Informazione e conoscenza secondo Google
1. Domani mattina
C'è nessuno in ascolto? c'è nessuno in ascolto?
Il pericolo non viene da quello che non conosciamo ma da quello che crediamo sia vero è invece non lo è
Mark Twain77
Preso da un attacco di nostalgia - probabilmente provocato dall'essermi concentrato per troppo tempo su aspetti di frontiera del Web - sono andato in garage a prendere il mio vecchio
computer: il mio primo computer, quello col quale mi sono collegato per la prima volta a Internet. Non so da quanti anni fosse spento (non voglio nemmeno fare il conto) ma la polvere che ho levato dalla plastica con la quale l'avevo mummificato era tanta.
Funzionava ancora! La ventola ricordava un elicottero, il disco rigido faceva il frastuono di un reggimento di tarli. Ho passato quel lungo tempo necessario perché il sistema operativo si
caricasse con molta apprensione. Se c'è stato un momento dove un homo nordamericanus avrebbe potuto sorprendermi in una posa naiv, quella sarebbe stata un'ottima occasione.
Aggeggiando un po' in casa per riesumare una connessione telefonica degna dei bei tempi l'ho connesso di nuovo alla rete, ed emozionato ho lanciato Mosaic, il primo vero browser della storia di Internet. Con una certa sorpresa, procurata dall'ingenuità di quel momento, mi accorsi che vedevo solo dei bei minestroni di segni. Non c'era un sito che si riuscisse a vedere fra quelli che cercavo di farmi venire in mente, e molti di quelli che mi ero appuntato sembravano non esistere più. Mi sono sentito come quel personaggio del film The day after che all'indomani della
catastrofe nucleare provava mestamente a cercare qualche sopravvissuto, ripetendo
ossessivamente al microfono di una radio "c'è nessuno in ascolto? c'è nessuno in ascolto?". La polvere che ho levato dal mio vecchio computer era tanta, ma a pensarci bene quella stagione eroica è accaduta solo ieri. Questo mio piccolo episodio di vita privata mi ha ricordato una cosa ovvia, ma è riuscito ad aggiungervi anche un sapore, che subito si è trasformato in questa domanda: se in così poco tempo tutto è cambiato, quali scoperte farò quando tra molti anni la mia nostalgia mi spingerà nuovamente a trasformarmi in un piccolo archeologo domestico?
***
Spero che in questo studio sia riuscito a comunicare quanto alta è la posta in gioco. Nel dire che i cambiamenti ai quali assistiamo sono rapidi e frenetici ripeto un refrain che è quasi l'inno
sottinteso di mille telegiornali, titoli di quotidiani, libri e dibattiti. Ma questi cambiamenti scivolano sotto i nostri piedi senza che ce ne possiamo accorgere, a meno che non siano così
violenti da spostare anche la terra che ci mantiene eretti. Questo è un dato che bisogna sempre avere presente, anche a rischio di diventare monotoni.
Con lo stesso spirito entusiasta di molti internauti curiosi scoprii anch'io Google perché mi ritrovai nella ragnatela dei passaparola che esso aveva innescato. E come tanti lo innalzai al rango di pagina iniziale del mio browser. Da quel momento partì una lunga parabola che in questo momento raggiunge le parole che sto pestando sul mio ultimo portatile, e le spinge verso una direzione che non so.
Non amo le dietrologie a tutti i costi, non amo il gusto dell'apocalisse, detesto il conformismo facile che impallina il capro espiatorio di turno. Ma i rischi di cui ho parlato li considero degni di attenzione. Tra questi, quelli che mi preoccupano di più riguardano gli adolescenti. Gli studi che ho citato, ma anche la mia semplice esperienza personale, rivelano che sono sottoposti a una tale quantità di stimoli caotici, che mi chiedo come la scuola potrà difendersi per restare ancora l'istituzione guida per la loro formazione. Non sto difendendo una scuola alla De Amicis; accetto, ovviamente, che la comunicazione moderna ibridi il suo essere. Credo, però, che cavalcare questa modernità alla leggera sarebbe un'imperdonabile imprudenza.
Molte riflessioni che ho presentato in questo studio, sebbene investano problemi che si muovono nella nostra cultura da moltissimo tempo, riguardano temi di stringente attualità. La situazione in cui versano i mezzi di informazione, specie nel mio Paese, è quello più urgente. Internet
rappresenta una potenziale alternativa a certe pratiche che purtroppo si riscontrano nel mondo dei media, ma occorre conoscerlo e usarlo consapevolmente, altrimenti può replicare in un nuovo contesto le stesse distorsioni che si vorrebbe combattere.
I motori di ricerca, e fra questi prima di tutto Google, devono percepire che esiste un pubblico attento, consapevole e reattivo: da qui può provenire la principale garanzia perché le potenzialità della rete risultino efficaci nel creare nuovi e diversi spazi di informazione e dibattito, che
risultino anche di stimolo per i media tradizionali. Ma avverto che siamo molto lontani da una simile consapevolezza. Bisogna quindi che, oltre a una battaglia sul piano culturale, si avviino dei processi politici che intervengano sul piano normativo: penso siano maturi i tempi perché un motore di ricerca sia soggetto a regole più precise, al pari di altri media. Contestualizzate e aggiornate rispetto al medium che vogliono normare, attente a trovare un giusto compromesso in modo da evitare derive liberticide.
Si tratta di una questione enormemente complessa, perché si rivolge, per la natura stessa della materia che tratta, a una dimensione transnazionale. Ma va affrontata. Una qualche forma di garanzia (anche soltanto simbolica o di principio) che un motore di ricerca non effettui per qualche ragione delle manipolazioni nascoste dei risultati che fornisce non può più provenire
soltanto dalle sue mani.
In Italia più volte si è tentato di creare regole nel mondo del Web. Ma lo si è fatto o in maniera maldestra, traslandole da contesti troppo diversi, o in maniera volutamente ambigua, in modo da avere strumenti che consentissero di frenare quelle declinazioni dell'idea di libertà - salutari in certi casi, anarcoidi, ma pur sempre non biasimabili, in altri - che il Web ha contribuito a
formare. Le dichiarazioni che ogni tanto ho sentito fare da certi politici italiani generano un certo sconforto. Dimostrano che il Web è da loro poco conosciuto78
.
La partita quindi si gioca sia sull'attualità, sia su un piano di lungo respiro. Ho pensato quindi che un buon modo per concludere con un registro appropriato questo mio studio, potesse consistere nel confrontarmi con BigG: in appendice il lettore troverà un'intervista che ho realizzato
appositamente al Dott. Marco Pancini, European Policy Counsel di Google.
Per quanto riguarda i nostri amici Larry e Sergey la mia piccola storia critica finisce qui.
Ribadisco l'ammirazione che ho per le loro storie personali, ribadisco che Google va tenuto sotto osservazione, e riconosco che offre un servizio veramente utile. Basta trattarlo per quello che è: uno strumento e non un maestro; efficiente, ma non perfetto.
Interpretando liberamente la frase di Twain che ho posto all'inizio di queste conclusioni, credo che il miglior modo per rispondere finalmente alla domanda se ci possiamo fidare di Google stia nel porla nuovamente, ma in un altro modo, e chiederci se invece possiamo fidarci di noi stessi.
78 L'attuale ministro degli esteri Franco Frattini se ne uscì, quando era Commissario Europeo alla Sicurezza, con una
proposta ridicola. Disse che per combattere il terrorismo i motori di ricerca dovevano censurare certe parole chiave pericolose come "bomba", "uccidere", "genocidio" o "terrorismo". Nel fare una proposta del genere dimostrò una totale ignoranza di cosa sia il Web, anche se in questo caso specifico bastava sopperire all'ignoranza con pochi grammi di buon senso. E poi, ve lo immaginate il terrorista in erba che digita "terrorismo" su Google per sapere cos'è?!
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Agata, il cane terranova che abita nell'appartamento sopra il mio Le sue unghie da orso grizzly mi hanno costretto a scrivere questo studio con delle cuffie antirumore