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Il divieto di discriminazione fiscale

Nel documento La tassazione ambientale (pagine 36-38)

4. Le competenze degli Stati membri ed i vincoli derivanti dal Trattato

4.2. Il divieto di discriminazione fiscale

Il principio di non discriminazione, inizialmente disciplinato dall’art. 12 del TCE, ed oggi dall’art. 18 TFUE, stabilisce che: “Nel campo

di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni”.

In via generale, il principio di non discriminazione costituisce il riflesso del principio di eguaglianza che è presente in tutti gli ordinamenti moderni ed in particolare in quelli di tutti gli Stati membri dell’Unione. Esso impone di fatto che lo stesso trattamento fiscale sia riservato a situazioni che evidenziano sostanziali situazioni comuni e, al contrario, che a situazioni giuridiche diverse corrispondano discipline normative eterogenee.

Così come quello di uguaglianza, il concetto di discriminazione presuppone ontologicamente una comparazione tra due o più rapporti giuridici; tuttavia è bene sottolineare non sempre una diversità di trattamento sulla base della nazionalità concreti una violazione del menzionato art. 12 del Trattato96.

L’art 18 TFUE ha tuttavia una funzione solo residuale e trova applicazione autonoma soltanto nel caso in cui non sia previsto uno specifico divieto di discriminazione nelle singole aree di codificazione, diventando uno strumento diretto a sopprimere alle disparità fiscali sul piano meramente soggettivo, ed assume importanza nel campo dei rapporti economici e commerciali tra gli Stati influendo indirettamente sul contenuto degli ordinamenti giudici tributari nazionali97.

96 In particolare, secondo un consolidato indirizzo della Cge, si ha discriminazione

sostanziale "sia nel trattamento diverso di situazioni simili, sia nello stesso trattamento di situazioni diverse", mentre la disparità di trattamento fra situazioni non comparabili si risolve, per contro, in una discriminazione "formale" che non contrasta con il dettato comunitario.

97 ALFANO R., Tributi ambientali, profili interni ed europei, cit., p. 154. Si tratta di una

norma generale, applicata solo in assenza di altre disposizioni che disciplinino in modo specifico il mercato, che assume precipuo rilievo nell’ambito dei rapporti economici e commerciali tra gli Stati. Al pari della maggior parte degli ordinamenti giuridici, il divieto di discriminazione fiscale si è affermato come corollario del principio di

In ambito fiscale, il divieto di discriminazione trova oggi disciplina all’art. 110 TFUE (ex art. 90 TCE) ove è disposto che: “Nessuno Stato

membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari”.

L’art. 110 TFUE si riferisce cioè alle discriminazioni a svantaggio dei prodotti esteri rispetto a quelli nazionali, derivanti dall’applicazione di imposizioni superiori a quelle applicate a prodotti nazionali similari (intendendosi per prodotti similari quelli aventi caratteristiche analoghe o rispondenti alle medesime esigenze98) ed abbia quindi l’effetto di

determinare un trattamento discriminatorio, limitandone o condizionandone la libera circolazione e alterando in generale il corretto funzionamento del meccanismo della concorrenza intracomunitaria99.

L’ossequio del principio di non discriminazione è necessario anche per quanto riguarda i tributi ambientali, e non può essere infranto nemmeno per la realizzazione di una politica diversa dell’Unione, come ha svariate volte ribadito la Corte di Giustizia100.

uguaglianza; il diritto europeo vieta espressamente soltanto la discriminazione in base alla cittadinanza, ma proibisce ogni discriminazione che, fondandosi su diversi criteri distintivi, giunga allo stesso risultato. La Corte di Giustizia ha più volte rilevato che una discriminazione sussiste se fattispecie eguali siano trattate diversamente o, viceversa, fattispecie diverse siano assoggettate al medesimo regime giuridico.

98 In tal senso, Corte Giust., 15 luglio 1982, causa C-216/81.

99 Sul punto, R. ALFANO, Il tributo regionale sul passaggio del gas metano attraverso il

territorio della …cit., p. 160.

100 Cfr. ancora ALFANO R., Tributi ambientali, profili interni ed europei, cit., p.159.

La Corte di Giustizia ha affrontato in diverse occasioni – prevalentemente italiane – il problema della compatibilità con il principio di non discriminazione di un prelievo con una specifica finalità, certamente rilevante dal punto di vista interno ed europeo, che però non può contrastare con tale principio. Un primo esempio è fornito dalle scelte tariffarie previste da alcuni musei italiani, il palazzo dei Dogi di Venezia e il museo comunale di Treviso da un lato e i musei municipali di Firenze e Padova dall’altro. I primi consentivano l’accesso gratuito per i cittadini italiani di età inferiore a diciotto o superiore a sessanta o sessantacinque anni, i secondi prevedevano l’accesso gratuito ai soli residenti nel territorio comunale in presenza di medesimi requisiti di età; di tali agevolazioni non beneficiavano però i turisti cittadini di altri Stati membri o i non residenti, con identiche condizioni anagrafiche. La gestione del patrimonio culturale comporta notevoli oneri finanziari sulla collettività, solo in parte riversati sui visitatori mediante il pagamento di un biglietto di ingresso; l’accesso gratuito per i cittadini od i residenti rappresenta uno strumento di politica sociale con cui l’ente locale o lo Stato privilegiano gli appartenenti alla collettività che ne sostiene i costi di gestione. La Corte di Giustizia ha però rilevato che tale agevolazione per i soli cittadini o residenti si traduce in un ostacolo alla libertà di

Ed invero, anche i tributi ambientali, a determinate condizioni, sono suscettibili di ricadere nel divieto di cui all’art. 110. L’introduzione di misure fiscali differenziate (agevolative o impositive, in ragione rispettivamente dell’assenza o della presenza di effetti inquinanti), attribuibili a prodotti di diversa provenienza, può essere censurata per contrasto con il succitato articolo, se tali misure producono situazioni discriminatorie rispetto a prodotti similari.

Dunque, devono considerarsi censurabili solo quelle forme di imposizione ambientale che introducano trattamenti differenziati con finalità protezionistiche e lesive della libera circolazione delle merci.

Nel documento La tassazione ambientale (pagine 36-38)