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Le dimensioni degli home range stimate con il metodo del MCP sono risultate costantemente maggiori di quelle stimate con il metodo del LoCoH, nonostante che il primo metodo scarti il 5 % delle localizzazioni, mentre con il secondo sia stata considerata la totalità dei punti disponibili. Questi risultati evidenziano la già nota tendenza del metodo MCP a sovrastimare le dimensioni degli home range, includendovi aree mai visitate dall'animale (Steiniger et al., 2010). Per questa ragione, le estensioni degli home range calcolate con il metodo del LoCoH possono essere considerate più attendibili. Tuttavia, nonostante la disponibilità di localizzazioni frequenti e precise fornite dalla tecnologia GPS e l'utilizzo di un metodo di analisi innovativo ed accurato (LoCoH, Getz et al., 2007) i risultati mostrano dimensioni degli home range mensili e stagionali estremamente variabili a livello inter-individuale, come evidenziato anche dall'entità delle deviazioni standard dei valori medi calcolati. Per rimarcare l'importanza di comportamenti e abitudini individuali, si porta ad esempio il caso dell'individuo 286, che si spostava all'interno dei confini del Parco delle Foreste Casentinesi quando direttamente disturbato da una battuta di caccia, coprendo una distanza di circa 7 Km. Questo comportamento si è tradotto in home range molto estesi nei mesi di novembre e dicembre (Fig. 6). In considerazione di tale eterogeneità e del ridotto numero di animali monitorati, non si è ritenuto corretto costruire modelli predittivi sul comportamento spaziale dei cinghiali, in quanto questi avrebbero mancato di robustezza.

Le dimensioni medie degli home range stagionali calcolate con il metodo del MCP rientrano nell'intervallo descritto in letteratura (Boitani et al., 1994; Massei et al., 1997; Baubet, 1998; Keuling et al., 2008a), ad eccezione del valore estivo, di poco inferiore. La carenza di studi in cui sia stato utilizzato il metodo del LoCoH per misurare l'estensione degli home range del cinghiale non permette di confrontare i valori ottenuti con questo metodo con studi precedenti.

Il valore medio dell'AMN è risultato circa 5 volte superiore a quello dell'AMD, testimoniando le abitudini prettamente notturne dei cinghiali monitorati, in accordo con la maggior parte delle evidenze disponibili (Boitani et al., 1994; Russo et al., 1997;

Keuling et al., 2008a) anche se queste erano state registrate con metodi indiretti o basati su un tasso di campionamento assai meno frequente.

E' possibile spiegare l'aumento dell'attività diurna osservato tra il 21 marzo e il 16 dicembre con il fatto che, probabilmente, almeno nella prima parte di questo periodo le femmine erano intente nella cura dei nuovi nati. Ciò comporta innanzitutto un fabbisogno energetico più elevato e dunque un prolungamento delle attività di foraggiamento. Come osservato da Cousse et al. (1995), inoltre, nei tre mesi successivi al parto (vale a dire fino allo svezzamento dei piccoli) le femmine esibiscono un ritmo polifasico, caratterizzato cioè da un'alternanza di brevi periodi di attività e inattività nelle 24 ore. Tuttavia, gli effetti delle cure parentali sarebbero, almeno in parte, mascherati dalla presenza dei 4 maschi nel campione di cinghiali monitorati. Un'interpretazione alternativa, valida per entrambi i sessi, potrebbe risiedere nel fatto che, con l'avvento della stagione primaverile, i cinghiali avessero a disposizione un periodo di buio sempre più limitato che li costringeva ad estendere parte delle loro attività nelle ore di luce. E' interessante notare come il culmine negativo del numero di ore di buio si manifesti il 21 giugno (solstizio d'estate), data praticamente coincidente al picco massimo di attività diurna (attorno al 19 giugno).

Per quanto riguarda l'andamento dell'AMN rispetto al giorno dell'anno, questo è risultato assai irregolare e senza una relazione ovvia con quello analogo ma relativo all'AMD. I valori massimi di AMN si collocano infatti tra la fine di luglio e la fine di settembre, ovvero leggermente spostati in avanti rispetto a quelli ottenuti per l'AMD, ma comunque principalmente nella stagione estiva. Anche in questo caso, dunque, i livelli più alti dell'attività media potrebbero essere influenzati dal maggior fabbisogno energetico imposto dalla presenza dei piccoli. Inoltre, è possibile che la durata ridotta delle ore di buio ne abbia causato la totale occupazione da parte dei cinghiali per le loro attività. Le AMN minime sono state registrate in due picchi negativi distinti, uno attorno al 6 dicembre e uno attorno al 9 febbraio, separati da un parziale aumento intermedio. Il fatto che i cinghiali fossero meno attivi in questo periodo potrebbe essere in relazione al loro ciclo riproduttivo. Nell'area di studio, infatti, Canu et al. (2015) hanno stimato che le date di concepimento (dunque gli accoppiamenti) si concentravano tra il 10 ottobre e il 19 novembre. Finiti gli accoppiamenti, dunque, è possibile che i livelli di attività media diminuiscano, soprattutto nei maschi, determinando il picco negativo nei primi

giorni di dicembre. In questo periodo, inoltre, le notti raggiungono la loro massima estensione temporale e il maggior numero di ore di buio può contribuire ad abbassare il valore medio di attività. Successivamente, l'AMN potrebbe mantenersi su valori bassi fino all'inizio del mese di febbraio, quando con i primi parti le femmine iniziano a dedicarsi all'allattamento e alle altre attività di cura dei piccoli. Anche in questo caso, tuttavia, il fatto che il campione sia stato composto sia da femmine che da maschi potrebbe aver reso questi effetti più difficili da stimare.

La relazione stimata dal modello tra l'AMD e temperatura è in accordo con quanto osservato da Berger et al. (2002) sul cervo e da Pagon et al. (2013) sul capriolo, ovvero una diminuzione dell'attività nei momenti della giornata con temperature più estreme a favore di quelli con temperature più miti. I valori relativamente alti di attività diurna in giornate con temperatura media molto bassa (invernali) sono probabilmente dovuti al fatto che le ore di luce, mediamente più calde, rappresentavano quelle più favorevoli per l'attività dei cinghiali. Le temperature molto basse possono infatti causare il congelamento dell'acqua presente nei suoli, rendendo l'attività di ricerca del cibo inefficiente (Keuling et al., 2008b). Di contro, durante le giornate con temperatura media molto alta (estive) l'attività diurna veniva ridotta al minimo, in quanto le ore di luce erano caratterizzate dei valori di temperatura più estremi. L'inefficace sistema di termoregolazione impone infatti al cinghiale di riposare durante le ore più calde della stagione estiva (Morelle et al., 2015).

Anche la relazione tra AMN e temperatura massima è coerente con l'interpretazione precedente. Al contrario delle ore diurne, quelle notturne sono infatti le più fredde della giornata in tutto l'arco dell'anno, dunque quelle con temperature più estreme durante i periodi freddi e con temperature più miti durante i periodi caldi. I cinghiali erano dunque meno attivi nelle notti molto fredde. In questo contesto, i cinghiali monitorati hanno mostrato di utilizzare la strategia osservata e descritta da Thurfjell et al. (2014), ovvero di rispondere alle basse temperature con una riduzione della mobilità, riposando e limitando al minimo il dispendio energetico. Nelle notti con temperatura più alta, invece, i cinghiali erano relativamente più attivi in quanto, probabilmente, quello era il momento più fresco della giornata.

Secondo i risultati del modello calcolato, l'AMD è risultata essere positivamente correlata con l'entità delle precipitazioni piovose e con l'umidità massima. Questo

fenomeno può essere dovuto al fatto che l'acqua riveste un ruolo fondamentale nell'ecologia del cinghiale, sia quella contenuta nei suoli (che facilita le attività di scavo e ricerca del cibo, oltre ad aumentare la disponibilità di anellidi e di altri invertebrati ipogei, Thurfjell et al., 2014) sia quella depositata in piccole depressioni del terreno (utilizzate per i bagni di fango, o wallowing, a loro volta utili alla termoregolazione e alla rimozione di ectoparassiti). L'umidità e la pioggia potrebbero anche mitigare l'effetto negativo delle alte temperature estive. Inoltre, i valori di attività diurna più alti registrati nelle giornate umide o piovose possono essere determinati dal fatto che queste condizioni permettono la massima efficienza del senso dell'olfatto, che il cinghiale utilizza non solo per la ricerca del cibo, ma anche per l'orientamento e per avvertire la presenza dei predatori.

Il modello mostra una seppur debole relazione positiva e significativa tra l'AMN e l'intensità luminosa lunare. Questo risultato è in contrapposizione alla predizione iniziale, secondo la quale l'attività dei cinghiali sarebbe diminuita durante le notti molto illuminate, a causa della maggiore efficienza predatoria del lupo (Theuerkauf et al., 2003). Innanzitutto, questo risultato è spiegabile con il fatto che, nell'area di studio, le predazioni del lupo siano a carico principalmente dei cinghiali giovani, con peso corporeo compreso tra i 10 ed i 35 Kg (Bassi et al., 2012) e solo uno dei 9 cinghiali monitorati fosse incluso in questo intervallo, con un peso di 34 Kg al momento della cattura. Il rischio di predazione potrebbe comunque essere percepito dalle madri accompagnate dai piccoli, ma l'effetto sarebbe stato difficilmente riscontrabile nel nostro campionamento, perché visibile soltanto sulle femmine e in un periodo dell'anno ristretto. Inoltre, è possibile che l'assunzione di partenza, secondo la quale l'illuminazione lunare aumenti l'efficacia predatoria del lupo, non sia valida nell'area di studio essendo stata formulata sulla base dei risultati di uno studio condotto da Theuerkauf et al. (2003) nella foresta di Bialowieza, in Polonia. Inoltre è utile ricordare che neppure Pagon et al. (2103), che avevano svolto un studio nella mia medesima area di studio, hanno riscontrato riduzioni dell'attività del capriolo (l'altra preda abituale del lupo) in corrispondenza delle notti di luna piena. Il fatto che l'attività notturna non solo non diminuisca ma addirittura aumenti debolmente quando la luce lunare è più intensa potrebbe essere dovuto al fatto che in queste condizioni i cinghiali possono utilizzare più proficuamente il senso della vista, che ha un'importanza marginale nelle fasi di

ricerca del cibo, ma sembra invece abbastanza efficiente nel raccogliere informazioni relative ad ostacoli o sulla distribuzione di altre risorse (Morelle et al., 2015).

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