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I primi anni del dopoguerra furono quelli della ricostruzione, interamente dedicati alla realizzazione di nuovi edifici e al raggiungimento di grandi obiettivi per un paese uscito malconcio dal conflitto mondiale. Dagli anni cinquanta in poi, il Giappone vide la realizzazione del miracolo economico e, osservando la popolazione alla vigilia del nuovo millennio, era possibile cogliere i segni di una nuova abbondanza materiale largamente diffusi nella società. La maggior parte delle persone appariva ben vestita e dotata di molteplici accessori e mostrava un grande interesse per i beni di lusso: una specie di “ossessione nazionale” per i beni materiali che può essere identificata come una delle caratteristiche più rilevanti del Giappone del periodo.

La crescita fu molto rapida e l’economia si espanse a una velocità fenomenale, raddoppiando la sua dimensione ogni sette anni. Secondo i dati raccolti da John McCreery e riportati in Millennial Monsters46, a partire dal 1970, il PIL del Giappone divenne il secondo più grande al mondo, inferiore solo a quello degli Stati Uniti: la crescita media fu di sette punti percentuali tra il 1954 e il 1958; del 10,8 per cento tra il 1959 e il 1964; del 10,9 per cento tra il 1965 e il 1968 e infine del 9,6 per cento tra il 1969 e il 197347. Sempre nel saggio della Allison48 sono riportati i dati d’incremento della produzione: tra il 1955 e il 1975 tutte le industrie crebbero a livelli esponenziali. Il commercio via mare aumentò di cinque volte, la produzione dell’acciaio di tredici e quella delle automobili di addirittura 139 volte49. Le due industrie che prosperarono maggiormente, diffondendo nel mercato globale prodotti giapponesi di alta qualità, furono quella tecnologica — grazie soprattutto a Hitachi e Toshiba — e quella automobilistica, che nel 1980 divenne leader globale. Quando si parla di miracolo giapponese, generalmente si identificano una serie di fattori, domestici e internazionali,

46 ALLISON, Millennial monsters.., cit., p. 67.

47 John MCCREERY, Japanese Consumer Behavior: From Worker Bees to Wary Shoppers,

Richmond, Surrey, England, Curzon Press, 2000, p. 17.

48 ALLISON, Millennial monsters.., cit., p. 68.

31 ritenuti unanimemente responsabili di questa enorme crescita economica: una forza lavoro disciplinata e capace, esperienza manageriale, la necessità di ricostruire totalmente l’industria, la domanda creata dalla guerra di Corea, una valuta stabile e tassi di cambio vantaggiosi con il dollaro, accesso a mercati globali, materie prime a basso costo, sviluppo tecnologico rapido e, infine, risorse istituzionali che incanalarono correttamente capitali e investimenti.

Sempre secondo Allinson, come riportato in Millennial Monsters, nel ventennio in questione, in seguito a questo rapido sviluppo economico, si verificò un profondo mutamento nella composizione della forza lavoro. All’inizio degli anni cinquanta la metà della popolazione attiva lavorava nei campi; mentre a metà degli anni settanta, circa il settanta per cento era costituito da lavoratori salariati. Questi dati evidenziano anche il grande processo di urbanizzazione in atto; infatti, nel 1970, circa il 72 per cento della popolazione si era trasferita in un centro urbano. Questa crescita, eccetto che per un lieve rallentamento dovuto alla crisi petrolifera del 1973, non subì interruzioni.

Così come negli anni cinquanta si affermò il modello di una società basata sulla tecnologia —

gijutsu rikkoku — negli anni settanta si verificò l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo

industriale, noto come kigyō shakai50, 企業社会: l’economia del paese cominciò a basarsi su vasti

network di imprese a loro volta costituiti da società di grandi e piccole dimensioni, collegate

direttamente al governo51. Questi business erano guidati con strategie manageriali che si imposero in tutto il paese, uniformandolo da questo punto di vista e contribuendo a creare l’immagine di un Giappone come un’unica grande azienda.

Fu proprio in questo periodo che il concetto di high performance, scaturito da questo nuovo modello aziendale, cominciò a influenzare profondamente la coscienza nazionale. La mentalità che si venne inculcando nelle persone ebbe forti ripercussioni non solo sui lavoratori, ora chiamati a votare la propria esistenza all’azienda, come nel caso dei salarymen サラリーマン, ma anche sulle altre categorie sociali. Ad esempio quella delle madri, cui era richiesto di crescere i figli come futuri lavoratori; i bambini stessi erano obbligati a confrontarsi con un sistema d’istruzione esigente, rigido e competitivo. High performance, appunto.

A spezzare questo trentennio di prosperità economica ininterrotta fu lo scoppio della Bubble

economy: verso la fine degli anni ottanta, sulla scia del miracolo economico che il paese stava

vivendo, si diffuse una mania speculativa che portò a livelli stratosferici i prezzi delle proprietà immobiliari; i beni immobili di Tokyo divennero i più costosi del mondo. Nel 1989 l’indice Nikkei

50 Significa letteralmente “società basata sull’imprenditoria”. 51 Si fa riferimento al sistema 系列, keiretsu.

32 raggiunse livelli record, crollando subito dopo. Questi avvenimenti gettarono il paese in una profonda crisi finanziaria e in un lungo periodo di stagnazione conosciuto con l’espressione “Decade Perduta”, dal giapponese Ushinawareta Jūnen, 失われた10年. Anche in un clima di forte recessione, tuttavia, i centri commerciali continuarono a essere affollati di cittadini che spendevano in beni e attività di svago. Se fino a qualche decennio prima si lavorava per poter acquistare beni primari, ora i desideri si indirizzavano maggiormente verso oggetti tecnologici, vestiti firmati e prodotti di lusso; quasi una sorta di feticismo.

In seguito a questi cambiamenti socio-economici e alla nuova tendenza consumistica, si verificò un mutamento anche nelle unità di consumo. Se nel periodo postbellico tali unità erano soprattutto rappresentate da famiglie, con l’avvicinarsi al nuovo millennio nacque una prospettiva maggiormente concentrata sul singolo individuo. L’individualismo o kojinshugi, 個人主義, diventa una delle caratteristiche più importanti del Giappone postmoderno. In questi anni, i giapponesi cambiano il loro comportamento e il modo di rapportarsi con le altre persone: trascorrono sempre più tempo da soli e sono maggiormente concentrati a soddisfare i propri desideri, piuttosto che quelli altrui; si distaccano gradualmente dalla famiglia, dalla società e dalla nazione. Essi diventano, in un certo senso, più egoisti

Al fine di comprendere al meglio questo nuovo schema comportamentale, risulta particolarmente utile fare riferimento al testo Millennial Monsters, all’interno del quale è riportata la descrizione di ciò che James Fuiji ha definito “mediated transitions”52. Secondo Fuiji, le caratteristiche del nuovo individualismo sono ben simboleggiate dalle persone quando viaggiano su treni e metropolitane: date le grandi distanze da percorrere e la necessità di pendolarismo, molte persone spendono, ogni giorno, tante ore per spostarsi tra una destinazione e l’altra. Nell’ambito di questi movimenti tra luoghi legati a identità particolari e a precisi vincoli — come il posto di lavoro, la scuola e la casa — fare il pendolare diventa un’esperienza di liminalità53. In particolare, nel momento in cui i viaggiatori sono nel mezzo di destinazioni diverse. Anche se le persone che viaggiano non si conoscono tra di loro, condividono uno spazio che li accomuna: si crea un’atmosfera di “intima

52 ALLISON, Millennial monsters.., cit., p. 71. 53 In antropologia, si definisce liminalità la condizione di ambiguità e disorientamento che avviene, durante un rituale, quando i partecipanti abbandonano il loro status precedente ma non hanno ancora iniziato la transizione verso lo status che avranno a rituale concluso. Durante lo stadio liminale, l’identità dei partecipanti è sospesa a metà tra la precedente condizione e quella nuova.

33 alienazione” che definisce lo stile di vita e la soggettività postmoderna del Giappone del nuovo millennio54.

Per quanto possa risultare di difficile comprensione, soprattutto per persone che non hanno mai vissuto a stretto contatto con il popolo giapponese, il concetto di “intima alienazione” simboleggia uno schema comportamentale non violento. Tuttavia, la prossimità fisica e l’anonimato, che regnano all’interno dei treni giapponesi, possono portare anche alla nascita di un’”intima alienazione” aggressiva e a sfondo sessuale. È il caso del fenomeno chiamato chikan, 痴漢. Il termine significa “molestatore” ed è utilizzato per definire un individuo di sesso maschile che palpeggia individui di sesso femminile sui mezzi pubblici. Per arginare questo fenomeno, che sta diventando una vera e propria piaga sociale del paese, alcune compagnie ferroviarie decidono di creare vagoni riservati, cui è consentito l’accesso a sole donne. Queste contromisure sono coadiuvate da alcune iniziative del governo, che decide di inasprire le sanzioni penali contro i molestatori.

Tali caratteristiche del Giappone postmoderno, se analizzate partendo da punti di vista differenti da quelli tradizionali, permettono di valutare gli anni dal 1960 sino al nuovo millennio in maniera differente. Non necessariamente positiva.