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La produzione musicale di Leverkühn

Nel documento Thomas Mann : metafisica della musica (pagine 170-200)

1 – La funzione critica della parodia

L’indiretto suggerimento o intuizione di Kretzschmar, di indirizzare Adrian verso la forma parodistica, è volto a quel ripotenziamento espressivo che sembra, però, affermarsi solo nel superamento della forma parodistica stessa, appunto con l’Apocalipsis e la Lamentatio. Kretzschmar, così, assecondando l’inclinazione malinconica e demoniaca del discepolo, gli indica, in realtà, la retta via della riconquista espressiva, camuffando, secondo l’esigenza dell’interlocutore, un apparente “eccesso di metafisica” dietro argomentazioni di stampo dialettico-adorniano:529

“‘L’arte progredisce’ scriveva Kretzschmar ‘e progredisce mediante la personalità, prodotto e strumento dei tempi, nella quale moti oggettivi e soggettivi si fondono fino a non essere più distinti, fino a prendere gli uni l’aspetto degli altri. L’arte ha un vitale bisogno di progresso rivoluzionario e di novità, e per questo deve poter contare sul veicolo del più forte sentimento soggettivo dell’odore di stantio, del non aver più nulla da dire, dell’impossibilità di adottare i mezzi in voga, e si serve di ciò che sembra non vitale, della tendenza personale alla stanchezza e alla noia intellettuale, della nausea perspicace per il ‘come si fa’, della dannata inclinazione a vedere le cose sotto l’aspetto della loro parodia, del ‘senso del comico’ – la volontà insomma di vita e di progresso dell’arte si ammanta di queste fiacche qualità personali per manifestarsi, per oggettivarsi, per compiersi in esse. Le

stato di fatto cui diamo quel nome. Quel che ci manca è proprio l’ingenuità, e questo difetto, se pur si può discorrere di difetto, ci preserva da certe barbarie di colore che andavano perfettamente d’accordo con la civiltà, persino con una civiltà molto elevata. Voglio dire che il nostro è il livello delle forme civili: situazione assai lodevole, senza dubbio… ma è altrettanto fuor di dubbio che dovremmo diventare molto più barbari per riessere civili. La tecnica e le comodità? Con esse si parla di civiltà, ma non la si possiede. E ora vuoi impedirmi di scorgere nella melodia omofonica della nostra musica un situazione di civiltà musicale… in antitesi alla vecchia cultura del contrappunto polifonico?”

529 Cfr. Antonio Serravezza, Introduzione a Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., p. XVII: “E,

come per Schönberg l’artista opera in veste di ‘esecutore di una volontà a lui celata’, di un ‘impulso a cui deve ubbidire’, per Adorno il dovere del compositore ‘si adempie nell’esecuzione di ciò che la sua musica pretende oggettivamente da lui’, attraverso un circolo dialettico tra spontaneità e sensibilità storica che mette capo, hegelianamente, alla libertà fatta coincidere con la negazione dell’arbitrio”.

pare che questo sia un eccesso di metafisica? E’ invece appena quanto basta, è appena la verità – quella verità che lei in fondo conosce’”.530

La musica segue le proprie vie e opera metafisicamente al di là delle intenzioni del suo autore. Con ciò si palesa un altro tratto spiccatamente romantico di Kretzschmar, che riconosce alla musica la propria autonomia metafisica. Tale posizione è indicatrice della continuità del Doktor Faustus con la precedente produzione manniana, con l’oggettivazione della musica per mezzo di una soggettività affetta da patologia. La fusione del soggettivo e dell’oggettivo, menzionata dal maestro, da un lato, riconduce al Beethoven del ‘periodo di mezzo’,531 dall’altro, ripropone la sua figura come emblema romantico. La continuità con il parallelo Leverkühn/Beethoven che percorre il Doktor Faustus vede Adrian, sotto la guida del maestro, nell’approfondimento della cultura romantica.532 La nuova tragica configurazione dell’epoca e della vicenda narrativa, pur non negando la poetica manniana d’ispirazione tardo-romantica, ne esige, però, un’attenta riconfigurazione: esige non solo il noto “ritiro” del Beethoven di mezzo e della Nona Sinfonia, ma anche, prima di esso, l’alterazione del rapporto soggetto/oggetto nella forma parodistica. A questo punto le strade di Adrian e del suo mastro devono dividersi, ma dividersi secondo l’indicazione dello stesso Kretzschmar, ossia mediante un allontanamento, una divergenza che dovrà, in ultimo, essere volta al ricongiungimento tra la musica e la sua forma autentica, la sua verità, con il superamento anche della parodia, per ritornare a quella forma ‘bella’ e ‘oggettiva’ che i due ‘intuiscono’ come essenza dell’opera:

“Con piena coscienza recava al maestro cose imperfette, per sentirsi dire ciò che sapeva già e per farsi beffe poi della sua intuizione artistica che coincideva perfettamente con la propria, di quell’intuizione artistica che è la vera rappresentante dell’idea dell’opera, non dell’idea d’una opera, bensì dell’idea dell’opus stesso, della forma in genere, oggettiva, armonica e conchiusa; di quell’intuizione artistica che è l’organizzatrice della compiutezza dell’opera, dell’unità organica, e si occupa di saldare le fratture, di turare i buchi, di dar l’avvio a quel ‘fluire naturale’ che in origine non esisteva, e non è quindi naturale, ma una prova dell’arte, mentre insomma questa organizzatrice stabilisce indirettamente e soltanto alla fine l’impressione dell’organicità e dell’immediatezza”.533

Mann vuole mettere in discussione, sottoporre al vaglio della critica l’aderenza dell’opera alla verità storica, non per amore della critica e della verità storica, ma per amore

530 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 154.

531 Ancora secondo l’accezione adorniana che emerge dagli appunti raccolti in Th.W. Adorno, Beethoven, cit. 532 Cfr. Th. Mann, Doctor Faustus, cit., cap. IX.

dell’arte, per dimostrarne una valenza conoscitiva volta a celebrarne la potenza metafisica, in una prospettiva che condurrà al superamento delle stesse considerazioni adorniane di cui, in qualche modo, la musica finisce per “farsi beffe”. Il distacco critico di Adrian Leverkühn nei confronti della propria arte è un metterla alla prova e un tentativo di esorcizzare la sua potenza metafisica mediante l’ingiuria critica dell’apparenza:

“In ogni opera c’è molta apparenza; anzi, si potrebbe di più affermare che è apparente in se stessa come ‘opera’. Essa ha l’ambizione di far credere che non è stata fatta, ma che è nata e sorta come Pallade Atena, nell’ornato completo delle sue armi cesellate, dalla testa di Giove. Ma questa è illusione. Mai un’opera si è presentata così: essa è lavoro, lavoro artistico, e ha per fine l’apparenza, sicché vien fatto di chiedersi se allo stato naturale della nostra coscienza, della nostra conoscenza, del nostro senso della verità, questo giuoco sia ancora lecito, ancora spiritualmente possibile, ancora da prendersi sul serio, se l’opera come tale, la forma autonoma armonica e in sé conchiusa abbia ancora qualche relazione legittima con la mancanza completa di sicurezza e di armonia, con la problematicità delle nostre condizioni sociali, e se qualsiasi apparenza, anche la più bella e proprio la più bella, non sia oggi diventata menzogna.

Questo vien fatto di credere, ripeto, e voglio dire che allora imparai a chiedermelo attraverso i contatti con Adrian, il cui sguardo acuto, o se è lecito dir così, il cui sentimento acuto in queste cose era d’una infinita incorruttibilità”.534

E’ uno Spiel impolitico, in cui Adrian fa il gioco del diavolo (e di Adorno) accusando la musica classico-romantica – in un senso analogo a quello in cui proclamerà l’impossibilità di salvarsi535 –, riferendosi a una ‘impossibilità spirituale’ che, però, costituisce la vera apparenza, ossia quella destinata a dissolversi. Lo ‘sguardo acuto’ e freddo della critica è, in realtà, come ben intuisce Zeitblom, un ‘sentimento acuto’ da intendere come intuizione, quella stessa intuizione della portata metafisica della musica che accomuna Adrian a Kretzschmar e concilia l’opera del primo con la tradizione classico- romantica. Parafrasando la Philosophie der neuen Musik536 e accusando la compromissione della bellezza con l’apparenza, Adrian libera la bellezza dall’apparenza per riaffermarla sul piano più alto della conoscenza, configurata come quell’interesse critico che, secondo le

534 Ivi, p. 208. 535 Ivi, pp. 569-570.

536 Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., p. 46: “Con la negazione dell’apparenza e del gioco

la musica tende alla conoscenza. Ma la conoscenza si basa sul contenuto espressivo della musica stessa. Ciò che la musica radicale ‘conosce’ è il dolore non trasfigurato dell’uomo, la cui impotenza è aumentata tanto da non permetter più né gioco né apparenza”.

Betrachtungen, è una forma dell’amore e della passione propria dell’intellettuale.537 Ecco perché, pur nella coscienza storico-critica, egli “aspira ad un’opera”, così come Berg, nell’interpretazione di Adorno, aveva ceduto al Wozzeck, appianando il dolore come contenuto espressivo nello stile della “grande opera”:538

“L’opera! E’ un inganno. E’ una cosa che i borghesi vorrebbero ci fosse ancora; è una cosa che cozza contro la verità e contro la serietà. Vero è soltanto ciò che è breve, brevissimo, soltanto il momento musicale supremamente consistente…

Come potevo non essere preoccupato sapendo ch’egli stesso aspirava ad un’opera e aveva progettato la composizione d’un lavoro teatrale?

In altra occasione l’ho anche sentito dire:

– L’apparenza e il giuoco hanno oggi la coscienza dell’arte contro di sé. L’arte non vuole più essere apparenza e giuoco, ma conoscenza”.539

L’elogio della brevità, che condivide il senso dello Zürucknehmen del principio affermativo-costruttivo nel capitolo XLV, è volto all’annullamento dello Schein insito nell’‘opera’ e della trasfigurazione del contenuto negativo, mediante l’immediatezza espressiva, secondo quanto rileva Adorno, a partire dall’esperienza compositiva di Schönberg540 e di Webern:

“Nessun’opera potrebbe dimostrare meglio delle più brevi frasi di Schönberg e di Webern compattezza e consistenza di raffigurazione formale. La loro brevità deriva appunto dalla pretesa della più alta consistenza: questa vieta il superfluo, si ribella così all’espansione nel tempo che sta alla base della concezione dell’opera musicale fin dal secolo XVIII, in ogni caso comunque da Beethoven in poi. L’opera, il tempo, l’apparenza

537 Cfr. Th. Mann, Considerazioni di un impolitico, cit., pp. 92-93: “L’equivalente di ‘amore’ sul piano

intellettuale è ‘interesse’, ogni psicologo sa che interesse significa un affatto tutt’altro che fiacco, anzi di molto superiore per impeto, per esempio, a quello dell’‘ammirazione’. E’ l’affetto tutto particolare degli scrittori che non viene distrutto dallo spirito analitico, anzi da quello attinge, in un senso antispinoziano, continuo nutrimento. Non è dunque nel panegirico ma nella critica maligna e perfino odiosa, addirittura nel pamphlet – a condizione che sia frutto denso di spirito e di passione –, che trova esaudimento l’interesse appassionato”. Analogamente, nel Doktor Faustus, Adrian manifesta e, allo stesso tempo, maschera la propria ‘passione’ per la musica, dietro la critica, l’interesse, l’ironia: cfr., a tal proposito le parole che il diavolo rivolge ad Adrian: “La passione di quel cristiano lì [Kierkegaard] per la musica è vera passione, in quanto è conoscenza e sottomissione al tempo stesso. La vera passione esiste soltanto nell’ambiguità e come ironia. La suprema passione mira alle cose assolutamente sospette…”( Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 280).

538 Cfr. Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., p. 36. 539 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 208.

540 Schönberg, in Composizione con dodici note, cit., p. 108, spiega: “Fin dall’inizio queste composizioni

[dodecafoniche] si distinsero da tutta la musica precedente non solo armonicamente, ma anche sotto il profilo melodico, tematico e motivico. Le caratteristiche più notevoli di questi pezzi in statu nascendi, furono però l’estrema espressività e la straordinaria brevità. Allora né io né i miei allievi [Webern e Berg] eravamo coscienti delle ragioni di queste caratteristiche, ma più tardi scoprii l’esattezza del nostro senso della forma che ci spingeva ad equilibrare un’espressione estremamente intensa con una straordinaria brevità”.

vengono duramente colpiti. La critica dello schema estensivo si incontra con quella contenutistica della frase e dell’ideologia: la musica, coagulata nell’attimo, è vera in quanto esito di un’esperienza negativa. Essa riflette il dolore reale”.541

Il “dolore reale”, non trasfigurato è e sarà la meta ultima dell’iter compositivo- spirituale di Leverkühn, nell’aderenza alla verità storica e oggettiva che l’esperienza radicale del dolore esige dal compositore del Novecento. Ciò permetterà non solo di restituire senso e autenticità alla musica riconciliata, in tal modo, con la verità mediante una rinnovata potenza espressiva, ma anche di “redimere” l’idea dell’‘opera’, di legittimare la forma estensiva dell’espressione musicale, secondo quanto si potrà riscontrare nell’Apocalipsis e nella Weheklag. Tale legittimazione trae vigore dalla tradizione musicale e dall’assunzione dei suoi diversi elementi nella loro legittimità espressiva.

Per scongiurare il rischio di inautenticità, che si celerebbe dietro la riproposizione tout-court di mezzi tecnici ormai sottoposti al logoramento del materiale musicale, è necessario che essi vengano dapprima sottoposti al noto e ambiguo “smascheramento”, il quale stabilisce il motivo conduttore demoniaco-diabolico, a partire dagli esperimenti naturali di Leverkühn padre, fino alle composizioni di Leverkühn figlio. Proprio quest’esigenza di smascheramento giustifica il ricorso alla forma della parodia, ossia, all’esasperazione iperbolica dello Schein nella sua parodistica coincidenza con lo Spiel. Così, le fasi – quella parodistica e quella, per così dire ‘espressiva’ – della produzione di Leverkühn, rispecchiando in successione invertita le polarità proposte da Adorno nella Philosophie der neuen Musik e incarnate nelle figure di Schönberg e Strawinsky542 rendono il musicista del Doktor Faustus paradigma dell’intera vicenda spirituale-musicale della prima metà del Novecento.

L’arco della produzione di Leverkühn costituisce la risposta peculiarmente manniana alla questione della finis musicae, rilevata da Zeitblom nel momento in cui si fa avanti il paradosso leverkuhninano di denigrare e, al contempo, produrre un’opera, di proclamarne l’afferenza al regno dello Spiel e dello Schein e, al contempo, di auspicarne l’appartenenza alla dimensione dell’Erkenntnis:

541 Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., p. 42.

542 La produzione di Adrian Leverkühn procede da elementi strawinskiani per poi giungere a quelli

schönberghiani. Risulta che Mann avesse letto la prima versione (1940/41) della Philosophie der neuen

Musik, che constava solamente della parte su Schönberg che, nella versione definitiva va sotto il titolo di

“Schönberg e il progresso”( Th.W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., pp. 33-130). I riferimenti all’interpretazione adorniana di Strawinsky sono quindi da attribuire ad altri contatti con il pensiero di Adorno, probabilmente riconducibili alla sua personale frequentazione.

“Ciò che cessa di concordare con la propria definizione cessa anche di esistere. E com’è possibile che l’arte viva per essere conoscenza? […] Ma questa nuova affermazione contro l’apparenza e il giuoco, vale a dire contro la forma stessa, sembrava indicasse un tale allargamento del regno della banalità e delle cose non più ammissibili, che minacciava di ingoiare l’arte in genere. Con profonda preoccupazione mi chiesi quali sforzi, quali cavilli intellettuali, quali ambagi e ironie sarebbero stati necessari per salvarla, per riconquistarla e per giungere a un’opera che, come parodia dell’innocenza [Travestie der Unschuld], ammettesse quello stato di conoscenza da cui avrebbe avuto origine!”543

Prima di raggiungere tale tipo di opera, l’itinerario spirituale di Leverkühn deve, secondo l’ormai noto procedimento manniano, approfondire la dimensione demoniaco- diabolica (“cavilli intellettuali”, “ambagi e ironie”), per giungere, dapprima, al suo smascheramento, poi, alla sua inversione-conversione. Essenzialmente demoniaco- diabolica si rivela appunto la produzione parodistica di Leverkühn, da Meerleuchten fino a Gesta Romanorum: tale connotazione attinge alla poetica strawinskiana, secondo l’accezione negativa tributatagli da Adorno nella seconda parte della Philosophie der neuen Musik.544 La musica parodistica è, per Adorno che riprende l’espressione di Rudolf Kolisch, “musica al quadrato”:545 essa sorge proprio davanti alla minaccia della finis musicae, davanti alla progressiva riduzione delle “possibilità dell’‘invenzione’”546 del materiale musicale, come tentativo di rianimare forme del passato. Le forme parodistiche si basano su un’ambigua forma di mimesi profondamente affine all’ambiguità della natura organica e inorganica che i cristalli di Jonathan Leverkühn avevano portato alla luce. Adorno stesso, nel riferirsi alla parodia strawinskiana, ne indica proprio l’ambiguità del mimetismo:

“Qualcosa di non intermente addomesticato, di un indomito mimetismo – la natura – sta celato proprio in questa non-natura”.547

Il mimetismo è da intendersi come uno Spiel tutto demoniaco che discredita la vita facendo apparire come vivo ciò che è morto; la sua inconseguenza sul piano artistico- spirtuale viene proclamata da Adrian stesso nel suo colloquio col diavolo:

“Si potrebbe potenziare il giuoco, giocando con forme dalle quali, come si sa, la vita è sparita.

543 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., pp. 208-209.

544 La parte concernente “Strawinsky e la restaurazione” di Th.W. Adorno, Filosofia della musica moderna,

cit., pp. 131-206.

545 Ivi, p. 174. 546 Ibidem, nota 39. 547 Ivi, p. 178.

Lui: – Lo so, lo so. Tu alludi alla parodia, che potrebbe essere allegra, se non fosse tanto triste nel suo nichilismo aristocratico. Ti riprometteresti molta fortuna e grandezza da simili sotterfugi?

Io (replicando con stizza): No”.548

Il carattere regressivo della parodia risiede, per Mann come per Adorno, da cui è mutuata l’espressione ‘nietzschiana’ di Adrian,549 proprio nella simulazione dell’innocenza, dell’ingenuità, del carattere fanciullesco:

“La parodia, cioè la forma fondamentale della musica al quadrato, significa imitare qualcosa e, nell’imitazione, deriderla. Proprio questo atteggiamento, che a tutta prima riesce sospetto ai borghesi in quanto proprio al musicante intellettuale, si inserisce poi con facilità nella regressione: come un fanciullo smonta i suoi giocattoli e poi li rimette insieme maldestramente, così si comporta la musica infantilistica verso i suoi modelli”.550

Soprattutto in Adrian Leverkühn, tale forma di “innocenza” dovrà essere smascherata come forma di superbia intellettuale:

“Ma quella che più sopra ho chiamato la ‘parodia dell’innocenza’, quante volte ebbe a manifestarsi fin dall’inizio nelle sue produzioni! In queste, nonostante il grado musicale sviluppatissimo, davanti a uno sfondo di estrema tensione si trovano delle banalità, beninteso non in senso sentimentale o quello della compiacenza troppo spinta, bensì banalità nel senso di una primitiva tecnica: ingenuità dunque, o apparenti ingenuità che il maestro Kretzschmar lasciava passare al non comune alunno con un sorriso, certamente perché le comprendeva non come ingenuità di primo grado – se così posso dire – ma come un aldilà della novità e del cattivo gusto, come ardimenti travestiti da tentativi di principiante”.551

La parodia dell’innocenza è innocenza mascherata, ‘travestita’, apparente, è l’apparenza (Schein) dell’innocenza che attesta la coincidenza adorniano-benjaminiana dello Spiel e dello Schein. L’ironia, come categoria manniana, ossia in quanto istanza critica o proprietà dell’eros – in entrambi i casi forma di conoscenza – nel momento in cui, come avviene per la parodia, entra in contatto con lo Spiel e lo Schein, ossia con quello che per Adorno-Benjamin è per eccellenza antitetico alla conoscenza, degenera nella forma diabolica della derisione che solo il suo essere ‘dolorosa’ potrebbe redimere. Lo stesso

548 Th. Mann, Doctor Faustus, cit., p. 279.

549 Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, cit., p. 45: “Nietzsche ha preso giustamente una posizione

positiva di fronte alle convenzioni estetiche, e la sua ultima ratio fu il gioco ironico con forme la cui sostanzialità era scomparsa”.

550 Ivi, p. 178.

Adorno individua la connotazione dolorosa della derisione nella sua caratterizzazione della parodia in Strawinsky:

“La cattiveria con cui è guardato il modello confina la musica al quadrato nell’illibertà: essa intristisce perché è legata all’eteronomo. E’ come se non potesse esigere da se stessa , quanto a contenuto compositivo, nulla più di quanto già non contenga la meschinità della musica parodiata, la cui immagine negativa fa la sua felicità”.552

a) Die Wunder des Alls e Die Frühlingsfeyer

La composizione di Leverkühn che sembra esemplificare la concezione adorniana della parodia strawinskiana e la sua “cattiveria” è Die Wunder des Alls: il carattere determinante è quello della derisione, rivolta contro l’assetto dell’universo, che sembra assurgere a paradigma dell’intera creazione e della grandezza dell’opera di Dio:

“Era la stupefacente sinfonia o fantasia per orchestra in un solo tempo, ch’egli elaborò negli ultimi mesi del 1913 e nei primi del ’14 e che ebbe il titolo Le meraviglie dell’universo – contrariamente al mio desiderio e alla mia proposta. Mi dispiaceva infatti la frivolezza di quel titolo, e perciò avevo consigliato di chiamare quell’opera Symphonia cosmologica. Senonché Adrian ridendo insistette per quell’altro nome pseudo-patetico e ironico che prepara meglio l’intenditore al carattere in tutto comico e grottesco, anche se

Nel documento Thomas Mann : metafisica della musica (pagine 170-200)

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