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Dopo aver tratto ispirazione dai più vari modelli, nella prima fase di elaborazione di un dipinto Sebastiano procedeva approntando degli schizzi d’insieme, in cui fissare a grandi linee le coordinate strutturali della composizione. Abbiamo già osservato che gli unici disegni databili con certezza entro il 1690 sono proprio tre studi compositivi, preparatori ad altrettanti dipinti (due tele farnesiane e la pala di San Daniele a Verona), e realizzati alla maniera di Luca Giordano, con un ductus guizzante della penna e macchiati liberamente all’acquerello. A questi, seguono negli anni successivi altri fogli “giordaneschi”, dall’aspetto più rifinito, non esplicitamente propedeutici a dipinti noti, ma stilisticamente riferibili sempre a questo periodo: il già commentato Giudizio di Salomone di Lipsia, inedito, ma anche due esemplari poco studiati quali il Suicidio di Seneca al Getty, in cui Ricci si serve di schemi compositivi desunti dal “Fa Presto”231,

e lo splendido Agar, Ismaele e l’angelo di Washington232 [figg. 106, 108].

230 Sugli affreschi (perduti) di Ricci a San Sebastiano, cfr. SCARPA 2006, pp. 267-268, 359, nn° 355, P/61; MORETTI

2012,pp. 90-91 (per la corretta datazione). La notizia dell’intervento riccesco è riportata nella Pallade Veneta della settimana 29 agosto-5 settembre 1711 in cui, non a caso, il Nostro pittore è definito «se non superiore, almen uguale» a Paolo Veronese (cfr. DELORENZI 2016,pp. 56, 75, n° PV 119). Per la copia dal Martirio dei santi Marco e

Marcellino di Veronese, ora a Chatsworth, cfr. SCARPA 2006, pp. 173-174, n° 82.

231 Al recto Suicidio di Seneca: penna e inchiostro bruno, acquerellato, su schizzo a pietra nera; iscrizione in alto a

sinistra «Ba.n°\° E», in basso a destra «n° 61» e, in altra mano, «B. Rizzi». Al verso Schizzo di figura maschile: penna e

inchiostro bruno; iscrizione in alto a sinistra «Rizi»; 179 x 175 mm. Los Angeles, J. Paul Getty Museum, inv. 92.GA.32. Cfr. Nicholas Turner, Carol Plazzotta in TURNER et. al. 1997, pp. 102-104, n° 40. Un dipinto di Ricci di ugual soggetto, ma con una composizione diversa entro ovale, è stato pubblicato da ZAMPETTI (1973,p. 37), quindi dal DANIELS (1976A,p. 119, n° 430b), ma non è incluso nella monografia della Scarpa. È sicuramente autografo,

come il suo pendant con Diogene e Alessandro Magno, e databile entro il 1705 [fig. 107]. Già a Trieste, coll. Tamaro, le due tele sono state recentemente concesse in comodato al Museo di Palazzo Fulcis, Belluno. Fonte d’ispirazione della prima è a tutta evidenza Luca Giordano, che del tema ha licenziato diverse versioni (vedi ad es. quelle di Aschaffenburg, Ponce, Stamford o Madrid in FERRARI –SCAVIZZI 1992, II, pp. 510, 630, 644, figg. 159-160, 407, 438).

232 Penna e pennello con inchiostro bruno, acquerellato, su schizzo a pietra nera e tracce di sanguigna, su carta

bruna; 156 x 251 mm; iscrizione in basso a destra «B. Rizzi». Washington, National Gallery of Art, inv. 1987.8.1. Potrebbe essere una prima idea per un dipinto poco noto di altissima qualità a Birmingham (Alabama), Museum of Art, databile agli anni ’90, ma di formato verticale e molto più compresso (SCARPA 2006, pp. 159-160, n° 49) [fig. 110]. Il disegno è stato esposto alla mostra La poesia della luce (Venezia, Museo Correr, 2014/15), ma non è presente una scheda dedicata nel relativo cat. mostraVENEZIA 2014. Ci risulta dunque che sia ancora inedito.

V’è anche da notare che tre di questi fogli presentano un’annotazione «B. Rizzi», apposta contestualmente alla realizzazione dei disegni con lo stesso inchiostro, e in una grafia sempre identica, in cui non stenteremmo a vedere la firma stessa del pittore. È ipotizzabile che, una volta esaurita la loro possibile funzione preparatoria, il giovane Sebastiano avesse infatti inteso strategicamente questi disegni come piccole opere autonome, quasi dei “biglietti da visita” con i quali il pittore intendeva presentarsi al mercato, fornendo di sé la chiara immagine di degno interprete e rinnovatore dello spirito tutto “macchia e foco” di Luca Giordano233.

Più esplicitamente preparatori a tele degli anni ’90 e dei primi tempi del secolo successivo sono invece il già citato Martirio di sant’Erasmo (1695 c.), ma anche il foglio con Le Sabine che

pongono fine alla guerra tra Sabini e Romani234, preparatorio alla tela di palazzo Liechtenstein, e dal

tratto irruento e frenetico, quasi incontrollabile (1700 c.). Un altro raro studio di composizione giovanile è un foglio della Biblioteca Marucelliana con Bacco e Arianna, pubblicato da Marco Chiarini, il quale però riteneva che il disegno non si potesse collegare ad alcun dipinto noto di Ricci235. Riteniamo invece si tratti di una prima idea per il gruppo centrale della tela del periodo

romano con Bacco e Arianna al Museo Thyssen-Bornemisza236 [figg. 111-112]. Nel disegno,

Sebastiano sta ancora sperimentando una prima versione dell’abbraccio tra i due amanti, con Bacco che avvolge il braccio attorno al ventre di Arianna, ma ha già fissato alcuni elementi che torneranno anche nel dipinto finito: la coppa nella mano della ragazza, che siede sensualmente con la gamba destra allungata in avanti, e la corona di stelle che viene calata dall’alto. Allo stesso progetto è a nostro avviso collegato anche un secondo studio, questa volta inedito, transitato di recente sul mercato antiquario come “Scuola veneta del XVIII secolo”237 [fig. 113]. Si tratta di

una prima idea, una pagina che probabilmente risale a uno stadio iniziale di elaborazione, in cui la composizione, particolarmente felice, era ancora concepita in senso orizzontale, ma la posa

233 L’iscrizione è presente sui disegni di Lipsia, Los Angeles e Washington [fig. 109]. Indicativo della loro precoce

destinazione collezionistica potrebbe essere il fatto che nessuno di questi fogli giovanili firmati proviene dai due album delle Gallerie dell’Accademia e di Windsor, dove invece sono raccolti soltanto disegni rimasti nella bottega del pittore, nessuno dei quali è firmato. La nostra è comunque una supposizione che si basa sull’osservazione della grafia e dell’inchiostro delle iscrizioni. Non possiamo comunque escludere che invece siano state apposte da un anonimo collezionista.

234 Penna e inchiostro bruno, acquerello bruno; 195 x 275 mm. Venezia, Gallerie dell’Accademia, inv. SR 6A. Aldo

Rizzi (in cat. mostra UDINE 1975, p. 164, n° 104), seguendo il Pilo, lo riteneva prima idea per la perduta Strage degli

Innocenti della Scuola grande della Carità. È solo la Scarpaa ipotizzare che sia da connettere alla tela viennese, per cui vedi SCARPA 2006, pp. 339-340, n° 551.

235 Penna e inchiostro grigio, acquerello grigio, su schizzo a sanguigna; 319 x 211 mm. Firenze, Biblioteca

Marucelliana, inv. A127. CHIARINI 2017, p. 128, n° A127.

236 SCARPA 2006, p. 236, n° 266. La storica, pur non mettendone in dubbio l’attribuzione, pone qualche riserva per

la gamma cromatica argentea e alcune «sdolcinature» nei volti femminili. Va però detto che la tela ha subito un pesante restauro, e comunque i disegni che qui discutiamo ne confermano l’attribuzione al giovane Ricci. Il dipinto fa pendant con un Nettuno e Anfitrite, ugualmente molto ridipinto.

237 Penna e inchiostro bruno, acquerello grigio su tracce a pietra nera; 200 x 280. Asta Cambi, Milano, 29 ottobre

del gruppo di Bacco e Arianna è identica a quella dell’esemplare Marucelli. Anche la mano è incontrovertibilmente la stessa di quel foglio: si osservi solo il modo di tracciare i contorni, con dei segni aperti e ripetuti, e l’uso di piccole virgole per la definizione della muscolatura, per esempio sulle spalle di Bacco, ma anche la resa abbreviata delle estremità. Non abbiamo dubbi nell’assegnare questo inedito disegno al giovane Sebastiano Ricci, in un tempo attorno al 1691- 94 circa, e a ritenerlo preparatorio per la tela Thyssen238.

Questi studi di composizione d’insieme erano solitamente seguiti, o accompagnati, da altri studi particolareggiati di singole figure o dettagli, secondo una prassi di cui abbiamo le prime testimonianze già attorno agli anni ’90. Ricorderemo nuovamente lo Studio di trombettiere di dubbia attribuzione, l’Enea e Anchise ispirato a Raffaello, l’Ercole, Nesso e Dejanira per casa Pagani; ma anche alcuni studi di Frati in preghiera databili tra gli anni ’90 del ‘600 e i primi del secolo successivo, al tempo delle tele di derivazione magnaschesca239, nonché uno Studio di testa e uno

Studio di teschio appartenuti al Mariette e ora al Louvre, che in altra occasione abbiamo connesso

alle svariate tele di Sebastiano con Tentazioni di sant’Antonio, ma soprattutto a un altro foglio sempre al Louvre con Estasi di san Francesco, tradizionalmente attribuito a Magnasco, e che abbiamo già restituito al Ricci240. Per questa tipologia di disegni, Ricci predilige fin da subito i

gessetti, ma stesi con un tratto spezzato e pittorico, che lascia penetrare la luce vivificando le anatomie. Sicché, a mo’ di conclusione a queste prime riflessioni sui disegni del Bellunese, ci sembra di dover una volta per tutte correggere, o perlomeno mitigare, la consueta lettura del percorso grafico di Sebastiano, che lo vuole ancorato, nei suoi esordi, a una «scrittura conchiusa, lineare, di tipo toscano241», al «modellato plastico della tradizione carraccesca» e al «tratteggio

insistito e più secco […] dei bolognesi242» che in realtà, nelle prime prove, affiorano semmai

sulla tela, anziché sulla carta.