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Disposizioni generali sul procedimento per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato

PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO E DI APPLICAZIONE DELLE SANZION

3.1. Disposizioni generali sul procedimento per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato

All'interno della Sezione II del Capo III del D. Lgs. 231/01 sono disposte le norme destinate al procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative. Esse sono contenute in due sole norme – Art. 34 e 35 – in cui si afferma che debba avvenire l'applicazione, nel procedimento nato in seguito all'accertamento di illeciti dipendenti da reato all'interno dell'ente, sia delle norme presenti nel suddetto Decreto, sia di quelle presenti nel Codice di Procedura Penale, ove applicabili; specularmente, all'Art. 35 viene disposto l'utilizzo sia delle norme ivi presenti, sia delle disposizioni processuali relative all'imputato presenti nel Codice di Procedura Penale, se compatibili, nei confronti dell'ente.

Ciò porta a far sì che l'ente rivesta una posizione analoga a quella tenuta dall'imputato – persona fisica - all'interno del procedimento penale anche in caso di accertamento della responsabilità dello stesso ex D. Lgs. 231/2001.

Il legislatore ha così disposto in quanto l'ente è comunque chiamato a rispondere – e, qualora responsabile, a sottostare alle sanzioni – in seguito al verificarsi di un illecito penale all'interno dello stesso; inoltre, in seguito alla presenza di un rigido sistema sanzionatorio, si è voluto dotare lo stesso di maggiori garanzie; è, quindi, per tale ordine di motivi in cui risiede il perchè l'ente sia sostanzialmente equiparabile all'imputato.

D'altra parte, il poteri istruttori di cui è dotata la pubblica amministrazione, in virtù della L. 24 novembre 1981, n. 689, in merito all'accertamento delle violazioni punite con sanzione amministrativa, risultavano inadeguate per procedere ad una puntuale e corretto accertamento.

Disposizioni processuali applicabili (Art. 34)

Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo nonchè, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

In tale Articolo risiede il fondamentale principio secondo il quale, oltre alle disposizioni contenute al Capo III del Decreto, debbano essere rispettare anche quelle presenti all'interno del Codice di Procedura Penale e nel D. Lgs. 28 luglio 1989, n. 271349, ove

compatibili, nei confronti dell'ente in sede processuale. Tale principio comporta inevitabilmente a due conseguenze:

• l'utilizzo di maggiori ed ampi poteri istruttori al fine di permettere la verifica della realizzazione del reato, in sede di accertamento dell'illecito;

• il riconoscimento di maggiori garanzie difensive all'ente, tipiche del procedimento penale, per quanto attiene l'ambito soggettivo.

Di conseguenza, da tale Articolo permette sia una corretta qualificazione della responsabilità ex D. Lgs. 231/01 sia di definire una gerarchia della fonti.

Riassumendo, l'utilizzo del processo di natura penale provoca: l'utilizzo dei metodi accertativi penali anche in sede di accertamento della responsabilità amministrativa ex D. Lgs. 231/01, una corretta valutazione del perfezionamento o meno dell'illecito grazie alle competenze del giudice penale ed una applicazione delle sanzioni all'ente alla luce dell'esigenza di tutela dell'effettività delle stesse e della garanzia per l'ente.

In seguito quanto detto finora, sono estesi i principi fondamentali del processo penale anche in questa sede? La risposta è positiva, infatti vi sarà l'applicazione, ad esempio, del principio di obbligatorietà dell'azione penale, altrimenti l'intero sistema delineato dal

legislatore in tale Sezione risulterebbe contraddittorio.

Per quanto attiene al tema della gerarchia delle fonti, il legislatore ha esplicitamente disposto che “per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da

reato, si osservano le norme di quanto capo nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”; ossia, le norme presenti all'interno del Decreto prevalgono rispetto a quelle di

matrice penalistica e solo qualora vi sia un silenzio della norma appartenente allo stesso vi sarà l'applicazione, ove compatibile, delle disposizioni di natura penale. Il legislatore ha, così, voluto privilegiare la disciplina speciale presente nel Decreto rispetto a quella codicistica, la quale ha la funzione, però, di sopperire alle lacune presenti nella stessa. Un esempio di ciò lo troviamo in materia di mezzi di ricerca della prova o in tema di disciplina dell'attività del Pubblico Ministero; per entrambe, non essendo le stesse presenti all'interno del Decreto, si osserveranno le disposizioni contenute, rispettivamente, all'Art. 244. e 358 Cod. Proc. Pen. Invero, per quanto concerne le misure cautelari, attraverso l'Art. 34 si è chiamati ad applicare la regola generale secondo la quale il giudice non deve irrogare una misura cautelare più grave di quella richiesta dal Pubblico Ministero.

Qualche divergenza di opinione è nato, invece, in dottrina per quanto riguarda la possibilità di costituzione di parte civile nei confronti dell'ente; a parere di Paolozzi350 e

di Belluta, “(..) è da escludere la legittimazione dell'ente imputato a costituirsi parte civile nei confronti dell'imputato persona fisica, dal momento che la società, ove ammessa all'esercizio dell'azione civile nel processo penale, verrebbe ad assumere, nel contesto del medesimo giudizio, due ruoli processuali in stridente antitesi”.

L'estensione della disciplina relativa all'imputato (Art. 35)

All'ente si applicano le disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili.

Tale Articolo risulta essere il corollario del principio enunciato poc'anzi secondo il quale vi deve essere l'applicazione durante il processo delle disposizioni presenti all'interno

350 Si veda: “Addebiti <<amministrativi>> da reato (d. lgs. 231/2001)”, Paolozzi, Torino, 2006, pag. 107; dello stesso parere anche Belluta in “La responsabilità degli enti”, Presutti, Bernasconi, Fiorio, Cedam 2008, pag. 352.

del Codice di Procedura Penale e del Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in caso di lacune normative all'interno del D. Lgs. 231/01.

La norma, avente natura garantistica, porta a rendere sostanzialmente uguali l'ente e l'imputato, provocando l'ingresso dell'ente-imputato all'interno del processo351. A parere

di Giarda, il legislatore ha così voluto parificare le due figure sia per non lasciare alcun dubbio circa la natura non civilistica della responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato352, sia per estendere le garanzie riconosciute alla persona fisica

anche all'ente. Tuttavia, è molto difficile riconoscere all'ente in toto lo status dell'imputato, ancorchè esso è attribuibile alle sole persone fisiche; si potrebbe attribuire all'ente, invece, la qualifica di “incolpato” di sussistenza della responsabilità amministrativa dipendente da illecito penale.

All'ente va di per certo applicato il principio garantista stabilito al secondo comma dell'Art. 27 Cost., ossia la presunzione di non colpevolezza; d'altra parte, una prima differenza che si può riscontrare tra la disciplina penalistica ritagliata sulla figura del reo/persona fisica e quella sostanzialmente applicabile al reo/ente è in merito all'onere probatorio: esso, infatti, viene disposto a carico dell'ente qualora il reato sia stato posto in essere da una figura apicale - Art. 6 del Decreto. Un ulteriore esempio di discrasia tra le due discipline avviene in tema di revisione delle sentenze: in virtù dell'Art. 73 del Decreto, non vi sarà l'applicazione delle disposizioni contenute dagli Art. 643 all'Art. 647 Cod. Proc. Pen. in materia di riparazione degli errori.

Invero, alla persona giuridica verrà applicata la disciplina contenuta all'interno dell'Art.61 Cod. Proc. Pen. in tema di diritti e garanzie dell'imputato/ente, mentre non vi sarà l'osservanza delle norme contenute dall'Art. 68 all'Art. 70 Cod. Proc. Pen., in quanto le stesse richiedono necessariamente la presenza dell'imputato-persona fisica353.

Per quanto riguarda la nomina del difensore di fiducia o l'assistenza d'ufficio354, non si

applica la disciplina penale ritagliata sulla persona fisica, in quanto a tal proposito il legislatore ha espressamente disposto una disciplina specifica per l'ente all'interno dello stesso Decreto agli Art. 39 e 40; disciplina che permette all'ente di dotarsi di due

351 Di tale parere è Fidelbo in “La legislazione penale”, 2002, pag. 594

352 Sul punto, si veda Giarda in “La responsabilità amministrativa degli enti”, Alessandri, Bellutta, Bricchetti, Milano, 2002, pag.185.

353 Tali disposizioni attengono all'identità fisica dell'imputato, alla morte ed alla capacità dello stesso. 354 Di cui agli Art. 96 e 97 Cod. Proc. Pen.

difensori – e non soltanto di uno come nel caso della persona fisica.