• Non ci sono risultati.

CAPITOLO II – LA SFIDA DELL’ACCESSIBILITÀ CULTURALE

2.4 Accessibilità in Italia e all’estero: sviluppi a confronto

2.4.1 La situazione italiana

È emersa quindi una mentalità tipica dei paesi stranieri, in particolare in America, che include l’accessibilità fin dalla fase di progettazione iniziale. In Italia invece sembra che su questo cammino si frappongano molti ostacoli, a partire da una mentalità ancora arretrata di certi musei che continuano a collocarsi in una posizione di superiorità nell’insegnamento al visitatore, come se fossero proprietari di una conoscenza che viene fruita in maniera passiva dal pubblico. Sono concetti questi che faticano ad adattarsi al cambiamento, in una società culturale che, come si è visto, dovrebbe invece porre adesso il visitatore al centro, come utente attivo che ha il diritto di esprimere i propri desideri e necessità, di cui si dovrebbe tenere conto nella progettazione delle esperienze museali. Si è vista a questo proposito l’alta percentuale di popolazione che non visita musei in Italia, situazione derivante anche dalla presenza di barriere. Un altro dato importante che dimostra la difficoltà del museo pubblico italiano ad adattarsi alle nuove esigenze del pubblico è come su circa quattromila musei pubblici sono solo un centinaio quelli che utilizzano il Braille.129 Fortunatamente la situazione non è totalmente disastrosa, ma anzi esistono istituzioni che portano avanti un lavoro importante nel campo dell’accessibilità culturale. In Italia la più attiva ed importante è sicuramente il Museo Statale Tattile Omero, che si trova ad Ancona, ma anche la Fondazione toscana di Palazzo Strozzi o il Museo Anteros di Bologna sono esempi di strutture che si adoperano in questo ambito. Ciò che dispiace è come siano ancora poche le situazioni che

128 M. C. Ciaccheri, Storie di musei e disabilità – parte III. Metropolitan Museum of Art, 7 luglio 2015, Artribune; consultabile su www.artribune.com

129 T. Lepri, L’arte accessibile ai disabili, 6 novembre 2016, Il Giornale dell’arte; consultabile su www.ilgiornaledellarte.com

83

offrono queste offerte accessibili e articolate per tutti, sia dal punto di vista della fruizione espositiva così come le attività didattiche.

Nella fase di ricerca per la realizzazione del presente elaborato è stato possibile incontrare Valeria Bottalico, specializzata proprio nel campo dell’accessibilità, la quale lavora a diversi progetti in musei italiani, insegnando perfino in master universitari a tema accessibilità culturale. Valeria ha confermato come la tradizione museale italiana legata all’accessibilità si sia sviluppata circa vent’anni fa proprio grazie al Museo Omero di Ancona. Prima della fine degli anni Settanta esistevano delle strutture chiamate Istituti Speciali che si occupavano di questo, ma non erano esattamente legati al mondo dei musei. Sulla scia del Museo Omero ha iniziato a svilupparsi l’attenzione per la cultura accessibile, che esiste in modo vero e proprio da poco meno di una decina di anni, con un boom evidente nell’ultimo paio. È di certo positivo l’espandersi dell’interessamento, con il lato negativo però che quella dell’accessibilità sembra ormai essere una moda, che porta a realizzare il minimo indispensabile per poter apparire come museo accessibile, senza preoccuparsi di realizzare soluzioni che abbiano senso e che possano rendere una visita realmente fruibile dalle differenti tipologie di utente culturale.130 Il problema principale, quindi, che differenzia

l’Italia dall’America è la presenza di una situazione meno omogenea. Ciò che pesa è in particolare l’assenza di una vera formazione solida per ottenere figure specializzate a riguardo: per anni è esistito solo un corso con diploma a Siena presso la struttura del LAU, il Laboratorio per l’Accessibilità Universale: questa struttura è stata inaugurata nel 2008 a Buonconvento (provincia di Siena). Il LAU fa riferimento all’Università di Siena, e vuole configurarsi come un luogo di lavoro condiviso da parte di diversi professionisti di ambito scientifico, artistico e tecnico, perseguendo l’ideale che diffondere tematiche di accessibilità sia un dovere civile.131 In Italia sono sì presenti attualmente numerose iniziative sperimentali, ma manca ancora una vera cultura della condivisione di metodologie volte a raggiungere insieme lo stesso obiettivo di una cultura accessibile. Un altro motivo di questa situazione italiana poco omogenea sembra quindi essere l’approccio museale non spesso orientato al coinvolgimento delle comunità e dei diversi pubblici in maniera attiva.

130 Dall’incontro con Valeria Bottalico (professionista nel campo dell’accessibilità culturale) e Felice Tagliaferri (scultore non vedente) del 18 gennaio 2020

131 F. Iemmi, Estetica della materia e accessibilità universale: progetti e realizzazione, in Il

patrimonio culturale per tutti. Fruibilità, riconoscibilità, accessibilità, Quaderni della valorizzazione MiBACT, p. 113 - 120

84

Parlando di realtà italiane che si adoperano per rendere la cultura accessibile, però, una menzione speciale merita la regione del Piemonte. Già nel capitolo precedente erano state presentate una serie di iniziative incentrate sul rapporto tra l’arte e la disabilità messe a punto nel capoluogo torinese, e anche quando si parla di accessibilità museale Torino non si fa trovare impreparata. Si parla in questo caso di una startup torinese, la New Planet 3D, la quale è riuscita a realizzare uno strumento molto interessante di ausilio alla fruizione per molti tipi di disabilità. Il progetto prende il nome di Espositore For All, ed è il risultato di una lunga fase di creazione supportata da istituzioni italiane che lavorano con la disabilità. Ne deriva una struttura semplice, che si assembla facilmente andando a costituire un ripiano su cui verrà posto l’oggetto riprodotto, il quale può essere toccato dagli utenti. La riproduzione viene eseguita grazie all’utilizzo della tecnologia 3D, che permette di realizzare copie perfette di qualsiasi oggetto, nelle dimensioni reali o in scala, così da poter fornire oggetti che possono venire toccati senza temere possibili danni all’originale. Si compone poi di un sistema audio per permettere alle persone con disabilità visiva di ascoltare informazioni sull’oggetto che stanno toccando e sperimentare una visita tattile guidata, insieme ad un sistema video utile per coloro che soffrono di disabilità uditive, grazie a filmati in Lingua dei Segni, e sottotitoli ad alta leggibilità. Oltre a ciò, i filmati e le descrizioni sono presenti in nove lingue diverse. Questo perché il progetto parte dal capoluogo italiano (in vendita dal 2018) con lo scopo però di essere venduto in tutto il mondo. Un’informazione interessante è il rispetto delle disposizioni dell’ONU riguardo l’accessibilità, che hanno permesso ad Espositore For All di ottenere il logo per l’accessibilità universale dell’ONU.132

Sempre da Torino, inoltre, proviene un documento veramente interessante. Nel 2010 il capoluogo piemontese ospita la quinta edizione di ArtLab, evento che dal 2006 si configura come occasione di dialogo e confronto per ci lavora nella cultura, in un’ottica di ripensamento costruttivo delle strutture culturali. Tra i vari temi dell’edizione 2010 si è discusso proprio il tema del diritto alla cultura, legato ovviamente all’accessibilità, con l’obiettivo di delineare delle linee guida per rendere maggiormente fruibili i musei italiani. È stato istituito un gruppo di lavoro che, grazie all’aiuto dell’UICI torinese (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) ha prodotto poi nel settembre del 2011 un Manifesto per la cultura accessibile. Interessante è come per la creazione del manifesto si sia ritenuta importante la collaborazione di diverse

132 C. Giraud, Una startup torinese inventa un espositore 3D per abbattere le barriere architettoniche

85

realtà, unite dall’obiettivo di evidenziare la funzione sociale del museo così da rendere la cultura accessibile a chiunque. Nel Manifesto, infatti, si parla proprio del ruolo del museo nella società contemporanea, spinto sempre più verso una funzione educativa che dovrebbe incentrarsi su un lavoro per e con il pubblico. Deve essere garantita una certa qualità all’esperienza del visitatore, fornendo diversi strumenti ed opportunità così da permettere a chiunque di prendere parte alla fruizione indipendentemente dalle specifiche esigenze o abilità. Vengono quindi esposti dieci principi fondamentali, che partono da questa necessità di considerare il fruitore in un’accezione più ampia e completa possibile: l’accessibilità promossa con questo documento vuole essere infatti a tutto campo, a partire dalla possibilità di accedere facilmente all’informazione, la quale deve essere aggiornata e garantita rispetto ad ogni esigenza, così da poter valutare autonomamente l’offerta culturale di una struttura. È necessario modificare i modelli gestionali spingendoli verso un’ottica di inclusione totale, valorizzando la relazione col pubblico, dall’accoglienza all’educazione: importante la promozione di attività e percorsi strutturati secondo diverso forme di comunicazione, come ad esempio visite interattive o multisensoriali. Fondamentale per il Manifesto è la formazione, con le tematiche legate all’accessibilità che dovrebbero venire incluse nel bagaglio formativo di coloro che partecipano alla realizzazione di un evento culturale, a tutti i livelli. Il Manifesto invita infatti anche gli artisti a tener conto di questi suggerimenti nella progettazione delle proprie opere. Infine, si consiglia di sostenere e diffondere mostre e iniziative volte alla valorizzazione di artisti con disabilità, utili strumenti di sensibilizzazione. In conclusione, ci si augura che ciò che viene esposto nel documento non resti circoscritto al semplice ambito museale, ma riesca ad ampliarsi per raggiungere una maggiore diffusione a tutto il settore culturale con le diverse professionalità che ne fanno parte.133

Documenti correlati