• Non ci sono risultati.

Le prospettive di modifica del D Lgs 231/2001: la certificazione del modello

PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO E DI APPLICAZIONE DELLE SANZION

4.1. Le prospettive di modifica del D Lgs 231/2001: la certificazione del modello

Sono ormai trascorsi dieci anni dall'entrata in vigore del D. Lgs. 231/2001 e Mucciarelli in un suo articolo380 evidenza chiaramente come lo stesso, così come risulta finora

strutturato, risulti essere dotato di un deficit a suo parere superabile; l'Autore riscontra che il problema principale riscontrabile all'interno del D.Lgs. 231/01 è la mancanza di parametri oggettivi in grado di valutare l'idoneità o meno del modello, idoneità attraverso la quale è possibile far valere all'ente il suo potere di scriminante - in caso di commissione di uno dei reati-presupposto all'interno dell'ente; la questione è pian piano emersa in quanto negli ultimi anni si è assistito ad un pedissequo aumento del novero dei reati-presupposto da parte del legislatore381; aumento che, d'altra parte, ha reso una

sempre più difficile l'applicazione del principio di cui all'Art. 2, lettera c382; dunque, se

da una parte è aumentata la probabilità di imputazione all'ente di responsabilità amministrativa dipendente da reato, dall'altra si è reso sempre più difficile all'ente stesso strutturare un modello idoneo, ossia dotato di tutti i crismi attraverso i quali permettergli l'esclusione della responsabilità.

Mucciarelli afferma, difatti, che “(..) il collegamento tra i reati da evitare e le caratteristiche del modello (..) è andato completamente smarrito, dal momento che l'alluvionale e disordinato ampliamento delle figure generatrici della responsabilità non è stato mai accompagnato (..) da nessuna indicazione neppure vagamente assimilabile a

380 Si veda: “Una progettata modifica al D. Lgs. 23/01: la certificazione del modello come causa di esclusione della

responsabilità”, in Società, Mucciarelli, 2010, pag. 1247 e ss.

381 Il quale ha introdotto reati che vanno da quelli contro al Pubblica Amministrazione a contro il terrorismo etc.

382 In cui il legislatore richiedere, per considerare il modello adeguato ed idoneo e quindi dotato del potere scriminante, la disposizione di “(..) modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati (..)”.

quella dettata dall'art. 6, comma 2, lettera c),. Il deficit è molto più grave di quanto non appaia a prima vista: l'assenza di alcun paradigma riferibile alle singole categorie di reati-presupposto di volta in volta introdotte dal legislatore, non soltanto priva il redattore del modello di qualunque riferimento oggettivo per la formazione di protocolli e procedure destinati alla prevenzione delle <<nuove>> fattispecie, ma lascia anche il magistrato sfornito di parametri minimamente affidabili per la formulazione del giudicio di idoneità (ex ante) del modello proprio nello snodo cruciale concernente l'adeguatezza del modello rispetto al reato commesso”383.

Perciò, ai fini di spingere gli enti all'attuazione di un efficace ed efficiente modello, avente il potere di esimerlo oggettivamente da responsabilità in sede giudiziale ex D.Lgs. 231/2001 e di indirizzarlo al rispetto della legalità, lo “Schema di disegno di legge di modifica del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”384 propone la nascita di una certificazione dei modelli di gestione ed

organizzazione.

Si andrà, orora, ad analizzare la proposta contenuta all'interno dello schema di disegno di legge, progetto che è stato realizzato grazie al contributo di Arel385e Price

Wharehouse Cooper386; le due società hanno cercato di eliminare alcune delle lacune

presenti nel Decreto apportando delle modifiche al fine di rendere più efficace la normativa ai casi concreti.

Tra le varie novità di tale progetto vi è l'introduzione di una procedura di certificazione di idoneità dei modelli; tramite questo sistema è possibile facilmente e velocemente rinvenire l'esclusione della responsabilità dell'ente, ossia: se il modello presente all'interno dell'ente risulta essere dotato di un certificato di idoneità, vi sarà l'esclusione,

tout court, in capo all'ente della sua responsabilità ex D. Lgs. 231/2001; qualora, invece,

il modello presente concretamente nella società non corrisponda al modello considerato

383 Sul punto, si vd Mucciarelli in: “Una progettata modifica al D. Lgs. 23/01: la certificazione del modello come causa di

esclusione della responsabilità”, in Società, Mucciarelli, 2010, pag. 1247.

384 In tal caso, si tratta di una proposta modificatrice di origine governativa. 385 Agenzia di ricerche e legislazione Agenzia di ricerche e legislazione.

386 Network internazionale operante nel settore della consulenza in materia fiscale, revisione di bilancio, outsourcing contabile e legale per le società.

idoneo ex lege, ovvero qualora vi siano delle significative violazioni delle prescrizioni tali da ravvisare una palese lacuna organizzativa – la quale risulta essere la causa del reato – allora sarà possibile considerare l'ente responsabile ai sensi del D. Lgs. 231/2001, anche se lo stesso risulta dotato di un certificato di idoneità.

Tuttavia, Flick387 riconosce dei limiti a tale proposta:

• il primo consiste nella mancanza di coordinamento tra le esimenti operanti nel caso di possesso della certificazione ed i presupposti alla base della responsabilità amministrativa; difatti, a parere dell'Autore, la certificazione di idoneità non dovrebbe valere come deroga tout court, bensì dovrebbe esternare il suo potere di esimente solo in merito al giudizio di idoneità del modello; ossia, tale certificato dovrebbe garantire in toto al giudice la presenza di un modello dotato dei crismi di cui all'Art. 6, per poi lasciare allo stesso la verifica della responsabilità o meno dell'ente;

in secondo luogo, l'Autore fa notare come il comma 1, lettera b, dell'Art. 6, richieda, affinchè non sia imputabile la responsabilità amministrativa all'ente, che lo stesso debba non solo aver efficacemente disposto ed attuato un modello di organizzazione e gestione, bensì che debba esser stato affidato all'OdV il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del modello - e tale comportamento deve risultare concretamente attuato; dunque, va specificato che la presenza del certificato di idoneità non libererebbe l'ente in caso di omesso esercizio dei poteri di vigilanza ovvero di commissione del reato da parte degli apici con fraudolenta elusione del modello.

Nonostante queste due critiche potrebbero facilmente essere eliminate attraverso una modifica del testo del progetto, l'Autore evidenzia, infine, come il nocciolo del problema sia un altro: è possibile la “automatizzazione” del giudizio di idoneità? Ossia, dato che la ratio alla base dell'intero Decreto è l'accertamento della colpevolezza o meno dell'ente nella commissione del reato ed essendo tale giudizio di rimproverabilità affidato al giudice penale, è possibile affidare ad un soggetto privato il potere di

387 Si veda a tal senso: “Le prospettive di modifica del D. Lgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti: un

compiere tale giudizio?

Difatti, in caso di perfezionamento di uno dei reati-presupposto, il modello ed i codici di comportamento aziendali, creati dall'imprenditore, sono valutate dal giudice penale, ossia da un soggetto tertium dotato di qualifiche tali da permettere un'oggettiva valutazione sulla coerenza e la veridicità formale delle stesse con ciò che viene richiesto dal legislatore del Decreto; perciò, la problematica risulta essere la seguente: è possibile privatizzare non solo le regole alla base del modello, ma anche il giudizio sulla loro efficacia? Vi è il rischio che la discrezionalità vada ad inficiare ed influenzare l'attribuzione dell'idoneità; idoneità che, una volta ottenuto, non sarebbe più opinabile da terzi.

Un altro dubbio che sorge a riguarda la natura stessa della certificazione: quando una certificazione si definisce regolare? E deve esserci una regolarità formale o sostanziale? Qualora si richiedesse una regolarità formale, basterebbe il rilascio di un certificato da un soggetto a ciò preposto; tuttavia, cosa succederebbe nel caso in cui un ente palesemente inidoneo fosse dotato di certificato di idoneità grazie ad un accordo tra certificatori e vertici aziendali? La soluzione più plausibile risulterebbe la seguente: il giudice penale accerterebbe accerterebbe se i soggetti – certificatori e vertici – sono imputabili di reato di falso in certificazione mentre l'ente, d'altra parte, rimarrebbe impunito.

D'altra parte, in caso si intendesse la regolarità sostanziale, la certificazione avrebbe la funzione di eliminare la responsabilità all'ente qualora la stessa risulti attendibile, mentre la manterrebbe nel caso opposto.

Infine, va rilevato come la certificazione di idoneità dell'azienda rappresenterebbe, da un lato, una maggior garanzia per l'ente in caso di commissione di reato ai sensi del Decreto 231/2001, dall'altro, un maggior costo da sostenere per l'ente.

La nascita, inoltre, di una nuova professionalità come quella dei “certificatori”, a parere dell'Autore, non dovrebbe essere lasciata in mano a Decreti Ministeriali, bensì tale categoria dovrebbe essere disciplinata attraverso una opportuna legge di rango primario in cui si richiedano e si disciplinino: i requisiti di professionalità, le condizioni

necessarie per lo svolgimento dell'incarico, i casi di incompatibilità e di decadenza; una fonte secondaria implementerà e specificherà tale disciplina. Ovviamente, anche il certificatore non dovrebbe essere immune da responsabilità penale e per tale motivo dovrebbero essere previste dal legislatore due tipologie di sanzioni:

• una prima fattispecie finalizzata a colpire la falsità dolosa del professionista; • una seconda, invece, riguardante la falsità causata da colpa o colpa grave.

4.2. La grande assenza dei reati tributari all'interno del D.