2 MATRIMONIO E DIVORZIO NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO
2.5 Il divorzio nelle provincie italiane dell’Impero austro-ungarico
Le comunità presenti nelle zone dell’Alto Adriatico e situate nelle terre italiane dell’Impero sperimentarono gli effetti della prima emancipazione in anticipo rispetto agli altri stati italiani. L’atteggiamento di tolleranza mostrato nei confronti delle comunità dell’impero asburgico, ed in particolare della comunità triestina, era iniziato nel XVIII secolo in seguito alla creazione del porto franco. In seguito alla concessione dello status di porto franco agli ebrei triestini furono riconosciuti numerosi privilegi come la libertà di culto, la libertà di possedere beni immobili e di circolare liberamente nei territori dell’Impero senza essere sottoposti alla Leibmaut, ovvero la tassa corporale prevista per tutti gli altri ebrei dell’Impero. Le riforme giuseppine cercavano di rendere la nazione ebraica più utile allo Stato, anticipando così in queste zone dell’Impero il processo di emancipazione e rigenerazione che negli altri territori italiani fu introdotto durante il periodo napoleonico. Accanto ai privilegi venivano limitate le autonomie concesse agli ebrei, ad esempio si faceva obbligo di usare la lingua del paese di residenza nei libri commerciali, nei contratti e nei registri, più in generale in tutti gli atti avente valore legale, l’uso dell’ebraico doveva quindi essere limitato alle funzioni religiose. Tra le disposizioni tendenti all’assimilazione degli ebrei e alla loro equiparazione si annoverano anche le norme riguardanti il diritto matrimoniale. Il matrimonio era considerato come un contratto, esso veniva regolato nella sua forma dal diritto ebraico, e anche per quanto riguarda lo scioglimento si faceva riferimento agli usi propri del diritto ebraico, ma doveva poi essere sottoposto alla conferma da parte dell’autorità civile90. La funzione dell’autorità civile era perciò quella di confermare quanto stabilito dalle norme religiose, al contrario di quanto sarà stabilito dall’art.93 del codice Pisanelli che riconosceva unicamente il matrimonio contratto dinanzi all’ufficiale dello stato civile91. La comunità triestina aveva già affrontato la questione
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Capuzzo Ester, Gli Ebrei nella società italiana, pp. 43-45 Cfr. Dubin Lois, Ebrei di porto
nella Trieste asburgica, Gorizia, LEG, 2010,traduzione di Patrick Karlsen, pp. 296-297
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di dove tracciare la linea di confine tra sfera civile e sfera religiosa alla fine del ‘700 quando a seguito della patente asburgica del 1783 s’introdusse la giurisdizione secolare sul matrimonio. Attravero la Ehpatent lo stato assolutista illuminato s’introduceva in nuove sfere, ma non affermava un controllo totale su di esse come avverrà nel caso del Codice civile italiano nel secolo successivo. A differenza di quanto accadde con la Rivoluzione francese e poi con lo Stato Italiano, ma al pari delle legislazioni italiane nel periodo della restaurazione, le riforme giuseppine non istituirono un matrimonio civile, ma si accontentarono d’istituire un matrimonio misto in cui lo Stato ratificava i riti religiosi e i diversi modelli matrimoniali proposti dalle comunità religiose. Lo Stato iniziava ad interporsi fra gli individui e gli enti corporativi, ma non aveva ancora la forza per imporsi definitivamente92. Questo modello di matrimonio misto verrà mantenuto, come abbiamo visto, anche all’interno del Codice civile universale austriaco, nel quale vennero riconosciuti gli impedimenti e la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale presenti nel diritto ebraico. Così come veniva riconosciuta l’impossibilità di contrarre matrimonio fra un cristiano ed un appartenente ad un’altra fede93, e i registri matrimoniali continuavano ad essere gestiti dagli enti religiosi secondo quanto stabilito dagli artt. 80-82 94 per i cattolici e dall’art. 12895 per gli ebrei.
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Dubin Lois, Ebrei di porto nella Trieste asburgica, p. 333
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Art. 64: Non si può contrarre validamente matrimonio fra cristiani e persone che non professano la religione cristiana Cfr Manuale del codice civile generale austriaco contenete il
testo ufficiale, le leggi ed ordinanze pubblicate a completamento o modificazione di esso o riferibili a materie in esso contemplate e l'indice ufficiale secondo l'ordine dei paragrafi,
Innsbruck, Libreria accademica Wagneriana, 1902, p. 34
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Art. 80: per prova permanente del conchiuso contratto di matrimonio sono obbligati i parrochi ad iscriverlo di propria mano nel libro de’matrimonj a ciò specialmente destinato. Debbono chiaramente scriversi il nome e cognome, l’età. L’abitazione e la condizione de’coniugj, coll’annotazione se fossero celibi o vedovi; il nome, cognome e condizione pure dei genitori e de’ testimonj; il giorno inoltre del contratto matrimonio; finalmente il nome anche del curato avanti il quale venne solennemente dichiarato il consenso, ed indicarsi insieme i documenti co’quali fossero sate tolte le occorse difficoltà Art. 81: Se il matrimonio avesse a conchiudersi in luogo terzo alla cui parrocchia non appartenga né l’uno né l’altro degli sposi, il curato ordinario nell’atto stesso di rilasciare il documento, con cui delega un altro e far le sue veci, è obbligato ad iscrivere questa circostanza nel libro de’ matrimonj della sua parrocchia, indicando
Non dobbiamo dimenticare che l’ABGB rimase in vigore nelle zone italiane dell’impero asburgico, fino alla dissoluzione dell’Impero ma con alcuni riflessi anche dopo la fine dell’Impero.
Come detto in precedenza, l’ABGB prevedeva un sistema confessionale che teneva quindi in considerazione le diverse componenti religiose presenti all’interno del Impero inserendo così nell’alveo dell’ordinamento statale le regole di matrice religiosa dei diversi gruppi presenti nel territorio della corona asburgica e che professavano un credo differente dal quello maggioritario96.
La legge ungherese XXXI del 1894 apriva ulteriori possibilità di scioglimento del matrimonio, prevedendo il matrimonio civile obbligatorio per tutti, e quindi anche la possibilità di scioglimento del vincolo matrimoniale per motivi diversi dalla morte del coniuge. Nelle zone italiane dell’impero asburgico la questione venne superata con l’estensione delle disposizioni in materia matrimoniale del codice civile avvenuta nel 1924, con queste si estendeva anche ai nuovi territori entrati a far parte dello Stato italiano il principio d’indissolubilità del vincolo matrimoniale97. Gli ebrei triestini, al contrario dei loro correligionari delle altre zone d’Italia che qualche anno prima avevano affrontato positivamente la questione dell’indissolubilità del matrimonio, vissero questa ingerenza dello Stato italiano come un’imposizione iniqua poiché attraverso l’abolizione di tale diversità, precedentemente riconosciuta dall’ABGB, si imponeva agli ebrei delle nuove province un «canone che non è “latino” ma è cattolico-
in qual luogo ed avanti qual parroco debba essere conchiuso il matrimonio. Art. 82: Il curato del luogo in cui segue il matrimonio è tenuto ad iscriverne la conclusione nel libro de’matrimonj della sua parrocchia, coll’annotazione da qual parroco sia stato delegato, e fra otto giorni dal conchiuso matrimonio deve notificarlo al parroco cui ebbe la delegazione. Cfr. Manuale del
codice civile generale austriaco contenete il testo ufficiale, pp. 39-40
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Art. 128: La seguita unione in matrimonio dovrà dal rabbino o maestro di religione inscriversi nella lingua del paese ne’ libri de’matrimonj, giusta le prescrizioni artt. 80-82; gli attestati necessarj prodotti dagli sposi debbono consegnarsi col numero progressivo sotto il quale gli sposi sono inscritti nei libri, e saranno da unirsi ad essi con filo Cfr. Manuale del codice civile
generale austriaco contenete il testo ufficiale,p. 54
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Capuzzo Ester, Gli Ebrei nella società italiana, p. 146
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romano»98; in questo articolo apparso su “Israel” Morpurgo si lamentava della mancanza di intervento da parte dell’organo centrale delle comunità ebraiche italiane. Come analizzato da Ester Capuzzo nel suo studio Gli Ebrei nella società italiana.
Comunità e istisuzioni tra Ottocento e Novecento, fra l’aprile e il giugno del 1923
furono pubblicati sul periodico Israel diversi articoli sulla questione del divorzio nelle nuove Province italiane, che fanno capire quanto tale questione fosse sentita all’interno dell’ebraismo giuliano e quanto l’introduzione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale fosse vissuta in maniera traumatica da questa comunità fino ad allora sottoposta alla giurisdizione austriaca. In quegli anni il fascismo iniziava a delineare le sue politiche familiari e di lì a poco la politica matrimoniale fascista avrebbe introdotto la nuova normativa concessa con gli accordi Lateranensi che avrebbe segnato il ritorno alla diseguaglianza dei culti, privilegiando in una certa misura il culto cattolico con la preminenza riconosciuta alla chiesa e la riaffermazione del carattere tendenzialmente confessionale dello Stato e non più separatista, come nell’Italia liberale99.
98
Morpurgo, Sulla questione del divorzio nelle nuove Provincie d’Italia, in Israel, VIII, 17 maggio 1923, n.20, p. 5-6 citato in Capuzzo Ester, Gli Ebrei nella società italiana, pp. 151-152
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Capuzzo Ester, Gli Ebrei nella società italiana, pp. 152-156 Cfr. Sarfatti Michele, Gli ebrei
3 PROPOSTE DI LEGGE E DIBATTITI SUL DIVORZIO