Capitolo II – Il fermo di indiziato di delitto o processuale
2.5 Divieti e ritardi nell'adozione del fermo
Ex art. 385 c.p.p. 'il fermo non è consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità', da tale dettato si determina l'esclusione dell'adozione della misura qualora il fatto sia stato compiuto alla presenza di una specifica causa quale: l'adempimento di un dovere o durante l'esercizio di una facoltà legittima o in presenza di una causa di non punibilità. Per l'esame di questi tre elementi appare fondamentale sottolineare il parallelismo esistente tra la norme de qua e l'art 273 c.p.p. nella parte in cui istituisce che 'nessuna misura [cautelare] può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata'. Le due norme erano già state poste a confronto nel precedente codice riuscendone una interpretazione estensiva della normativa sulle misure precautelari, facendovi rientrare tutte le tipologie di scriminanti, estensione non più praticabile con la stessa facilità a causa del tenore letterale del nuovo articolo.
Nello specifico non sono mancate le indicazioni sulla ratio della norma che ovviamente appare quella di evitare che l'indiziato sia privato della libertà personale anche in quei casi in cui viene
meno l'elemento della punibilità del fatto. I dubbi interpretativi nascono invece dall'esigenza sentita dal legislatore di affiancare la più ampia categoria delle 'cause di non punibilità' alle già presenti ipotesi di 'adempimento di un dovere' ed 'esercizio di una facoltà legittima' e maggiormente dall'inserimento della congiunzione ovvero, che indica un distacco tra le circostanze specifiche e la generica riconduzione delle stesse ad una univoca categoria, appunto quelle delle cause di non punibilità202.
Proprio l'inserimento delle due circostanze nella più ampia categoria delle cause di non punibilità che desta perplessità in quanto il nuovo codice di procedura penale, a differenza di quello abrogato e del codice penale, distingue le esimenti in cause di giustificazione e cause di non punibilità: le prime “attengono allo stesso fatto umano e lo qualificano come lecito ab origine, perché lo privano dello stesso disvalore oggettivo, [mentre le seconde] viceversa, sono particolari situazioni, esterne al fatto umano e che non escludono il reato – l'illiceità del comportamento – ma in presenza della quali il legislatore ritiene che non si debba applicare la sanzione penale, per ragioni di mera opportunità”203. Il codice penale invece fa prorpia una nozione
ampia di cause di non punibilità prevedendo al proprio interno anche quelle di giustificazione. A questo punto è necessario effettuare una scelta sul tipo di interpretazione che si vuole applicare all'art. 385 c.p.p., assumendo come punti fermi che le conseguenze di una scelta restrittiva ricadrebbero
202 A. Ferrero, Arresto e fermo, cit., p. 52.
203 F. Mantovani, Diritto penale, parte generale, Sec. Ed., Padova, Cedam, 1988, p.
sull'impossibilità di applicare esimenti differenti da quelle individuate nell'art. 51 c.p., mentre attraverso un'interpretazione estensiva potrà riferirsi alla cause di non punibilità nel proprio significato onnicomprensivo individuando la presenza delle due citate circostanze come una mera esplicazione esemplificativa. Ovviamente la dottrina appare divisa, ma la maggior parte propende, come è logico dedurre, ad una interpretazione latu sensu espansiva facendo rientrare nella categoria delle cause di non punibilità anche le ipotesi espresse negli artt. 50–54 c.p., consenso dell'avente diritto, esercizio di un diritto o adempimento di un diritto, legittima difesa, uso legittimo delle armi e stato di necessità. Di contro vi è anche chi rifacendosi ad una interpretazione strettamente inerente alla lettera della legge pone dubbi di costituzionalità sulla lettura onnicomprensiva della norma, se si considera che “i limiti alle cause di giustificazione rilevanti a norma dell'art. 385 potevano essere legittimati dal carattere provvisorio ed immediato dell'accertamento demandato alla polizia giudiziaria”204.
Infine nella comparazione della norma de quo con l'art. 273 c.p.p. appare ovvio per la dottrina che eguaglia le due disposizioni, ritenere applicabile il divieto di fermo anche nei casi di presenza di cause di estinzione del reato o della pena, “l'art. 385, [..] formula un superfluo requisito negativo vietando arresto o fermo rispetto ai fatti scriminanti o semplicemente esenti da pena: vi manca un riferimento ai fatti estintivi del reato o della pena, ma
204 L. D'Ambrosio, Commento all'art. 385, in Commento al nuovo codice di
sul piano normativo non esistono differenze; solo qualche feticista della lettera pensa ancora che inclusio unius implichi
exclusio alterius; anche queste sub-cautele presuppongono fatti
punibili”205.
Affinché possa esser fatta valere una delle cause che comportano il divieto all'adozione del fermo non è richiesta l'effettiva evidenza della stessa essendo sufficiente la “verosimile esistenza”206 espressa attraverso elementi obbiettivi o specifici.
Altra possibilità è quella predisposta da specifiche norme nei casi in cui sia necessario ai fini delle indagini ritardare l'esecuzione del fermo, si tratta di ipotesi tipiche previste dal legislatore in testi specifici per la regolamentazione delle singole materie. La prima ipotesi riguarda la materia di 'Istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive', all' art. 10 del d.l. 31 dicembre 1991, n° 419 stabilisce che il pubblico ministero, qualora sia necessario per l'acquisizione di elementi probatori rilevanti o per l'individuazione o cattura dei responsabili dei delitti previsti dagli artt. 629 e 648 bis e ter c.p., 'può, con decreto motivato, ritardare l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, dell'arresto, del fermo dell'indiziato di delitto o del sequestro, [mentre] gli ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al pubblico ministero competente per le indagini, provvedendo di trasmettere allo stesso motivato rapporto entro le successive quarantotto ore'.
205 F. Cordero, Procedura penale, cit., p. 465.
Il secondo caso è previsto nella legge recante 'Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia', l. 15 marzo 1991 n° 82, la quale all'art. 7 prevede che 'quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per la rilevazione o cattura dei responsabili del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, il pubblico ministero può, con decreto motivato, ritardare l'esecuzione o disporre che sia ritardata l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, dell'arresto, del fermo di indiziato di delitto e del sequestro'.