PURCHASED POR THE
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY FROM THE
HUMANITIES RESEARCH COUNCIL SPECIAL GRANT
POR
Italian Literature from
Romantici sm to Post moderni sm
IL
Sentimento del Dovere
NEL CARATTERE 01 " DON ABBONDIO „
Prof.
VINCENZO MICELI
dell'Università di Palermo
©-<5>^
IL SENTIMENTO
PEL POVERE
NEL mMmt
PI "POH nmwm
PIACENZA
Società Editrice Libraria Pontremolesk
Via
XX
Settembre 121, 123, 1251909.
LIWP
Cremona iqog.
—
Stab. Arti Grafiche E.FORONI
DEDICO A
VOI, MIEICARI
FIGLIELISA, RENATO, RICCARDO
QUESTO SCRITTO MODESTO
A
VOI,SU
GUISONO ORAMAI CONCENTRATE TUTTE LE MIE CURE
E TUTTE LE MIE SPERANZE POSSA ESSO RICORDARVI
QUANDO SARETE ADULTI
CHE
ILGIOIELLO
PIÙPREZIOSO CHE NOI POSSEDIAMO
LA NOSTRA CONQUISTA
PlUGRANDE
È
ILSENTIMENTO DEL DOVERE
INDICE
Introduzione
NTRODUZIONE
NTRODUZIONE
In
un
precedente scrittoho
cercato di stu- diare il Sentimefito deldovere nella conversionedeir <.<
Innominato
» (i), ecome
allora dicevo,il
mio
scopo era quello di mettere in luce alcuni elementi del sentimento del dovere a traverso la concezione diun grande
scrittore,poiché i grandi scrittori
hanno
il potere di veder subito per intuito quello che altri in-vano
cerca di scoprire o arriverà a scoprire assai lentamente permezzo
dell'analisi scien- tifica.Onde,
nelle loro intuizioni, si possono tante volte cogliere le caratteristiche, gli ele-(i) Palermo, Reber 1908.
14 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
menti psichici e iprocessi, che stanno a base di quel sentimento, assai più
agevolmente
chenon
nelle sapienti analisi e nelle sottili disqui- sizioni dei psicologici.Seguendo
ilmedesimo
metodo,mi
pro-pongo
ora di studiare quel sentimento inun
carattere deltutto opposto, sotto certi riguardi, a quello dell'Innominato. Idue
studi valgono a completarsi, poiché si tratta di caratteri, che in certomodo,
stanno agli antipodi, inquanto nell'uno
domina
l'energia, il coraggio, la forza del volere; nell'altrodomina
la timi- dità, la paura, la debolezza della volontà.Dopo
aver veduto
come
il sentimento del dovere sidesta e opera in
una
volontà forte,può
riu- scire mteressante osservarecome
sicomporta
in
una
volontà debole, tanto più che le vo- lontà fortinon
sono molto comuni,mentre
le volontà deboli costituiscono vere legioni, dimodo
che in questa seconda analisipossiamo
più facilmente scoprire qualcosa che si avvi- cina allamedia
degli uomini e quindi offreun
aspetto più pratico,non
solo per il psico- logo,ma
anche per il moralista.Non
occorre poi ripetere la dichiarazioneche
feci nello scritto precedente, che ilmio
INTRODUZIONE 15
lavoro cioè
non
ha alcuna pretesa letteraria,ma
vuole esseresemplicemente
l'analisi psico- logica diun
carattere in rapporto all' azione di quel dato sentimento. Seguirò, a tal uopo, quel carattere nelle sue diverse manifesta- zioni, sotto tutti gli aspetti, in cui ci viene presentato dalManzoni
nelle varie congiun- ture della sua vita e di fronte agli avveni- menti, che si succedono nel suo romanzo.IL
CARATTERE
DI DON ABBONDIO
CAPITOLO
I.U carattere di don Abbondio
Il carattere di
don Abbondio
è, senza dubbio,un
carattere emotivo,un
carattere cioè in cui il sentimento predomina, sia sui prò*cessi rappresentativi, sia su quelli del volere, e dà perciò l'intonazione, il colorito, alla sua psiche, costituisce
come
la chiave divolta della sua vita interiore,forma
la peculiarità caratte- ristica della sua coscienza.Fino
aun
certo punto esso è in aperto contrasto col carattere dell'Innominato, poiché in questo la vita psichica si svolge sotto l'im- pero della volontà.Non manca
certamente nell'Innominato l'azione degli elementi emotivi enon
potrebbe mancare, poiché sono questi20 II- SENTIMENTO DEL DOVEKE
appunto
che alimentano il fuoco interno,de
terminano e sostengono 1'energia del volere, costituiscono gli impulsi che lamettono
inmoto,
quantunque
essa sia alla 5>ua volta ca- pace di rielaborarli e ricomporli in sintesi nuove. I processi volitivi del restonon
si ca- pirebbero senza l' azione del sentimento e ipsicologi riconoscono laconnessione intima di quelli con questi.
Nello studio precedente
abbiamo
infatti po- tuto vederecome
i sentimenti operano sulla coscienza dell'Innominato
e quale influenza decisiva essihanno
nella determinazione della sintesi finale, che produce la conversione e quindi il fermo proposito d'iniziareuna nuova
condotta.Ma
vi è questa importante distinzione frai caratteri emotivi e quelli volitivi e quindi fra
don Abbondio
e l'Innominato, che, mentre nei primi i sentitnentirimangono sempre
pa- dronidelcampo
inmodo
assoluto,mantengono
la coscienza in uno stato di perenne oscilla- zione e
non conducono mai
auna
delibera- zione definitiva; nei secondi invece essi tro-vano
facilmente la loro via,vengono
rivolti versouna
data direzione e utilizzati per laIL CAR.\TTK1!K DI DOX AlUÌONUIO 21
formazione di sintesi durature.
Volendo
ricor- rere aun
paragone, che sarà del resto molto imperfetto, si potrà dire che, nelprimo
caso, gl'impulsi emotivi sonocome
l'acqua che cade soprauna
superficie piana e si disperde in mille direzioni; mentre nel secondo caso invece sonocome
l'acqua che cade su diun
pendio in cui siano scavati solchi di varia grandezzai quali mettano poi tutti
capo ad un
solco cen- trale. L'acqua caduta facilmente s'incanala ed è costretta a scorrere entro quei tali solchi, verso quella data direzione. I caratteri emotivi sono in balìa degli eventi,non hanno
reazioni durature,quantunque
allevolteesse possano es- sere assai energiche,sonocome
le banderuole che sivolgono
secondogV
impulsi, che rice vono; i caratteri volitivi invece reagiscono inmodo
costante contro gli eventi, lidominano
eli dirigono. Essi si spezzano.ma
non
si piegano.Ma quando abbiamo
detto che il carattere didon Abbondio
èun
carattere emotivo,non abbiamo
ancor detto tutto, poiché essonon
òegualmente dominato
da tutti i sentimenti,non
è in egualmodo
permeabile a tutte le im- pressioni, a tutti in genere gli impulsi emo-tivi. Sulla sua coscienza operano, e con
una
22 IL .SENTIMKXrO DEL UOVEKE
potenza straordinaria, solo i sentimenti di
una
data categoria, cioè i sentimenti di paura nelle loro varie gradazioni.Don Abbondio
perciò appartiene alla sottospecie dei paurosi, èun
pauroso per eccellenza.La
paura esercita sulla sua coscienzaun
predominio assoluto, dispo- tico, tirannico.Quando
egliha
paura, ed ha tanto facilmente paura di tutto e di tutti, eglinon
ragiona, o per meglio dire,non
è capacedi ragionare, se
non
per quel tanto che lapaura gli permette e nel senso che gì' impone;
non
è capace di volere senon
per cercareuno scampo
dal pericolo, vero o immaginario chesia;
quando
peraltro la pauranon
è tanto forte da trasformarsi in terrore e da paralizzargli ogni equalunque
facoltà di volere Egliteme
innanzi tutto per la propria pelle : salvare la propria pelle è la sua mira suprema, la sua idea fìssa, la .sua preoccupazione constante, con- tro cui inutilmente potrebbero lottare altri sen- timenti, altri scopi, altri processi d'associa- zione.E
disgraziatamente gli è toccato a vivere in un'epoca e inun
ambiente, in cui i pericoli erano molti, le minacele all'esistenza frequenti e di varia natura enon
potevanomancare
gli alimenti alle sue continue preoccupazioni.IL CARATTERE DI DON ABBONDIO 23
Ma
lasuamente
è, d'altra parte,sempre
di-sposta a rrearsi pericoli o ad esagerarequelli esistenti.
Come
tutte le passioni, lapaurasi ali-menta
sopra tutto di credenze;ma
in essa eper essalafantasiaacquistaun'attivitàstraordinaria e raffigura e crea cose inesistenti, pericoli im- maginari, possibilità, avvenimenti esagerati o impossibili.Di
questa sua paura peraltro eglinon
sa fare alcun mistero; eglinon ha un
ca- rattere doppio, simulatore. Il suo èun
carat- tere ingenuo, aperto, chenon ha
nullada
na- scondere, né agli altri, né a sé stesso.Aver
paura glisembra una
cosapienamente
natu- rale, salvar la propria pelleda
ogni pericolo e ad ogni costo, glisembra un
principio cosi logico, così indiscutibile, anzi così inevitabile,da
fargli riguardarealmeno come
stranoun modo
diverso di pensare e di sentire.Quando
si
ha
tantapauradi mettere aun
rischio,anche
assai lontano, la propria pelle e si
vedono
da per tutto pericoli che la minacciano, ciò chesembra
illogico, inesplicabile, é il coraggio.Ma
allora la paura perde il suo carattere ridicolo disonorante,di fronte a colui che laprova, di-
venta prudenza, accortezza, abilità, arte di vi- vere.
Avviene uno
spostamento inconscio nei24 IL SRXTIMENTO DEL DOVERE
criteri di valutazione, per cui
non
sipuò
dire che simuli la persona in cui talefenomeno
si produce.Questo
aveva notato assaibene
ilDe
Sanctis,quantunque
si fosse servito dellaparola dissimulazione, che qui
sembra
moltopoco
appropriata: «E
la dissimulazione (indon
Abbondio), egli osserva,non
è già ipo- crisia o doppiezza, che lo renderebbe odioso e spregievole,ma
èun fenomeno
essamede-
sima della paura.La
quale gli fabbrica unmondo
sofistico fondato sulla prudenza o l'arte del vivere, col suo codice e con le sue leggi,un
vangelo a cui crede e vuol far credere e che gliforma
i suoi giudizi e gli detta le sue azioni ». (i).Egli quindi
non
dissimula^ crede a questomondo
e vi crede a causa della sua paura;non
nasconde nulla agli altri,ma
si rivela piena-mente
per quello che è.Questa
sincerità, questa ingenuità del suo caratteresono
ciò che più contribuiscono a sviluppare il latocomico
di questa figura, perchè esserendono
(i) Scritti vari inediti o rari.
A
cura di B. Croce, Napoli. 1898 voi. I pag. 84.IL CARATTERF. DI DON ABBONDIO 25
più chiari e più vivi i contrasti, accentuano
la differenza delle situazioni.
A
questo puntopotremmo domandarci
:don Abbondio
è effettivamenteun
carattere nel senso psichico della parola? Certo, nel significato volgare, eanche
nel significato etico,un
caratterenon può
essere chi è con- tinuamente inbaha
del sentimento di paura, perchè incapace di risoluzioni energiche, di propositi costanti,non
è in grado d' imporsiuna norma
e di seguirla con tenacia inmezzo
ai contrasti e alle difficoltà dell' esistenza.
Se
intendiamo in questo senso il carattere, certonon possiamo
dire chedon Abbondio
siaun
carattere; esso è anzi qualcosa di completa-mente
opposto.Ma,
dal punto di vista psicologico, il ca- rattere è qualche cosa di assai diverso, essoè
coerenza e coordinazione di stati psichici,i quali, in quelle date situazioni, si svolgono costantemente in quel dato
modo, danno
ori gine a quelle date sintesi prevedibili, sotto laprevalenza, ora dei processi rappresentativi, ora di quelli emotivi, ora di quelli volitivi,
secondo il tipo del carattere. Il carattere è quindi
armonia
di stati psichici, determinata26 IL SENTUIEMO DEL DOVEUE
e
mantenuta
dalla prevalenza di certe sintesi abituali; di guisa che noi possiamo abbastanza sicuramente prevederecome
sicomporterà
quella coscienza inuna
congiuntura determi- nata. In questo sensodon Abbondio
èun
ca- rattere eben
lo sapevadon
Rodrigo, chemandò
i suoi bravi a minacciarlo; eanche Agnese
lo avevacompreso
pienamente.Infatti,quando
il cardinaleBorromeo,
nella casa del sarto, le dice che il signor curato dovrà ren dergli conto di quello che ha fatto, essa gliraccomandava
: « non lo sgridi, perchè...non
serve a nulla: èwi uomo
fatto così: tornandoil caso,farebbe lo stesso » (i).
Con
quelle pa- role Agnese, in certomodo,
definisce quello che è psicologicamenteun
carattere.Don Ab-
bondio, in queiroccasione, ha agito a quel
modo,
perchè è fatto in manierada
risentire vivamente l'influenza della paura;onde
sipuò
esser sicuri che agiràsempre
a quelmodo
tutte le volte che gli si potrà far paura. Egli sarà
sempre
« disposto all'obbedienza », cioè disposto a cedere alle ingiunzioni del più^1) Promessi Sposi Gap.
XXIV.
IL CARATTEKE DI DON ABBONDIO 27
forte,
aLe minacce
dei più temibili, alle vocipiù
grosse.Con
molta esattezza nota il Graf:« Quello di
don Abbondio
èuno
dei caratteri più meravigliosi che 1' arte abbiamai
creati; diuna
coerenza e consistenza rara; diuna
vi- vezza, diuna
sincerità, diuna
evidenza im- pareggiabile ; senza rabberciature, senza rin- fianchi posticci.L'animo
del lettore vi penetra e vi si assestacome una mano
inun
guanto.Ognuno
sente chedon Abbondio
dev' essere statosempre
lo stesso ;ognuno
è persuasa ch'egli rimarràsempre
lo stesso » (i).Il carattere di
don Abbondio adunque
saràun
carattere debole, vivamente impressiona- bile, pauroso,ma
èsempre un
carattere ben marcato, conuna
impronta tutta propria, con- le sue proprie peculiarità, per cui si differenzia inmaniera
assai netta da tutti gli altri tipi di carattere.Ma,
a causa appunto di quest'as- soluta prevalenza che un sentimento viassume
sopra tutti gli altri sentimenti, e, in genere, sopra tutti gli altri processi psichici, esso co- stituisceun
carattere estremo, quindiomoge-
'i) Foscolo, Manzoni, Leopardi, Torino 1898. p. 160
^8 IL SENTIMENTO DKl. DOVERE
neo, semplice, lontano dai complessi caratteri medi.
Vi
è infatti tuttauna
scala di caratteri, chepuò
essere determinata in base al lorogrado
di complessità, alnumero
deg-li elementi psichici che prevalgono e che contribuisconoa
determinare la cDesione e la subordinazione di tutti ì processi interni. Stanno in alto e in basso della scala, ai primi e agli ultimi sca- lini, i caratteri semplici, quelli nei qualiun elemento
psichico, di qualunque genere, pre- vale inmodo
assoluto su tutti gli altri; stanno nelmezzo
i caratteri complessi, quelli in cuigli elementi che prevalgono sono parecchi e la loro prevalenza è varia nei diversi momenti, quindi molteplici e di varia natura sono le sintesi che possono prodursi nella coscienza nei vari
momenti
della sua attività. Ora. è in-dubitato che i veri caratteri sono i caratteri semplici, gli estremi; più i caratteri si
com-
plicano, pili si allontanano dal vero tipo del carattere. Infatti, i caratteri complessi,appunto
per la varietà degli elementi, che concorrono a costituirli, per la molteplicità delle connes- sioni, che fra tali elementi si determinano opossono
determinarsi, sono esposti a vibra-IL CARATTKRE DI DON ABBONDIO 29
zioni e ad impulsi di diversa natura. Il fiume della coscienza, la corrente del pensiero, per adoperare la nota espressione del James, è in-
grossato
da una
quantità di affluenti e corresempre
tortuoso,mutando
spesso direzione.L' impressione si polarizza in molti sensi e
può
dar luogo a combinazioni e a risultati innumerevoli.La
coscienza allora presenta quasi diversi lati epuò
essere presada
di- versi aspetti,ma può
anche sfuggire per di- verse vie. Quindi per tali caratterinon
sipuò
parlare di previsione, senon
inun
senso molto largo e vago, e, in tutti i casi,sempre
poco approssimativo.Questi sono
appunto
i caratterimedi
; essi sono mezzi caratteri onon sono
caratteri nel senso stretto della parola, poiché la connes- sione fra gli stati psichicinon
si costituiscemai
inuna
maniera molto intima;ma
si de-termina a furia di
compromessi
e, in genere, èmomentanea,
oscillante,manca
d'improntatipica, di colorito netto,
appunto
perchèmanca
la costante prevalenza di
un
elemento,che
segni inmaniera
sicura la viada
seguire, disciplini e subordini inmaniera
stabile gli elementi della coscienza. Questamanca
diun
30 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
centro unico di coordinazione e d'irradiazione,
ma
ne possiede invece parecchi o ècome
di- visa in tante zone, in* tanti scompartimenti, che agiscono, entrano incampo,
nelle varie occasioni, secondo il caso o il bisogno. Così, aun
ordine di associazionipuò
seguirneuno
del tutto opposto, e ora vidomina
la credenza, ora il dubbio, ora èun movente
elevato, oraun movente
basso che neoccupano
ilcampo;
ora
un
sentimento assai vivace conduce aun
proposito chesembra
definitivo, mentre,dopo un
certo intervallo di tempo,un
sentimento del tutto opposto lo indebolisce e lomanda
a monte, l.a coscienza è più adattabile e in pari tempo, è
sempre
in cerca del suo adat- tamento.E
più adattabile, perchè piega più facilmente di fronte alle circostanze, quindi siadagia senza resistenza alle
forme
di adatta-mento
passivo: è in cercasempre
del suo adattamento, perchè lemanca
1'energia e la possibilità di raggiungereuna forma
di adat- tamento adeguata.Intali coscienze l'abitudine costituisce
una
funzione di prim'ordine, essa è il principale cemento, diciamo cosi, delle interne coordinazioni; poiché tale
cemento non può
essere for-IL CARATTEliE DI DON ABBONDIO 31
nito dall'interna armonia, viene costituito dal
meccanismo
esterno delle ripetizioni.Per
cui la coscienza facilmente vi s'inquadra e vi s'im- mobilizza, incapace di iniziare coordinazioni del tutto nuove, di percorrere vienon
battute.Psicologicamente, il carattere di
don Ab-
bondionon
èuno
di questi caratteri medi, unmezzo
carattere;ma
èun
carattere semplice, tipico. Potrcà essere, anzi è, dal punto di vista etico,un
carattere basso e ancheun mezzo
carattere,
ma
dal punto di vista psichico è un carattereben
deciso.Non
bisogna confonderele
due
cose. Il sentimento di paura costituisce in essoun
elemento assai spiccato ed è fat- tore assai potente di coordinazione e subor- dinazione interna, perciò determina inmodo
assai netto lasua
forma
di adattamento. Infattidon Abbondio
si accorge «prima
quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società,come un
vaso di terracotta, co- stretto a viaggiare incompagnia
di molti vasi di ferro », (i) e obbedisce assai dibuon
gradoai parenti che lo vogliono prete. « Procac-
(i) Promessi Sposi Caj>. I.
32 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
d'arsi di che vivere con qualche agio, e met-
tersi in
una
classe riverita e forte,glisembrano
due ragioni più che sufficienti per decidersi auna
tale scelta ». Egli quindi, fin dauna
età assai giovane, sa quello che è, quello che può, quello chedeve
volere. E, fatto prete,non
tarda a crearsi il suo proprio sistema di vita.Egli
comprende
assai bene che la classe in cui è entrato,non può
garantirgli la pelle che solo fÌ7io awi
certopunto
e che inoltre per ottenere parecchi dei vantaggi chepuò
as- sicurare, occorre adoperarsi molto e, quel che è peggio, arrischiarsi ancheun
poco.A
talivantaggi quindi vi rinunzia e « il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i
contrasti, e nel cedere in quelli che
non
po- teva scansare ».E
il sistema dei paurosi e dei deboli, che preferisconodi rimanere nella loro piccola nicchia piuttosto che rischiare, col pe- ricolo di compromettersi, di procurarsi fastidi e nemici.Non
èsempre
ilsistema piìi logico eneanco
piìi pratico, in molti casipuò
essere consigliabile l'alleanza con i forti.Ma
è ilsi-stema consigliato dalla logica della paura;
anche
l'alleato piii fortepuò
far paura, a pre-IL CARATTEKE DI DON ABBONDIO 33 scindere da ogni altra ragione,
semplicemente
perchè più forte.E conformemente
a questa logica si regoladon Abbondio,
senza titubanze eaccomoda-
menti,senzamezze
misure omezze
risoluzioni.Quindi « neutralità disarmata in tuttele guerre che scoppiavano intorno a lui » dalle gare più alte alle « questioni tra due contadini, nate
da una
parola, e decise coi pugni, o con le coltellate ».Ma,
il sistema dellaneutralitàdisarmatanon
è
sempe
attuabile, poiché le congiunture della vita son tante, e ci sipuò
trovare nella inevi- tabile necessità di dover scegliere e didover
prender parte per qualcuno.Come
si regolava alloradon Abbondio?
«Stava
col più forte (e qui apparisce in tutta la sua ingenuità quel carattere pauroso),sempre
però alla retroguar- dia, e procurando di far vedere all'altro,che
egli
non
gli era volontariamentenemico
: pa- reva che gli dicesse:ma
perchènon
avete saputo esser voi il più forte? eh' iomi
sareimesso
dalla vostra parte ». Eglidunque non
fa alcun mistero della sua paura, la considera
come una
cosapienamente
naturale,una
volta che il puntodi partenza èun
solo: salvare ad34 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
Ogni costo la propria pelle, e su questo
non
si
ammettono
discussioni di alcun genere. Solo chescambia
la paura con la prudenza e ne fa quasiuna
virtù, di cui, per conseguenza,uno non può
vergognarsi. Innalzareuna
propria debolezza algrado
di virtù di fronte agli altri èun fenonemo
abbastanzacomune
nellemezze
coscienze, nei caratteri medi, che vivono di conciliazioni e curano sopra tutto le apparenze.Ma
innalzarla a quel grado anche nello interno della propria coscienza, di fronte a sé stessi,non
è enon può
essere cheun fenonemo
di questi caratteri semplici, estremi, i qualinon
sentono bisogno di conciliazioni,non sanno
fingere e si mostrano per quello che sono e sentono e credono per quelloche si mostrano.
Stare col più forte è
dunque
perdon Ab-
bondioun
bisogno,una
tendenza irresistibile;non
è per convinzione, permalanimo
o in base a qualsiasi motivo intrinseco che si mettecol più forte,ma
perchè, postonella stretta neces- sità di scegliere,non può
fare ameno
di pre- ferire colui che fa più paura ed è più capace d'imporsi. « Il coraggiouno non
se lopuò
dare > dice egliingenuamente
al CardinalBorromeo
inun momento,
in cui stretto dalleIL CARATTERE DI DON ABBONDIO 35
domande
e dalla logica del Cardinale, si trova«
come un
pulcino negli artigli del falco » enon
sa più addurre nessuna scusa in sua di- fesa e la sua unica scusa èappunto
questa: ilmovente
della paura è in lui ilmovente
più attivo e piùforte equando
essa opera {eopera così sovente sull'animo
suo), tutti gli altrimoventi
di altro genereperdono
tosto ogni valore evengono
facilmente soprafatti.Egli in fondo
non
è cattivo,non
fa ilmale
scientemente,ma
obbedisce aun movente
ete-ronomo,
che gl'iraponeun
proprio criterio di valutazione delle cose e dei rapportiumani
: salvare la propria pelle.E
a questomovente non può
sottrarsi e, in base ad esso, egli pensa, giudicaed agiscecon la logica rigorosa di chi segueun
principio solo fino alle sue estreme conseguenze.Se
tante volte egli è incerto e titubante, se ricorre anche allemezze
misure enon
sa decidersi in alcuna maniera, tanto che altri, ordinariamente la sua Perpetua, deve decidere per lui; ciònon
èconseguenza
d'una complessità o duplicità di carattere,ma
del contrasto fraun
certonumero
di stati emotivi dellamedesima
specie e di diversa intensità,i quali tendono a prevalere nei vari
momenti
36 IL SKXTIMEXTO I>KL POVKKE
o
irrompono
tutti insieme nella sua psiche.E insomma un
incrocio di paure, che si con- tendono in certomodo
il predominio e para- lizzano il pensiero e 1'azione. Perchè,come
giustamente osserva il Graf, « la paura didon Abbondio
èsempre composta
di più paure diverse, le qualiquando non
siano manifestate, sono sottintese,appunto come
possono essere sottintese molte idee /;/ u// periodo steso daun
icomo di garbo.Queste
molte paurenon
riesconomai
a comporsi inuna
maniera sta- bile di equilibrio e di dipendenza.S'mo
inun
rimescolamento continuo, si rincorrono, si ur- tano, sidanno
il gambetto. Quella che unmo- mento
fa era laprima, adesso è rultima; quella ch'era in codaappare
in testa.Qualche
volta entrano l'una nell'altra,come
le favole indiane e le scatole giapponesi » (i).Tale incrocio di paure insieme con i con
trasti che ne derivano, gli
rendono
impossibileuna
coerenza e consistenza di condotta nei sin- goli casi della sua vita,una
coerenza, diciamocosì, specifica;
ma
resta pursempre
la sua(i; Op. cit. 153.
IL CARATTKRE DI DON ABBONDIO 37 coerenza generica determinata dal suo pre- cipuo criterio di valutazione, dalla sua cre-
denza predominante, che è,
come abbiamo
detto, ispirata al bisogno di salvare la propria pelle.Le
sue titubanze sonodunque
le oscillazioni intorno aun
centrocomune
ecome
le varia- zioni delmedesimo
motivo: a traverso a tali variazioni,come
a traverso diun
velo tra- sparente, sivede sempre
quel carattere sem-plice, estremo, di cui si possono facilmente scorgere i più intimi moventi, le parti, gli atteggiamenti, le sintesi più recondite, a cosi dire, i fili
onde
latrama
di quella coscienza è intessuta. Sicché, in fondo, egli simuove uniformemente
a quelmodo,
verso quella data direzione, sotto l'impulso della paura. Varia la scena,ma
la musica, l'armonia che la go- vernarimane sempre
la stessa, cioè rimane identico ilmodo
di coordinamento dei suoi stati emotivi e quindi di tutti in genere i suoi processi psichici.Anche
nei caratteri, simili a quello didon
Abbondio,
1' abitudine esercitauna
funzione di prim' ordine;ma
tale funzione è alquanta diversa da quella che essa dispiega nei carat- teri medi, in genere, nei caratteri complessi.38 IL SENTIMENTO DEL DOVEKE
Per
i caratterimedi
1' abitudine è la guida piìicomune,
più generalmente accettata eanche
più agevole.La
sua efficienza, al pari che la facilità con cui l' abitudine si costituisce esi accetta, è proporzionata alla difficoltà di trovare
nuove
vie di coordinazione, tanto nelle idee e nei sentimenti, quanto negli atti,quindi all'entità dello sforzo che tali vie richiedono.Di
fronte alla complessità dei moventi e delle possibili combinazioni e risoluzioni^ l' inerzia psichica induce facilmente i caratterimedi
a seguire iprecedenti,sia quelli propri^ sia quelli provenienti dall'esempio
altrui.E
dal punto di vista sociale questo è, fino aun
certo punto,un bene
; siccome tali caratteri costituiscono la gran maggioranza, sipuò
per talmodo
ot- tenere quella uniformità di vita' sociale,che
rende possibile la convivenza.Ma
per i caratteri,come
quelli didon Ab-
bondio, r abitudine è ancora qualcosa di più.
Essa non
costituisce solouna
parte ouna
gran parte dell'esistenza,ma
sottoun
certo riguardo, costituisce l'esistenza tutta intera^perchè
forma
principalmente la via più cono- sciuta, piùlungamente
sperimentata, quindi più sicura.Essa
perciò,non
solo fornisce leIL CARATTERE DI DON ABBONDIO 39
conciliazioni più possibili e più agevoli nei conflitti dei motivi,
ma
le conciliazionimeno
pericolose. Più che
un minimo
mezzo, un' e-spressione dell'inerzia psichica, essaè anzitutto
una
garanzia,una
salvaguardia,una
guida in cui sipuò
avere lamassima
confidenza.E
viene perciò ribadita più dalla pauradel nuovo, anziché dall'idea delle difficoltà e degli sforzi,
che costerebbe
un
diversomodo
di operare.Senza
dubbio ilmisoneismo
è più omeno
in tutti gì' individuiumani una
delle cause che contribuiscono a determinare l'autorità del precedente, la predilezione perun modo
di agire più volte ripetuto;ma
perdon Abbondio
il
misoneismo
è il fattore preponderante, lacausa che più contribuisce a imperniare nella sua coscienza laforza dell'abitudine. Il nuovo, solo perchè nuovo, genera nell'animo suo
uno
stato di apprensione, d'irrequietezza, di preoc- cupazione, di sospetto,
anche
rispetto alle più piccole cose,come quando
si tratta della visita serotina diTonio
o di andare a cavallo sullamula
del segretario.Si capisce che
un
tipo simile nonpuò
aver nemici; potrà essere oggetto di riso,ma non
di antipatia e tanto
meno
di odio.Anzi
desta40 IL SENTIMENTO DEL DOVEKE
simpatia per quella ingenuità quasi infantile con cui mostra ilsuosentimento predominante, per la nessuna cura che si dà a moderarlo, a nasconderlo; per quello
scambio
costante nei suoi criteri di valutazione dei propri sen- timenti,onde
la paura acquista sinceramenteai suoi occhi il carattere di prudenza e la de- bolezza del suo carattere si veste del paluda-
mento pomposo
diuna grande
virtù.Non
è perciòda
maravigliare, secome
osserva ilGraf, noi, a ragione o a torto,
vogliamo
bene adon Abbondio
e sesiamo
in tanti a volergli bene (i) e seanche
i più burberi e sdegnosis'inducono a fargli un sorriso e financo quelli che
hanno
sofferto per cagion sua, qualiA-
gnese. Lucia,
Renzo, non
sanno volergli male.Può
parere strano pertanto che unuomo
siffatto abbia anche lui il suo po' di fiele in corpo.
Ma,
se ben si pensa, anche questo do-veva
essere naturale. Il suo po' di fiele poteva essere determinato dadue
categorie di con- trasti psichici.Prima
di tutto,da un contrasto interno fra il sentimento di paura e gli altriCi) Op. cit. pag. 153 e seg.
IL CAKATTKRE DI DON" ABBONDIO 41
processi della coscienza. Nei
momenti
della sua più forte intensità essoha un
sopravvento assoluto enon
lasciacampo
ad altri processi,che non
siano quelli rivolti a scansare il pe- ricolo vero o immaginario.Ma
anche allora, la stessa affannosa ricerca deimodi
e dei mezzi di scampo,non può non
determinareuno
stato di disequilibrio e d'irritazione nella coscienza. Neimomenti
invece della sua in- tensità media, essonon sopprime
gli altri pro- cessi,ma
in paritempo
impedisce loro di svolgersi, di estrinsecarsipienamente
in con- formità della loro natura e costringe quindi a reprimere, a simulare, a nascondere pernon
urtare suscettibilità, pernon
procurarsi nemici, pernon
destareneppur
l'ombra
del risenti-mento
in colui, che si teme. Quindi « quel continuo esercitar la pazienza, quel dar cosi spesso ragione agli altri, quei tanti bocconiamari
inghiottiti in silenzio » potevano fargli venir < la voglia d'esserun
po' iantastìco, e di gridare a torto »,ma sempre
di fronte a« persone eh* egli conosceva
ben bene
per in-capaci di far
male
>.Vi
era ancora un' altra categoria di con- trasti, quelli provocati dalle azioni di coloro42 IL SENTIMENTO DEL DOVEKB
che
non
sicomportavano come
lui, cioè chenon
si lasciavano così potentementedominare
dal sentimento di paura.E
qui apparisceun
altro lato della singolare ingenuità di questo carattere. Colui che è sotto l'azione tirannica di
un
sentimento, non è ingrado
di mettersi nei panni altrui, anzi è fortemente tentato a mettere agli altri i panni propri, per cuinon
può
pienamentecomprendere come
altri possa pensare e sentire inmaniera
diversa. Il co- raggioso troverà strano che vi siano persone che abbiano paura;come
il pauroso troverà strano che vi siano persone che abbiano co- raggio; e così r innamoratonon può
persua- dersi che vi siano persone chenon amino
onon
abbiano amato; e via discorrendo.Ma
da qui è breve il passo auno
stato d'animo che induce a ritenere il propriomodo
di pensare qualeun
modello che tuttidebbano
senz'altro seguire. Pure, a superare questo breve passo, occorreima
grande ingenuitàdi carattere, oc- corre tener gli occhi chiusi a tutto ciò che accade nelmondo
intorno a noi, occorre rimanere in certomodo
impermeabili alle esperienze della vita, inuno
stato* d' infanti- lità mentale.E
questo passo donAbbondio
IL CARATTERE DI DON ABBONDIO 43
lo supera a causa del sentimento che lo tiran-
neggia e del suo carattere semplice e
bambi-
nesco. Egli era infatti «un
rigido censore degliuomini
chenon
si regolavancome
lui,quando
però la censura potesse esercitarsi senza alcuno,anche
lontano pericolo».E
sopra tutto poideclamava
contro quei suoi confra- telli che simettevano
contro qualche potente soverchiatore ; e « predicava,sempre
però a quattr'occhi, o inun
piccolissimo crocchio, con tanto più di veemenza, quanto più essi eran conosciuti per alieni dal risentirsi in cosa che li toccasse personalmente ».Il suo sistema di vita era
dunque
ai suoi occhi il solo sistema possibile e perciò s'irri- tava nel vedere che altrinon
lo seguivae
magari sicomportava
in maniera opposta;trovava anzi naturale che qualcuno dovesse uscirne con la testa rotta. Questo
prima
o poi deve accadere a chinon
sicomporta come
lui,
mentre
« aun
galantuomo, il quale badi a sé, e stia ne' suoi panni,non
accadonmai
brutti incontri ». Questa « sua sentenza pre- diletta, con la quale sigillava
sempre
i suoi discorsi su queste materie » ci permette di passare all'esame
del sentimento del dovere inun
carattere cosi fatto.GL'IDEALI
E IL DOVERE
O DAQ DAD DAO Din g
dn an
^ DO Doa DoD OD a?a Sa
CAPITOLO
II.GV ideali
e ildovere
Quale
può
essere ora il sentimento del do- vere inun
tipo psichico qualedon Abbondio?
Nello scritto precedente innanzi citato ebbi occasione di notare che il sentimento del do- vere
suppone una
idealità,una
credenza (per adoperareuna
parola di significato piùampio
e di più
ampia
portata) e alla sua volta la genera. Chi, ad esempio, crede che la personaumana
abbiaun
valore, si sente indotto a ri-spettare la personalitàaltrui e questo rispetto, alla sua volta,
aumenta
ilvalore della personaumana;
e cosi, inun
altrocampo,
chi crede che ilcomando
del legislatore sia certamente48 IL SENTIMENTO I>KL DOVEIÌK
seguito
da
un'appropriata sanzione, si sente indotto ad osservare quelcomando
e la sua stessa osservanza accresce nella propria co- scienza il rispetto di esso.Di modo
che la credenza genera quella costrizione caratteri- stica, quella tendenza ad agire in quel datomodo,
a regolare la nostra condottasecondo un
dato tipo, quell' impulso interno, che chia-miamo
dovere.E
l'azione conforme, alla sua volta, sviluppasempre
più 1' intensità della credenza col sentimento caratteristico di ri- spetto, che raccompagna.
Questo sentimento caratteristico èappunto
il sentimento del dovere.Il sentimento del dovere
deve
quindi va- riare nella sua qualità ed intensità a misura che variano nella loro qualità ed intensità lecredenze che trovano adito nella coscienza e che quindi ispirano gì' ideali della condotta.
Ora, dato il carattere di
don Abbondio,
quale sono le credenze che possono trovare più fa- cile adito nella sua coscienza? Sono, senza dubbio, le credenze alle superiorità di ordine materiale, di quelle che possono dispiegare più forza, possono fare piùmale
e minacciaremaggiormente
la pelle.Don Abbondio
crede<;l'ideali e il dovere 49
nella onnipotenza dei forti, poiché di essi
ha
paura e vi crede in proporzione della paura che gli fanno. Egli si sente attratto, costretto ad obbedire ai forti e profonde loro ossequio tanto maggiore, quanto più conosce o crede che essi sieno capaci di usare e di abusare della loro forza e «non
minacciano invano ».Se don Abbondio
potesse costruire la suaetica, egli formulerebbe, pur senza volere e pur senza avvedersene,
una
teoria della forza materiale e dell'obbedienza al più forte: rispet- tate ipotenti1 potrebbe essere la suamassima
fondamentale, il suoprimo
credo etico.Abbiamo
detto: senz'avvedersene, poiché lasua coscienza
non
è inaccessibile agi' ideali etici di ordine superiore, agi' ideali delbene
e della giustizia. Nel fondo del suo carattere egli è
buono
e vorrebbe il trionfo del bene,come
in genere lo vorrebbero tutti i deboli, poiché ilbene tempera
o riduce i forti e col bene c'è moltomeno
da temere che col male, anzi si potrebbe stare del tutto sicuri.Ma
gli ideali etici, penetrando in quella coscienza, vi prendono, a così dire, il colorito del senti-mento dominante
o sono da esso rilegati inuna
posizione più omeno
secondaria o addi-50 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
rittura subordinata, senondo il grado d'inten- sità di quel sentimento. Così
vediamo
che isuoigiudizi etici, le sue valutazioni, s'ispirano a criterii più o
meno
influenzati dal sentimento di rispetto verso il più forte: « il battuto eraalmeno almeno un
imprudente; 1'ammazzato
erasempre
stato unuomo
torbido ».E
il sen- timento che ispira e determina i giudizi di valore enon
la logica,onde non
èda
mara- vigliarsi se tali giudizi si colorano col senti-mento
dominante. Questonon
accade soltanto adon Abbondio, E non
vi è dubbio che questodebba
anche avvenire per i giudizi etici.I sentimenti eticisono raramente in
uno
stato del tutto puro nella coscienza; essi in vario senso si mescolano e sicombinano
con altri sentimenti,danno
origine a sintesi emotive, da cui scaturisceun
giudizio, chenon
riflette tutta la realtà obbiettiva,ma
quella parte di essa che più armonizza con quel dato stato di coscienza. Inconsciamente, nel valutare ifatti, noi facciamo una selezione, scegliamo quei lati di essi e quei rapporti che più si
attagliano allo stato del nostro sentimento, quelli che
vogliamo
vedere, o per meglio dire,che il nostro sentimento ci permette di vedere
gl'ideali e il dovere 51
e e'induce a scegliere; e su questi
basiamo
ilnostro giudizio.
È un
fatto questo che più omeno
accade a tutti,ma
accade inmodo
su- perlativo a coloro che,come don Abbondio,
sono in balìa diun
sentimentodominante
digrado
assai intenso. «A
chi, messosi a soste- ner le sue ragioni controun
potente,rimaneva
col capo rotto,
don Abbondio
sapeva trovarsempre
qualche torto ».E
qui ilManzoni aggiunge
un'osservazione fine, chenon
costituiscesemplicemente un
tratto umoristico,
ma
contiene altresìuna
pro-fonda
verità : « la ragione e il tortonon
sidividon
mai
conun
taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro ».I rapporti
umani
sono così complessi e intrec- ciati fra loro, chenon
èmai
possibile di co- stringerli ad entrare con precisione nelle ca- tegorie fìsse e recise, chepresuppongono
e su cui si basano, in genere, i giudizi di valore.Ma,
oltre a ciò, questi stessi giudizi s'ispiranoa
criterii complessi, sono il prodotto di sintesi, in cui entrano elementi svariati ed esercitano sui fatti stessi un'azione selettiva, che facil-mente
sposta i confini delle categorie.Con
ciò
non vogliamo
negare ogni valore obbiet-IL SENTIMKNTO PEL DOVERE
tivo a tali categorie e a tali giudizi, nò
vo
gliamo negare la forza generalizzatrice e re- golatrice delle credenze e degl' ideali.È
indubitatoche vi sono credenze e idealiche s'
impongono
aun
gruppo, auna
col- lettività estesa di persone, anumerose
con.vivenze, magari all'umanità in genere; de- terminate,
non
dauna
semplice ondata di.sentimento,
ma
dalmodo
stessocome
la co- scienzaumana
in genere o in ispecie la co- scienza degl'individui appartenenti a quel dato gruppo, si è venuta lentamente conformando- negli attriti della vita sociale e in armonia conle condizioni di esistenza. Tali idealità vivono- nella coscienza in
modo
duraturo, perchè fanno in certomodo
parte della sua struttura, sono- continuamente alimentate dalla vita sociale,producono
costantemente i loro effetti sulla condotta a causa delgrado
di autorità,che hanno
acquistato e in tal senso,quantunque
appariscano intimamente congiunte colpropriamodo
di pensare e di sentire, hanno, finoa un
certo punto, una esistenza obbiettiva.La
coscienza le apprende
come
qualche cosache
viene dall' alto, che s'impone
;ma
in paritempo non può
fare ameno
di apprenderlee
gl'ideali e il i)0\ere 53
di sentirle e di sentirsi
come
trascinata ad agire inarmonia
con esse; trova in essecome una
risonanza,una
predisposizione, che le fa apparire quali suoi propri prodotti.Onde
as-sumono
questo doppio carattere, che si pre- sentano in paritempo come
un prodotto in- terno ecome
qualcosa che s'impone
agli altrifatti interni, agli altri stati di coscienza, per
che
superiore ad essi, perchè dotate diuna
energia, diuna
potenza, diuna
preminenza,che
gli altri elementi psichicinon
posseggono.Esse troneggiano quali sovrane assolute e vo- gliono essere obbedite e sono spesso obbedite.
o
almeno,non
possono venire disobbedite, senza che si produca nella coscienzaun
certo stato di malessere, di perturbazione caratte- ristica.A
tale categoriaappartengono
le idealità etiche, questesono
anzi le idealità in cui tali caratteri appariscono nelmodo
più marcato.Ma
tutto ciònon
esclude che tali idealità si comportino inmodo
assai diverso nelle di-verse coscienze e operino in
armonia
con idiversi caratteri. In ciascuna coscienza trovano complessi di energie, ora più poveri, ora più ricchi, ora più, ora
meno
orgariizzati fra di54 IL SENTIMENTO DEL DOVERE
loro, che in varia guisa si
combinano
recipro-camente
e con i quali, alla loro volta, quelle in variomodo
sicombinano
e si coordinano.Ne
risultano necessariamente sintesi assai di- verse, chedanno
origine alle diverseforme
di condotta.
Accade
di queste idealità quello che accade,ad
esempio, diuna
leggeuna
volta promulgata (quantunque certamente ledue
cosenon
possano paragonarsi che solo sotto certi aspetti).La
legge dà a poco apoco
origine auna
quantità d' interpretazioni e viene intesa in maniere piìi omeno
diverse e quindi viene osservata e fatta osservare diver- samente,non
solo rispetto alla lettera,ma
anche a ciò che si
chiama
lo spirito delle sue disposizioni.Che
cosa è avvenuto in tal caso?La
legge si è trovata di fronte a interessi di- vergenti, a maniere di pensare e di sentire più omeno
disparate, di fronte cioè a diverse coscienze; eognuna
di esse, per così dire, ha apportato il suo piccolo contributo, ha in- trodotto la sua piccola modificazione,magari
insensibile, ha cercato in certa guisa di
com
binare i suoi scopi e le sue idee con le dispo- sizioni di quella legge.