3. La clausola di drag along nei patti parasociali:
4.3 Prima condizione: l’approvazione all’unanimità
4.3.2 Il divieto di imporre al socio obblighi ulteriori a quello del
Un argomento a sostegno della inammissibilità della introduzione a maggioranza di una clausola statutaria di drag along che viene ritenuto da molti decisivo è la violazione da parte di tale patto del principio secondo il quale è vietato imporre ai soci obblighi ulteriori rispetto a quello del conferimento senza il loro consenso112. Si tratta ancora una volta di un principio che non viene esplicitamente sancito dal nostro ordinamento, ma che rappresenta un principio cardine del diritto societario, desumibile – come affermato da autorevole dottrina113 già in tempi risalenti – dal combinato disposto degli artt. 2253 e 2345 c.c. Il primo, infatti, stabilisce l’obbligo del conferimento, coessenziale al fenomeno societario, mentre il secondo sancisce che oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può
stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Alla luce del dettato
di questi due articoli, è necessario stabilire quale sia lo specifico contenuto del divieto e, dunque, se l’obbligo imposto al socio di minoranza di vendere la propria partecipazione insieme a quella del socio di maggioranza lo infranga.
L’art. 2345 c.c. sembra, innanzitutto, escludere che il socio possa essere obbligato a sacrifici economici diversi da quelli promessi ai fini della formazione del capitale sociale, poiché afferma che, in aggiunta all’obbligo del conferimento, le uniche prestazioni accessorie che lo statuto può prevedere a carico dei soci sono quelle non consistenti in danaro. Ben si comprende la ratio della limitazione: il legislatore intende garantire al socio che ha sottoscritto una certa quota di una società di capitali che non potrà essere chiamato per nessuna ragione ad incrementare l’entità del suo investimento senza o contro la sua volontà, in accordo
112 In questo senso, ANGELICI C., Tra “mercato” e “società”: a proposito di venture capital
e drag along, cit, p. 220; MALIMPENSA E., ult. op. cit., pp. 664-665, LUONI S., Introduzione a maggioranza delle clausole di covendita: osservazioni sul tema, cit., p. 2585.
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con e a completamento del regime di responsabilità patrimoniale previsto per questi tipi societari.
Resta da vedere, allora, quale sia la disciplina applicabile agli obblighi di natura non patrimoniale. Il punto di partenza è la lettera dell’articolo in esame, in cui viene delimitato l’ambito oggettivo cui riferire le prescrizioni successive, ossia le
prestazioni accessorie non consistenti in danaro. La domanda che ci si deve porre
è se questa locuzione intende comprendere qualunque tipo di obbligo non patrimoniale oppure se si limiti ad individuare quegli apporti che i singoli soci possono fornire alla società, ma che, data la loro natura, non sono conferibili ex art. 2342 c.c. A favore della seconda ricostruzione depone la regola di disciplina che impone di determinare nello statuto il contenuto, la durata, le modalità e il
compenso delle prestazioni accessorie: gli elementi che vengono richiesti, infatti,
sono tipicamente descrittivi proprio di quelle prestazioni di opera e di servizi114,
che l’art. 2342 c.c. esclude dal novero del conferibile. L’art. 2345 c.c., del resto, è da sempre considerato una valvola di sfogo del sistema, che insieme ad altre, come l’attribuzione di strumenti finanziari, permette di valorizzare anche nelle società di capitali gli apporti personali di natura non patrimoniale del singolo socio115.
Non pare, invece, che la formula sia atta ad includere anche “eventuali obblighi
di comportamento, agenti nel rapporto sociale sia nella direzione socio-società, sia nella direzione socio-socio, che non si traducano in sacrifici economici e conseguenti diminuzioni patrimoniali a carico del socio obbligato116”, il cui divieto
è assoluto. Se così fosse, a questi diversi obblighi di comportamento non si potrebbe applicare la particolare disciplina prevista dalla norma sulle prestazioni accessorie – ossia la determinazione di contenuto, durata, modalità, compenso e l’introduzione/modifica all’unanimità (seppur derogabile statutariamente) – ed,
114 La circostanza che, all’art. 2345 c.c., il Codice utilizzi una formula più generica è, del resto,
ragionevolmente imputabile alla volontà del legislatore di ricomprendervi qualunque tipo di apporto, rendendo così la norma elastica e aperta ad accogliere le evoluzioni della realtà concreta.
115 Sul punto, SALAFIA V., Il conferimento di opere e servizi secondo la riforma societaria, in
Le società, 2003, pp. 1576 ss.; BARALDI M., Sulle prestazioni accessorie all'obbligo dei conferimenti nelle società di capitali, in Contr. e impr., 2002, pp. 44 ss.
116 L’illuminante riflessione appartiene a RESCIO G., Regolamentazione statutaria
dell'investimento azionario: unanimità o maggioranza nell'introduzione della clausola di drag- along, cit., p. 1070. Dello stesso avviso, anche SBISÀ G., Dialogo con la giurisprudenza sulle clausole statutarie di trascinamento (drag along), cit., p. 630.
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infatti, non v’è alcun dubbio che possano essere imposti a maggioranza obblighi di informazioni (ad esempio quello di rendere nota l’assunzione di partecipazioni in società concorrenti o quello aver preso parte a patti parasociali per i quali la legge non stabilisca oneri pubblicitari) oppure l’obbligo di non effettuare trasferimenti della propria partecipazione per un periodo di tempo non superiore a cinque anni ex art. 2355-bis c.c.117
A questo punto, dopo aver compiutamente delineato i contorni del divieto di imporre al socio obblighi ulteriori a quello del conferimento, è possibile applicare le conclusioni cui si è giunti alla clausola di drag along. In primo luogo, il meccanismo di detto patto non comporta per il socio un sacrificio di tipo patrimoniale, un incremento della misura dell’investimento, anzi implica un’attribuzione patrimoniale in conseguenza della alienazione della partecipazione, sicché si può escludere che questo violi il divieto assoluto di imporre ulteriori obblighi di natura patrimoniale. In secondo luogo, l’obbligo di covendita non pare assimilabile ad una prestazione accessoria non consistente in denaro, poiché non ha la natura di un apporto alla società – si tratta, anzi, dell’obbligo di disinvestire -, mentre è molto più vicino agli obblighi di un mero comportamento da tenere nel rapporto socio-socio come quelli ex 2355-bis c.c., con la conseguenza che rimane estraneo al regime dell’unanimità.
Le riflessioni oggetto del presente e del precedente paragrafo mostrano come la nascita di nuovi accordi negoziali – frutto della risposta dell’autonomia privata alle esigenze che emergono dalla realtà economica – costringa l’interprete a ripensare con maggiore attenzione i principi fondanti dell’ordinamento societario, non per alterarne l’essenza, ma, anzi, per esaltarla, delineandone il contenuto in modo più preciso e puntuale ed escludendo dalla loro area di pertinenza le ipotesi che seppur
prima facie, ad uno sguardo grossolano, potrebbero sembrarvi incluse.
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