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CAPITOLO III – FELICE TAGLIAFERRI: “DARE FORMA AI SOGNI”

3.5 L’importanza della condivisione

3.5.6 Doppiosenso

Doppiosenso è un progetto attivo ormai da diversi anni presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, curato dallo scultore Felice Tagliaferri insieme a Valeria Bottalico, molto attiva nel campo dell’accessibilità museale tra attività di ricerca e didattica. L’idea alla base di Doppiosenso arriva da lontano, durante la formazione di Valeria che, interessata al Tattilismo di Marinetti, si reca presso il Museo Omero di Ancona e l’Anteros di Bologna per arricchire il proprio bagaglio formativo. Come raccontato parlando di Tagliaferri, anche nel caso di Valeria illuminante è l’incontro con le persone durante il periodo trascorso nei musei citati, in particolare un dialogo con una guida da poco non vedente, che cattura l’attenzione della studiosa descrivendole l’opera della Gioconda. Valeria che, da esperta di storia dell’arte, conosce benissimo la Gioconda di Leonardo, rimane impressionata dalla descrizione presentatale dalla guida, incentrata non sulle caratteristiche che vengono solitamente mostrate bensì su dettagli “inediti” e decisamente tattili, come la sensazione trasmessa dalla pelle della donna o i boccoli che scendono sulla schiena. Da qui l’approfondimento del meccanismo del cervello umano per cui la visione completa si forma necessariamente unendo vista e tatto: quando si tiene in mano un oggetto, lo si immagina nella sua interezza proprio perché la parte frontale viene vista con gli occhi, ed il retro toccato attraverso le mani. Attraverso il tatto si può immaginare la zona che non si sta osservando, e in seguito la mente rielabora un’immagine completa accorpando gli input inviati dai due sensi. È un processo mentale che chiunque mette in atto, anche inconsapevolmente: da qui l’idea di Doppiosenso.

Nel caso particolare del laboratorio alla Peggy Guggenheim, questo principio viene applicato all’arte astratta, che Valeria spiega prestarsi particolarmente ad un processo mentale di questo tipo: gli artisti astratti del Novecento, infatti, lavorano per scomposizione nei propri quadri, ed è la mente poi a dover ricomporre ciò che si ha davanti. Nel corso del laboratorio, quindi, le opere della collezione verranno presentate con una visita guidata, per poi approdare ad una seconda fase maggiormente pratica. Valeria Bottalico si occupa del momento iniziale della visita, non incentrata semplicemente su una spiegazione verbale. Nella prima fase, infatti, si comincia a prendere confidenza con il senso del tatto, unendo la spiegazione di Valeria ad un’esplorazione tattile dell’opera descritta, grazie a delle riproduzioni tattili dei quadri o alla possibilità di toccare l’opera originale quando si tratta di una scultura (ovviamente nel rispetto

173 Dalla conversazione con Valeria Bottalico e Felice Tagliaferri, avvenuta in data 18 gennaio 2020, a Venezia

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del materiale). Le riproduzioni tattili messe a disposizione per il laboratorio sono progettate direttamente da Valeria con l’aiuto di uno specialista che lavora all’Istituto dei Ciechi di Milano: dovendo utilizzarle per un tempo breve, sono realizzate con una tecnica e dei materiali non troppo complessi; inoltre queste riproduzioni non possono essere lasciate in modo permanente negli ambienti del museo, composto da spazi non eccessivamente ampi: sarebbe interessante poterle mettere a disposizione di chiunque, ma la loro collocazione rischierebbe di limitare il passaggio degli utenti, a causa appunto dello spazio limitato.

Al laboratorio partecipano sia non vedenti che vedenti, e tutti si sottopongono alla stessa esperienza di fruizione tattile, guidata dalle indicazioni sapienti di Valeria che portano a una maggiore comprensione dell’opera e alla formazione di una personale immagine mentale di essa. Dopo questo primo momento di conoscenza delle opere, si passa ad una fase pratica in laboratorio, guidata questa volta da Felice Tagliaferri. Lo scopo della seconda fase è la restituzione dell’immagine mentale formatasi con la visita: i partecipanti dovranno riprodurre una delle opere fruite in precedenza modellando l’argilla. È interessante il lavoro fatto dai due, poiché mette a confronto partecipanti vedenti e non vedenti e le diverse modalità di fruizione dell’arte, dimostrando che solitamente il tatto porta a mantenere una memoria dell’immagine più a lungo termine.

Il laboratorio viene svolto una volta al mese, sempre di sabato, in due fasce orarie: uno alle due del pomeriggio, e il successivo alle tre e mezza. L’appuntamento è sdoppiato per poter lavorare con gruppi di partecipanti più ristretti e dare vita ad esperienze più mirate. Mediamente i gruppi sono composti da una decina di persone, composti da individui con caratteristiche sempre diverse. Inizialmente, all’appuntamento del sabato, la domenica seguiva lo stesso laboratorio ma dedicato ai bambini dai sei ai dodici anni: gli incontri dedicati al giovane pubblico sono stati ridotti attualmente a due appuntamenti all’anno, per il semplice fatto che, nonostante sia un’interessante esperienza per allenare la propria tattilità, l’arte astratta risulta di più difficile comprensione per i bambini. Sarebbe più indicato, spiega Valeria, creare un laboratorio di questo tipo in un museo che tratta la realtà come un museo di storia naturale, poiché un bambino cieco avrebbe proprio la necessità di conoscere la realtà concreta.

Il progetto di Valeria Bottalico e Felice Tagliaferri è molto interessante anche sotto un altro punto di vista. I laboratori di questo tipo, spiegano i due ideatori, solitamente si configurano come appuntamenti sporadici e casuali, senza una vera soluzione di continuità. Probabilmente

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perché non ci sono fondi, oppure perché non vengono realizzati con lo scopo di creare un pubblico fidelizzato da avvicinare realmente al mondo dell’arte. Il permettere alle persone di scoprire il mondo dell’arte e, perché no, perfino innamorarsene, è come si è visto uno degli obiettivi di Tagliaferri, che insieme alla Bottalico e a Doppiosenso compie qualche passo in più verso la propria causa. Il progetto, infatti, nasce nel 2014 in via sperimentale, per partire in maniera effettiva l’anno successivo ed entrando così dal 2015 a far parte in modo permanente delle attività della Collezione Peggy Guggenheim. Doppiosenso è un laboratorio che vuole configurarsi in maniera opposta rispetto agli eventi “spot” citati in precedenza, tant’è che dal 2015 non è mai stato saltato un incontro, tutti realizzati con una grande affluenza di pubblico. La missione dei due creatori era proprio la creazione di una comunità ampia ed inclusiva, attratta da modalità nuove e diverse per fruire delle opere d’arte: Valeria è orgogliosa di raccontare come in cinque anni sia stato creato un circuito di partecipanti sempre più appassionato e conoscitore dell’arte astratta del Novecento, un solido blocco di partenza che negli anni si è sviluppato sempre di più.

Il progetto è reso possibile soprattutto grazie al contributo di Fondazioni private che per i primi tre anni di vita del progetto hanno messo a disposizione i propri fondi; viene inoltre sostenuto dall’aiuto e la collaborazione con istituzioni importanti nel campo della disabilità come l’Istituto Ciechi di Milano, l’ICOM Italia e l’UICI: queste istituzioni sono state fondamentali nella realizzazione del materiale tattile utilizzato per le visite, che appartiene comunque ora ufficialmente alla Collezione Guggenheim, la quale può usufruirne a proprio piacimento. Inoltre, nonostante Valeria e Felice lavorino come liberi professionisti e i fondi come illustrato provengano da fonti esterne, la Collezione Peggy Guggenheim ha un personale ed importante ruolo nella nascita del progetto, fortemente voluto da un museo che da anni cerca di impegnarsi riguardo le tematiche di inclusione ed accessibilità culturale. Il Museo può infatti vantare attualmente la riproduzione tattile di almeno una trentina di opere: sfortunatamente solo cinque di queste sono esposte in modo permanente; le restanti sono conservate nei depositi a causa degli spazi limitati, ma fruibili tattilmente al pubblico all’occorrenza. Oltre a ciò, la Guggenheim lavora per l’accessibilità anche a livello digitale, presentando una parte del proprio sito web leggibile tramite sintesi vocale; mette in oltre a disposizione degli eBook scritti in Braille (sia italiano che inglese), o in caratteri ingranditi per ipovedenti.

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