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I L DOGMA DI NECESSARIA TITOLARITÀ DELLE SITUAZIONI GIURIDICHE E IL DISCRIMINE TRA SOGGETTO E OGGETTO

Nel documento I fondi comuni di investimento (pagine 29-63)

SOMMARIO: § 1. Precisazioni terminologiche introduttive. § 2. Il dogma di necessaria titolarità delle situazioni giuridiche. § 3. Ricapitolazione del dibattito sull’eredità giacente. § 4. L’eredità giacente è un patrimonio privo di titolare. § 5. Il dogma di necessaria titolarità deve essere sottoposto al rasoio di Ockham. § 6. La prima fase storica della critica alla configurabilità dei patrimoni acefali. § 7. L’autonomia concettuale della soggettività rispetto alla personalità fonda la seconda fase storica della critica ai patrimoni acefali. § 8. Segue: la necessità della distinzione tra soggetto e patrimonio. § 9. Segue: la distinzione tra soggettività e personalità non assorbe il patrimonio acefalo. § 10. Il criterio dell’imputazione legislativa delle situazioni giuridiche. Critica. § 11. Il criterio volontaristico e il suo corollario organizzativo. Critica. § 12. Il criterio per identificare i soggetti sta nell’imputazione giuridica degli atti. § 13. Profilo funzionale e profilo strutturale del distinguo tra il patrimonio entificato e il patrimonio acefalo. Le due accezioni del ‘patrimonio’. § 14. La rilevanza della distinzione tra il patrimonio bilateralmente separato e quello acefalo. § 15. Il criterio per distinguere il patrimonio bilateralmente separato da quello acefalo. § 16. Conclusioni su ‘patrimonio’ e ‘soggetto’.

§ 1. Precisazioni terminologiche introduttive.

Prima di addentrarci nel tema che ci siamo proposti, è opportuno offrire al Lettore alcune coordinate di massima che gli consentano di aggirarsi con passo più sicuro tra i concetti che cercheremo di penetrare nel corso di quest‟opera.

Rimandando al prosieguo gli approfondimenti che il termine impone, ricordiamo che il „patrimonio‟ è tradizionalmente definito come un insieme di situazioni giuridiche, attive e passive, di cui sia titolare un determinato soggetto82.

82 In questo senso: TRIMARCHI, voce Patrimonio, in Enciclopedia del diritto, XXXII, Milano, 1982, pp. 271 ss.; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2012, pp. 83 ss.

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Poiché, ai sensi dell‟art. 2740 c.c., «il debitore risponde dell‟adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri», alla titolarità di un debito fa seguito la costituzione della responsabilità patrimoniale che, ex latere creditoris, suole denominarsi „garanzia patrimoniale generica‟83.

Con la locuzione „responsabilità patrimoniale‟ si intende indicare, «piuttosto che la violazione di un dovere generico di mantenere integro il patrimonio, una soggezione del debitore alle iniziative del creditore»84, ossia all‟azione esecutiva di costui85.

Il debitore ha così interesse a limitare la soggezione dei propri beni all‟aggressione dei creditori; ciò può farsi, ex art. 2740, comma 2 c.c., nei soli casi determinati dalla Legge. Tale limitazione è conseguibile mediante la separazione che, a sua volta, può derivare dalla destinazione di uno o più beni alla realizzazione di uno scopo86. Il patrimonio separato è quindi concetto strutturalmente autonomo rispetto al patrimonio destinato e i due fenomeni solo eventualmente coincidono in concreto. Difatti, è possibile che alla destinazione non si accompagni la segregazione di taluni beni all‟interno di un patrimonio distinto da quello generale87.

DURANTE, voce Patrimonio (diritto civile), in Enciclopedia giuridica, Roma, 1990, XXII, p. 1: «il termine

patrimonio designa un‟entità composita, formata dall‟insieme delle situazioni soggettive suscettibili di valutazione economica […], dalla legge unificate in conseguenza della loro appartenenza a un soggetto o della loro destinazione unitaria». Il comune riferimento delle diverse situazioni a un medesimo soggetto è sottolineato anche

da GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2011, pp. 651-653.

83 GAZZONI, Manuale, cit., p. 651: «non è […] concepibile un debito che non comporti una responsabilità». SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., p. 85, lega la considerazione unitaria dei beni, presupposta dalla stessa idea di „patrimonio‟, alla comune responsabilità patrimoniale che su di essi grava e che discende dall‟assunzione di debiti: «gli istituti della surrogatoria, della revocatoria e del sequestro

conservativo, più generalmente la figura della solvenza o meglio della solvibilità del debitore esprimono […] una rilevanza del patrimonio della persona nel suo complesso».

84 BARBIERA, La responsabilità patrimoniale, Disposizioni generali, Artt. 2740-2744, in Commentario al

Codice Civile, diretto da Schlesinger, Milano, 1991, p. 23, attribuisce a tale posizione la natura di diritto

potestativo.

85 GAZZONI,Manuale, cit., p. 651: «il rapporto che […] si instaura tra creditore e patrimonio del debitore non fa […] nascere a vantaggio del primo […] una situazione soggettiva di carattere sostanziale, ma piuttosto un potere di natura processuale che si esprime nell‟azione esecutiva […]».

86 DURANTE, voce Patrimonio (diritto civile), cit., p. 2, chiarisce la portata della disposizione: «è […]

opinione autorevole e diffusa che anche in via convenzionale (sia pure con portata obbligatoria) possano vincolarsi al soddisfacimento dei crediti determinati nuclei patrimoniali, spogli peraltro del carattere dell‟universalità». Sul tema si

vedano anche: BARBIERA, La responsabilità patrimoniale, cit., pp. 59 ss.; GAZZONI, Manuale, cit., p. 653; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., p. 86.

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La separazione patrimoniale unilaterale consiste nella costituzione di un patrimonio speciale88, sul quale potranno rivalersi esclusivamente i creditori i cui diritti siano sorti da atti inerenti allo scopo al quale il patrimonio è destinato89.

Nella separazione bilaterale, invece, i creditori generici non possono rivalersi sul patrimonio speciale e quelli speciali non possono aggredire il patrimonio generico90.

Altra nozione, infine, è quella di „patrimonio autonomo‟, consistente nel complesso di diritti appartenenti ad enti che, sebbene privi di personalità giuridica, sono dotati di soggettività giuridica, di modo che il loro patrimonio è distinto rispetto a quelli delle singole persone che vi hanno contribuito91.

88 Il patrimonio separato, dunque, non è distinto da quello generale per ragioni inerenti ai diritti che ne sono le componenti: se così fosse, infatti, non avrebbe senso parlare di due patrimoni, dato che la riconduzione di determinate situazioni soggettive all‟uno piuttosto che all‟altro “insieme” non potrebbe che essere arbitraria, stante la comune appartenenza ad un soggetto. Per usare le parole di DURANTE, voce Patrimonio (diritto civile), cit., p. 2, «reputata vaga ed imprecisa, oltre che priva di significato

pratico, l‟identificazione del fenomeno sulla base dello scopo, si scorge, poi, nella responsabilità del titolare il momento idoneo ad imprimere ai diversi elementi una sorte comune: può parlarsi di patrimonio separato, solo in quanto un gruppo di beni sfugga alla regola generale dell‟art. 2740 c.c., operativa peraltro in riguardo agli altri beni del soggetto. Sì, quindi, da coglierne l‟essenza nella funzione di garanzia per i creditori, la pretesa dei quali strettamente s‟annodi alla destinazione impressa ai beni, di modo che, persistendo tale destinazione, i beni siano sottratti all‟aggressione degli altri creditori». Ciò che distingue i patrimoni, allora, è un elemento estrinseco: non le caratteristiche dei diritti

inclusi nei diversi “insiemi” o lo scopo cui essi sono destinati, ma la sottoponibilità di certi beni alla sola azione esecutiva di determinati creditori, che si distinguono da quelli “ordinari” per aver acquistato il proprio credito in forza di atti posti in essere per il raggiungimento dello scopo cui è strumentale il patrimonio speciale. A tale funzione di garanzia, poi, si accompagnerebbe anche quella di conservazione, che impone di non sottrarre i beni allo scopo cui sono destinati.

89 SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., p. 86, il quale ricorda le ipotesi dell‟eredità accettata con beneficio d‟inventario e di quella giacente; QUADRI, La circolazione dei beni del patrimonio destinato, in

Nuova giurisprudenza civile commentata, 2006, II, 10; GAZZONI, Manuale, cit., p. 654.

Destinazione e separazione non vanno confuse, benché lo stesso GAZZONI,Manuale, cit., p. 654,

per amore di brevità, parli di «separazione o destinazione». Nel caso del patrimonio di cui all‟art. 2645 ter c.c., difatti, la destinazione dei beni al perseguimento di uno scopo è effetto immediato del negozio, ma la separazione si verifica solo in seguito, mediante la trascrizione nei registri immobiliari.

CORSINI, Il trustee nel processo di cognizione, Torino, 2012, p. 69, sostiene che gli aggettivi „segregato‟, „autonomo‟, „dedicato‟ e „destinato‟ sono «pressoché equivalenti».

90 GAZZONI,Manuale, cit., p. 654, il quale esemplifica la separazione unilaterale ricordando il fondo

patrimoniale e l‟atto di destinazione previsto dall‟art. 2645 ter c.c., mentre riconduce alla separazione bilaterale il patrimonio destinato a uno specifico affare delle società per azioni.

91 SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., pp. 85-86, offre gli esempi dei patrimoni delle associazioni non riconosciute e dei comitati, mentre DURANTE, voce Patrimonio (diritto civile), cit., a pagina 2, vi aggiunge i patrimoni delle società personali e a pagina 5 delinea la seguente nozione: «il

fondo costituito con i contributi d‟una pluralità di soggetti e connotato dall‟indivisibilità e dalla funzione di garanzia per i debiti coordinati allo scopo con esso perseguito. Si indica, cioè, il distacco d‟una massa patrimoniale da più patrimoni di provenienza, una species del patrimonio separato (anzi, secondo taluno, una somma di più patrimoni separati)».

Questo Autore, a pagina 5, sottolinea che la separazione, che si compendia negli aspetti della conservazione del patrimonio e della garanzia dei creditori funzionali, riguarda, non i beni, ma i diritti sui beni: la pignorabilità e la disponibilità, aspetti fondamentali della destinazione, ineriscono infatti ai soli diritti soggettivi, non alle cose.

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§ 2. Il dogma di necessaria titolarità delle situazioni giuridiche.

L‟orientamento di legittimità92 circa la natura dei fondi comuni di investimento poggia sull‟assunto per cui «l‟ordinamento mal sopporta un patrimonio privo di titolare»93.

L‟idea non è nuova.

I tre principi che governerebbero il patrimonio, proclamati da Zachariae94 e formalizzati da Rau e Aubry95, sono i seguenti: 1) ogni soggetto è titolare di un patrimonio; 2) ogni soggetto è titolare di non più di un patrimonio; 3) ogni patrimonio è imputato a un soggetto, detto titolare.

La tradizione addebita frequentemente a Rau e Aubry la colpa di aver assolutizzato quei principi che, per Zachariae, erano solamente generali. I due Autori francesi avrebbero considerato quei principi come delle necessità logiche, esistenti di per sé e quindi indipendenti dalle caratteristiche del singolo e concreto ordinamento, sul quale si imporrebbero sempre e comunque96. Questa tradizione è stata recentemente messa in dubbio da un‟interessante analisi filologica del trattato di Rau e Aubry, dalla quale risulterebbe che la dottrina maggioritaria continuerebbe a intenderne malamente il significato a causa di un‟errata interpretazione iniziale, poi divenuta tralatizia97.

Il primo principio esprime la definizione stessa del soggetto («entità idonea a essere titolare di situazioni giuridiche»98). La traduzione di tale definizione in questo primo principio, il quale fa perno sull‟attuale titolarità dei diritti, è, tuttavia, imprecisa, giacché la nozione di „soggetto‟ si incentra, invece, sulla potenziale titolarità dei diritti. L‟attuale esistenza di questi ultimi, infatti, è presupposta dalla definizione del „patrimonio‟99.

Il secondo principio sembra contraddetto apertamente dal fenomeno della separazione patrimoniale, sempre più frequente nella legislazione.

Ciò che, in questa sede, ci interessa sottoporre a vaglio critico è il terzo principio, che designiamo con l‟espressione «dogma di necessaria titolarità delle situazioni giuridiche». Come

92 Cass., sez. I, 15 luglio 2010, n. 16605, cit.

93 Sull‟apriorismo di tale assunto si veda CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, op. cit. COLAIORI, La destinazione intrasoggettiva, cit., ha rimarcato che «il problema è che l'ordinamento, costruito

intorno alla nozione di soggetto titolare di un unico e unitario patrimonio, stenta a funzionare quando, come in questo caso, operano regimi di segregazione patrimoniale senza moltiplicazione di soggettività ed in cui si constata un passaggio di titolarità da un soggetto ad uno scopo».

94 Le droit civil français, trad. G. Massé, Ch. Vergé, II, Durand, 1855, p. 38.

95 Cours de droit civil français d'après l'ouvrage allemand de C.-S. Zachariae, V, Cosse, 1857, p. 347. 96 CHÉNEDÉ, La mutation du patrimoine, in Gazette du Palais, 19 mai 2011, n° 139, p. 19. 97 DENIZOT, L'étonnant destin de la théorie du patrimoine, in RTD Civ. 2014, p. 547.

La soggezione delle grandi opere alle incomprensioni, anche secolari, non è una sorpresa. Basti ricordare le tre interpretazioni cui è stato sottoposto il Principe del Machiavelli, o la concezione rigida della separazione dei poteri a lungo attribuita a L‟esprit des lois del Montesquieu e apertamente in contrasto col passo fondamentale di quell‟opera secondo cui «pour qu‟on ne puisse abuser du pouvoir, il faut

que, par la disposition des choses, le pouvoir arrête le pouvoir».

98 Per questa definizione, v., tra gli altri: PELLIZZI, voce Soggettività giuridica, in Enc. Giur., XXXIV, Roma, 1991, pp. 1 ss.; GAZZONI, Manuale, cit., pp. 121 e 155; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del

diritto civile, Napoli, 2012, pp, 23-24.

99 SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., pp. 23-24: «lo stato giuridico della persona fisica non è la

somma dei suoi poteri o doveri […], è invece il presupposto di una sfera di capacità e quindi di una serie aperta di poteri e doveri, o di rapporti, che possono variare e variano senza che perciò cambi lo stato».

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appena ricordato, infatti, esso sta alla base della discussione sulla natura dei fondi comuni d‟investimento.

Il miglior modo per dimostrare l‟infondatezza di questo dogma è quello tradizionale100, incentrato sugli esempi dell‟eredità vacante e di quella giacente, alla luce dei quali, come ricorda Colaiori101, già Windscheid102 ragionava di diritti senza soggetto.

§ 3. Ricapitolazione del dibattito sull’eredità giacente.

L‟antichità delle origini e la semplicità delle esigenze cui l‟eredità giacente è diretta rendono ancor più rimarchevole la sua importanza per la ricostruzione di istituti recentissimi, di grande complessità giuridica e di sempre maggiore importanza economica, come i fondi comuni di investimento.

Lo scopo dell‟eredità giacente è quello di evitare che il patrimonio ereditario, in assenza di accettazione, si ritrovi materialmente e giuridicamente abbandonato: una tale situazione, infatti, lederebbe le ragioni di creditori ereditari e successibili103.

L‟istituto proviene dal diritto romano classico, dal quale trae origine pure la disputa intorno alla sua natura. Già allora, infatti, alcuni ritenevano che i beni ereditari fossero attribuiti, mediante una fictio, all‟erede; altri sostenevano che i beni appartenessero al defunto. Stante la mancanza di una retrodatazione dell‟acquisto ereditario, l‟eredità non ancora devoluta costituiva, nella Roma arcaica, una res nullius ed era dunque liberamente occupabile. La giacenza, successivamente introdotta, funse da anello di congiunzione tra la titolarità del de cuius e quella dell‟accettante104.

Nel diritto vigente, tre sono i presupposti della giacenza: 1) la mancata accettazione dell‟eredità; 2) il fatto che il chiamato non sia nel possesso dei beni ereditari; 3) la nomina del curatore105.

Quest‟ultimo soggetto rappresenta l‟architrave dell‟intera struttura dell‟istituto in discorso106. Egli è nominato dal Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione «su

100 ORESTANO, Azione. Diritti soggettivi. Persone giuridiche, Bologna, 1978, pp. 115 ss. 101 COLAIORI, La destinazione intrasoggettiva, cit., pp. 11 ss.

102 Die rubende Erbschaft; in Lehrbuch des Pandektenrechts, Stuttgart, 1879, par. 531, p. 10.

103 GAZZONI, Manuale, cit., pp. 446-447; CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2012, p. 131, il quale la distingue dall‟eredità vacante, che si presenta ove sia definitivamente accertato che non vi sono chiamati né testamentari, né legittimi: «verificatasi la vacanza, poiché non è ammissibile nell‟interesse dei

terzi (creditori e legatari) che il patrimonio del de cuius resti senza titolare, succede lo Stato (art. 586)». PETRELLI,

Formulario notarile commentato, VII, tomo I, Successioni e donazioni, Milano, 2011, p. 184, riferisce le parole

della Relazione al Re, n. 225, secondo cui l‟istituto in discorso è volto alla «conservazione del patrimonio in

tutti i casi in cui il chiamato non vi provveda».

104 FASCIONE, Storia del diritto privato romano, Torino, 2012, pp. 361-362, ricorda che al diritto giustinianeo è dovuta la configurazione, a suo parere tutt‟ora valida, dell‟hereditas iacens come persona giuridica. Per un riferimento a FLORENTINUS, Libro VIII institutionum, in D.29.2.54 e nel contempo per l‟esclusione della soggettività giuridica dell‟eredità non ancora accettata, BIANCA, Diritto civile, II, La

famiglia. Le successioni, Milano, 2005, p. 645, il quale la considera un patrimonio autonomo, ossia un

«patrimonio con destinazione legale (acquisto dell‟erede)». 105 CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 134. 106 CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 137.

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istanza delle persone interessate o anche d‟ufficio». Gli interessati possono essere: a) i chiamati non in possesso dei beni ereditari; b) i chiamati in subordine; c) i legatari; d) i creditori ereditari; e) i creditori del chiamato107.

Si sono date due interpretazioni della posizione del curatore.

Secondo una prima teoria, egli sarebbe un rappresentante dell‟erede108, del chiamato109 o della stessa eredità110.

È tuttavia prevalsa un‟interpretazione diversa: il curatore non è un rappresentante, ma ricopre un ufficio privato, dato che agisce nell‟interesse non soltanto del chiamato, ma anche degli altri legittimati all‟istanza volta alla sua nomina111.

L‟art. 529 c.c. gli attribuisce il compito, tra l‟altro, di procedere all'inventario dell'eredità, di esercitarne e promuoverne le ragioni, nonché di amministrarla e di rispondere alle istanze proposte contro la stessa.

Conseguentemente, egli, al pari del chiamato possessore, esercita, sostanzialmente e processualmente, le ragioni dell‟eredità112.

Il motivo per cui al chiamato possessore e al curatore dell‟eredità giacente è riconosciuta sia la legittimazione sostanziale che quella processuale risulta da quanto detto supra. Lo scopo dell‟eredità giacente e della nomina del relativo curatore è quello di sopperire alla mancata attivazione da parte del chiamato113. Ora, è bene ricordare che la ratio dell‟attribuzione della legittimazione processuale al chiamato, in relazione ai procedimenti che abbiano ad oggetto diritti e debiti ereditari, sta nel permettere ai terzi di agire in giudizio

107 L‟elencazione è tratta da CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 137, il quale vi aggiunge, ove si voglia ammettere la cd. giacenza pro quota (pp. 144 ss.), i chiamati possessori pro quota e i coeredi.

108 D‟AVANZO, Delle successioni, Firenze, 1941, p. 366; AZZARITI, L‟eredità giacente, in Trattato di diritto

privato, diretto da Rescigno, 5, Torino, 1982, p. 329;

109 COVIELLO, Delle successioni, Parte generale, Napoli, 1935, p. 237.

110 BRUNELLI e ZAPPULLI, Il libro delle successioni e delle donazioni, Milano, 1951, p. 164; FASCIONE,

Storia del diritto privato romano, cit., p. 362.

111 NICOLÒ, Eredità giacente, in Riv. Dir. Civ., 1941, pp. 203 ss.; MESSINEO, Manuale di diritto civile e

commerciale, III, Singoli rapporti obbligatori. Diritto delle successioni per causa di morte, pp. 321 ss.; TRIMARCHI,

L‟eredità giacente, Milano, 1954, p. 71; NATOLI, L‟amministrazione dei beni ereditati, Milano, 1947, p. 307; MICCOLI, voce Eredità giacente, in Enc. Dir., XV, Torino, 1966, p. 210; GROSSO e BURDESE, Le

successioni, Parte generale, In Trattato Vassalli, Torino, 1977, p. 218; PALAZZO, Le successioni, I, Introduzione

al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, in Trattato di diritto privato, a cura di

Iudica e Zatti, Milano, 2000, pp. 407 ss.; BIANCA, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., Milano, 2005, pp. 231 ss.; GAZZONI, Manuale, cit., p. 447; CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., pp. 137 ss.

112 GAZZONI, Manuale, cit., pp. 446-447, il quale menziona l‟art. 486 c.c., a norma del quale il tribunale, qualora il chiamato sia convenuto in giudizio, ma non intenda comparire, nomina un curatore ad lites, così permettendo al chiamato stesso di non dover seguire tutte le controversie.

113 L‟alternatività tra la posizione del chiamato possessore e quella del curatore dell‟eredità giacente è messa in luce dagli artt. 460, comma 3 e 532 c.c. Essa è inoltre costantemente sottolineata in dottrina: GAZZONI, Manuale, cit., p,. 445; CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 131.

Cass., sez. I, 7 marzo 1977, n. 920, ha precisato che «la legittimazione passiva in rappresentanza

dell‟eredità è prevista esclusivamente con riguardo al chiamato che sia in possesso dei beni ereditari (art. 486 c.c.), mentre, nella diversa ipotesi del chiamato non possessore, l‟indicata rappresentanza spetta al curatore dell‟eredità, nominato su istanza degli interessati, a norma dell‟art. 528 c.c.». In senso conforme Cass., sez. III, 3 agosto

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a tutela delle proprie ragioni: in caso contrario, infatti, essi non saprebbero a quale soggetto notificare l‟atto introduttivo del processo114.

Ciò è conseguenza di quanto anticipato nel principio di questo paragrafo, quando abbiamo sottolineato che la funzione dell‟eredità giacente e, in particolare, della nomina del suo curatore, non è quella di tutelare il patrimonio. Questa protezione, infatti, costituisce soltanto un mezzo; lo scopo è, al contrario, quello di tutelare le ragioni «delle persone interessate», ossia di soggetti che non sono titolari delle situazioni soggettive comprese nel patrimonio e che, tuttavia, potrebbero acquistarle (chiamati) o aggredirle (creditori).

§ 4. L’eredità giacente è un patrimonio privo di titolare.

Sino alla devoluzione, il patrimonio ereditario è privo di titolare115. Come stabilito dall‟art. 459 c.c., l‟eredità si acquista con l‟accettazione. Questo significa che, prima dell‟acquisto ereditario, non esiste un titolare dei diritti. Il precedente titolare è oramai deceduto e nessuno è divenuto erede.

Non depone, in senso contrario, la fictio iuris di retroattività della devoluzione, prevista dall‟art. 459, seconda parte c.c., a mente del quale «l‟effetto dell‟accettazione risale al momento nel quale si è aperta la successione»116.

114 Per questa ratio dell‟art. 460 c.c., la quale, per le ragioni viste nel testo, vale a spiegare in parte anche l‟art. 529 dello stesso codice, si veda GAZZONI, Manuale, cit., p. 446, secondo cui «il chiamato

possessore […] ha la rappresentanza processuale che permette ai terzi di instaurare liti».

115 CALOGERO, Disposizioni generali sulle successioni, Artt. 456-461, in Commentario Schlesinger, Milano, 2006, p. 169, mette in chiaro la differenza che corre tra il sistema che il Legislatore ha adottato prevedendo che l‟eredità si acquisti con l‟accettazione e quelli francese e tedesco, ispirati al principio della saisine, «in forza del quale il patrimonio ereditario si trasferisce automaticamente all‟erede alla morte

dell‟ereditando».

Il sistema italiano, per il quale la delazione non è allora sufficiente a provocare l‟effetto traslativo,

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