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Il divieto di sfruttamento minorile

Il terzo settore di intervento in tema di diritti sociali fondamentali riguarda il lavoro minorile, un problema di portata universale che, purtroppo, ancora oggi investe la società. Lo sfruttamento lavorativo dei minori, infatti, costituisce una deprecabile pratica di cui sempre più imprese multinazionali e governi si macchiano per conseguire un basso o nullo costo della manodopera.

La rilevanza e l’attualità del problema è palesata anche dalle risposte normative sul punto: a partire dall’OIL e dall’ONU, fino ad arrivare ad altre Organizzazioni, come l’UNICEF155.

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154 OIL, Convenzione n. 111/1958 sulla discriminazione in materia di impiego e nelle

professioni, articolo 1 lettera b).

155 L’UNICEF, acronimo di United Children’s Fund, è l’agenzia dell’ONU specializzata nel tutelare la vita di ogni bambino nel mondo e nel promuovere i loro diritti. Secondo quanto

Il tema trova, infatti, menzione nella Dichiarazione universale dei Diritti Umani del 1948, nel Patto internazionale dell’ONU sui diritti economici sociali e culturali del 1966, nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 e, infine, in alcune altre normative a livello internazionale, come la Dichiarazione

universale di Vienna del 1993, la Dichiarazione universale di Copenaghen del 1995 e la Dichiarazione di Oslo del 1997.

Per quanto riguarda in particolare la Convenzione sui diritti dell’infanzia e

dell’adolescenza, l’articolo 32 stabilisce che gli Stati membri: <<1 (…) riconoscono il

diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale. 2. Gli Stati parti adottano misure legislative, amministrative, sociali ed educative per garantire l’applicazione del presente articolo. A tal fine, e in considerazione delle disposizioni pertinenti degli altri strumenti internazionali, gli Stati parti, in particolare: a) stabiliscono un’età minima oppure età minime di ammissione all’impiego; b) prevedono un’adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni d’impiego; c) prevedono pene o altre sanzioni appropriate per garantire l’attuazione effettiva del presente articolo>>.

L’OIL, fin dalle sue origini, ha condotto un’intensa attività di contrasto al lavoro infantile156. Due sono le Convenzioni fondamentali sull’argomento: la Convenzione n.

138/1973 sull’età minima e la Convenzione n. 182/1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile.

La prima sancisce l’età minima di accesso al lavoro in 15 anni per tutti i settori di attività ma, pur avendo la finalità di eliminazione effettiva del lavoro infantile e di progressivo innalzamento dell’età richiesta per lavorare, è dotata di clausole perlopiù percettive, ragion per cui solo pochi Stati hanno provveduto alla ratifica della

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! riportato nel sito www.unifcef.org, l’organizzazione rappresenta <<la forza trainante che contribuisce nel costruire un mondo in cui si realizzano i diritti di ogni bambino>>.

156 A questo proposito si ricorda che la prima Convenzione sul lavoro infantile elaborata dall’OIL risale al 1919, anno stesso di costituzione dell’Organizzazione. l’OIL si è contraddistinta per un ingente produzione normativa già nei primi anni del suo mandato.

medesima157. Proprio per questo motivo, nel 1999 l’OIL ha approvato la Convenzione n. 182, tentando di superare le ovvie difficoltà, soprattutto riguardanti i Paesi non avanzati, riscontrate nell’implementazione della precedente Convenzione. Questo

standard, inerente le forme peggiori di lavoro minorile, a differenza del precedente,

contiene clausole di natura programmatica risultando <<(…) espressione di un modus

operandi rinnovato in seno all’OIL, più graduale e finalizzato a procedere per piccoli

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157 In particolare risultava difficile soprattutto per gli Stati in via di sviluppo poter rispettare il requisito di età minima per l’accesso al lavoro una volta che si ratifichi la Convenzione. A questo proposito pur se gli articolo 4-5 dello strumento OIL prevedono delle deroghe finalizzate a stimolare l’implementazione dello standard nei PVS, le previsioni rimangono formulate in modo troppo rigido riconoscendo una limitata discrezionalità agli Stati compatibilmente al proprio modello di sviluppo interno: <<Articolo 4 - 1. Se sarà necessario e dopo aver consultato le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, se esistono, l’autorità competente potrà non applicare la presente convenzione a limitate categorie di impiego o di lavoro qualora l’applicazione della presente convenzione a dette categorie dovesse sollevare particolari e importanti difficoltà d’esecuzione. 2. Ciascun membro che ratifica la presente convenzione dovrà indicare, adducendo i motivi, nel suo primo rapporto sull’applicazione di quest’ultima, che deve presentare ai sensi dell’articolo 22 della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, le categorie di impiego che saranno state escluse ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, ed esporre, nei suoi successivi rapporti, lo stato della sua legislazione e della sua prassi relative a dette categorie, precisando in quale misura è stato dato effetto o si intende dare effetto alla presente convenzione per quanto riguarda dette categorie. 3. Il presente articolo non autorizza ad escludere dal campo di applicazione della presente convenzione gli impieghi o i lavori previsti dall’articolo 3.

Articolo 5 - 1. Ciascun membro la cui economia e i cui servizi amministrativi non abbiano

raggiunto uno sviluppo sufficiente potrà, previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, se esistono, limitare, in un primo tempo, il campo di applicazione della presente convenzione. 2. Ciascun membro che si avvale del paragrafo 1 del presente articolo dovrà specificare, in una dichiarazione allegata alla sua ratifica, i settori di attività economica o i tipi di imprese ai quali verranno applicate le disposizioni della presente convenzione. 3. Il campo di applicazione della presente convenzione dovrà comprendere almeno: le industrie estrattive; le industrie manifatturiere; l’edilizia e i lavori pubblici, l’elettricità, il gas e l’acqua, i servizi sanitari, i trasporti, magazzini e comunicazioni; le piantagioni e le altre aziende agricole sfruttate soprattutto per scopi commerciali ; sono escluse le aziende familiari o di piccole dimensioni che producono per il mercato locale e non impiegano regolarmente lavoratori salariati. 4. Ciascun membro che ha limitato il campo di applicazione della convenzione in virtù del presente articolo: a) dovrà indicare, nei rapporti che dovrà presentare ai sensi dell’articolo 22 della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la situazione generale dell’impiego o del lavoro degli adolescenti e dei bambini dei settori di attività che sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione, nonché i progressi realizzati in vista di una più ampia applicazione delle disposizioni della convenzione; b) potrà, in qualunque momento, estendere il campo di applicazione della convenzione con una dichiarazione indirizzata al Direttore generale dell’Ufficio Internazionale del Lavoro>>.

passi posta l’esigenza di porre una maggiore attenzione alle economie dei paesi in via di sviluppo>>158. Proprio per questo motivo la Convenzione relativa alle forme peggiori di

lavoro minorile – la quale prevede che ogni Stato membro intraprenda immediatamente

misure orientate all’eliminazione di queste deplorevoli pratiche (descritte all’articolo 3159) – venne approvata all’unanimità, evidenziando l’esistenza di un consenso generalizzato sulla tematica.