La violenza psicologica come modo di annullare l’alterità
3. Le donne vittime di violenza sono donne deboli, poco determinate e non reagiscono alle umiliazioni
In realtà le donne vittime di violenza sono molto forti perché resistono alla violenza e vi resistono facendo appello con tutte le forze al ruolo sociale che le vede responsabili delle relazioni; pur di “salvare” la coppia e la famiglia, sono disposte a sopportare di tutto. D’altra parte, le donne sono sempre state “invitate” a sopportare, nel mito del sacrificio della madre e della moglie, come massima espressione della femminilità.
A questo va aggiunta la modifica del sé causata dalla violenza, che limi-ta ed inibisce il senso di autoefficacia e di autodeterminazione e ampli-ficata dalla vergogna, che le porta a mantenere il segreto su ciò che sta succedendo ed a cercare di affrontare da sole la violenza.
La violenza si presenta sotto varie forme:
• fisica
• sessuale
• economica
• psicologica
• stalking
Tutte le forme della violenza hanno lo stesso obiettivo, cioè l’assogget-tamento della vittima, pur utilizzando modalità diverse.
Un posto sicuramente prevalente è quello della violenza psicologica che a differenza delle altre forme può presentarsi come forma esclusi-va, ma è trasversale a tutte le altre; non esiste nessuna forma di violen-za che non abbia una ricaduta su un piano psicologico.
Lo strumento prioritario per l’esercizio della violenza psicologica è si-curamente il linguaggio, che ha caratteristiche precise:
• Assenza di comunicazione diretta: non si forniscono spiegazioni, si risponde con il silenzio alle domande, si utilizzano sottintesi. Si rifiuta il confronto e la discussione, si nega alla vittima il diritto di essere ascoltata e di esprimere i propri pareri. Rifiutare il dialogo è un modo di dire all’altra che non esiste. Questo tipo di comunicazione rende la vittima confusa e dubbiosa.
• Deformazione dei significati: si attribuiscono all’altra pensieri o in-tenzioni che non ha mai espresso, accusandola di mentire se cerca di difendersi; si manipola il senso delle proprie affermazioni,
accu-sando la donna di non aver capito quello che l’autore intendeva.
• Utilizzo della menzogna: si afferma e poi si nega ciò che si è appena detto, si nascondono fatti che normalmente in una coppia sono co-nosciuti (l’ammontare dello stipendio, le frequentazioni, notizie sulla famiglia d’origine, ecc.)
• Utilizzo del sarcasmo, della derisione, del disprezzo: si mettono in evidenza i difetti fisici anche in presenza di altri, si ridicolizza il lavoro e/o gli interessi, si svalorizzano le capacità e le competenze, il tutto finalizzato ad umiliare la persona per farla sentire inadeguata, infe-riore, impotente
• Utilizzo del paradosso: incongruenza tra il verbale e il non verbale, ad esempio: esprimere la rabbia senza la corrispondente espressio-ne non verbale; tono freddo e distaccato che accompagna espres-sioni minacciose; esprimere apprezzamenti positivi utilizzando un tono sarcastico, ecc. E’una modalità che pone la donna in una situa-zione di dubbio paralizzante, e si chiede a che cosa deve dare credi-to: ai contenuti verbali o al non verbale? Qualunque sia la scelta verrà smentita dall’autore della violenza, in modo da aumentare ancora di più la confusione e soprattutto rimandare un’immagine di inadegua-tezza, condita da commenti sull’incapacità di comprensione dovuta alla stupidità della vittima.
• Utilizzo della squalifica: è una critica continua a tutto quello che la vittima dice, fa o pensa, mettendo sempre in evidenza le sue man-canze, rimandando un giudizio di incapacità.
Oltre al linguaggio, la violenza psicologica si serve anche di altre tecniche:
• l’isolamento: si limitano i contatti della vittima con chiunque fuori della coppia/famiglia (amiche/i, colleghi di lavoro, famiglia di ori-gine, ecc.) sia attraverso i divieti di frequentazione che attraverso la squalifica e la denigrazione di tutte le persone diverse dall’autore della violenza. Questo serve soprattutto a limitare i confronti degli altri per assicurarsi di diventare l’unico riferimento per la vittima.
• L’imprevedibilità: continui cambi di umore, reazione d’ira per motivi sempre diversi o reazioni diverse per lo stesso motivo, alternanza tra disponibilità e chiusura, tra comportamenti “affettuosi” e violenza (ciclo della violenza).
• Il controllo: si esercita su tutte le aree della vita della vittima, fami-liari ed extrafamifami-liari (controllo degli orari, del cellulare, degli spo-stamenti, ecc.) fino ad arrivare ad un vero e proprio controllo della
mente. Nella narrazione delle donne vittime di violenza spesso com-pare l’affermazione “ho smesso di pensare, di rispondere, di espri-mere pareri, perché tanto non va bene niente”, soprattutto in storie di violenza di lunga durata. In queste storie, inoltre, le vittime arrivano a sopprimere completamente i propri bisogni e desideri per anticipare bisogni e desideri del maltrattante, per cercare di evitare la violenza;
è la fase più avanzata della manipolazione operata dalla violenza.
Per poter parlare di manipolazione violenta è necessario che quanto detto finora sia continuo e sistematico.
Tutte le donne sono esposte al pericolo della violenza nelle relazioni d’intimità, ma ci sono alcuni comportamenti che vanno nell’opposta di-rezione e ci possono maggiormente tutelare:
• Ascoltare «la pancia»: non sottovalutare i messaggi di disagio che vengono dal corpo o dalla mente; fidarsi delle proprie valutazioni e dar-si credito, contrariamente alla squalifica e svalutazione della violenza
• Non isolarsi: non perdere i contatti con le persone fuori della coppia/
famiglia. La solitudine è uno degli ingredienti principali della violenza, favorisce il controllo del violento e rende più vulnerabile la vittima
• Chiedere aiuto: superare la vergogna e parlarne con qualcuno, me-glio se specificatamente formato. Le vittime non sono mai colpevoli della loro vittimizzazione, contrariamente a quanto la violenza instilla nella loro mente.
La violenza alle donne ci riguarda tutte/i, solo con una presa di co-scienza collettiva potremo avviare quel cambiamento culturale di cui tanto si parla, ma che ad oggi incontra ancora tanti ostacoli sul suo cammino.