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I dati raccolti nella presente indagine indicano i traumi da incidenti stradali quale causa più comune di soccorso 104/178 (58,4%). Quest’ultimo in definitiva, è frequentemente reso possibile dai gravi danni di natura ortopedica che impediscono all’animale di allontanarsi dalla sede d’impatto, rendendo visibili i selvatici e stimolando gli automobilisti a segnalarne la presenza. Nella popolazione esaminata, l’eutanasia o la morte spontanea dopo il ricovero sono l’esito più comune proprio a causa della gravità dei traumi riportati. E’ ipotizzabile che il nostro dato sia solo l’epifenomeno di quanto realmente accade e che molti capi investiti riescano a guadagnare riparo in aree boscose anche se gravemente feriti. Nel nostro studio è evidente la differenza numerica dei soccorsi per investimento tra il capriolo (n=65) e il cinghiale (n=3). La proporzione tra i caprioli e cinghiali pervenuti è in contrasto con i dati raccolti dalla Provincia di Pisa, relativi alla richiesta d’indennizzo per i danni subiti nei sinistri stradali, ove il cinghiale è la specie più comunemente coinvolta: nel 2011 le richieste hanno riguardato in 40 casi sinistri causati dal cinghiale, in 30 il capriolo, in 7 il daino e 1 il cervo (Mazzarone 2013). Anche i dati raccolti per l'intera Regione Toscana nel periodo 2001-2009 mostrano che i sinistri causati dal cinghiale in Toscana sono più numerosi di quelli dei caprioli: 1335 contro 1222 (Regione Toscana PRAF, 2009; Masciarelli, 2009b). Questi dati rispecchiano l’abbondanza delle due specie in Provincia di Pisa, dove nel 2011 sono state registrate densità di 5,04 capi/kmq e 6,23 capi/kmq rispettivamente per cinghiale e capriolo che in alcune aree raggiunge localmente densità superiori a 30 capi/kmq. Le differenze in termini di soccorsi possono trovare una spiegazione plausibile considerando che i danni dei sinistri con cinghiale sono probabilmente più ingenti. L’elevata numerosità dei caprioli soccorsi, rispetto ai cinghiali, può derivare dalla maggiore vulnerabilità del cervide all’impatto con auto e alla gravità delle fratture che ne impediscono la fuga. I sinistri nella regione Toscana avvengono prevalentemente su strade comunali che costituiscono il 65% dell’intera rete viaria.

Queste, più di altre, attraversano aree rurali (Regione Toscana PRAF, 2009; Masciarelli, 2009a,b) e in virtù del limitato traffico veicolare non rappresentano un effetto barriera per la fauna che è portata ad attraversarle. Inoltre, parte delle strade comunali è spesso coperta da vegetazione ai lati delle carreggiate che permette ai selvatici di celarsi alla vista dei conducenti che le percorrono. Questo dato trova conferma in indagini svolte in altre nazioni dove i sinistri sono stati osservati su strade con carreggiate strette che attraversano aree rurali, dove il traffico è scarso e produce rumore limitato che non inibisce i selvatici dall’attraversarle (Bissonette e Kassar 2008; van Langevelde et al., 2009; Kusta et al., 2014).

La provenienza degli ungulati rispecchia la diffusione delle specie indicata nel piano faunistico Provinciale (Mazzarone, 2013) che vede i comuni delle aree collinari a sud/sud ovest del fiume Arno i più densamente popolati di caprioli e cinghiali e la ristretta area litoranea del Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli quella più ricca in daini. I sinistri con cervidi e cinghiali possono avere conseguenze gravissime per gli occupanti dei veicoli a causa della mole, ma sono potenzialmente pericolosi anche gli investimenti della piccola selvaggina per le istintive e irrazionali reazioni dei conducenti (Regione Toscana PRAF, 2009; Masciarelli, 2009a, b). Inoltre, la gran parte degli incidenti, e il nostro studio lo conferma, avvengono nelle ore crepuscolari e notturne, quando la gran parte della fauna è più attiva e il grado di attenzione dei conducenti minore (Regione Piemonte, 2008; Bongi, 2008; Putman, 2008; Masciarelli, 2009a, b; Rosell et al., 2013).

Per quanto riguarda la frequenza degli incidenti con mammiferi di grossa taglia nei mesi, il presente articolo può fornire dati solo sulla specie capriolo che è la più numerosa di quelle soccorse. Trentaquattro dei 65 caprioli investiti (52,3%) sono stati soccorsi tra aprile ed agosto (tab. 6.2.) a conferma dei dati ecologici della specie che vede in primavera i giovani allontanarsi dall’areale frequentato sino ad allora alla ricerca di altri territori ed una maggiore mobilità degli adulti in luglio e agosto per gli accoppiamenti (Apollonio, 2004; Masciarelli, 2009b). Gli altri 31casi, sono accaduti con frequenza simile nei restanti periodi dell’anno.

La volpe è stata la specie più frequentemente soccorsa della fauna di piccola taglia. La maggior prevalenza di investimenti a carico delle volpi, pari al 44% (11/25), si sono registrati tra luglio e novembre, probabilmente per la naturale tendenza che la

specie ha alla dispersione territoriale in questo periodo (Woolard e Harris, 1990; Colombi et al., 2009). Al contrario di quanto osservato nelle altre specie, 16/25 capi provenivano da aree suburbane delle città di Pisa, San Giuliano Terme, Bientina e Volterra dove la volpe è animale comune e dove sussistono maggiori possibilità di investimento a causa dello sviluppo viario e della frequenza del traffico veicolare. Il ferimento per opera di mezzi agricoli usati per la mietitura dei cereali ha interessato solo Piccoli “a” di capriolo, 50% di quelli soccorsi (12/24). Il ferimento o uccisione dei piccoli da parte di questi mezzi riflette l’abitudine delle femmine di capriolo di nascondere i neonati nei prati polifiti o campi di cereali nel primo periodo dell’allattamento perché incapaci di seguirla e per limitarne la predazione (Jarnemo, 2002; Jarnemo, 2004; Linnel et al., 2004; Panzacchi et al., 2009). Esistono scarsi dati epidemiologici riguardo all’entità del danno arrecato alla specie con la mietitura che variano dal 5% al 26% delle morti totali dei piccoli (Kaluzinsky, 1982; Jarnemo, 2002; Jarnemo, 2004; Putman, 2008) o in termini assoluti, dai 1500 capi annui in Svizzera agli 84.000 annui in Germania nel 1979 (Jarnemo, 2002; Protezione animali svizzera, 2012). Le condizioni climatiche del territorio pisano fanno si che i caprioli partoriscano tra la metà di Aprile e i primi di Giugno quando inizia la mietitura dei cereali e del fieno. Questo è in assoluto il periodo più pericoloso, infatti è stato osservato che nelle aree dove i parti si svolgono alla fine di giugno, la perdita di piccoli è decisamente minore (Jarnemo, 2002; Jarnemo, 2004; Linnel et al., 2004). I capi soccorsi nel periodo di studio sono certamente una parte irrisoria di quelli feriti o uccisi dalle falciatrici moderne che recidono i vegetali a pochi centimetri dal terreno percorrendo i campi sino alla velocità di 10 km/h. Per questo motivo è auspicabile in futuro la messa in opera di strategie per prevenire queste inutili uccisioni come ad esempio l’applicazione di sensori termici per il rilievo degli animali sui mezzi agricoli (Steen et al., 2012) o l’analisi preventiva degli appezzamenti da parte di personale specializzato.

Per quanto riguarda i Piccoli di tutte le specie soccorse, 26/178 (14,6%) (11/28 caprioli, 8/28 cinghiali, 5/28 volpi e 2/28 lepri) sono stati prelevati da inconsapevoli cittadini. La consuetudine di prelevare piccoli di selvatici in apparente difficoltà porta numerose persone ignare dei meccanismi biologici a prelevare capi per porli al sicuro da inesistenti pericoli, a dispetto del fatto che la pratica sia in parte vietata

dalla legge. Tali comportamenti, oltre al danno biologico e individuale, comportano un elevato impegno di personale pubblico, volontario e specialistico per la raccolta, cura, alimentazione dei piccoli e, non ultima, la difficoltà a reimmettere in natura i capi sopravvissuti che crescono con un imprinting inadeguato. Molte province pubblicano ogni anno locandine (fig.3.1.) dove gli escursionisti sono esortati a non infastidire i piccoli di selvatici, ma quest’opera di sensibilizzazione sembra non ottenere i risultati attesi. E’ auspicabile che informazioni sulla biologia delle specie autoctone divengano oggetto di studio nella scuola primaria e secondaria al fine di creare una maggiore consapevolezza nella cittadinanza.

Una piccola parte (18/178 pari al 10,1%) della popolazione esaminata (16 caprioli e 2 daino) è stata soccorsa perché avviluppata in reti da calcio abbandonate e per l’aggressione da parte di cani di proprietà. Riteniamo che queste eventualità siano la conseguenza diretta dell’espansione demografica degli ungulati che finiscono per frequentare aree molto antropizzate.

Ventidue capi su 178 soccorsi 12,4% erano affetti da malattie tra cui 1 piccolo di lupo da denutrizione. La prevalenza delle malattie infettive e parassitarie dei selvatici è stata indagata da molti autori italiani, in particolare su popolazioni di ungulati e volpi abbattute (Boitani et al., 1995; Gaffuri et al., 2006; Poli, 2008), in altre parole non sono disponibili dati sulla naturale mortalità dei capi per malattie croniche debilitanti. Per questo motivo non siamo in grado di valutare se la prevalenza dell’9,6% di soccorsi ad animali malati sia elevata o meno. Fatto salvo per i tre piccoli di cinghiale con la rogna sarcoptica, in precedenza allevati da un privato, negli altri 8 casi si è trattato di malattie sostenute da opportunisti che hanno afflitto probabilmente singoli soggetti.

Le anormalità dei profili ematologico e biochimico sono state numerose e in generale attribuibili ai traumi subiti. Il profilo ematologico ha permesso di rilevare anemia secondaria a emorragie in molti dei soggetti investiti. Gli esami necroscopici dei soggetti investiti hanno evidenziato sempre la presenza di vasti traumi, emorragie tissutali e cavitarie confermando l’anemia da perdita nel soggetto con emotorace. In un Piccolo “a” di capriolo è stato rilevato un valore di Hct elevato e attribuito allo stato di disidratazione e/o ipovolemia. Anormalità a carico dei leucociti sono state determinate solamente in pochi capi: leucocitosi neutrofiliche in 2 caprioli, di cui 1

con problemi polmonari ed altri investito, in 2 istrici con associati problemi neurologici e respiratori ed infine nel lupo adulto. Nei soggetti sopravvissuti (2 istrici e il lupo adulto), la conta leucocitaria è tornata normale dopo la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro, pertanto crediamo che le infezioni fossero sostenute in particolare da opportunisti. In una volpe è stata rilevata una leucopenia moderata persistente che abbiamo ritenuto secondaria all’infezione da Herpervirus canino. Le aumentate attività di CK e AST in tutte le specie soccorse, sono state senza dubbio provocate dalla mionecrosi diretta del trauma e/o all’impropria attività muscolare esercitata durante cattura e trasporto in particolare per quanto riguarda gli ungulati. In alcuni di questi casi, le concentrazioni di creatinina e urea sono il risultato della disidratazione e/o dell’insufficienza renale secondaria alla rabdomiolisi. In 7 caprioli l’attività della GGT è risultata aumentata, 2 capi avevano elevate concentrazioni di urea e creatinina, pertanto l’anormalità potrebbe essere addebitabile anche ad insufficienza renale pre-renale. Gli altri 5 presentavano valori di urea, creatinina, AST e ALT nella norma ed è pertanto ipotizzabile che l’aumentata attività della GGT fosse precedente il soccorso. Alcuni autori (Yang et al., 1998) hanno osservato in bufali aumentate attività di GGT, AST e GLDH in corso di fascioliasi sperimentale. Nel presente studio non sono state condotte indagini per il rilievo di trematodi, ma è supponibile che quest’anormalità di laboratorio possa essere la spiegazione delle aumentate attività di GGT nel capriolo. Interessante il caso delle due istrici con sintomatologia neurologica e respiratoria, il quadro clinico sembrava compatibile con quello descritto da altri autori (Harrison et al., 2007) in un istrice africano cui è stata diagnosticata tramite necroscopia e istopatologia una forma di toxoplasmosi sistemica. Purtroppo le indagini sierologiche e di biologia molecolare sono risultate negative per toxoplasmosi e neosporosi, future indagini in casi simili saranno necessarie per stabilire l’eziologia di questa forma. L’esame coprologico per il rilievo delle parassitosi intestinali ha permesso di rilevare la presenza di molti generi e specie di parassiti. La prevalenza di queste è risultata relativamente inferiore a quelle rilevate da altri autori (Poglayen et al., 1990; Poglayen et al., 1996; Magi et al., 2014), ma la gran parte di queste indagini è stata condotta prelevando materiale dai visceri e non esaminando le feci. Pertanto riteniamo che l’inferiore numero di parassiti reperiti nella presente indagine sia la

conseguenza della minore sensibilità dell’esame coprologico rispetto al prelievo diretto dall’apparato gastrointestinale.

Lo stato di nutrizione generale della fauna oggetto del presente studio era ottima nonostante la presenza di parassiti intestinali e broncopolmonari. L’adattamento delle specie selvatiche alle parassitosi è noto e in definitiva la gran parte dei soccorsi è stata eseguita in seguito a incidenti stradali, prelievo di piccoli ed altro. Le necroscopie eseguite sui soggetti investiti non hanno identificato la presenza di malattie preesistenti, crediamo pertanto che l’impatto con i veicoli non sia stato provocato da loro disattenzioni secondarie al cattivo stato di salute. Il buono stato di nutrizione degli ungulati rilevato anche durante i mesi invernali, ci porta a concludere che gli ambienti rurali e il clima mite della Toscana permettano agli erbivori di alimentarsi in modo adeguato disperdendo limitate energie.

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