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Un’altra forma di schiavitù è quella minorile, che risulta tanto più riprovevole quanto più facile da attuare in considerazione dei soggetti coinvolti.

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61 CARACCIOLO I., Dalla tratta di schiavi alla tratta di migranti clandestini. Eguaglianze e

diversità nella prevenzione e repressione internazionale del traffico di esseri umani, in

LEANZA U. (a cura di), Le migrazioni: una sfida per il diritto internazionale, comunitario e

interno, Napoli, 2005, pagg. 153 e ss.; LENZERINI F., Diritti dei lavoratori, nuove forme di schiavitù e commercio internazionale, in Diritto del Lavoro, 2004, 1-2, pagg. 121 e ss.; LA

ROCCA S., La schiavitù nel diritto internazionale e nazionale, in CARCHEDI S. - MOTTURA G. - PUGLIESE E. (a cura di), Il lavoro servile e le nuove schiavitù, Milano, 2003; MUSACCHIO V., Schiavitù e tratta di esseri umani: analisi ed esigenze di una nuova

normativa penale internazionale, in Il diritto di famiglia e delle persone, 1, 2003, pagg. 236-

259; SAULLE M. R., Dalla schiavitù alle nuove forme di schiavitù, in SAULLE M. R., Lezioni

di organizzazione internazionale. Le organizzazioni internazionali e i diritti umani, vol. II,

seconda edizione, Napoli, 2003, pagg. 112 e ss.; LENZERINI F., L’evoluzione contemporanea

del concetto di schiavitù nel diritto internazionale consuetudinario, in Studi Senesi, 2000, pagg.

470 e ss.; ARLACCHI P., Schiavi: il nuovo traffico di esseri umani, Milano, 1999. Negli stessi termini, anche la risoluzione del Consiglio dei ministri UE 2003/C del 20 ottobre 2003.

I minori, infatti, sono soggetti naturalmente più docili, quindi, facilmente manovrabili e controllabili da parte degli adulti, e troppo timorosi per richiedere migliori condizioni; essi, inoltre, sono dotati di un fisico (mani piccole, bassa statura,…) adatto per praticare le tipologie di lavoro che gli adulti non hanno le caratteristiche fisiche di svolgere. Preliminarmente, sono doverose alcune precisazioni terminologiche.

La comunità internazionale utilizza il termine child per indicare ogni individuo avente età inferiore ai 18 anni e i termini work e labour in riferimento a ogni attività economica sia essa retribuita o meno.

Sebbene la comunità internazionale, in generale, e l’OIL, in particolare, si prefiggano l’obiettivo di eliminare qualsiasi forma di lavoro minorile, gli esperti del settore tendono a operare una classificazione del concetto, distinguendo il child labour dal child work. Il

child labour si riferisce a quei lavori che sono per loro stessa natura dannosi rispetto

allo sviluppo psico-fisico dei bambini, impedendo loro di acculturarsi tramite la frequentazione degli istituti scolastici. Il child work, invece, riguarda un lavoro che, occupando poche ore della giornata, non determina danni alla salute del minore, per converso potendolo aiutare nella crescita attraverso un’attività, senza alcun dubbio, responsabilizzante.

Al di là delle questioni terminologiche, la schiavitù minorile è definita come l’insieme di <<istituzioni e pratiche in forza delle quali un fanciullo o un adolescente minore di 18 anni può essere ceduto da uno dei genitori o dal tutore ad un terzo, in vista dello sfruttamento della persona o del suo lavoro>>62.

Dal punto di vista storico, già nel 1989, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e

dell’adolescenza63 vietò il lavoro minorile. Dopo pochi anni, nel 1992, l’OIL istituì il programma IPEC (International Programme on the Elimination of Child Labour), finalizzato all’eliminazione globale e progressiva del lavoro minorile, e, nel 1999, elaborò la Convenzione n. 182/1999 relativa alla proibizione delle forme peggiori di

lavoro minorile64.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 62 FALLETTI E., voce Schiavitù, cit.

63 Adottata dall’ONU il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176.

64 Adottata dall’OIL il 17 giugno 1999 durante la 87^ Sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro e ratificata dall’Italia con legge 25 maggio 2000 n. 148.

Quest’ultima, all’articolo 3, definisce le forme peggiori di lavoro minorile assolutamente intollerabili: <<a) tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati ; b) l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici; c) l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti, così come sono definiti dai trattati internazionali pertinenti; d) qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore>>.

Gli Stati che ratifichino la Convenzione sono invitati non solo a riconoscere la tutela penale del fenomeno, ma anche predisporre nell’immediato misure e azioni atte a eliminarlo, eventualmente avvalendosi della collaborazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, dello Stato e degli attori non istituzionali che esprimano sensibilità verso la tematica.

Le tipologie di sfruttamento di minori sono molteplici: lavoro domestico, lavoro forzato, lavoro nelle industrie e nelle piantagioni, lavoro di strada e, infine, lavoro dei bambini soldato65.

Il lavoro domestico riguarda perlopiù lo sfruttamento di giovani bambine impiegate nello svolgimento di faccende inerenti la cura della casa o dei figli del datore di lavoro. Questa forma di sfruttamento del minore spesso degenera in abusi fisici, dato che l’atto sessuale è quasi sempre ritenuto come parte integrante dei doveri delle piccole lavoratrici domestiche verso il padrone.

Per quanto concerne il lavoro forzato minorile, si nota come in determinati Paesi sia diffusa la riduzione in schiavitù dei minori a causa dei debiti contratti dai genitori: <<i bambini vengono affidati alle persone presso le quali deve essere espiato il debito “offrendo” il loro lavoro come garanzia per il pagamento>>66. Questo lavoro minorile,

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65 AA.VV., L’Organizzazione internazionale del lavoro, cit., pagg. 108 e ss. 66 AA.VV., L’Organizzazione internazionale del lavoro, cit., pag. 109.

tuttavia, non risulta quasi mai sufficiente all’estinzione del debito, con l’inesorabile conseguenza che il bambino è destinato e vincolato a restare schiavo per tutta la vita. Quanto al lavoro nelle industrie e nelle piantagioni, viene in rilievo la drammatica situazione dei bambini impiegati come braccianti nelle piantagioni di canna da zucchero in Brasile, in quelle di caffè, cacao o tè in Africa o nei vivai per l’esportazione di fiori e piante in Colombia. Il loro lavoro prevede orari massacranti e rischi molto elevati, con frequenti incidenti sul lavoro, esposizione a pesticidi e a cambiamenti climatici repentini.

Per quanto attiene al lavoro di strada, molti minori – nei Paesi in Via di Sviluppo e non solo –, pur avendo una famiglia alle spalle, finiscono nelle strade per vendere merci o per raccogliere l’immondizia e successivamente rivenderla ai dettaglianti ai fini del riciclaggio. La situazione si aggrava allorché questi minori arrivano a svolgere lavori non leciti, divenendo parte integrante della piccola criminalità organizzata.

In altri casi, come quello dei meninos de rua in Brasile, il lavoro minorile rappresenta l’unico reale sostegno al finanziamento di intere famiglie, altrimenti non in grado di procacciarsi il cibo e i generi di prima necessità o accedere all’istruzione.

L’ultima tipologia di sfruttamento minorile è quella relativa ai bambini soldato, fenomeno particolarmente diffuso e sempre più in estensione (ad esempio in Sri Lanka, Myanmar, Sierra Leone,…). All’interno di questa categoria è possibile distinguere tra coloro che diventano bambini soldato per loro libera scelta, ossia per convinzione personale o, indirettamente, per assicurarsi un pasto o sfuggire ad altre pratiche addirittura più barbare; e coloro che diventano bambini soldato per esservi stati costretti dal Governo mediante l’utilizzo della forza.