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Progetto Marangoni-Lazzari: colpo di coda dei progetti di legge sul

3 PROPOSTE DI LEGGE E DIBATTITI SUL DIVORZIO

3.8 Progetto Marangoni-Lazzari: colpo di coda dei progetti di legge sul

Gli sconvolgimenti della guerra aggravarono le tensioni cui l’istituto familiare era già sottoposto per via dei grandi mutamenti sociali intervenuti nella società italiana a cavallo fra fine Ottocento e i primi del Novecento. È infatti del 1919 la prima grande modifica del Codice Civile volta a modificare la condizione giuridica della donna. Con la legge 17 luglio 1919 n. 1176 Norme circa la capacità giuridica della donna venne

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Atti Parlamentari Legislatura XXIV 1°Sessione Tornata di giovedì 4 dicembre 1913, p. 94

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abrogata l’autorizzazione maritale e si aprì alle donne l’accesso alle libere professioni e alla quasi totalità di pubblici impieghi126.

Le necessità pratiche derivate dallo stato di guerra avevano costretto le donne a sostituirsi agli uomini nelle esigenze quotidiane. Dal punto di vista legale la donna era così svincolata da numerosi motivi di sottomissione al coniuge, la legge del 1919 avrebbe avuto quindi delle inevitabili riflessi nella gerarchia della famiglia.

È quindi in questo contesto di rinnovamento che viene proposta un nuovo progetto di legge sul divorzio, presentato alla Camera dagli on. Marangoni e Lazzari il 6 febbraio 1920, la proposta n. 471 Per lo scioglimento del matrimonio127.

La nuova proposta riprendeva in parte il sistema del progetto Berenini-Borciani, la proposta Marangoni-Lazzari infatti proponeva un numero piuttosto ampio di motivi per lo scioglimento del matrimonio. Il progetto prevedeva infatti lo scioglimento dopo due anni, o tre in caso di prole, dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale, e oltre alle cause di separazione personale previste dal Codice Civile agli artt. 150, 151, 152, 158 aggiungeva le seguenti:

•impotenza, manifesta e perpetua sopravvenuta durante il matrimonio;

• condanna a pena infamante, o che porti comunque, come conseguenza la detenzione per più di cinque anni;

• infermità mentale riconosciuta inguaribile e che renda impossibile la convivenza fra i coniugi;

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Art. 1: Gli articoli 134, 135, 136, 137 ed il capoverso dell’art. 1743 del Codice civile, sono abrogati. Gli articoli 1106 e 1107 del Codice civile sono abrogati in quanto si riferiscono alle nullità per difetto di autorizzazione maritale, salvo le disposizioni di cui all’art. 8 della presente legge. Art. 7: Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espresse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionari o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato secondo la specificazione che sarà fatta con apposito regolamento Cfr. L. 17 luglio 1919 n. 1176 Norme circa la capacità giuridica della

donna Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 1919, n.172

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• malattia trasmissibile, o ripugnante, dichiarata inguaribile e che non possa essere lenita dalle cure dell’altro coniuge.

A queste cause previste anche nel precedente progetto ne venne aggiunta un’ulteriore legata alla grave situazione postbellica che si trovava a dover fronteggiare il paese, l’art. 15 del progetto di legge prevede infatti:

Contrariamente alle disposizioni dell’art.1 di questa legge, potranno chiedere, senz’altro lo scioglimento del matrimonio, anche non esistendo precedente sentenza di separazione, i mariti che constatino l’adulterio della moglie durante la loro assenza causata dal richiamo alle armi in occasione di guerra, o da doveri sociali in occasione di pubbliche calamità. Uguale diritto spetterà alle mogli costrette ad assentarsi dal tetto coniugale per l’adempimento di alte missioni pubbliche e umanitarie128.

La proposta fu letta e svolta alla camera il giorno 6 maggio 1920, il presidente invitò a essere brevi poiché la questione del divorzio era ormai molto nota, il clima alla Camera, da quanto si evince dal resoconto della discussione, era piuttosto disteso. Il governo si dichiarò favorevole alla proposta, pur sostenendo di dover mantenere tutte le riserve che il caso imponeva. La Camera mostrò di essere favorevole alla proposta eleggendo una commissione a maggioranza favorevole, otto deputati su nove favorevoli. L’on. Mrengoni nel presentare la relazione della commissione alla Camera sostenne che ormai la riforma era impellente in tutti gli strati della società, la guerra aveva infatti imposto anche nel proletariato la necessità di scioglimento di quei matrimoni irrimediabilmente compromessi:

Oggi l'istituto della famiglia, egregi colleghi, è stato assai compromesso dalla guerra. Che terribile legge per lo scioglimento del matrimonio è stata la guerra ! Ha fatto sì che questa riforma si imponesse nei fatti senza temere

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Peretti-Griva Domenico Riccardo, La famiglia e il divorzio , p. 305 Cfr. Coletti Alessandro,

le opposizioni del partito popolare, che minaccia di insorgere contro la nostra proposta129.

Partendo dal presupposto che tutti i paesi civili avessero ormai accettato il divorzio e che per di più in Belgio dove era stato eletto il partito clericale non era stata abolita la legge sul divorzio, Marangoni si domanda per quale motivo in Italia non sia possibile introdurre una legge simile proseguendo:

Soltanto in Italia la borghesia, prona alla volontà imperiosa della Chiesa, il Parlamento ligio ai vescovi, grandi elettori, hanno sempre trascurato a danno delle nostre popolazioni di concedere il divorzio, che è ormai assolutamente necessario alla morale della nazione, contrariamente a tutto quello che si afferma nel campo avversàrio. La borghesia italiana ha consacrato la propria vergogna permettendo che la sua legislazione mancasse ancora di una legge del divorzio, ha compiuto la sua completa dedizione al partito clericale imperante ed all'opportunismo elettorale130.

Nella relazione si legge un unico intervento contro la proposta, quella dell’on. Meda, che a nome dei colleghi del gruppo popolare denuncia la totale opposizione per ogni tentativo di indebolire l’istituto familiare. La discussione fu piuttosto rapida e si concluse con una presa in considerazione della proposta da parte della Camera. Le associazioni cattoliche d’Italia si sollevarono ancora una volta contro la proposta di legge e contro il governo che si era pronunciato a favore. Il progetto tuttavia, anche in questo caso non ebbe seguito a causa della chiusura anticipata della sessione parlamentare, nell’aprile 1921.

L’ultimo progetto di legge presentato alla Camera prima dell’avvento del fascismo si bloccò ancora una volta senza essere stato preso in considerazione dalla Camera. Lungo l’intero arco dei decenni trascorsi dalla prima proposta Morelli fino alla proposta Marangoni-Lazzari non fu perciò neanche necessario l’intervento del Senato, il cui veto pesava come una minaccia potenziale

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Atti Parlamentari Legislatura XXV 1°Sessione Tornata di giovedì 6 maggio 1920, p. 1962

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sull’iniziativa divorzista131. Come ho avuto modo di mostrare in questo capitolo tutte le proposte si arenarono molto prima del passaggio al Senato.

Il fascismo intervenne a bloccare ogni possibile evoluzione riguardante il principio d’indissolubilità del matrimonio, ordine e disciplina investirono l’intera società a partire dalla famiglia. Ormai il progetto di riforma dell’istituto matrimoniale viene totalmente accantonato poiché troppo stridente con la politica dell’epoca che mitizza la famiglia e l’autorità del capofamiglia. La politica fascista si oppone completamente al divorzio, istituto che mina il principio di autorità132.

Si parlò ancora di divorzio nelle tornate parlamentari del 31 maggio e del 9 giugno 1923, quando si discusse della delega concessa al governo per uniformare i codici per le nuove province, vennero allora presentate dei casi di annullamento del matrimonio, ma si trattava appunto di annullamento e non di scioglimento. La proposta tuttavia non ottenne l’appoggio del governo e incontrò la netta opposizione del Partito popolare133. Le discussioni riguardanti l’unificazione dei codici delle nuove province furono piuttosto accese, venne proposta la concessione di poter portare a termine il procedimento di scioglimento del matrimonio agli ex cittadini austroungarici che avessero già intrapreso l’iter prima della pubblicazione del codice riformato, venne però risposto che quelle province erano ormai entrate a far parte del regno d’Italia e come erano state estese altre disposizioni non si vedeva il motivo di concedere delle deroghe per quelle relative all’indissolubilità del matrimonio134.

Il fascismo quindi soffocò le spinte divorziste e impose il principio di indissolubilità anche alle nuove province annesse al regno d’Italia, nelle quali vigeva ancora nell’ordinamento giuridico austriaco e in quello ungherese, il divorzio135.

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Ungari Paolo, Storia del diritto di famiglia in Italia, p. 198

132

Coletti Alessandro, Il divorzio in Italia, pp. 98-99

133

Galoppini Annamaria, Commentario sul divorzio, p. 55

134

Atti Parlamentari Legislatura XXVI 1°Sessione Tornata di martedì 5 giugno 1923, pp. 9749- 9750

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