessa il 25% dei cittadini coperti dal programma Medicare, la forma pubblica di assistenza sanitaria erogata dal governo

statunitense a favore degli ultrasessantacinquenni.19,20 In questo contesto, lo SC

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Lo iato che si apprezza sul piano epidemiologico tra la sindrome coronarica acuta, le valvulopatie, le cardiopatie congenite e le aritmie da un lato, e lo scompenso cardiaco dall’altro, pretende soddisfazione in almeno tre modi. Il primo sarà ben chiaro esaminando più a fondo l’eziologia dello SC: sopravvivere a varie cardiopatie non è sinonimo di restitutio ad integrum. Se all’insulto cardiaco, pur efficacemente trattato, può conseguire l’insufficienza della funzione di pompa del cuore, ecco che con un abbattimento della mortalità si accresce la quota di pazienti suscettibili di scompenso. La seconda motivazione, sempre legata alla maggior sopravvivenza dei pazienti cardiopatici, riguarda l’aumentata morte cellulare dei cardiomiociti con l’invecchiamento e comorbidità età-correlate: queste sono principalmente rappresentate dall’ipertensione arteriosa, il diabete mellito tipo II, l’insufficienza renale cronica, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e le aritmie cardiache, su tutte la fibrillazione atriale. Tali stati patologici sono di più frequente riscontro nello

scompenso cardiaco a frazione conservata.21 L’ultima spiegazione, la più semplice sul

piano epidemiologico, dell’aumento di prevalenza dello scompenso cardiaco è data dal miglioramento prognostico, lento ma costante, che incrementa la sopravvivenza dei pazienti.

I fattori di rischio, le cause, la diffusione e gli oneri assistenziali dello scompenso cardiaco ne delineano l’importanza sul piano sociale. Questa patologia molto ha a che fare con lo stile di vita diffuso nei paesi sviluppati, ed un trattamento efficace può produrre un impatto positivo non solo sulla qualità e aspettativa di vita del singolo, ma anche sulla sostenibilità dell’assistenza sanitaria collettiva: si stima che nei prossimi vent’anni la spesa imputabile allo scompenso cardiaco negli Stati Uniti

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raddoppierà, in accordo con il trend di prevalenza e aspettativa di vita appena descritto.22 Il risvolto economico dello SC non è tuttavia limitato ai costi sanitari,

poiché i principali fattori di rischio non sono disgiunti dal contesto sociale: la stratificazione socio-economica dei pazienti scompensati ha dimostrato differenze significative in termini di incidenza di malattia, tasso di ricovero e mortalità a

svantaggio delle classi a minor reddito.23

In generale è possibile affermare che lo scompenso cardiaco sta evolvendo nel tempo, per la riduzione di alcuni fattori di rischio e l’emergere di altri, con un complessivo calo dell’incidenza negli ultimi trent’anni ed un incremento relativo del HFpEF. L’aumento dell’età media alla diagnosi e delle comorbidità associate accentuano il connotato sindromico dello scompenso cardiaco e ne renderanno

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1.3 Fisiopatologia

1.3.1 Precedenti modelli fisiopatologici

I primi tentativi organici di spiegare i meccanismi dello scompenso cardiaco furono fortemente influenzati dalla concezione stessa della malattia: nel secondo dopoguerra lo SC veniva considerato un fatto prettamente acuto di cui l’edema, periferico e polmonare, era la necessaria manifestazione insieme alla dispnea. Questo approccio portò alla formulazione del cosiddetto modello cardiorenale, così denominato per l’influsso della disfunzione cardiaca sull’attività del rene e fondato sulla ritenzione idrosodica come patogenesi dell’edema. La riduzione della funzionalità renale veniva alternativamente ricondotta al calo della portata cardiaca, con riduzione della

perfusione renale, o allo scompenso diastolico con stasi venosa.25

Sul versante terapeutico, questa impostazione portò al diffondersi dei farmaci inotropi e diuretici, questi ultimi considerati rivoluzionari per la loro efficacia nel trattamento dell’edema periferico. Il modello cardiorenale pose le basi per un approccio razionale allo scompenso cardiaco; con esso si affermarono tuttavia alcune convinzioni poi rivelatesi erronee, come la pericolosità di qualsiasi agente ipotensivante, per paura di compromettere la perfusione coronarica e renale.

La seconda spiegazione fisiopatologica dello scompenso cardiaco, della fine degli anni Sessanta, è rappresentata dal cosiddetto modello emodinamico. Questa nuova visione allargò gli orizzonti della ricerca clinica sullo SC, dando risalto al circolo periferico e non solo al rene come in precedenza; contemporaneamente si acquisì consapevolezza della cronicità del disturbo, e dell’importanza della ridotta

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tolleranza allo sforzo nei pazienti scompensati. All’aspetto di disfunzione del miocardio, incapace di pompare una capacità di sangue adeguata alle necessità metaboliche dell’organismo, si affiancava una anomala vasocostrizione del circolo periferico, che influenza negativamente l’emodinamica non solo in termini di ritenzione ma soprattutto di redistribuzione di liquidi.26 Il deficit della gittata sistolica,

cardine del HFrEF, veniva dunque ricondotto ad alterazioni prettamente emodinamiche:

• l’aumento del volume telediastolico, che determina uno stress di parete oltre le possibilità di compenso offerte dalla legge di Frank-Starling, con conseguente diminuzione della contrattilità miocardica, a causa dell’ipervolemia e della redistribuzione di fluidi;

• l’aumento del post-carico ventricolare, dovuto alle resistenze periferiche. Questo modello trova chiara applicazione nel HFrEF, in cui la riduzione della frazione di eiezione è uno degli elementi cardine e si accompagna, morfologicamente,

ad un pattern dilatativo della camera ventricolare.27

Il nuovo ruolo del circolo nella fisiopatologia dello SC promosse l’impiego di farmaci vasodilatatori e stimolò la ricerca di molecole con effetto combinato vasodilatatore ed inotropo, come gli inibitori della fosfodiesterasi III. I primi trial clinici controllati dimostrarono l’efficacia della terapia vasodilatatrice, ma non una piena aderenza al modello emodinamico, perché la prognosi non correlava strettamente con l’effetto ipotensivante o vasodilatatore dei farmaci in oggetto, che talora addirittura

aumentavano la mortalità.28,29 Da questa osservazione mossero le prime critiche al

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1.3.2 Modello neuro-ormonale

Il modello fisiopatologico attualmente adottato per l’inquadramento dello scompenso cardiaco è detto neuro-ormonale: a cavallo tra anni Ottanta e Novanta si accumulano le evidenze di una importante attivazione neuro-ormonale in corso di SC, in concomitanza con la presa d’atto che il beneficio sintomatologico derivante dalla terapia diuretica e vasodilatatrice non ha un corrispettivo prognostico della stessa portata.30,31 La denominazione di questa teoria fisiopatologica si deve al ruolo del

sistema neuroendocrino, con azione sistemica, primariamente identificato nello SC; oggi è noto che molti dei mediatori coinvolti, tra cui la noradrenalina e l’angiotensina II, esplicano effetti anche autocrini e paracrini.

Lo scompenso cardiaco è un quadro progressivo avviato da un evento scatenante, che genera una perdita di sostanza nel miocardio o comunque ne riduce la normale capacità contrattile: tale innesco può determinare conseguenze emodinamiche acutamente, come è per l’infarto miocardico, o produrre i suoi effetti sulla pompa cardiaca cronicamente, e questo è il caso ad esempio dell’ipertensione. Solitamente esiste una certa latenza, di mesi o anche anni, tra l’insulto e l’insorgenza dei sintomi dello scompenso, e tale periodo di disfunzione asintomatica è dominato dall’attivazione di meccanismi compensatori:

• attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) e del sistema nervoso autonomo simpatico (SNS), con un effetto di ritenzione idrosalina ed inotropo positivo che sostengono la portata cardiaca;

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• secrezione di molecole vasodilatatrici della famiglia dei peptidi natriuretici

(ANP, BNP) e delle prostaglandine (PGE2, PGI2), e di ossido nitrico (NO), che

controbilanciano la vasocostrizione periferica per mantenere la perfusione. Questi sistemi, già attivi in fase asintomatica, sono ulteriormente stimolati all’esordio clinico e, per via dei loro effetti deleteri sul cuore e sul circolo, conducono a quel complesso di modificazioni che è definito rimodellamento ventricolare sinistro. Attivazione simpatica

Il calo della portata cardiaca determina una variazione della pressione arteriosa e di conseguenza un incremento del tono simpatico ed un calo di quello parasimpatico mediato dal riflesso barocettivo, i cui sensori sono rappresentati dai barocettori aortici e carotidei situati tra la tonaca media e l’avventizia dei vasi, i bracci afferente ed efferente rispettivamente dai nervi vago e glossofaringeo, l’integrazione è in capo al centro cardioregolatore bulbare. Il baroriflesso controlla in maniera rapida pressione arteriosa e frequenza cardiaca sulla base di variazioni pressorie, volemiche e posturali. Fisiologicamente, lo stiramento della parete arteriosa sollecita i barocettori determinando una scarica parasimpatica: la minore gittata cardiaca nei pazienti affetti da HFrEF riduce lo stiramento della parete arteriosa, la perfusione dei recettori e quindi la scarica vagale. In cronico, alla minore attività basale si somma un resetting

della soglia di stimolazione verso valori pressori più elevati.32 Globalmente si assiste

ad un aumento del tono simpatico sul cuore con effetto cronotropo ed inotropo

(recettori adrenergici β1) e pro-fibrotico, e ad una iperattivazione del chemoriflesso

che regola i centri del respiro, con effetti negativi sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio (cfr. ultra).

(23)

11

In queste condizioni il cuore è soggetto ad un maggior carico di lavoro e ad una maggiore richiesta di ossigeno, che lo espone al rischio ischemico in condizioni

di esercizio o di restrizione dell’apporto di O2. A livello istologico l’ipertono

adrenergico esercita effetti di ipertrofia, morte cellulare e disorganizzazione della

matrice extracellulare. Inoltre, per mezzo dei recettori adrenergici α1 della

muscolatura liscia dei piccoli vasi, la scarica simpatica incrementa le resistenze periferiche e dunque il postcarico. La vasocostrizione si esplica anche a livello renale,

dove in aggiunta i recettori adrenergici β1 stimolano la produzione di renina.

Figura 1. Attivazione del sistema nervoso simpatico. Da Mann DL, et al. Braunwald’s heart disease: a textbook of cardiovascular medicine. Tenth edition. ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2015

L’incremento di scarica del SNS è documentabile dosando nel plasma i livelli di noradrenalina circolanti, notevolmente aumentati nei pazienti scompensati rispetto ai soggetti sani per un fenomeno di eccessivo rilascio sinaptico e reuptake deficitario,

che nell’insieme prende il nome di spillover.33

Come accennato l’attivazione adrenergica, diretta e mediata dal baroriflesso, potenzia l’attività del chemoriflesso, che in risposta a variazioni di anidride carbonica,

456 IV H EAR T F AILURE

Oxidative Stress. Reactive oxygen species (ROS) are a normal byproduct of aerobic metabolism. In the heart, the potential sources for ROS include the mitochondria, xanthine oxidase, and nicotinamide-adenine dinucleotide phosphate (NADPH) oxidase (Fig. 22-5). ROS can modulate the activity of a variety of intracellular proteins and signaling pathways, including essential proteins involved in myocardial excitation-contraction coupling, such as ion channels, sarcoplasmic reticulum (SR) calcium release channels, and myofilament proteins, as well as signaling pathways that are coupled to myocyte growth.5

“Oxidative stress” occurs when the production of ROS exceeds the buffering capacity of antioxidant defense systems, leading to an excess of ROS within the cell. Substantial evidence indicates that the leading to fibrosis of the heart, kidneys, and other organs.

Angioten-sin II can also lead to worsening neurohormonal activation by enhancing the release of NE from sympathetic nerve endings, as well as stimulating the zona glomerulosa of the adrenal cortex to produce aldosterone. Analogous to angiotensin II, aldosterone provides short-term support to the circulation by promoting the reabsorption of sodium in exchange for potassium, in the distal segments of the nephron. However, the sustained expression of aldosterone may exert harmful effects by provoking hypertrophy and fibrosis within the vasculature and the myocardium, contributing to reduced vascu-lar compliance and increased ventricuvascu-lar stiffness. In addition,

FIGURE 22-2 Activation of the sympathetic nervous system. Increased sympathetic nervous system activity may contribute to the pathophysiology of congestive heart failure by multiple mechanisms involving cardiac, renal, and vascular function In the heart, increased sympathetic nervous system outflow may lead to desensitization β-adrenergic receptors (β-ARs), myocyte hypertrophy, necrosis, apoptosis, and fibrosis. In the kidneys, increased sympathetic activation induces arterial and venous vaso-constriction, activation of the renin-angiotensin system (RAS), increase in salt and water retention, and an attenuated response to natriuretic factors. In the peripheral vessels, neurogenic vasoconstriction and vascular hypertrophy are induced by increased sympathetic nervous activity. (From Nohria A, Cusco JA, Creager MA: Neurohor-monal, renal and vascular adjustments in heart failure. In Colucci WS [ed]: Atlas of Heart Failure. 4th ed. Philadelphia, Current Medicine LLC, 2008, p 106.)

Sympathetic nervous system

↑Tubular reabsorption of Na+

Activation of RAS

↑Renal vascular resistance ↓Response to natriuretic factors ↑Renin release Neurogenic vacoconstriction Vascular hypertrophy ↓β-AR responsiveness Myocyte hypertrophy Myocyte necrosis and apoptosis, fibrosis ↓Norepinephrine stores ↓Sympathetic innervation Arrhythmias

Impaired diastolic, systolic function

FIGURE 22-3 Activation of the RAS. The RAS is activated in patients with heart failure. The major site of release of circulating renin is the juxtaglomerular apparatus of the kidney, where multiple stimuli may contribute to renal release of renin into the systemic circulation, including renal sympathetic efferent activity, decreased distal sodium delivery, reduced renal perfusion pressure, and diuretic therapy. Natriuretic peptides (ANP, BNP) and vasopressin (dashed arrows) may inhibit the release of renin.

Renin enzymatically cleaves angiotensinogen to form angiotensin II from angiotensin I. Angiotensin II is a potent vasconconstrictor and promotes sodium resorption by increasing aldosterone secretion and through a direct effect on the tubules. Angiotensin II also stimulates water intake by directly acting on the thirst center. (From Nohria A, Cusco JA, Creager MA: Neurohormonal, renal and vascular adjustments in heart failure. In Colucci WS [ed]:Atlas of Heart Failure. 4th ed. Philadelphia, Current Medicine LLC, 2008, p 107.) Vasoconstriction Aldosterone secretion Thirst Sodium retention (direct tubular effect) Sympathetic efferent activity

Diuretic therapy

Distal tubular sodium load

ANP, BNP Vasopressin

Renal perfusion pressure Prostaglandins Renin release Angiotensin I Angiotensin II Angiotensin-converting enzyme Angiotensinogen (liver)

(24)

pH ed ossigeno nel plasma incrementa l’attività ventilatoria. Nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, per la scarica simpatica e altri stimoli come l’ipossia cronica e la riduzione della gittata cardiaca, il chemoriflesso contribuisce ulteriormente all’attivazione adrenergica e alla sensazione di dispnea, nonché alla genesi delle apnee centrali e del respiro periodico. I chemocettori sono collocati sia in periferia, a livello del glomo carotideo, sia centralmente in diverse regioni del centro encefalico; il centro integrativo di questi stimoli è situato nel nucleo del tratto solitario (STN), che stimola i centri respiratori bulbari ed i gangli simpatici.

Il riflesso barocettivo e quello chemocettivo non esercitano i loro effetti solamente sul cuore ma anche sul rene, evidenza che ha portato al concetto di riflesso renale. Il SNS innerva in maniera importante il rene ed in particolare il tubulo contorto prossimale, il tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle ed il tubulo contorto distale: la scarica noradrenergica riduce il flusso ematico renale e la natriuria, e stimola la secrezione di renina.34 Il rene dispone tuttavia anche di un

sistema nervoso afferente, che trasmette segnali meccanici e chimici a centri midollari e bulbari: cambiamenti del volume della pelvi renale e della composizione dell’urina inibiscono la scarica simpatica centralmente e a livello del rene controlaterale, determinando un effetto natriuretico e diuretico. Il riflesso renale, dunque, modula il tono adrenergico con lo stesso segno del baroriflesso.

In corso di scompenso cardiaco l’incremento generalizzato dell’attività adrenergica, il resetting barocettivo e l’attivazione del chemoriflesso, unitamente all’attività dell’angiotensina e dell’endotelina, portano ad un effetto netto di vasocostrizione

(25)

È definito ergoriflesso quell’insieme di risposte vegetative innescato dalle alterazioni muscoloscheletriche che si verificano in corso di scompenso cardiaco. A metà degli anni Novanta con la cosiddetta muscle hypothesis è stato ipotizzato che la miopatia scheletrica possa accentuare la sintomatologia dello SC e favorirne la progressione, aumentando la sensibilità di un riflesso cardio-respiratorio a partenza dal muscolo scheletrico che è definito, appunto, ergoriflesso.37,38 È indubbio che i

pazienti scompensati vadano incontro ad una deplezione muscolare anche grave, che può manifestare i caratteri della sarcopenia quando non della cachessia; i meccanismi di questo processo chiamano in causa alterazioni mitocondriali, uno stato infiammatorio sistemico, la riduzione dell’attività fisica, il calo dell’assorbimento per congestione intestinale, la minore attività di ormoni anabolizzanti e l’incremento dei

livelli di miostatina circolante, l’ipoperfusione tissutale.39

L’ergoriflesso adatta la ventilazione e l’attivazione adrenergica in funzione dell’intensità dell’esercizio fisico. Per effetto della miopatia, in corso di scompenso cardiaco la sensibilità di questo riflesso risulta aumentata, con un peggioramento della dispnea da sforzo e della disfunzione autonomica. Dell’ergoriflesso si identificano due componenti:

• Il metaboriflesso, che incrementa le resistenze periferiche e la risposta ventilatoria; sono considerati suoi effettori metaboliti quali acido lattico, bradichinina, adenosina, potassio.

• Il meccanoriflesso, che incrementa le resistenze vascolari periferiche e la frequenza cardiaca, senza effetti sulla ventilazione; esso è attivato dallo stiramento delle fibre muscolari durante l’esercizio.

(26)

Attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone

L’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone è più tardiva rispetto a quella simpatica. Come già anticipato, uno degli stimoli in corso di scompenso cardiaco è di natura adrenergica, ma l’interdipendenza tra i due sistemi non si esaurisce a questo livello. Il RAAS si attiva a seguito di un calo nella perfusione renale o nella concentrazione di sodio nel lume del tubulo contorto distale, o per effetto di una scarica simpatica: in queste condizioni, l’apparato iuxtaglomerulare del rene immette in circolo renina. Questo enzima avvia la conversione dell’angiotensinogeno, di sintesi epatica, ad angiotensina I, la quale è a propria volta clivata a livello tissutale dall’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE) in angiotensina II (AgII), la forma biologicamente attiva. Un pathway di attivazione dell’AgII ACE-indipendente è rappresentato dalle chimasi, enzimi proteolitici che risultano significativamente sovraespressi nel miocardio di pazienti in terapia con ACE-inibitori.

L’angiotensina II esplica i suoi effetti tramite interazione con i suoi recettori:

• il recettore AT1 è espresso a livello dei vasi e delle terminazioni nervose del

cuore, determinando vasocostrizione, ipertrofia cellulare, e in sede surrenalica secrezione di aldosterone e catecolamine;

• il recettore AT2 è quello prevalente a livello cardiaco, sui fibroblasti e

nell’interstizio, e promuove vasodilatazione, inibizione della crescita cellulare, natriuresi e liberazione di bradichinine.

(27)

Sia l’angiotensina sia l’aldosterone esercitano un controllo omeostatico efficace nel breve termine, mentre nel contesto di una sovra-attivazione cronica, come quella cui si va incontro nello scompenso cardiaco, producono effetti deleteri sull’apparato cardiovascolare. Il rilascio sostenuto di AgII stimola la fibrosi a livello cardiaco e renale, e promuove ulteriormente l’attivazione neuro-ormonale incrementando la liberazione di noradrenalina dalle terminazioni simpatiche (spillover) e di aldosterone

dalla zona glomerulare del surrene (effetti AT1). Allo stesso modo, l’aldosterone

peggiora la compliance vascolare e del ventricolo sinistro esercitando un effetto ipertrofizzante e pro-fibrotico; inoltre, esso gioca un ruolo nel resetting del baroriflesso e nell’inibizione del reuptake di noradrenalina dal vallo sinaptico (spillover).

La ritenzione idrosodica e la redistribuzione del volume circolante, acquisizioni delle precedenti teorie fisiopatologiche sullo scompenso cardiaco, trovano la sintesi nel modello neuro-ormonale i cui meccanismi, appena descritti, alterano in maniera importante la fisiologia del rene. La scarica simpatica, oltre a ridurre il flusso ematico renale, incrementare il riassorbimento di sodio e acqua e indurre secrezione di renina, stimola a livello della neuroipofisi il rilascio non-osmotico di ormone antidiuretico, che abbatte l’escrezione di acqua libera e determina perifericamente vasocostrizione e liberazione di endotelina, la quale

promuove ipertrofia e fibrosi.40,41 Su buona parte di questi stessi meccanismi sono in

grado di agire direttamente anche l’angiotensina II e l’aldosterone, con un evidente effetto netto sinergico tra SNS e RAAS: in queste condizioni il carico volemico aumenta e contribuisce ad aggravare il carico di lavoro del cuore.

(28)

Figura 2. Attivazione del Sistema renina-angiotensina-aldosterone. Da Mann DL, et al. Braunwald’s heart disease: a textbook of cardiovascular medicine. Tenth edition. ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2015

Altre molecole coinvolte

L’imponente vasocostrizione ingenerata dal sistema simpatico non sarebbe sostenibile senza una risposta controregolatoria ulteriore: la controparte di quanto già descritto nel modello neuro-ormonale è rappresentata da una popolazione di molecole, tra cui le prostaglandine (PG) ed i peptidi natriuretici (NP).

Le prostaglandine maggiormente espresse in corso di SC sono la PGE2 e la PGI2, che

esercitano un effetto vasodilatatore; inoltre, la PGE2 favorisce l’escrezione renale di

sodio e modula l’azione dell’ADH. I peptidi natriuretici atriale e B-type (ANP, BNP) esplicano un effetto natriuretico in risposta allo stretch miocardico, ma la loro attività è notevolmente ridotta nello scompenso cardiaco in stadio avanzato; essi sono in gran parte prodotti rispettivamente a livello atriale e ventricolare. Il peptide natriuretico

C-type (CNP) è espresso prevalentemente nel cervello e nel tessuto cartilagineo. Gli

effetti fisiologici dei peptidi natriuretici sono mediati prevalentemente dal recettore NPR-A, espresso a vari livelli:

456 IV H EAR T F AILURE

Oxidative Stress. Reactive oxygen species (ROS) are a normal byproduct of aerobic metabolism. In the heart, the potential sources for ROS include the mitochondria, xanthine oxidase, and nicotinamide-adenine dinucleotide phosphate (NADPH) oxidase (Fig. 22-5). ROS can modulate the activity of a variety of intracellular proteins and signaling pathways, including essential proteins involved in myocardial excitation-contraction coupling, such as ion channels, sarcoplasmic reticulum (SR) calcium release channels, and myofilament proteins, as well as signaling pathways that are coupled to myocyte growth.5

“Oxidative stress” occurs when the production of ROS exceeds the buffering capacity of antioxidant defense systems, leading to an excess of ROS within the cell. Substantial evidence indicates that the level of oxidative stress is increased both systemically and in the myo-cardium of patients with heart failure. Oxidative stress in the heart may be due to reduced antioxidant capacity and/or the increased production of ROS, which may arise secondary to mechanical strain of the myocardium, neurohormonal stimulation (angiotensin II, alpha-adrenergic agonists, endothelin-1 [ET-1]) and/or inflammatory leading to fibrosis of the heart, kidneys, and other organs.

Angioten-sin II can also lead to worsening neurohormonal activation by enhancing the release of NE from sympathetic nerve endings, as well as stimulating the zona glomerulosa of the adrenal cortex to produce aldosterone. Analogous to angiotensin II, aldosterone provides short-term support to the circulation by promoting the reabsorption of sodium in exchange for potassium, in the distal segments of the nephron. However, the sustained expression of aldosterone may exert harmful effects by provoking hypertrophy and fibrosis within the vasculature and the myocardium, contributing to reduced vascu-lar compliance and increased ventricuvascu-lar stiffness. In addition, aldosterone provokes endothelial cell dysfunction, baroreceptor dys-function, and inhibition of NE uptake, any or all of which may lead to worsening of heart failure. The mechanism of action of aldosterone in the cardiovascular system appears to involve oxidative stress, with resultant inflammation in target tissue.

FIGURE 22-2 Activation of the sympathetic nervous system. Increased sympathetic nervous system activity may contribute to the pathophysiology of congestive heart failure by multiple mechanisms involving cardiac, renal, and vascular function In the heart, increased sympathetic nervous system outflow may lead to desensitization β-adrenergic receptors (β-ARs), myocyte hypertrophy, necrosis, apoptosis, and fibrosis. In the kidneys, increased sympathetic activation induces arterial and venous vaso-constriction, activation of the renin-angiotensin system (RAS), increase in salt and water retention, and an attenuated response to natriuretic factors. In the peripheral vessels, neurogenic vasoconstriction and vascular hypertrophy are induced by increased sympathetic nervous activity. (From Nohria A, Cusco JA, Creager MA: Neurohor-monal, renal and vascular adjustments in heart failure. In Colucci WS [ed]: Atlas of Heart Failure. 4th ed. Philadelphia, Current Medicine LLC, 2008, p 106.)

Sympathetic nervous system

↑Tubular reabsorption of Na+

Activation of RAS

↑Renal vascular resistance ↓Response to natriuretic factors ↑Renin release Neurogenic vacoconstriction Vascular hypertrophy ↓β-AR responsiveness Myocyte hypertrophy Myocyte necrosis and apoptosis, fibrosis ↓Norepinephrine stores ↓Sympathetic innervation Arrhythmias

Impaired diastolic, systolic function

FIGURE 22-3 Activation of the RAS. The RAS is activated in patients with heart failure. The major site of release of circulating renin is the juxtaglomerular apparatus of the kidney, where multiple stimuli may contribute to renal release of renin into the systemic circulation, including renal sympathetic efferent activity, decreased distal sodium delivery, reduced renal perfusion pressure, and diuretic therapy. Natriuretic peptides (ANP, BNP) and vasopressin (dashed arrows) may inhibit the release of renin.

Renin enzymatically cleaves angiotensinogen to form angiotensin II from angiotensin I. Angiotensin II is a potent vasconconstrictor and promotes sodium resorption by increasing aldosterone secretion and through a direct effect on the tubules. Angiotensin II also stimulates water intake by directly acting on the thirst center. (From Nohria A, Cusco JA, Creager MA: Neurohormonal, renal and vascular adjustments in heart failure. In Colucci WS [ed]:Atlas of Heart Failure. 4th ed. Philadelphia, Current Medicine LLC, 2008, p 107.) Vasoconstriction Aldosterone secretion Thirst Sodium retention (direct tubular effect) Sympathetic efferent activity

Diuretic therapy

Distal tubular sodium load

ANP, BNP Vasopressin

Renal perfusion pressure Prostaglandins Renin release Angiotensin I Angiotensin II Angiotensin-converting enzyme Angiotensinogen (liver)

(29)

• perifericamente induce vasodilatazione, aumenta la velocità di filtrazione glomerulare del rene, inibisce il trasporto di acqua mediato dall’AgII a livello del tubulo contorto prossimale e riduce la secrezione di renina;

• sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, i peptidi natriuretici sono in grado di inibire la secrezione di aldosterone sia basale, sia stimolata dall’angiotensina e dall’ACTH;

• è dimostrata la modulazione del baroriflesso con potenziamento delle afferenze vagali e minor risposta simpatica;

• protegge dal rimodellamento cardiaco limitando l’ipertrofia e l’infiammazione.

I peptidi natriuretici sono degradati per via lisosomiale, dopo interazione col recettore NPR-C, oppure enzimatica, ad opera della neprilisina (NEP), una endopeptidasi neutra zinco-dipendente espressa sulla membrana plasmatica: ampiamente presente nei tessuti ed attiva su vari substrati, la NEP è la principale proteasi extracellulare responsabile della clearance dei peptidi natriuretici ed è suscettibile di inibizione da parte di molecole specifiche. Rallentare la degradazione dell’ANP e del BNP consente di beneficiare dei loro effetti natriuretici e vasodilatatori, che in corso di scompenso

cardiaco sono poco efficaci.42 Il principio attivo sacubitril è un inibitore della

neprilisina; commercializzato in associazione con il bloccante AT1 valsartan, è l’unico

rappresentante della classe degli inibitori del recettore per l’angiotensina e della neprilisina (ARNI). Il BNP è sintetizzato come pre-proormone dai cardiomiociti del ventricolo sinistro, e subisce un clivaggio che produce proBNP: altri enzimi

(30)

nei pazienti scompensati la forma bioattiva è rapidamente degradata nel plasma dalla dipeptidil-peptidasi IV (DPP-4), che produce forme tronche a breve emivita con scarso effetto natriuretico, diuretico e vasodilatatore.

La risposta controregolatoria alla vasocostrizione è mediata anche dall’endotelio, che fisiologicamente secerne tonicamente ossido nitrico (NO) consentendo una adeguata perfusione a riposo e durante esercizio. Con il progredire dello scompenso cardiaco, tuttavia, si instaura una disfunzione endoteliale in cui la risposta vasodilatatoria viene meno. L’ossido nitrico è prodotto dall’enzima NO sintasi, di cui si riconoscono un’isoforma neuronale (nNOS), una inducibile (iNOS) ed una costitutivamente espressa dall’endotelio (eNOS). L’eNOS è espresso dall’endotelio coronarico e dall’endocardio, oltre che sul sarcolemma dei cardiomiociti, ed agisce in maniera calcio-dipendente, ma in corso di SC la sua attività risulta ridotta con l’effetto netto di una risposta vasodilatatoria inappropriata durante l’esercizio fisico. La bradichinina (BK), peptide vasodilatatore prodotto dalla callicreina a partire dal chininogeno, esercita la propria azione sull’apparato

cardiovascolare interagendo con il proprio recettore B2 che attiva la eNOS; la

bradichinina è degradata dall’ACE, e vi sono evidenze che la superiorità degli

ACE-inibitori rispetto ai bloccanti AT1 sia dovuta a questo meccanismo, aggiuntivo rispetto

all’inibizione del RAAS, di accumulo della BK. D’altro canto, il principale effetto avverso di questa classe di farmaci responsabile dell’intolleranza al trattamento in una considerevole quota di soggetti, la tosse stizzosa, è legato proprio all’aumentata attività della bradichinina con produzione di prostaglandine e stimolazione del centro della tosse.

(31)

Figura 3. Effetti cellulari della via dei peptidi natriuretici. Da Mann DL, et al. Braunwald’s heart disease: a textbook of cardiovascular medicine. Tenth edition. ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2015

Rimodellamento ventricolare

Il rimodellamento ventricolare (LVR) è un processo di alterazione della massa, del volume e della geometria del ventricolo sinistro che, nello SC a ridotta frazione di eiezione, conduce a dilatazione della camera ed aumento della sfericità, assottigliamento delle pareti ed insufficienza mitralica, in seguito a danno miocardico o anomalie del carico emodinamico; alla base di questi effetti d’organo stanno modificazioni citologiche (ipertrofia, alterata contrattilità, anomalie metaboliche) ed istologiche (morte cellulare, riorganizzazione della matrice extracellulare). Secondo il modello neuro-ormonale, gli stimoli biologici di questi meccanismi maladattativi non si limitano alla sollecitazione meccanica ma includono neuro-ormoni circolanti, citochine, fattori di crescita e specie reattive dell’ossigeno, con i relativi effetti sul cuore e sul circolo sistemico. Questo schema costituisce il razionale dell’impiego di farmaci attivi sul RAAS e sul SNS, come gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEi) ed i β-bloccanti. Il rimodellamento del ventricolo sinistro completa il quadro di progressione della malattia insieme ai meccanismi

neuro-Pathophysiology of Heart Failur

e

22 460.e1

FIGURE e 22-2A, Cellular actions in signaling of the natriuretic peptide system. Ang I = angiotensin I; AT1R = angiotensin type 1 receptor; BK = bradykinin; GC =

guanylate cyclase; GC = particulate guanylate cyclase S receptor; NEP = neutral endopeptidase; PDE = phosphodiesterase; PK = protein kinase; RA = particulate guanylate

cyclase A receptor; Rc = particulate guanylate cyclase C receptor. B, Interaction of oxidative and nitrosative pathways in heart failure. The principal sources of ROS in the cardiomyocyte are xanthine oxidoreductase (XOR), NADPH oxidase, and the mitochondria. NO is produced by nNOS1, situated in the SR and in the mitochondria, and by eNOS (situated in the caveolae in the cell membrane. XOR and NOS1 colocalize in the SR, and this allows the inhibition of XOR by NOS1, possibly through S-nitrosylation

In turn, XOR reduces S-nitrosoglutathione (GSNO), leading to the regeneration of glutathione (GSH), the enzyme that reduces SNO moieties in proteins and preserves the S-nitrosylation equilibrium. In SR, NOS 1 regulates the activity of the ryanodine receptor (RyR) through S-nitrosylation; by contrast, XOR-generated superoxide (O2)

irrevers-ibly activates RyR, precluding this regulatory action of NO. In the cell membrane, NOS3 suppresses NADPH activity, whereas NADPH-produced O2− can induce NOS3

uncoupling resulting in O2− production and reduced NO synthesis. O2− interacts with NO and generates peroxynitrite (ONOO−).; Cyt = cytochrome; GSSG = oxidized GSH;

GSNOR = GSNO reductase. (A, From Burnett JC, Costello-Boerrigter L, Boerrigter G: Alterations in the kidney in heart failure: the cardiorenal axis in the regulation of

sodium homeostasis. In Mann DL [ed]: Heart Failure: A Companion to Braunwald’s Heart Disease. Philadelphia, Elsevier, 2004, pp 279-289. B, From Tziomalos K, Hare JM: Role of xanthine oxidoreductase in cardiac nitroso-redox imbalance. Front Biosci 14:237, 2009.)

Mitochondrion Sarcoplasmic reticulum Stimulation Inhibition Uncoupling NOS3 Uncoupled NOS3 L-Arginine L-Arginine NADPH oxidase NADPH NADP+ O2 O2 GSNOR O2– NO NO L-Arginine ONOO– GSH GSNO NO L-Arginine GSSG Uric acid XOR Xanthine S-NO? RyR NO-S-NOS1 O2– O2– O2 Cyt NOS1 O2– NEP 24.11 Angiotensin-converting enzyme Vasoconstricting, growth-promoting, and aldosterone-activating

Natriuretic, renin, and aldosterone-inhibiting, vasorelaxing, antifibrotic, and lusitropic

Natriuretic peptide_ degrading enzyme K; cGMP PDE cGMP ANP+BNP CNP BK NO ANG I GC AT1R cGMP-PK GC RA GC RB RC A B

(32)

ormonali; questi due processi, per quanto interdipendenti, sono distinti l’uno dall’altro ed in effetti la terapia medica ottimale che contrasta l’attivazione del SNS e del RAAS non è sempre in grado di arrestare o portare ad involuzione l’evoluzione di uno scompenso cardiaco, ma anzi spesso può solamente rallentarla.

In cronico, lo stress meccanico e l’attivazione neuro-ormonale oltre a stimoli infiammatori e da fattori di crescita inducono a livello dei cardiomiociti modifiche trascrizionali e post-trascrizionali che globalmente ne compromettono la contrattilità: • Ipertrofia con apposizione di nuovi sarcomeri in parallelo od in serie, in risposta ad un sovraccarico rispettivamente pressorio o volemico. L’effetto d’organo è quello di un’ipertrofia concentrica od eccentrica, con o senza ispessimento di parete. In questo contesto si assiste a riattivazione di programmi genici fetali. L’aumento del numero di miofibrille e mitocondri nelle fasi avanzate porta a perdita dell’organizzazione contrattile (miocitolisi). • Alterazioni dell’accoppiamento eccitazione-contrazione, per la minore attività

della pompa SERCA2a e l’iperfosforilazione del recettore rianodinico, canali che regolano i flussi di ioni calcio tra il citosol ed il reticolo sarcoplasmatico. Nel cardiomiocita scompensato il movimento del calcio è inefficiente in termini di ridotto afflusso, aumentati livelli durante la diastole ed eccessivo prolungamento della corrente transiente; questa disfunzione è particolarmente evidente ad elevati valori di frequenza cardiaca.

• Alterazioni dei ponti trasversali del sarcomero, per calo dell’espressione della catena pesante dell’α-miosina in favore dell’isoforma β, miocitolisi ed interruzione delle connessioni tra il citoscheletro e la matrice extracellulare. La

(33)

miosina fetale possiede una minore capacità ATPasica, ed è dimostrato un riassetto della normale espressione genica nei pazienti con recupero funzionale dopo impostazione di terapia medica ottimale. Differenze di espressione genica sono state documentate anche per altre proteine dell’apparato contrattile come le catene leggere della miosina, la troponina T e la titina, nonché per proteine del citoscheletro.

Alla riduzione della contrattilità può accompagnarsi una minore capacità di rilassamento del miocardio, con meccanismi in parte sovrapponibili a quelli appena descritti: il rilascio del sarcomero richiede il riassorbimento di Ca2+ nel reticolo

sarcoplasmatico mediato dalla pompa SERCA2a, processo ATP-dipendente che può essere compromesso da uno stato di ischemia. Il ridotto rilassamento del muscolo cardiaco provoca un aumento della pressione di riempimento del ventricolo sinistro, caratteristico della disfunzione diastolica; tale meccanismo può prodursi anche per un aumento di rigidità (myocardial stiffness) dovuto ad ipertrofia o fibrosi.

Il danno miocardico di natura ischemica ed i segnali neuro-ormonali ed infiammatori inducono una perdita di cardiomiociti attraverso necrosi, apoptosi ed autofagia; la reazione infiammatoria richiama granulociti, monociti e fibroblasti che sostituiscono il tessuto miocardico con una cicatrice fibrosa. Gli stessi stimoli esercitano un effetto anche a livello della matrice extracellulare (ECM): i miofibroblasti residenti nel tessuto miocardico depongono collagene, con diminuzione del normale rapporto collagene I/III, oltre a fibronectina, laminina, vimentina. L’alterazione di questa struttura riduce il cross-linking tra le molecole di collagene e tra l’ECM ed i cardiomiociti, contribuendo alla disfunzione contrattile e

(34)

al rimodellamento geometrico. I peptidi terminali del collagene circolanti nel sangue si sono dimostrati predittori indipendenti di mortalità e si riducono sotto farmaci

antialdosteronici, suggerendo un ruolo dell’aldosterone nel promuovere la fibrosi.43

La maggior parte dei neuro-ormoni si è dimostrata in grado di attivare i fibroblasti, e perciò non sorprende che la terapia con ACE-inibitori, β-bloccanti ed

antialdosteronici sia in grado di ridurre il processo fibrotico in modelli sperimentali.44

I processi citologici ed istologici appena descritti alterano la struttura complessiva del ventricolo sinistro, che va incontro a dilatazione ed acquisisce un profilo sferico: ciò aumenta ulteriormente lo stress di parete ed il dispendio

energetico.45 Il rimodellamento innesca un circolo vizioso di dilatazione, aumento del

volume telediastolico ed assottigliamento della parete del ventricolo sinistro che scardina il meccanismo di Frank-Starling e porta ad una ridotta frazione di eiezione. Da un lato, l’anomalo stress esercitato cronicamente sulla parete contribuisce all’ipoperfusione e all’ischemia subendocardica, con aumento di segnali correlati alla tensione parietale (angiotensina II, endotelina), a pathways di ipertrofia ed al carico ossidativo (TNF, interleuchina-1β); dall’altro, la dilatazione della camera ventricolare riduce la continenza della valvola mitrale generando un ulteriore sovraccarico emodinamico. La fibrosi miocardica e l’eccesso di catecolamine, oltre a peggiorare l’insufficienza contrattile, sono i substrati fisiopatologici delle aritmie e del decesso per morte improvvisa di questi pazienti. La terapia medica ottimale dello scompenso cardiaco basata sul modello neuro-ormonale si è dimostrata in grado di prevenire, e talora portare a regressione, il rimodellamento ventricolare, con un conseguente beneficio prognostico.

(35)

Figura 4. Effetti del rimodellamento sullo stress di parete (σ) nel ventricolo sinistro scompensato (B) rispetto a quello normale (A). Da Mann DL, et al. Braunwald’s heart disease: a textbook of cardiovascular medicine. Tenth edition. ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2015

Figura 5. Autoamplificazione del rimodellamento ventricolare sinistro. Da Mann DL, et al. Braunwald’s heart disease: a textbook of cardiovascular medicine. Tenth edition. ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2015

Studi clinici hanno dimostrato che i trattamenti terapeutici con un impatto sulla mortalità dei pazienti affetti da SC sono in grado di ridurre il volume e la massa e di ristabilire la normale morfologia ellissoide del ventricolo sinistro, poiché agiscono direttamente o indirettamente sui meccanismi citologici ed emodinamici alla base del LVR. Questo ritorno alla normalità, o più spesso pseudonormalità, del ventricolo sinistro è associato ad un miglioramento prognostico, è definito reverse remodeling e

rappresenta un fondamentale target terapeutico.46

Pathophysiology of Heart Failur

e 22 470.e1 LV remodeling Increased energy utilization Myocardial stretch Growth factors Apoptosis Necrosis Energy starvation Maladaptive

hypertrophy degradationECM Decreased

ATP generation Progressivedilation

FIGURE e22-10 Self-amplifying nature of LV remodeling. LV remodeling results in increased afterload on the heart, which increases energy utilization and further stimulates cardiac growth through stretch-mediated activation of growth factors. The former contributes directly to a state of energy starvation, whereas the latter con-tributes to further cardiac remodeling including increased myocyte hypertrophy and further matrix remodeling. The sustained activation of growth stimuli also promotes apoptosis and myocardial fibrosis, which contribute to LV dysfunction and LV remodeling. (Modified from Katz AM: Heart Failure. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 2000.)

A B

FIGURE e22-9 Effect of changes in LV shape on LV wall stress. During LV remodeling, the ventricle undergoes a change in LV shape from a prolate ellipse (A) to a

more spherical shape heart (B). As shown in B, the increase in short-axis dimension of the ventricle as the heart becomes more spherical in shape leads to an increase in

meridional wall stress of the ventricle, thereby creating a de novo mechanical burden for the heart. σc = circumferential wall stress; σm = meridional wall stress. (From Mann

DL: Left ventricular size and shape: Determinants of mechanical signal transduction pathways. Heart Fail Rev 10:95, 2005.)

Pathophysiology of Heart Failur

e 22 470.e1 LV remodeling Increased energy utilization Myocardial stretch Growth factors Apoptosis Necrosis Energy starvation Maladaptive

hypertrophy degradationECM

Decreased

ATP generation Progressivedilation

FIGURE e22-10 Self-amplifying nature of LV remodeling. LV remodeling results in increased afterload on the heart, which increases energy utilization and further stimulates cardiac growth through stretch-mediated activation of growth factors. The former contributes directly to a state of energy starvation, whereas the latter con-tributes to further cardiac remodeling including increased myocyte hypertrophy and further matrix remodeling. The sustained activation of growth stimuli also promotes apoptosis and myocardial fibrosis, which contribute to LV dysfunction and LV remodeling. (Modified from Katz AM: Heart Failure. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 2000.)

A B

FIGURE e22-9 Effect of changes in LV shape on LV wall stress. During LV remodeling, the ventricle undergoes a change in LV shape from a prolate ellipse (A) to a

more spherical shape heart (B). As shown in B, the increase in short-axis dimension of the ventricle as the heart becomes more spherical in shape leads to an increase in

meridional wall stress of the ventricle, thereby creating a de novo mechanical burden for the heart. σc = circumferential wall stress; σm = meridional wall stress. (From Mann

(36)

1.3.3 Alterazioni ventilatorie nello scompenso cardiaco

Nei pazienti affetti da scompenso cardiaco è alta la prevalenza di disturbi della respirazione, di cui le più comuni sono le apnee ostruttive, le apnee centrali, le ipopnee, il respiro periodico ed il respiro di Cheyne-Stokes.

Si definisce apnea una cessazione totale della respirazione della durata di almeno 10 secondi ed accompagnata ad una riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue (SaO2); le apnee sono distinte in centrali ed ostruttive. Nelle prime si verifica una

soppressione dello stimolo ventilatorio a livello del SNC, che porta all’assenza di movimenti toraco-addominali; nelle seconde, invece, si assiste ad un’ostruzione anatomica o funzionale delle vie aerodigestive superiori, che si riflette in un’ipermotilità toraco-addominale volta a vincere l’ostacolo.

L’ipopnea è una condizione in cui la ventilazione è ridotta di almeno un terzo, e/o è

accompagnata da una riduzione della SaO2 almeno pari al 4%.

Il respiro periodico (PB) ha un andamento alternato, con fasi di aumento di ventilazione e fasi di apnea od ipopnea. Il respiro di Cheyne-Stokes (CSR) è un particolare respiro periodico centrale in cui le fasi di iperventilazione assumono un andamento fusiforme in crescendo-decrescendo, della durata di circa 30 secondi così come le fasi di apnea. Questo pattern respiratorio oscillatorio è espressione di una instabilità del centro del respiro, documentabile in una quota variabile tra il 30 ed il 70% dei pazienti affetti da SC; storicamente la ricerca delle apnee si è limitata al periodo notturno, ma è ormai accertata la loro manifestazione anche durante il

giorno.47,48 Per questo motivo è preferibile riferirsi al disturbo con il termine di apnee

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