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DOKTOR FAUSTUS

Nel documento Thomas Mann : metafisica della musica (pagine 129-149)

Capitolo I

Il demoniaco

1 – Le polarità del demoniaco

Nel Doktor Faustus la musica presenta sospette analogie con la dimensione naturale che non è più quello “spregevole idolo”, contro cui si scagliava il disprezzo dell’esteta Spinell in Tristan, e neppure l’estenuante volgarità dell’esistente che affliggeva il piccolo Hanno Buddenbrook nella sua lotta schopenhaueriana contro la vita. Con lo Zauberberg, però, si compie un passo significativo nella direzione del romanzo del 1947: la natura è considerata sotto l’aspetto della materia organica, sottende le manifestazione dell’eros e della malattia, strappati, così, all’esclusivo dominio dello Spirito che, da parte sua, ritrova una propria dimensione ‘naturale’ in senso demoniaco. Se “politicamente sospetta”365 era l’appartenenza della musica al territorio dello spirito, ora è “spiritualmente sospetta” l’affinità della musica alle dinamiche della natura, la quale, a sua volta, compromette la stessa dimensione spirituale. Il connubio di musica e natura avviene, nel Doktor Faustus, sotto il segno del demoniaco declinato nella più ampia varietà delle sue forme, che si palesa in una vasta gamma di oggetti e figure in cui opposte ‘polarità’ manifestano una paradossale e demoniaca identità. Il carattere fondamentale della realtà demoniaca è la sua ambiguità, che non consente una distinzione netta, ad esempio, tra l’organico e l’inorganico, tra razionalismo e irrazionalismo, tra reazione e rivoluzione, tra soggettivismo e oggettivismo, e si potrebbe andare molto avanti nell’enumerazione di queste ‘coppie di contrari’, che raggiungono il loro limite estremo in un finale che oscilla tra dannazione e salvezza, tra la condanna e la grazia.

Mann aveva elaborato nel romanzo Lotte in Weimar (1939) l’dea del demoniaco come “un aspetto” del divino, con il quale costituirebbe un’unità dialettica, come quella del tutto e del nulla.366 Quella che in Lotte in Weimar viene menzionata come “arte assoluta”367

365 Th. Mann, La montagna incantata, cit., p. 100.

366 “L’esperienza mi ha spesso indotto a meditare sull’affinità, anzi sulla unità del tutto col nulla, col nihil, e

se è lecito dare una derivazione da questo vocabolo pauroso per indicare una forma di pensiero e di atteggiamento, si potrà chiamare lo spirito che tutto comprende con pari diritto spirito del ‘nichilismo’, dal che deriverebbe che è errato concepire Dio e il demonio quali due principi opposti, mentre al contrario a guardar bene l’elemento demoniaco non è che un aspetto – il rovescio, se vuole, ma perché poi il rovescio? – del divino. Come sarebbe altrimenti? Se Dio è il tutto, Egli è anche il demonio, ed evidentemente non ci si accosta al divino senza accostarsi pure al demoniaco, così che per così dire dall’un cocchio ammicca il cielo e

altro non sarebbe che lo sguardo d’insieme con cui l’arte stessa è capace di abbracciare i due principi, avvalendosi di una superiore, ma quanto mai sospetta neutralità, ossia l’altra faccia del suo intrinseco nichilismo.

La stessa scienza teologica è sospettata dall’umanista Serenus Zeitblom di un’analoga ambiguità: “[…] penso che dove c’è teologia […] anche il diavolo fa parte del quadro e sostiene la sua realtà complementare a quella di Dio”.368 Proprio in ambito teologico troviamo le basi storiche e culturali della trattazione del demoniaco nel Doktor Faustus, che affonda le sue radici nell’epoca della Riforma luterana. Un sospetto simile investe innanzitutto l’ambito delle scienze naturali, che palesano, già dall’inizio del Doktor Faustus, una ben determinata connotazione demoniaca:

“[…] ho sempre capito perfettamente la diffidenza delle epoche spiritualistico- religiose verso l’insorgente passione di esplorare i misteri della natura. I timorati di Dio non potevano fare a meno di scorgervi un contatto libertino con le cose proibite, nonostante la contraddizione che si può trovare nel considerare la creazione di Dio, la natura e la vita come territorio moralmente sospetto. La natura stessa è troppo piena di produzioni a sorpresa che danno nel magico, di capricci ambigui, di allusioni semivelate e accenanti stranamente a un mondo incerto, perché i devoti, nella loro pudica moderazione, non debbano scorgere in queste occupazioni una temeraria trasgressione”.369

Gli esperimenti del padre di Adrian, il cui entusiasmo scientifico riconduce alla magia e al misticismo del XVI secolo, esibiscono i cosiddetti “capricci ambigui [zweideutige Launen]” o “trucchi [Tricks]” della natura, per cui la materia inorganica si comporta come quella organica (è il caso di certi cristalli e minerali – i “fiori di ghiaccio”)370 e la materia organica esibisce certi escamotage, la cui intenzionalità sarebbe da ricondurre alla natura in sé (come per gli effetti ottici sulle ali delle farfalle):371

l’amore e dall’altro l’inferno della più glaciale negazione e della neutralità più annientatrice”. (Th. Mann,

Carlotta a Weimar, trad. it. di Lavinia Mazzucchetti, Mondadori, Milano 1948, p. 102).

367 “[…] due occhi, che siano raccostati o distanti, producono un solo sguardo, ed io le vorrei ora chiedere:

come sarà lo sguardo pel quale e nel quale si annulla la terribile contraddizione degli occhi? Cercherò di dirlo a lei e a me stesso. E’ lo sguardo dell’arte, dell’arte assoluta, che è in pari tempo amore assoluto e assoluto annientamento o indifferenza, e significa quell’avvicinamento spaventoso al divino e al demoniaco che noi chiamiamo ‘grandezza’”. (Ibidem).

368 Th. Mann, Doctor Faustus. La vita del compositore tedesco Adrian Leverkühn narrata da un amico, trad.

it. di Ervino Pocar, Mondadori, Milano 1949, p. 111.

369 Ivi, pp. 14-15.

370 Ivi, p. 20: “Queste fantasmagorie, chiedeva, sono modelli o sono imitazioni delle forme vegetali? Né l’uno

né l’altro, avrà risposto a se stesso: sono formazioni parallele. La natura creatrice e sognante fa qui e là il medesimo sogno e, se è lecito parlare di imitazione, questa non può essere che vicendevole”.

371 “Non senza buoni risultati Jonathan cercava di comunicarci la sua commozione per questo mimetismo

protettivo e raffinato che arriva fino ai particolari difettosi. – Come fa l’animale? – chiedeva talvolta – o come fa la natura mediante l’animale? Non si può infatti attribuire il trucco all’osservazione e al calcolo

“Se ben capivo il padrone di casa, ciò che gli dava da pensare era l’unità della natura animata e di quella così detta inanimata, era il pensiero che facciamo torto a quest’ultima quando tracciamo con troppo rigore il limite fra i due territori, poiché questo in realtà è permeabile e, a guardar bene, non vi è nessuna facoltà elementare che sia riservata esclusivamente agli esseri viventi e che il biologo non possa studiare anche sul mondo inanimato”.372

Tra gli esperimenti di Jonathan Levekühn, risulta particolarmente significativo per gli sviluppi musicali del romanzo, quello della cosiddetta “musica visibile [sichtbare Musik]”,373 in cui “si fondevano con un certo fascino la natura e il mistero”374 e in cui la dimensione sonora-musicale figura compromessa e perfettamente riducibile alla dimensione visiva, costituendo così un’anticipazione tematica della conferenza kretzschmariana su “La musica e l’occhio”,375 nella quale viene affrontato uno dei nodi tematici fondamentali per il Doktor Faustus e per la trattazione del demoniaco al suo interno.

L’appartenenza della musica a un ambito “sospetto” è denunciata da Zeitblom che la iscrive, così, in quel contesto ambiguo – cui anche le scienze naturali e la teologia appartengono –, contrapposto alla rassicurante e umanistica pedagogia esercitata dalle bonae litterae.

“Chi si dedica allo studio delle scienze naturali può essere bensì un maestro, ma non sarà mai un educatore nel senso e nella misura in cui lo è chi segue le bonae literae. Anche quell’altra lingua, forse più fervida ma stranamente inarticolata, la lingua dei suoni (se così possiamo definire la musica) non mi pare compresa nell’ambito pedagogico e umanistico […] mi pare invece che, nonostante il rigore logico-morale del quale si dà magari le arie,

dell’animale stesso. Eh sì, la natura conosce bene le sue foglie, non solo nella loro perfezione, ma anche nei loro comuni difettucci e nelle loro deformità, e per amichevole astuzia ne ripete l’aspetto esteriore in un altro campo, sulla pagina inferiore delle ali di questa farfalla, per trarre in inganno altre sue creature”. (Ivi, p. 16).

372 Ivi, p. 20.

373 Ivi, p. 19: “Vorrei sapere con quali occhi si sarebbe guardato allora l’uomo di Wittenberg che, come ci

diceva Jonathan, più di cento anni prima aveva inventato l’esperimento della musica visibile che ogni tanto ci veniva presentato”.

374 Ivi, cit., pp. 19-20: “Tra i pochi apparecchi di fisica che il padre di Adrian aveva a disposizione c’era una

lastra di vetro rotonda e liberamente sospesa, appoggiata soltanto nel mezzo sopra un fulcro, e su questa avveniva il miracolo. La lastra infatti era cosparsa di sabbia sottile, e con un vecchio archetto da violoncello il babbo ne sfregava il margine dall’alto al basso provocando vibrazioni, secondo le quali la sabbia si muoveva e si spostava riordinandosi in figure e arabeschi precisi e molteplici. A noi ragazzi piaceva molto questa acustica visibile, nella quale si fondevano con un certo fascino la natura e il mistero”.

appartenga a un mondo spirituale per la cui assoluta fidatezza nelle cose della ragione e dell’umana dignità non mi sentirei di mettere la mano nel fuoco”.376

Sono qui forniti elementi indicativi dello statuto demoniaco dell’arte musicale, che degli humaniora mantiene solo l’apparenza. In quanto linguaggio, la musica rivela un “rigore logico morale”, una strutturazione razionale, il cui lato inquietante consiste proprio nel suo carattere extra-umano. Al pari dei trucchi mimetici sulle ali delle farfalle di Jonathan Leverkühn, in cui una razionalità trascendente sembra governare i singoli fenomeni della natura, il linguaggio musicale trascende l’umana ragione e dignità, che, nell’ottica umanistica del narratore, sarebbe alla base del linguaggio verbale. La dimensione logico-morale della musica non è in realtà che l’altra “faccia [Miene]” della sua appartenenza ad un sospetto mondo spirituale, il medesimo che presiede ai più artificiosi fenomeni naturali. Così, quello che dovrebbe essere il rigore, la suprema disciplina e razionalità della musica, considerata nella sua autonoma oggettività deve essere ricondotta ad una razionalità propria e a un’origine metafisica.

Ecco allora che la formazione di Adrian, la sua istruzione teologica diventa uno studio preliminare a quello della musica ed assume il compito di iniziarlo ad una razionalità metafisica che mostra presto il suo lato irrazionale e superstizioso.

All’Università di Halle, i professori stessi sono figure demoniache. Riappariranno nel romanzo, sotto diverse spoglie, secondo un’“accumulazione simbolica”377 che costella l’opera di segni più o meno celati, rimandanti a leggende e raffigurazioni tradizionali del diavolo e dell’inferno. Tra le figure diaboliche del corpo docente, il Professor Schleppfuss378 è fautore di una “psicologia della religione” che, nel riferimento costante agli ultimi secoli del Medioevo, da un lato, conferiva realtà sostanziale alla figura del diavolo, dall’altro, sosteneva l’inscindibile vincolo dialettico tra l’ambito del divino e quello del diabolico:

“La stretta relazione del professor Kumpf col diavolo era un giochetto da bambini in confronto con la realtà psicologica che Schleppfuss conferiva all’avversario, alla personificata defezione da Dio. Accoglieva infatti, se così posso dire, dialetticamente l’affronto della bestemmia nell’ambito divino, l’Inferno nell’Empireo, dichiarava che

376 Ivi, p. 9.

377 P. Isotta, Il ventriloquo di Dio…, cit. p. 161.

l’empietà è il riscontro necessario e connaturato della santità e che questa è una continua tentazione satanica, un quasi irresistibile invito a peccare”.379

Per chiudere il cerchio di musica, teologia luterana e scienze naturali nel loro stretto ed ambiguo legame con il demoniaco, si rivelano particolarmente significative le lezioni del professor Nonnenmacher. Egli ripercorre l’origine del pensiero metafisico che si propone come fisica, dai filosofi ionici a Pitagora e ad Aristotele; al pitagorismo, in particolare, si riallacciano gli sviluppi tematici del Doktor Faustus e la stessa concezione della musica che sottende non solo le composizioni di Adrian Leverkühn, ma anche della musica moderna più in generale.380 Il problema del confine tra organico e inorganico e la loro demoniaca confusione può sottendere entrambi i referenti filosofici – Pitagora e Aristotele – fornendo agli allievi di Halle una spiegazione a posteriori degli esperimenti di Jonathan Leverkühn: le nozioni aristoteliche di materia e forma, oggetto delle trattazioni di Nonnenmacher, stanno in rapporto diverso tra loro a seconda che si tratti del cielo, ove la loro unione gode di una stabilità non soggetta al divenire, che invece caratterizza la Terra, o degli inferi, ove la forma non vivifica la materia, alla quale è legata solo nell’apparenza.381 A popolare l’inferno sono allora forme di vita ingannevoli, analoghe ai già noti ‘fiori di ghiaccio’, animati anch’essi da quell’entelechia “che, brano di eternità, compenetra il corpo animandolo, si manifesta nella natura organica plasmandola e ne guida il lavorio, ne conosce la meta, ne sorveglia le sorti”.382

2 – Il pitagorismo musicale e la musica moderna

L’esoterismo pitagorico – documentato dai testi di Aristotele – consente un passo ulteriore nell’approfondimento del mondo spirituale del giovane Adrian, che ne risulta affascinato e, cosa per lui singolare, emotivamente coinvolto.383 Se gli esperimenti

379 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 114.

380 Si pensa soprattutto ad Arnold Schönberg e alla sua attenzione all’esoterismo, dall’astrologia alle teorie di

Swedenborg. Cfr. Roman Vlad, Demonicità e dodecafonia, in “Archivio di filosofia”, 1953, pp. 81-90.

381 Per tali considerazioni sul demoniaco, nel suo rapporto con la musica e, con considerevoli riferimenti al Doktor Faustus, si rimanda al volume di Vittorio Mathieu, La voce, la musica, il demoniaco, Spirali, Milano

1983. “[…] negli inferi la forma si associa alla materia, ma solo come apparenza, senza realmente vivificarla: sicché il mondo di giù è il ‘regno della morte’, nel senso di una esistenza umbratile, priva di sostanza. Materiali prevalentemente inorganici, come le rocce, sono il contenuto ingannevole di quel mondo. E quelle che sembrano vive sono forme letargiche, come alberi in inverno; o forme notturne, come i pipistrelli”. (Ivi, p. 11).

382 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 108.

383 Così Zeitblom: “Mi dichiaro colpevole di mancanza di tatto perché, a quelle parole, guardavo

istintivamente Adrian per leggere nei suoi occhi. La mia diventava una mancanza di tatto in seguito al disagio, al rossore e al dispetto con cui egli accoglieva il mio sguardo e si voltava dall’altra parte”. (Ibidem). Da notare

naturalistici di Jonathan e i vari “trucchi” della natura lo divertono fino alle lacrime, il mondo mistico e matematico dei pitagorici, gli reca una commozione tanto intima da metterlo a disagio. La Scuola pitagorica gli presenta un’idea di matematica e di musica per cui “nell’idea dell’armonia si fa cosciente […] l’aspetto strutturale della normatività cosmica”.384 C’è differenza tra il carattere magico-stregonico della natura in certo modo ‘smascherata’ da Leverkühn padre e quella normativizzata dei pitagorici: rispetto all’ingenuo naturalismo demoniaco tardo-medievale ‘alla Kaisersaschern’, su cui Adrian riversa un’eccitata ironia mista a simulato disprezzo, il pitagorismo lambisce nel modo più sottile la sua tendenza alla superbia intellettuale, costituisce una più raffinata tentazione, nell’autentico senso religioso-faustiano del termine: la tentazione intellettuale di una razionalizzazione completa in cui a fondare l’unità del tutto – il cosmo – è il numero. Questa verità matematica è concepita come verità naturale, in cui la musica, la realtà del suono diventa paradigma della natura intera ordinata razionalmente secondo il principio armonico-numerico. Lo studio dell’armonia sul monocordo manifesta ai pitagorici rapporti tra porzioni di corda e suono esprimibili numericamente, ma quando il rapporto non è esprimibile da un numero (è il caso del lato e di una diagonale di un quadrato), ecco che la realtà si rivela ambigua e mostra in se stessa il proprio lato irrazionale.385

Il pitagorismo è una delle prime componenti della tentazione intellettualistica faustiana di Leverkühn e proprio per questo si manifesta – secondo il procedimento dialettico eletto da Mann per affrontare il fenomeno demoniaco – insieme al suo effettivo “sentimento religioso”:

“[…] era, com’egli si esprimeva, ‘il vero’. Era una gioia sentirlo definire qualcosa come ‘il vero’, un’ancora, un appiglio, e io non chiedevo più del tutto invano quale fosse la ‘cosa principale’. – Sei un lazzarone – mi disse una volta – a non trovarci gusto. In fin dei conti non esiste di meglio che osservare relazioni di ordine. Epistola ai Romani, capitolo tredici. Ciò che viene da Dio è ordinato. – Arrossì, e io lo guardai stupefatto. Risultò che era di sentimenti religiosi”.386

che tale atteggiamento di Adrian risulta profondamente analogo a quello manifestato da Hanno Buddenbrook in un momento di tensione latentemente omoerotica, in cui l’amico Kai gli rivela di conoscere l’essenza della sua musica: “– So cosa esprime la tua musica, – disse Kai. E poi tacquero entrambi.

Erano in un’età strana. Kai era diventato molto rosso e guardava a terra senza abbassare la testa. Hanno era pallido. Molto serio, e guardava altrove con occhi velati”. (Th. Mann, I Buddenbrook…, cit., p. 676).

384 Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, Bompiani, Milano 2003, p. 309.

385 “La realtà stessa, in questa esperienza intellettuale sconvolgente, mostra in sé il proprio nulla. […]

demoniaca è una razionalità che fa emergere in sé l’irrazionale, e quindi il nulla, perché il nulla appare insito nel reale e lo minaccia dal suo interno”. (Vittorio Mathieu, La voce, la musica, il demoniaco, cit., pp. 13-14).

La matematica, intesa pitagoricamente come rapporto, coinciderebbe con la verità, l’unica che si oppone al malinconico relativismo del giovane Leverkühn. La scoperta dell’inclinazione matematica di Adrian avviene quasi contemporaneamente alla scoperta di quella musicale, secondo un’esplicita affinità tematica. Quando Adrian, ancora liceale, afferma che “il rapporto è tutto”,387 introduce un “motivo pitagorico” non privo di conseguenze per gli sviluppi musicali moderni in generale e per Leverkühn stesso in particolare. La dissimulata indifferenza nei confronti della musica non gli impedisce alcuni occasionali esperimenti pianistici che, prima ancora di ricevere qualunque insegnamento musicale, lo introducono nel cuore della riflessione sulla tonalità:

“E toccò un accordo, tutto di tasti neri, fa diesis, la diesis, do diesis, aggiunse un mi e smascherò l’accordo ch’era sembrato di fa diesis maggiore, rivelandone invece la natura di si maggiore, e precisamente il suo quinto grado ossia la dominante. – Un accordo così, – disse – preso a sé, non ha nessuna tonalità. Il rapporto è tutto, e il rapporto completa il circolo. […] su ciascuno dei dodici suoni della scala cromatica si può costruire una particolare scala maggiore o una scala minore […]. Il rapporto è tutto. E se vuoi dargli un nome più preciso, chiamalo ambiguità”.388

L’ambiguità del rapporto e, pertanto, della musica, scaturisce immediatamente dall’aver trovato la chiave della sua struttura: lo stesso rapporto matematico, che ne determina l’assetto, ne attesta il carattere relativo, indifferente,389 e viene “smascherato” come i precedenti trucchi ambigui della natura:

“Sai cosa trovo? – disse. – Che la musica è l’ambiguità elevata a sistema. […] si mostrava a conoscenza del principio dello scambio enarmonico e non ignaro di certi trucchi, di come si possa scantonare ed utilizzare l’interpretazione nelle modulazioni”.390

Il labile confine tra organico e inorganico, come quello tra tonale e atonale, sta a indicare una realtà che – una volta possedutone il segreto – è possibile dominare alchemicamente ed elaborare secondo schemi al contempo massimamente oggettivi e soggettivi come quelli dodecafonici:391 i “trucchi” naturali diventano dominio soggettivo dell’oggettività matematizzata: scienza e magia trovano qui il loro punto di convergenza.

387 Ivi, p. 52. 388 Ivi, pp. 51-52.

389 Nel momento in cui il rapporto è individuato come principio strutturale, esso si assolutizza a scapito degli

elementi che lo costituiscono, i quali vengono, così, relativizzati.

390 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 52.

391 Cfr. Arnold Schönberg, Composizone con dodici note, in Stile e idea, trad it. di Maria Giovanna Moretti e

Luigi Pestalozza, Feltrinelli, Milano 1975, pp. 105-140, p. 116: “Le restrizioni imposte a un compositore dall’obbligo di usare una sola serie per ogni composizione, sono così rigide che soltanto una fantasia passata vittoriosa attraverso molte avventure può superarle” e, in seguito: “Ma, mentre un compositore ‘tonale’ deve

La scala tolemaica viene elogiata da Leverkühn, già iniziato alla musica, in quanto appartenente alla dimensione naturale che la mette pitagoricamente sullo stesso piano dell’ordine matematico e astronomico:

“Espresse poi il suo grande compiacimento che fosse stato proprio un astronomo e matematico, Claudio Tolomeo, un uomo dell’Alto Egitto che abitava in Alessandria, a fissare la migliore di tutte le scale conosciute, cioè quella naturale o giusta. Una prova

Nel documento Thomas Mann : metafisica della musica (pagine 129-149)

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