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Don Abbondio insomma volge tutta la sua attenzione a spiare ogni mossa, ogni

atteggia-mento, ogni espressione della fisionomia del suo

compagno

e prend?

ombra

di tutto,

inter-pretando ogni cosa nel senso che gli

impone

il

propriosentimento. Perciò

non

osserva

neanche

qui la

commozione,

che si manifesta nella folla al passaggio della piccola comitiva,

non

ode

il '.<

mormorio

quasi d'applauso » chesi sente

all'apparire di quell'

uomo

« oggetto ancor

poche

ore

prima

di terrore e d' esecrazione,

•ora di lieta maraviglia »;

non

vede tante per-sone che fanno insieme alle spinte per

am-mirarlo

da

vicino. Egli

non

pensa che a sé, ai pericoli, cui crede di andare incontro e

non

si occupa,

non può

occuparsi di altro.

Allorquando arrivano davanti alla porta spalancata della chiesa,

don Abbondio

si

rac-comandò

al cielo e si senti prendere da una viva

commozione

: « sentendo il concerto

so-LA SPEDIZIONE CON L'INNOMINATO J41

lenne dei suoi confratelli che cantavano a di-stesa, provò un'invidia,

una

mesta tenerezza,

un accoramento

tale, che durò fatica a tener le lacrime ». Perchè ora questa viva

commo-zione con prevalenza dei sentimenti teneri?

A

questa

commozione

contribuiscono diversi elementi emotivi. Innanzi tutto vi è

una

intensa

compassione

verso sé stesso, che corre incontro a ignoti pericoli,

mentre

i suoi confratelli stanno pacificamente a cantare nel coro; quindi rinvidia verso di essi e il desiderio di essere con loro.

Ma

vi è di più, quel canto lo richiama più direttamente alla sua vita tranquilla abi-tuale,

quando

anch'egli cantava a distesa

lon-tano da ogni pericolo,

E un

sentimento di contrasto vivissimo con quelli che ora

occu-pano

l'animo suo.

Come

si sa, la musica e il

canto

hanno

la virtù di destare i ricordi, so pra tutto quei ricordi che sono più in

armonia

col nostro carattere ; e per

Don Abbondio

i

ricordi piìi graditi, sopra tutto in quel

mo

mento,

non

potevano essere se

non

quelli della sua vita pacifica, quelli che si riferivano al suo quieto vivere.

Onde

egli, sotto questo stimolante,

doveva

sentire più

grande

l'abisso che lo separava

da

quei tempi e più

penosa

142 IL SENTIMENTO DEL DOVERE

gli diventava quindi la situazione del

momento

attuale. Egli s' ingigantiva con la fantasia il

disagio, il pericolo, il disturbo di

una

simile spedizione e poteva in certo

modo

considerarsi

come

votato

da un

destino crudele a

una

fine infelice.

Oramai

la sua vita pacifica poteva considerarsi chiusa per sempre!

Fuori dell'abitato i suoi pensieri diventa-rono più tristi e più angosciosi, l'affanno e la

preoccupazione

aumentarono

: «

un

velo più nero si stese sui suoi pensieri ». Neil' aperta

campagna,

negli andirivieni deserti, egli si sentiva più in balìa del suo

compagno

di viaggio e

pensava

che ogni passo lo

avvici-nava

di più a quella valle tremenda, a quel castello,

dove non

avrebbe visto altre facce se

non

i terribili sudditi di cohii.

Come

avrebbe ora desiderato di entrare in conversazione, con quel personaggio,

almeno

pertastarlo un poco, per tentar di scoprire quale

assegnamento

c'era

da

fare su quella conversione, « per tenerlo in

buona

».

Ma

1'amico si mostrava troppo soprappensiero e a

don Abbondio mancava

il

coraggio per intavolare per

primo

una qua-lunque conversazione. Dovette quindi rinchiu-dersi nei suoi pensierie «parlar consé stesso».

LA SPEDIZIONE CON L'INNOMINATO 143

E

qui è interessante seguire il filo di questi pensieri, notare i processi di associazione che

si

seguono

in quella

mente

sotto l'impulso del suo proprio stato emotivo. Il

Manzoni

ha di-spiegato in quest'analisi tutto quell'intuito di

grande

artista, che sa mettere a

nudo

il

la-vorìo intimo di

una

coscienza e rilevare nelle più piccole sfumature tutte le

forme

di sintesi che

una

data

emozione può

provocarvi.

Dai

pensieri che si succedono ora nella

mente

di

don Abbondio,

apparisce nella sua più chiara evidenza, quasi fosse dipinta su di

una

tela, tutta la più intima struttura, diciamo cosi, del suo carattere e quindi il

modo come

gli si

presentano i fatti della vita e

come

vi si

for-mano

i criterii di valutazione, con cui

può

apprezzarli.

Per

lui, che

non

chiede altro « che d'esser lasciato vivere », tanto i santi che i birboni

hanno

« 1' argento vivo addosso » e

non

si

contentano d'essere in

moto

loro,

ma

vorreb-bero tirare in ballo tutto il genere

umano.

Il

sentimento,

come

ordinariamente accade, lo

in-ducea generalizzare a suo

modo;

esso

ha

infatti

bisogno di nutrimento e si nutrisce allargando

il

campo

delle idee e degli oggetti su cui si

144 IL PENTIMENTO DEL DOVERE

può

esercitare, in quel dato

momento,

l'attività

psichica.

Esso

perciò fa vedere tutte le cose sotto quel dato aspetto, sotto l'aspetto cioè che più armonizza con quella data tinta emotiva.

Cosi, osserviamo di frequente che chi

ha

rice-vuto

una

o

due

cortesie in

un

ciato paese, tende a considerare

come

cortesi tutte le persone di quel paese; chi

ha

provato antipatia per

due

o tre persone inun datoluogo,tende a riguardare

come

antipatichetuttele persone di quel luogo, e via discorrendo.

K

notevole a tal riguardo

lo stato emotivo in cui si trovava il Nietzsche

alla vigilia della pazzia, che gli faceva vedere tutto incantevole a Torino, a cominciare dalla cucina e a finire agli abitanti e alla città in genere.

Ma

queste generalizzazioni a base

emotiva

sono più

comuni

nelle persone del popolo e si manifestano assai di frequente nei bambini, presso i quali 1' esperienza

non

ha ancora corretto o

non

è in grado di correg-gere gì'impulsi e i prodotti del sentimento.

Esse

peraltro si

producono

tutte le volte che

siamo

in preda di

una

forte emozione, la quale, conferendo

come

un'impronta

comune

a tutto

un

insieme disparato di cose, fa perdere di vista le differenze caratteristiche intercedenti fra di esse.

LA SPEDIZIONE CON L'INNOMINATO 145

Così avviene ora nella coscienza di

don Abbondio.

Egli, di santi o di birboni

non ha

conosciuto, o per lo

meno, non ha

presenti alla

mente

che tre tipi soltanto : il cardinale

Borromeo, don Rodrigo

e l' Innominato, che sono quelli con cui ha avuto più

da

fare ; e siccome tutti e tre, più o

meno,

gli

hanno

procurato e gliprocurano fastidi,

hanno

turbato o turbano il suo quieto vivere, le

espongono

a paure di vario genere; cosi egli vede ora

in ogni santo e in ogni birbone

un

perturba-tore di tutto il genere

umano

; e

non

solo questo,

ma

i santi e i birboni sono messi

tutti in

un

mazzo.

La

differenza grandissima che, dal punto di vista etico, intercede fra gli uni e gli altri, sparisce per

don Abbondio,

perchè, tanto gli uni che gli altri, gli si pre-sentano col

comune

difetto di « mettere in ballo tutto il genere

umano

>.

Ma

perchè poi tutto il genere umajio?

Semplicemente,

perchè

hanno messo

in ballo lui,

don Abbondio. Ecco

che

don Abbondio

diventa tutto il genere

umano. E

perchè

no

?

Il sentimento

ha

carattere

eminentemente

subbiettivo, perciò tende a fare la persona che lo

prova come

il centro, cui

vengono

ri-146 IL SENTIMENTO DEL DOVERE

condotti tutti i processi psichici; per giunta la paura è

una emozione

per eccellenza con-centrante, che porta alla esclusiva conside-razione del proprio io, alla esclusiva pre-occupazione della propria sicurezza. Nulla quindi di più facile al pauroso, che scambiare

la propria persona con tutto il

mondo. E

questa un'altra delle

forme

di generalizzazione prodotte dal sentimento,

una

generalizzazione, diciamo così, per ingrandimento del proprio

io, che diventa per tal

modo,

il punto di

ri-ferimento,

come

di attrazione di tutte le cose.

E

a questo pensiero del proprio io è in-fatti ricondotto

don Abbondio dopo

la sua generalizzazione intorno ai santi e ai birboni.

Essi,

non

solo

hanno

la tendenza di tirarein ballo tutto il

mondo, ma

quel che è peggio, è che

vadano

a cercar proprio lui,

don

Ab-bondio, e lo tirino per i capelli nei loro affari, egli che

non

chiede altro che di esser lasciato vivere.

Qui non

è più tutto il

mondo, ma

è sopra tutto

don Abbondio.

Il sentimento, che

prima aveva

generalizzato, ora individualizza:

è il solito suo giuoco questo continuo pas-saggio dal generale all'individuale.

Esso

cerca

il generale per nutrirsi e per ingrandirsi,

se-LA SPBDIZIOXE CON L'INNOMINATO 147

concio la sua propria logica, in certo qual

modo,

anche per nobilitarsi e poi riversa sulla propria persona tutta la piena delle forze per

tal

modo

raccolte.

Allora si produce un'altra

forma

di gene-ralizzazione, questa volta, a base, diciamo così, concentrica. Chi è sotto Vinfluenza di

uno

stato emotivo per qualche fatto, che

ha

ope-rato su di lui,

non

è disposto a considerare quel fatto

come

isolato e accidentale,

ma

vuole cercare tutta

una

serie dì fatti consimili, per metterli insieme e farne

una

classe e stabilire, in certo

modo, un

nesso causale, fra quei fatti

e la sua propria persona. Il singolare e 1' ac-cidentale

non

esistono per il sentimento, esso vuole la classe e la regola.

Sempre

per quella stessa causa, per quel bisogno cioè di rinve-nire

un maggior

nutrimento e

come una

giu-stificazione del suo essere, del suo persistere, del suo intensificarsi e anche del suo espan-dersi; per trovare

uno

sfogo

sempre

meglio appropriato. Perciò

don Abbondio

si vede

come

preso di mira,

non da

una sola persona

ma da un

gruppo,

da una

classe di persone.

Non

è più

don

Rodrigo, o l'Innominato, o il

cardinale;

ma

sono in genere, tutti i

faccen-148 IL SENTIMENTO DEL IIOVEHE

doni, che

vanno

a cercar proprio lui.

Ecco

che le due categorie di persone, i santi e i

birboni sono accumutiati in

una

sola classe, quelle dei faccendoni, che

vanno

a tirarlo «per

i capelli ne' loro affari ». Nulla

può sembrar

strano alla logica del sentimento. Tutte queste persone

non hanno

forse di

comune

la

ten-denza a crear fastidi a

don

Abbondio, a prò curargli pericoli, a preparargli paure?

Dun-que,

da

questo

punto

di vista, sono eguali fra di loro; da qui è breve il passo a considerarle eguali in tutto. I! sentimento

può

superarlo facilmente.

Non

importa poi che i caratteri di queste persone siano così div^ersi e così disparati ed opposti anche siano i moventi per cui operano, tanto che

un

abisso possa intercedere tra quei tre personaggi.

Don Rodrigo

operaper accon-tentare una sua ignobile passione, l' Innomi-nato è sotto l'impulso del pentimento e