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La questione della determinazione delle condizioni economiche

3. La clausola di drag along nei patti parasociali:

3.3 La questione della determinazione delle condizioni economiche

Il patto di trascinamento, qualificato in termini di patto di opzione, è sospensivamente condizionato all’alienazione da parte del socio di maggioranza della propria partecipazione sociale. Dall’avveramento di questa condizione, dipendono anche la determinazione del terzo a favore del quale il patto è stato stipulato e delle condizioni economiche della compravendita, tra cui la più importante è il prezzo. Si è già precisato che la circostanza che l’identità del terzo e le condizioni della vendita non siano determinate, ma soltanto determinabili, non pone, in linea di principio, particolari problemi. Meritano, tuttavia, una maggiore attenzione le modalità mediante le quali tale determinazione avviene ed, in particolare, le modalità di determinazione del prezzo, posto che, se per il socio trascinato è indifferente il soggetto verso il quale adempiere l’obbligazione, non altrettanto irrilevante è l’entità della somma che riceverà da questo soggetto in cambio della propria quota.

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L’aspetto critico è costituito dall’influenza che il socio di maggioranza esercita sulla quantificazione del prezzo di vendita, in quanto protagonista della negoziazione e giudice della convenienza delle condizioni offerte dal terzo. La determinazione del prezzo da parte di uno soltanto dei contraenti, infatti, richiama alla mente la controversa figura dell’arbitraggio di parte63, della cui ammissibilità, in assenza di riferimenti di diritto positivo64, si è a lungo dubitato. Tradizionalmente, la dottrina65 aveva escluso la validità di accordi che attribuissero ad un’unica parte la facoltà di determinare elementi essenziali del contratto, nella preoccupazione che, diversamente, l’altra parte sarebbe rimasta soggetta al mero arbitrio della prima e che si sarebbe ingenerato un vistoso squilibrio contrattuale. Questo atteggiamento di stampo prevenzionistico, in seguito, ha perso mordente – anche e soprattutto grazie agli spunti di riflessione giunti dal diritto comparato – in quanto eccessivamente paternalistico66: non pare, infatti, necessario limitare l’autonomia privata, bocciando in via assoluta l’arbitraggio di parte, quando esistono strumenti meno drastici per salvaguardare il contraente debole da comportamenti abusivi67.

Si permetta una breve riflessione a margine delle suddette considerazioni. La dinamica dell’evoluzione del pensiero dottrinale sulla clausola di drag along ricalca, a grandi linee, quella appena descritta con riferimento all’arbitraggio di parte: una iniziale forte diffidenza verso uno strumento nato dalla prassi, non normato, che attribuisce ad una parte contrattuale un potere utilizzabile in modo potenzialmente lesivo degli interessi dell’altra, seguita da un atteggiamento di

63 Sul tema, si vedano, ex multiis, BIANCA C.M., Diritto civile. Il contratto, cit., p. 335 e CIAN

G., TRABUCCHI A., Commentario breve al Codice Civile, CEDAM, Padova, 2014, p. 1349.

64 Il Codice Civile, infatti, disciplina soltanto l’arbitraggio del terzo, all’art. 1349 c.c.

65 L’evoluzione della dottrina in tema di arbitraggio di parte è ben ricostruita da GABRIELLI

E. (a cura di), I contratti in generale. Tomo primo, in RESCIGNO P. (diretto da), Trattato dei

contratti, UTET, Torino, 1999, pp. 760-764.

66 Cfr. ZUDDAS G., L’arbitraggio, Jovene, Napoli, 1992, p. 77, il quale sostiene che le opinioni

contrarie all’arbitraggio di parte sarebbero sostenute non mediante il ricorso ad argomentazioni tecnico-giuridiche, bensì facendo appello a motivazioni di ordine meramente psicologico. Ivi si legge, infatti, che “l’idea dell’arbitratore-parte” rappresenta un tabù che incute timore, inducendo

considerazioni allarmistiche sullo strapotere concesso a una parte a discapito dell’indifesa controparte […]. È insomma sinonimo di abuso e capriccio”.

67 In questo senso si esprime ROPPO, Il contratto, cit., pp. 356-357, il quale afferma senza

mezzi termini che “sarebbe esagerato escludere radicalmente l’ammissibilità [dell’arbitraggio di

parte]. In molti casi, rimettere la determinazione ad una parte può essere giustificato e utile […]. Si tratta solo d’impedire che il meccanismo apra la strada ad abusi, esponendo una parte a subire senza rimedi le scelte sorprendenti e sopraffattorie dell’altra.”

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maggiore apertura. E’ significativo, in questo senso, il passaggio dalla rigida prospettiva della validità/invalidità, che tende ad evitare in radice la concretizzazione di un rischio potenziale, alla prospettiva della regolamentazione di tale rischio. Questa modifica del punto di vista (da un giudizio di compatibilità con l’ordinamento ex ante ad uno ex post) è un punto nodale anche ai nostri fini, ragion per cui sarà molto utile tenerla a mente per il proseguo, quale chiave di lettura delle questioni che man mano verranno affrontate.

Tornando al problema della determinazione del prezzo nel patto di trascinamento, preme evidenziare come l’interpretazione in termini di arbitraggio della parte sia, in realtà, fuorviante. Il corrispettivo della partecipazione, infatti, non viene fissato per volontà unilaterale del socio trascinatore, bensì in seguito all’accordo di quest’ultimo con un terzo. Si noti, per di più, che, ai fini dell’accordo, gli interessi del socio di maggioranza sono allineati e non contrapposti a quelli del socio di minoranza: entrambi desiderano ottenere la massima remunerazione possibile dalla propria quota. Se, dunque, la dottrina più recente ha ritenuto ammissibile persino l’arbitraggio della parte, a maggior ragione deve ritenersi ammissibile la forma di arbitraggio, che potrebbe essere definita mista, prevista dalla clausola di drag along68, con la precisazione che le esigenze di protezione

della parte soggetta all’altrui volontà non vengono solo per questo disattese: la richiesta di una tutela efficace ed effettiva è ben presente all’interprete, cui spetta rinvenire strumenti alternativi per assicurarne il soddisfacimento. All’esito di queste riflessioni, è possibile concludere che l’obbligo di covendita contenuto in un patto parasociale è valido anche se l’entità del prezzo dell’alienazione viene stabilita per relationem rispetto all’intesa raggiunta tra la controparte contrattuale e un terzo, senza la collaborazione del socio sottoposto all’obbligo di covendita.

La formulazione dell’accordo che prevede l’arbitraggio, della parte o misto, secondo l’opinione prevalente69, non richiede il rispetto di particolari condizioni ed, in particolare, non richiede che vi sia esplicita garanzia del riconoscimento di un prezzo minimo o, comunque, proporzionato alla parte esclusa dalla determinazione della somma. Dalla normativa civilistica, dunque, non pare possibile desumere che

68 Di questo avviso, BALLERINI L., I patti di covendita: aspetti operativi, cit., pp. 1468-1470. 69 Cfr. GABRIELLI E., op. ult. cit., p. 761 e ivi ulteriori riferimenti.

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un patto parasociale di trascinamento che non assicuri, con indicazione espressa, una equa valorizzazione della partecipazione del socio trascinato debba essere considerato invalido. Sarebbe più ragionevole, semmai, procedere con un’interpretazione analogica a partire dall’art. 1349 c.c.70 – il quale prescrive che,

qualora non risulti che la volontà delle parti fosse quella di rimettersi al mero arbitrio di un terzo, costui è chiamato a procedere secondo equo apprezzamento – per giungere ad affermare che deve ritenersi invalida la determinazione di un prezzo, da parte del socio trascinatore e del terzo, evidentemente inferiore al valore di mercato della partecipazione. Si ritiene, tuttavia, che un grimaldello ancora più adatto per aprire la porta alla tutela del socio in posizione di soggezione sia, in generale, il principio della buona fede nell’esecuzione del contratto sancito dall’art. 1375 c.c., quale principio che informa l’intera disciplina contrattualistica e del quale la previsione dell’art. 1349 c.c., primo comma, può, con tutta probabilità, considerarsi una tra le numerose concrete applicazioni legislative.

3.4 Il principio della buona fede nell’esecuzione del contratto